esaminare la domanda di asilo
Nel lungo percorso di armonizzazione della disciplina dell’asilo culminato con l’attribuzione di una relativa competenza all’Unione, tra i molteplici aspetti che caratterizzano tale materia, uno dei primi rispetto ai quali si è avvertita l’esigenza di una regolamentazione comune è stato proprio quello dei criteri per l’individuazione dello Stato competente ad esaminare una domanda di asilo.
Come anticipato, già l’omonima Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, sulla soppressione dei controlli alle frontiere interne, conteneva norme in materia, le quali sono state successivamente sostituite dalle disposizioni, pressochè analoghe, della Convenzione di
Dublino, adottata tra tutti gli Stati membri dell’Unione ed avente come oggetto specifico la regolamentezione di tale aspetto.132
L’adozione della suddetta Convenzione si fondava sulla constatazione delle inefficienze nella gestione dei richiedenti asilo, derivanti dal lasciare che ciascuno Stato potesse liberamente decidere se essere o meno competente ad esaminare le relative domande, con effetti tanto più dirompenti in un’Europa che si avviava all’abolizione delle frontiere interne e nella quale quindi la regolamentazione di quelle esterne diventava sempre più una questione comune.
Uno dei fenomeni più frequenti ai quali si intendeva mettere fine, come si evince anche dal Preambolo della Convenzione, era quello dei “rifugiati
in orbita”, espressione con la quale si faceva riferimento ai richiedenti
asilo oggetto di plurimi rinvii da uno Stato all’altro, in ragione del fatto che nessuno di essi si considerasse competente ad esaminarne le relative domande.
132 Sulla Convenzione di Dublino Barontini G. “Sulla competenza per l’esame delle domande di asilo secondo le Convenzioni di Shengen e di Dublino” in Rivista di diritto
internazionale 2/1992, pp. 335-347, Dubolino D. “L’identificazione dello Stato
competente all’esame della domanda di asilo: dalla Convenzione di Dublino al nuovo Regolamento“ in Diritto dell’Unione europea 4/2004, pp. 811-845, Hurwitz H. “The 1990 Dublin Convention: a comprehensive assessment” in International journal of
refugee law vol.11 n°4 1999, pp. 647-677 e Nicol QC A. “From Dublin Convention to
Dublin Regulation: a progressive move?” in Whose freedom, security and justice? EU
La ragione principale del prodursi di tale fenomeno si riteneva essere la differente interpretazione133 da parte degli Stati del concetto di “paese terzo sicuro” con il quale, in base ad una prassi che si era recentemente
sviluppata, si intendeva fare riferimento allo Stato al quale il richiedente asilo avrebbe potuto chiedere tutela prima di rivolgersi a quello nel quale aveva poi effettivamente presentato la domanda, che, per tale ragione, avrebbe quindi potuto legittimamente rifiutare di procedere all’esame della stessa.
Ulteriori obiettivi della Convenzione erano rappresentati dal creare delle regole che limitassero la presentazione di più domande in paesi differenti da parte dello stesso individuo e nello stesso tempo garantire un esame efficiente delle richieste di protezione.
Gli autori dell’epoca tuttavia non hanno tardato nel mettere in evidenza come lo scopo ultimo di tale regolamentazione fosse essenzialmente quello di ridurre più possibile le domande di asilo da dover esaminare e non certo l’istituzione di maggiori garanzie per gli stranieri che avessero richiesto protezione ad uno degli Stati firmatari della Convenzione; la responsabilità di valutare le domande di asilo appariva infatti concepita come un gravoso onere dal quale ciascuno Stato si sarebbe voluto affrancare.
Inoltre è stato opportunamente notato come dalle norme della stessa emerga una concezione dei richiedenti asilo come “oggetti” degli Stati,
133 Alcuni Stati consideravano necessario, al fine di poter definire uno Stato “sicuro”,
che il richiedente protezione avesse dei rapporti con le autorità dello stesso o avesse quantomeno ricevuto un permesso per entrare nel relativo territorio, per altri invece bastava che vi fosse oggettivamente entrato, anche irregolarmente.
essendo posto in secondo piano il fine dell’effettiva protezione degli stessi e del riconoscimento nei loro confronti di adeguati diritti.134
Le norme centrali del presente trattato sono ovviamente quelle contenenti i criteri per la determinazione della competenza ad esaminare una domanda di asilo, che in sintesi possono essere distinti tra quelli che danno rilevanza al ricongiungimento familiare, si individua infatti come competente lo Stato membro cha ha già riconosciuto lo status di rifugiato ad un familiare del richiedente asilo, e quelli che si fondano sulla presa in considerazione dello Stato che ha svolto un ruolo primario nell’ingresso dello straniero o per avergli riconosciuto un permesso o anche solo per avergli “consentito” l’accesso irregolare a causa della mancata predisposizione di controlli adeguati.135
Si prevede inoltre, con una clausola denominata “sovereignity clause”, la possibilità per uno Stato di esaminare comunque una domanda di asilo presentata nel suo territorio, con il consenso dell’individuo interessato, anche laddove sulla base dei criteri individuati la competenza sia attribuita ad un altro Stato, nonchè, con un’ulteriore norma, indicata come
“humanitarian clause”, di esaminare per ragioni umanitarie, su richiesta
dello Stato formalmente competente, e sempre con il consenso del richiedente protezione, una domanda il cui esame in principio non gli spetterebbe.
134 Si veda Ippolito F. e Velluti S. in “The recast process of the EU asylum system: a balancing act between efficiency an fairness”, cit., p. 26.
135 Si tratta del c.d. principio di “autorizzazione” sul quale si veda Hurwitz A. “The 1990
Dublin Convention: a comprehensive assessment” cit., p. 648 e del medesimo autore
Proprio in virtù di tali regole, la Convenzione stabilisce che lo Stato al quale sia presentata la domanda di asilo può, entro sei mesi, a pena di essere considerato responsabile del suo esame, fare una richiesta di presa in carico della stessa allo Stato considerato competente, il quale a sua volta si deve pronunciare entro altri tre mesi, decorsi inutilmente i quali, viene automaticamente considerato competente.
In caso di accettazione è invece stabilito il termine ulteriore di un mese entro il quale effettuare il trasferimento del richiedente asilo.
Uno degli obiettivi che si era preposta la Convenzione consisteva nel porre fine al fenomeno delle domande di asilo multiple, considerate espressione di un abuso del diritto di asilo, proprio mediante la predisposizione degli strumenti necessari per l’individuazione di un unico Stato competente, e la conseguente liberazione di tutti gli altri dall’onere di prendere in considerazione la domanda di asilo.
Si evidenziava che il raggiungimento di tale scopo non sarebbe stato, almeno inizialmente, senza conseguenze sul piano dei diritti dei richiedenti asilo dal momento che l’impossibilità di presentare validamente la domanda in più Stati avrebbe evidentemente ridotto le probabilità di ottenere una risposta positiva; tuttavia, si riteneva che il progressivo avvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di asilo avrebbe, almeno in principio, consentito il superamento di tale problema, riducendo la possibilità che gli Stati tenessero comportamenti eccessivamente differenziati di fronte alle richieste di asilo.
Per quanto riguarda i risultati conseguiti da tale normativa, plurime e su più fronti sono state le critiche ad essa rivolte, in particolare la stessa Commissione all’interno di un Working paper del 2000 valutativo della
Convenzione,136 ha evidenziato come il sistema realizzato avesse deluso le
aspettative in esso riposte.
Alcuni dei rilievi fatti riguardano ad esempio l’eccessiva durata della procedura, che comporta indirettamente una lesione del diritto del richiedente asilo, teoricamente posto alla base della normativa, di ottenere l’esame della propria domanda da parte di uno degli Stati membri, o la difficoltà di reperire le prove per individuare lo Stato responsabile dell’entrata irregolare dello straniero.
Queste ed ulteriori valutazioni si ponevano alla base della necessità di procedere ad una rivisitazione della disciplina contenuta nella Convenzione, che tra l’altro sarebbe ormai dovuta avvenire mediante l’adozione di un atto comuntario, essendo stata nel frattempo realizzata la piena comunitarizzazione della materia con il Trattato di Amsterdam. Nel procedere alla rielaborazione delle regole contenute nella Convenzione di Dublino fu valutata la possibilità di creare un sistema fondato su un criterio differente rispetto a quelli posti a fondamento della stessa137; la Convenzione infatti da un lato persegue l’obiettivo del
ricongiungimento familiare e dall’altro instaura uno stretto collegamento tra la responsabilità di uno Stato nell’accesso di uno straniero nel territorio dell’Unione e la sua conseguente competenza ad esaminarne la domanda di asilo, con l’intento di indurre gli Stati a predisporre dei controlli efficaci alle frontiere esterne, il supermento delle quali, in un sistema privo di
136 Dal titolo “Revisiting the Dublin Convention: developing Community legislation for determining which member State is responsible for considering an application for asylum submitted in one of the member States.”
137 Sulle opzioni relative alla riforma della Convenzione di Dublino Barontini G. “Sulla competenza per l’esame delle domande di asilo secondo le Convenzioni di Shengen e di
frontiere interne, ha necessariamente delle ripercussioni su tutti gli altri Stati membri.
Una prima possibilità era quella di introdurre regole che consentissero il raggiungimento del “burden sharing” ovvero un’equa distribuzione tra tutti gli Stati membri dell’onere di esaminare le domande di asilo.
Tale finalità si poneva nettamente in contrasto con i criteri della Convenzione, in quanto si era osservato come l’applicazione di entrambe portasse ad una concentrazione dei richiedenti asilo, in un caso, negli Stati dove già si erano stabiliti altri membri della famiglia di colui che chiedeva protezione, e nell’altro negli Stati che per ragioni geografiche sono maggiormente esposti all’entrata di stranieri.
L’idea di attuare il “burden sharing” mediante la regolamentazione dei criteri per l’individuazione dello Stato competente per l’esame della domanda di asilo è stata tuttavia abbandonata e ci si è piuttosto limitati a garantire una forma di “burden sharing finanziario”, consistente nella distribuzione degli oneri finanziari che derivano dall’accoglienza dei richiedenti asilo, mediante l’istituzione di un Fondo europeo per i rifugiati.138
La seconda delle possibilità considerate riguardava l’attribuzione al richiedente asilo della facoltà di scegliere in quale Stato presentare la domanda.
Il sistema istituito dalla Convenzione di Dublino, all’opposto, si limita a dare rilevanza meramente residuale alla volontà dell’individuo interessato ai fini della individuazione dello Stato competente ad esaminare la domanda, e cioè soltanto nel caso in cui non possano trovare attuazione gli altri criteri previsti; nell’ambito dell’operatività poi di alcune previsioni si
prevedono delle situazioni, alle quali si è sopra fatto riferimento, in presenza delle quali, è richiesto il necessario consenso del richiedente protezione.
Anche tale ipotesi tuttavia venne scartata al momento di procedere alla riforma della normativa in esame, adducendo a ragione principale il timore che l’attribuzione di tale facoltà al richiedente asilo avrebbe condotto ad un abuso della stessa.
Nondimeno vi sono autori che hanno messo in evidenza una serie di effetti positivi che discenderebbero dal consentire all’individuo interessato di scegliere lo Stato al quale domandare asilo139 e la stessa Commissione ha
affermato di voler tendere ad un sistema nel quale, in primis, sia considerato competente lo Stato in cui la domanda viene presentata, per realizzare il quale tuttavia ha ritenuto necessario che si procedesse preliminarmente al superamento delle disparità ancora sussistenti tra i vari regimi di asilo.140
Proprio tali considerazioni sono alla base della scelta di elaborare un atto comunitario di natura meramente transitoria, che non alterasse nella sostanza il contenuto della Convenzione di Dublino, apportandone solo dei minimi correttivi principalmente sul piano procedurale, e che fosse
139 In particolare si è sostenuto che la possibilità di scegliere avrebbe un impatto positivo
sull’andamento della procedura di esame della domanda e su quella di concessione dell’asilo e consentirebbe inoltre di rivolgersi a paesi con i quali il richiedente asilo presenta legami familari o personali tali da consentire un migliore inserimento dello stesso nella società di accoglienza.
140 La Commissione si esprime in questi termini nella Comunicazione al Consiglio e al
Parlamento Europeo del 2000 “Verso una procedura comune in materia di asilo e uno
destinato ad essere sostituito nel momento in cui si fosse effettivamente realizzata una vera politica comune in materia di asilo.