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La “soglia Soering”: i limiti alle violazioni dei diritti garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo a

Nel documento Non-refoulement e "Sistema Dublino" (pagine 39-44)

quali si applica il principio di non-refoulement

Nonostante la Corte di Strasburgo abbia riconosciuto nella sua giurisprudenza la natura inderogabile del principio di non-refoulement come implicitamente ricavabile dalla Convenzione, è opportuno chiarire come ciò sia stato affermato solo per i casi in cui la violazione che lo

51 Ricorso n°50963/99.

52 Il caso in esame riguardava un cittadino dello Sri lanka della discendenza Tamil

destinatario di un provvedimento di espulsione da parte del governo canadese in ragione della sua appartenenza all’organizzazione terroristica LTTE nonostante fosse stato riconosciuto che le attività da lui svolte sul territorio canadese fossero di natura non violenta e che non fossero a lui direttamente imputabili atti terroristici nè in Canada nè in Sri-Lanka.

straniero rischia di subire, a causa della misura di rinvio, riguardi l’articolo 3 o al più l’articolo 2 che sancisce il diritto alla vita, essendo stato per entrambe riconosciuto il carattere dell’assolutezza (con il quale si intende il fatto che tali diritti non subiscono alcuna eccezione).

La Corte, infatti, ha riconosciuto per la prima ed unica volta nella sentenza Bader e Khabor contro Svezia del 200553, che anche la violazione

dell’articolo 2 come conseguenza di un atto di esplusione è in grado di innescare la responsabilità “par ricochet” dello Stato membro.

A partire invece già dalla sentenza Soering, emerge la distinzione tra i diritti garantiti dalla Convenzione, in forza della quale si afferma ad esempio che solo in situazioni eccezionali è possibile applicare ai casi di espulsione l’articolo 6, che riguarda il diritto all’equo processo, laddove l’eccezionalità consiste nella violazione manifesta del diritto.

Ulteriori casi nei quali è stata invocata la violazione di altre previsioni della Convenzione, ad esempio gli articoli 4,5,8, relativi rispettivamente alla proibizione della schiavitù e del lavoro forzato, al diritto alla libertà e sicurezza e alla vita privata e familiare, confermano tale impostazione.

53 Ricorso n°13284/04. In questa decisione fu stabilito il divieto di espulsione del

ricorrente, cittadino siriano, condannato a morte nel suo paese d’origine, in seguito ad un procedimento non conforme ai principi del giusto processo, essendo stata ritenuta reale la

Nel ragionamento della Corte, quindi, non la violazione di qualsiasi diritto garantito dalla Convenzione consente di invocare il principio di non-

refoulement.54

Emerge così la distinzione in forza della quale l’espulsione è sempre vietata quando il rischio incorso consiste nella violazione di un diritto contenuto nelle previsioni “assolute”, mentre negli altri casi soltanto se la violazione supera una certa soglia di gravità.

Si è posto allora il problema di trovare una giustificazione a tale differenziazione operata dalla Corte, ed in dottrina, anche alla luce della giurisprudenza in materia, sono emerse diverse interpretazioni tra le quali di particolare interesse è quella che concepisce tale soglia, a cui i giudici di Strasburgo hanno dato vita, come il risultato di un bilanciamento di interessi coinvolti nei casi di espulsione.55

A tale proposito è stato poi opportunamente notato come in effetti tale bilanciamento possa trovare implicitamente applicazione anche quando in ballo vi siano i diritti sanciti nelle previsioni cosidette “assolute”, dimostrando che la presunta assolutezza del principio di non-refoulement ex articolo 3 sia in effetti più teorica che reale.

54 Sul punto si vedano Battjes H. “In search of a fair balance: the absolute chacacter of the prohibition of refoulemnt under article 3 ECHR reassessed” in Leiden journal of

international (22) 2009, pp. 583-621, dello stesso autore “The Soering threshold: why

only fundamental values prohibit refoulement in ECHR case” in European journal of

migration and law (11) 2009, pp. 205-219 e Den Heijer M “Whose rights and which

rights? The continuing story of non-refoulemnt under the European convention on human rights” in European Journal of migration and law (10) 2008, pp. 277-314.

55 Battjes H. “The Soering threshold: why only fundamental values prohibit refoulement in ECHR case”, cit., pp. 205-219.

Nel tentativo di dare una risposta alla questione in esame, sono stati richiamati una serie di caratteri dell’articolo 3 che dovrebbero fondare tale distinzione e che la Corte stessa ha individuato in diverse sentenze: la circostanza ad esempio che sia presente in altre convezioni internazionali, lo stretto legame con i valori alla base della Convenzione e l’irreparabilità della violazione.

In dottrina è stato, tuttavia, opportunamente evidenziato come nessuno di questi sia tanto decisivo da fondare la suddetta distinzione, che evidentemente trova altrove la sua ratio.

Partendo dal presupposto che il principio di non-refoulement possa essere configurato come una forma di limitazione della sovranità degli Stati, si è cercato di capire quale sia il motivo per cui tale limitazione sia ammissibile solo per la tutela di alcuni diritti e non di altri.

Si è innanzitutto richiamata la teoria secondo la quale il divieto di espulsione, per gli Stati, si configura all’interno della Convenzione come un’obbligazione positiva con la conseguenza di poter ammettere che vi siano delle limitazioni alla sua operatività, come vale per tutti gli obblighi di tale tipo.

In seguito si è ritenuto che l’elemento decisivo a cui fare riferimento per giustificare tale limitazione sia l’extraterritorialità della violazione.

La circostanza, infatti, che la violazione si verifichi nel territorio di uno Stato terzo impone di operare un bilanciamento il cui risultato è quello di ritenere che non ogni atto in contrasto con i diritti garantiti dalla Convenzione possa condurre alla responsabilità dello Stato membro, in

caso contrario la conseguenza sarebbe di imporre un onere eccessivo sugli Stati.56

Questo è il ragionamento ricavabile anche dalle sentenze nelle quali la Corte ha ritenuto che non fosse stata integrata la violazione del principio di non-refoulement proprio in ragione della natura del diritto esposto a rischio dall’atto di espulsione.

Si può allora affermare che la “soglia Soering” non sia altro che il risultato di un bilanciamento, il cui fondamento può essere individuato nel profilo dell’extraterritorialità dell’atto lesivo ma anche più in generale in un carattere essenziale della Convenzione, individuato dalla stessa Corte nella ricerca di un equilibrio tra la tutela degli interessi individuali e quelli della comunità.

Per quanto riguarda infine l’assolutezza del principio di non-refoulement ex articolo 3 mi limiterò a ricordare come sia stato notato che in realtà, l’assenza di eccezioni non impedisca di individuare dei casi nei quali sia possibile restringere la tutela ed operare quindi “inaspettatamente”, anche in tale ambito, un bilanciamento con altri interessi ritenuti altrettanto fondamentali.

56 Questa impostazione trova tra l’altro le sue origini già nella sentenza Soering nella

quale la Corte afferma che “on a purely pragmatic basis, it cannot be required that an

expelling Contracting State only return an alien to a country which is in full and effective enforcement of all the rights and freedoms set out in the Convention.”

1.7 La natura della misura dalla quale discende la

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