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Diritto come medium e diritto come istituzione nella colonizzazione della Lebenswelt

macro-trasformazioni giuridiche

4. Conseguenze di giuridificazione e giudiziarizzazione del sociale: la colonizzazione giuridica della Lebenswelt

4.2 Diritto come medium e diritto come istituzione nella colonizzazione della Lebenswelt

Fatte le debite puntualizzazioni sulla nozione di Lebenswelt, posso provare ad analizzare, per il momento ad elevato livello di astrattezza, il fenomeno della colonizzazione giuridica dellaLebenswelt, attingendo a piene mani al serbatoio concettuale habermasiano, ovviamente con la debita attenzione a declinare quell'analisi all'economia del mio studio.

Secondo Habermas, la colonizzazione del mondo vitale si verifica quando (128):

‡ "le forme di vita tradizionali sono smantellate a tal punto che le componenti strutturali del mondo vitale (cultura, società, personalità) si sono ampiamente differenziate;

‡ le relazioni di scambio fra sottosistemi e mondo vitale sono regolate attraverso ruoli differenziati;

‡ le astrazioni reali sono accettate dagli stessi interessati in cambio di risarcimenti compatibili con il sistema;

‡ gli indennizzi dello Stato sociale sono finanziati da incrementi della crescita capitalistica e sono canalizzati in quei ruoli in cui sono collocate le speranze privatizzate all'autorealizzazione e autodeterminazione provenienti dal mondo del lavoro e dalla sfera pubblica" (129).

La sussistenza di queste condizioni è inscindibilmente (e strumentalmente) legata alla affermazione del diritto come medium (formula già vista nelle pagine precedenti). Con l'espressione "diritto

come medium" Habermas intende specificamente, le norme giuridiche utilizzate come strumenti funzionali di tecnica sociale di tipo orientativo, con i quali i sottosistemi dell'economia e della politica

"colonizzano" le sfere centrali della riproduzione culturale, dell'integrazione sociale e della socializzazione.

Il medium-diritto è intrecciato con il diritto quale istituzione (130). Le istituzioni giuridiche corrispondono a quelle norme giuridiche che non possono essere sufficientemente legittimate mediante il richiamo positivistico a procedimenti. Sono tipici di esse i fondamenti del diritto costituzionale, del diritto penale e del procedimento penale. Non appena nella prassi è messa in discussione la validità di queste norme non è sufficiente il rimando alla loro legalità. Esse necessitano di una giustificazione materiale, poiché appartengono agli ordinamenti legittimi del mondo vitale. Il diritto usato come medium regolativo è nei suoi contenuti, suscettibile di legittimazione soltanto attraverso procedimenti formalmente corretti. Le istituzioni giuridiche appartengono invece alla componente sociale del mondo vitale: come le rimanenti norme di azione, non coperte dal potere statale di sanzione, esse possono essere moralizzate per un motivo dato ed imprimere l'impulso per una trasformazione legale del diritto vigente (131).

Sia per il fenomeno di giuridificazione che per quello di giudiziarizzazione la distinzione tra diritto come medium e diritto come istituzione è fondamentale, soprattutto se quello che interessa è l'effetto sociale ultimo del dispiegarsi di quei fenomeni. In quanto funziona come un medium complesso attualizzato dall'azione del giudice, il diritto si estende ad ambiti di azione organizzati informalmente e strutturati comunicativamente. Per contro le istituzioni giuridiche non hanno un potere costituente, ma soltanto funzione regolativa. Esse sono collocate in un ampio contesto politico-culturale e sociale, stanno in un continuum con norme etiche, conferendo agli ambiti di azione già costituiti informalmente una forma vincolante (132).

Da questo punto di vista dunque, possiamo distinguere anche i processi della giuridificazione e giudiziarizzazione sociale a seconda che si collegano alle precedenti istituzioni del mondo vitale e sovradeterminano giuridicamente ambiti di azione socialmente integrati, oppure semplicemente condensano le relazioni giuridiche costitutive di ambiti di azione integrati sistemicamente. La colonizzazione giuridica cui riferisco, rimanda a questa seconda ipotesi, per cui le materie sociali tecnicizzate e de-eticizzate dal diritto come medium, che sorgono dalle complessità del sistema economico e amministrativo, vengono impostate in riferimento ad imperativi funzionali e alla concordanza con norme sovraordinate.

Il diritto come medium va a regolare quegli stati di bisogno che si manifestano in ambiti di azione

strutturati in modo comunicativo, con effetti di reificazione, alla produzione dei quali concorre altresì, il fatto che le istituzioni giuridiche diventano operanti, anch'esse, soltanto mediante un diritto utilizzato come medium, ritagliato su ambiti di azione che costituiscono soltanto in forme organizzative giuridiche e sono tenuti insieme soltanto mediante meccanismi sistemici, estendendosi con effetti, appunto destrutturanti a situazioni di azione che sono situate in contesti informali di mondo vitale. Con la colonizzazione, il diritto e l'azione del giudice penetrano sempre più profondamente nella riproduzione simbolica del mondo vitale, "irreggimentandolo". (133)

La tendenza alla giuridificazione/giudiziarizzazione di sfere del mondo vitale regolate in modo

informale, si afferma su un vasto fronte quanto più sfere sociali sono investite dal rising tidenormativo e dall'ascesa delle magistrature del soggetto. Esempi perspicui, sono la formalizzazione giuridica delle relazioni nella famiglia e nella scuola, che significa per i partecipanti un'oggettivazione e

de-mondanizzazione (134) della vita in comune familiare e scolastica regolata informalmente. La struttura della giuridificazione e i connessi controlli giudiziari, disarticolano e ricompongono secondo nuova logica i nessi socialmente integrati, adattandoli al medium diritto, comportando rilevanti "disturbi di funzionamento".

Diritto e giudice come media regolativi, intervengono massivamente nella riproduzione simbolica del mondo vitale (come già visto sopra), la cui infrastruttura comunicativa viene minacciata dalla

reificazione indotta dalla pervadenza degli stessi. La pervasività del diritto e del giudice, ha l'effetto di assoggettare la riproduzione culturale, le interazioni sociali e la costruzione delle identità personali,

"irreggimentando" la sfera privata dei soggetti.

Questa "irregimentazione" va intesa come una tecnicizzazione del mondo vitale: le prescrizioni giuridiche attualizzate dal giudice, che interviene a pianificare e a controllare ogni aspetto del mondo vitale dei cittadini (che ad esso rivolgono ormai ogni pretesa), con il fine dichiarato di promuovere le opportunità di un paritario esercizio delle libertà soggettive, sollevano un serio interrogativo sulle conseguenze di quel processo:

"(lo Stato) corre manifestamente il rischio di compromettere con le sue misure intrusive l'autonomia degli individui. Cioè proprio quell'autonomia per favorire la quale esso deve soddisfare i presupposti fattuali di un godimento delle libertà negative ispirato alle pari opportunità" (135).

La colonizzazione della sfera privata e della sfera pubblica prodotta dagli strumenti di intervento giuridico/giudiziario mai neutrali per la vita dei cittadini, plasma il rapporto tra amministratori e cittadini, che si mostra come un gioco a proporzionalità diretta ed inversa: quando la competenza dei primi cresce, la competenza dei secondi diminuisce. La regolazione giuridica dei sistemi di azione integrati comunicativamente, come la famiglia o la scuola, a cui mira lo stato supervisore nelle strategie di tutela sociale, avrebbe l'effetto di una ristrutturazione formale di relazioni simboliche che già esistono (136):

"in questo modo una sempre più densa rete di norme giuridiche, di burocrazie pubbliche e Sicurezza sociale, giuridificazione e politica interna mondiale parapubbliche, si intromette nella vita quotidiana dei clienti, potenziali o effettivi che siano, dello stato stesso" (137).

Dal punto di vista funzionale il processo di colonizzazione ha coinciso con

l'esponenziale burocratizzazione della sfera privata di vita dei cittadini, mettendo a repentaglio, per altro verso, l'autonomia privata che esso doveva assicurare, si è così finito:

"per suscitare le conseguenze involontarie di un paternalismo che è diventato caratteristico dello stato-sociale. Evidentemente, equiparare le situazioni di vita e le posizioni di potere empiricamente esistenti non deve significare intervenire con quel tipo di autorità normalizzatrice, che limiterebbe ancora una volta gli ipotetici beneficiari nel loro margine d'azione per una autonoma condotta di vita" (138).

Emerge in esito a questo discorso sull'effetto di colonizzazione della giuridificazione/giudiziarizzazione, la struttura dilemmatica di questo stesso processo: sono gli stessi mezzi giuridici di garanzia di libertà (o percepiti socialmente come tali) quelli che compromettono la libertà del presunto beneficiario, dal momento che il diritto come medium attualizzato dal giudice, è pensato per regolare ogni stato di bisogno che si manifesta in ambiti di vita strutturati in modo comunicativo.

Questa struttura dilemmatica della giuridificazione è un problema chiaramente presente ad Habermas:

"le istituzioni giuridiche, che garantiscono il risarcimento sociale, diventano operanti soltanto mediante un diritto sociale utilizzato come medium. [...] In quanto medium anche il diritto sociale è ritagliato su ambiti di azione che si costituiscono soltanto in Sicurezza sociale, giuridificazione e politica interna mondiale forme organizzative giuridiche e sono tenuti insieme soltanto mediante meccanismi sistemici. Ma nel contempo il diritto si estende a situazioni di azione che sono situate in contesti informali di mondo vitale" (139).

Le deformazioni di un mondo di vita, irreggimentato, sezionato, controllato e osservato, sono molto più sottili, pervasive ed efficaci, delle forme tangibili dello sfruttamento materiale e della povertà:

"le ampie discussioni sull'eccesso di regolazione giuridica e sulla burocratizzazione, sugli effetti controproducenti delle politiche sociali dei governi, sulla professionalizzazione e sulla scientificizzazione dei servizi sociali hanno reso evidente una cosa: i mezzi giuridico-amministrativi non sono un medium passivo quasi privo di caratteristiche peculiari. Al contrario, questi mezzi sono collegati ad una prassi che isola i singoli fatti, ad una pratica di sorveglianza e normalizzazione, di cui Foucault ha ricostruito il potere reificante e soggettivizzante sin nelle più sottili ramificazione della comunicazione quotidiana" (140).

Fin qui l'analisi habermasiana della colonizzazione, lettura parzialmente ripresa per spiegare gli effetti sociali di giuridificazione e giudiziarizzazione.

Quest'analisi come è stato ampiamente dimostrato, presenta vari limiti (141), che qui ripropongo, per organicità espositiva e solo in minima parte.

Nonostante la preoccupazione per una definizione "esaustiva" della colonizzazione giuridica della Lebenswelt, Habermas non chiarisce ad esempio, che cosa sia un'etica della comunicazione riferita al diritto. Di sicuro non si può intendere una qualsiasi comunicazione (non direbbe nulla su come ci si dovrebbe comportare) o una comunicazione giusta (servirebbe un criterio universale di giustizia). Il dubbio, dunque resta, è non è dubbio da poco.

In secondo luogo, Habermas non giustifica sufficientemente la sua preferenza per quelle norme che necessitano di una giustificazione materiale (le istituzioni), in quanto appartenenti alla componente sociale del mondo vitale. Non sembra, infatti, che si possa sostenere che i pericoli maggiori alla riproduzione dei modelli tradizionali della vita sociale vengano sempre e comunque da norme che si basano sulla legittimazione di tipo procedurale.

Anche a voler prescindere dall'obiettiva difficoltà di identificare istanze e valori così generalmente condivisi da poter fondare una legittimazione normativa su base materiale, non si può sottovalutare come il pericolo di istanze materiali indotte abbia presentato, recentemente, difficoltà alla riproduzione simbolica del mondo vitale e alle stesse forme di garanzia delle libertà: si pensi, a titolo di mero esempio, al cosiddetto "diritto dell'emergenza". D'altra parte anche in riferimento a quelle norme

"contigue alla morale" per le quali non sembra sufficiente il richiamo alla legalità, si deve sempre più accedere ad una legittimazione procedurale che ovvi all'impossibilità della formazione di un consenso generalizzato.

Pur condividendo l'accusa di ambiguità che Habermas rivolge al diritto moderno prodotto del

funzionamento del Welfare State, emergono elementi fortemente sottovalutati dallo stesso. Habermas sottovaluta ad esempio che l'aumento della complessità non riguardi solo l'oggetto società ma tutta l'intricata serie di relazioni tra i vari sottosistemi sociali. In particolare per quanto attiene al sottosistema giuridico, viene sottovalutata la sua capacità modificarsi e adeguarsi a cambianti esterni, attraverso il mutamento dei suoi livelli di apertura cognitiva e chiusura normativa.

Ulteriormente appare assai problematico collegare a questo quadro "clinico" una spiccata capacità integrativa del diritto statale nel senso indicato da Habermas (142).

Nel quadro sopra delineato - secondo diverse analisi e contrariamente ad Habermas - la prestazione integrativa del diritto, che trova un riscontro nella legittimazione dell'attività legislativa e nel consenso sulle sentenze, non dipende direttamente dalla condivisione da parte del pubblico delle ragioni (sostanziali e/o procedurali) addotte per giustificare la decisione legislativa o giudiziale. Al contrario - come ha sostenuto Hendrik Vollmer (143) - ciò che è determinante alla formazione del consenso è il giudizio sulla decisione che viene dato da chi potenzialmente la deve accettare. Con ciò,

differentemente dalla lettura consensualistica habermasiana, la questione del consenso deve essere

affrontata a prescindere dall'ipotesi che sussista una preliminare condivisione delle qualità materiali o procedurali della decisione: tale questione si pone dunque come un problema di interpretazione della decisione da parte degli interessati (144).

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