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Gli obiettivi della giustizia riparativa nelle interpretazioni "tradizionali"

Giustizia riparativa: tra l'essere e il dover essere

3. Gli obiettivi della giustizia riparativa nelle interpretazioni "tradizionali"

In concreto i principali obiettivi che intende perseguire la Giustizia riparativa, secondo le interpretazioni tradizionali, possono essere suddivisi in base al target di destinatari delle politiche di riparazione:

- obiettivi ENDO-SISTEMATICI, a destinatario SPECIFICO-INDIVIDUALE.

Il riconoscimento della vittima: la parte lesa deve potersi sentire dalla parte della ragione e deve poter riguadagnare il controllo sulla propria vita e sulle proprie emozioni, superando gradualmente i

sentimenti di vendetta, rancore ma anche di sfiducia verso l'autorità che avrebbe dovuto tutelarla. La riparazione dell'offesa nella sua dimensione complessiva, oltre alla componente strettamente

economica del danno dovrebbe essere valutata, ai fini della riparazione, anche la dimensione emozionale dell'offesa, che può essere causa di insicurezza collettiva e può indurre i cittadini a

modificare le abitudini comportamentali. Tutto ciò senza perdere di vista il principio di proporzionalità e senza cadere in forme di retribuzione mascherata, in quanto il comportamento attivo richiesto all'autore non è imposto in funzione affittiva, bensì riconciliativa e riparativa. L'autoresponsabilizzazione del reo:

ogni tentativo di promuovere concrete attività riparative non può prescindere dal consenso dell'autore del reato, specialmente se si considera che la riparazione si snoda lungo un percorso che dovrebbe condurre il reo a rielaborare il conflitto ed i motivi che lo hanno causato, a riconoscere la propria responsabilità e ad avvertire la necessità della riparazione.

- obiettivi ESO-SISTEMATICI, a destinatario GENERICO-COLLETTIVO.

Il coinvolgimento della comunità nel processo di riparazione: la comunità, in particolare, dovrebbe poter svolgere un duplice ruolo. Non solo, riduttivamente, quello di destinatario delle politiche di riparazione, ma anche e soprattutto quello di attore sociale nel percorso che muove dall'azione riparativa del reo. Il rafforzamento degli standards morali: dalla gestione comunicativa e comunitaria del conflitto e dallo svolgimento di concrete attività riparative dovrebbero emergere, infatti, concrete indicazioni di

comportamento per i consociati, che vanno proprio nel senso auspicato dalle teorie della prevenzione generale positiva, vale a dire quello di contribuire al rafforzamento degli standards morali collettivi.

Il contenimento dell'allarme sociale: il raggiungimento di tale obiettivo è possibile solo a condizione che si restituisca alla comunità la gestione di determinati accadimenti che hanno un impatto significativo sulla percezione della sicurezza da parte dei consociati.

3.1 Il riconoscimento della vittima

Quando il reato lede i diritti del singolo (che si riflettono in quelli comunitari), si richiede un intervento in grado di eliminare, se possibile, le conseguenze cagionate dall'azione delittuosa attraverso un'attività riparatrice intrapresa dal reo.

La Giustizia riparativa si pone come obiettivo primario la presa in carico delle vittime del reato, le quali, di norma, assumono un ruolo marginale all'interno del procedimento penale.

Le persone vittime di reato, presentano dei bisogni specifici che, solo recentemente, il sistema giuridico ha iniziato a considerare: informazioni sul processo, riconoscimento del torto subito, interventi volti alla riparazione del danno e messa a punto di un processo che non comporti un danno maggiore (18).

Rispetto alla commissione di un reato, la condanna del colpevole e la commisurazione della pena, dosata in base alla gravità del fatto commesso ed al bisogno di risocializzazione del suo destinatario,

lasciano il posto all'esigenza di riconoscere primariamente la sofferenza insita in ogni esperienza di vittimizzazione. Il presupposto logico dell'acquisizione, da parte del reo, della consapevolezza dei contenuti lesivi della propria condotta è costituito dal riconoscimento della vittima che cessa di apparire come un oggetto impersonale per concretizzarsi a pieno titolo come persona, con il suo vissuto di sofferenza, di insicurezza, di umiliazione. La caratteristica principale legata alla Giustizia riparativa e fondante la sua essenza, è la possibile apertura all'incontro e al dialogo tra la vittima e l'autore di reato.

Tale forma di comunicazione può esprimersi non solo chiamando in causa i due soggetti coinvolti, ma può organizzarsi in forma gruppale. L'idea basilare che va sottolineata è la sottrazione di una parte di autodeterminazione che il reato ha agito nei confronti della vittima. L'attuale sistema processuale penale non aiuta perché ignora le vittime o le usa come strumento per garantire una condanna. La Giustizia riparativa dovrebbe aiutare a riacquistare l'autonomia perduta, ma questo dipende,

comunque, dalla sua applicazione. In Inghilterra, ai sensi del Crime and Disorder Act 1998 (Legge su Crimine e Disordine del 1998), il tribunale può emettere un ordine di riparazione, che può includere il risarcimento e anche la mediazione vittima-autore di reato; ma la mediazione non è separata dal processo di accordo sulla riparazione (19). La soddisfazione della vittima, in concomitanza al senso di giustizia percepito dal reo, rappresenta il metro per valutare la qualità di un programma riparativo.

3.2 La riparazione del danno nella sua misura globale

Il fattore comune alle politiche di riparazione è incarnato dal danno complessivo subito dalla vittima.

Riparare il danno nella sua globalità significa capire ed entrare in interazione con la sofferenza psicofisica della vittima, instaurando una strategia di riparazione del danno subito. La dimensione emozionale dell'offesa e l'insicurezza collettiva devono essere opportunamente valutate in quanto fattori predisponenti modifiche sostanziali alle abitudini di vita ante delictum.

La dimensione economica, parimenti importante, va equamente ponderata.

In proposito Daniel Van Ness (20) propone l'adozione di linee guida per quantificare razionalmente il danno:

‡Una prima valutazione è affidata ai destinatari della riparazione; si tratta di individuare le vittime, primarie e secondarie, e di stabilire una gerarchia tra le vittime cui spetta la riparazione (le vittime secondarie o la comunità, ad esempio, potranno beneficiare di forme di riparazione solo quando sia stato riparato il danno della vittima primaria);

‡Mentre il danno economico è più facilmente quantificabile, notevoli problemi crea la commisurazione del danno morale, inteso come pretium doloris. La riparazione della sofferenza, quando possibile, passa attraverso altri canali. L'umiliazione, l'angoscia,

l'insicurezza derivanti dalla commissione di un illecito possono essere utilmente attenuati solo se si riesce ad arricchire la risposta istituzionale di strumenti basati sull'incontro, sul dialogo, sul riconoscimento reciproco tra autore e vittima che è, prima di tutto, comprensione biunivoca di un vissuto carico di sofferenza o di disagio, aiutando a pervenire a soluzioni che contengono riparazioni simboliche prima ancora che materiali (21).

‡Alla base della Giustizia riparativa è sorta la questione di separare la valutazione del danno derivante dal reato e la valutazione della colpevolezza del reo. A parità di colpevolezza si possono, infatti, avere danni che variano sensibilmente di entità, così come a danni di entità simile possono essere sottesi livelli di colpevolezza differenti, che dovrebbero essere considerati anche nella definizione della condotta riparativa. Questa istanza sembra contaminata dalla logica sanzionatoria penalistica. Se l'obiettivo primario della Giustizia

riparativa è la riparazione dal danno, allora ogni indagine sulla colpevolezza, che rispecchia una logica di tipo retributivo, dovrebbe essere irrilevante ed esaurirsi nella riparazione della vittima.

Notevole rilevanza assumono le condizioni economico-sociali del reo; la sanzione economica rischia di creare disparità di trattamento per la diversa efficacia affittiva che può comportare nei destinatari della sanzione stessa. La componente fondamentale della riparazione è il

soddisfacimento degli interessi violati della vittima e non l'afflizione del reo.

3.3 L'autoresponsabilizzazione del reo

Sebbene la Giustizia riparativa si basi su una nuova visione che non si circoscrive più solamente

all'autore di reato, tuttavia il reo non viene escluso dal circuito giuridico, sacrificandone le esigenze o comprimendo le garanzie che lo tutelano dal diritto penale, al fine di ottimizzare l'effettività della tutela delle vittime o della comunità. Al contrario, l'autore di reato continua ad essere un co-protagonista nella gestione del conflitto, dato che la riparazione passa necessariamente attraverso un'attività positiva del reo stesso.

Ogni tentativo di avviare una mediazione o di promuovere concrete attività riparative si fonda, in primo luogo, sul consenso dell'autore di reato e, solo secondariamente, si snoda lungo un percorso che dovrebbe condurre il reo ad elaborare il conflitto e le cause che lo hanno originato, a riconoscere la propria responsabilità e ad avvertire la necessità di lenire l'altrui sofferenza. L'intervento riparativo è, dunque, orientato sia al soddisfacimento dei bisogni ed alla promozione del senso di sicurezza delle vittime, sia all'autoresponsabilizzazione ed alla presa in carico delle conseguenze globali del reato (danno alla vittima ed alla comunità) da parte del reo.

3.4 Il coinvolgimento della comunità nel processo di riparazione

In questa prospettiva la comunità riveste il duplice ruolo di destinataria delle politiche di riparazione e di promotrice del percorso dell'azione riparativa. L'esperienza di vittimizzazione può, infatti, fungere da catalizzatore di dinamiche sociali e comunitarie che altrimenti resterebbero bloccate dalla

istituzionalizzazione del conflitto.

"Nella prospettiva regolativa/comunitaria la vicenda della singola vittima non trova risposte unicamente in termini di servizio, ma diventa l'occasione per attivare una

responsabilizzazione della collettività nei confronti degli aspetti della questione criminale, quali l'efficacia del controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, l'incidenza delle politiche preventive dell'ente locale, gli effetti dell'attività trattamentale penitenziaria, ecc, che l'evento della vittimizzazione mette in luce" (22).

Nel momento in cui gli interessi di cui sono portatori vittima e comunità divergono, la gestione del conflitto passa nelle mani dello Stato, sicché il giudice è l'unico legittimato a jus dicere(23).

3.5 L'orientamento delle condotte attraverso il rafforzamento degli standards morali collettivi

Nella gestione del conflitto anche la giustizia può agire come fattore di stabilizzazione sociale, almeno se si accede ad un modello di giustizia di tipo evolutivo, secondo il quale l'opzione criminale nasce come "conflitto" e si trasforma in "consenso" (24) i cui strumenti sono costituiti non dalle sanzioni ma dalla gestione comunicativa e comunitaria del conflitto con la promozione di concrete attività riparative.

Affinché sia espletata la funzione che il modello riparativo si propone, e cioè il rafforzamento degli standards morali collettivi, è necessario elevare a livello comunitario il processo riparativo e i suoi esiti concreti. Rispetto a questo obiettivo, che per certi versi coincide con la funzione generale del diritto di produrre sicurezza delle aspettative in caso di delusione, si rivelano utili quei modelli di riparazione strettamente indirizzati a tutte le parti interessate dal reato: reo, vittima e comunità.

3.6 Il contenimento del senso di allarme sociale

La commissione di un reato ha spesso come conseguenza immediata il verificarsi di un diffuso allarme sociale e l'aumento del senso di insicurezza dei cittadini. Si ritiene, a tal proposito, che la percezione collettiva debba essere controbilanciata da un intervento statuale che sancisca l'antiteticità di un comportamento violento all'ordinamento previgente, attivando risposte istituzionali relativamente la sua commissione. Ma la risposta istituzionale, con i suoi complessi meccanismi di attivazione, la sua lentezza procedurale, il suo esito incerto, spesso non riesce a soddisfare il bisogno collettivo di sicurezza incrementata dalla reiterazione dei comportamenti delittuosi.

Assicurare alla comunità il potere di gestire, almeno in parte, i conflitti che si verificano al suo interno, significa restituirle la capacità di recuperare il controllo su determinati accadimenti che hanno un impatto significativo sulla percezione di sicurezza dei consociati o sulle loro abitudini di vita: significa, in

sostanza, poter contenere l'insicurezza che deriva dalla percezione dei vari livelli di rischio della vittimizzazione (25).

4. Modelli comunicativi, riparazione e Lebenswelt: per

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