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Giustizia riparativa: una prima ricognizione dei significati sociali

Giustizia riparativa: tra l'essere e il dover essere

1. Giustizia riparativa: una prima ricognizione dei significati sociali

La mia tesi, è che nel contesto sopra sintetizzato, è possibile assistere all'emergere di dinamiche sociali

"antagoniste" alla colonizzazione giuridico/giudiziaria, che si pongono come obiettivo di

responsabilizzare la società civile e di restaurare capacità e virtù di autoregolamentazione dei conflitti sociali, beneficiando di un ampio capitale di "simpatia sociale" (2). Una specie di reazione naturalmente strutturata, effetto di una connaturata tendenza entropica (3) dei sistemi sociali alla produzione di un diverso ordine oltre (o forse contro) la regolazione iper-formalizzata di tipo giuridico/giudiziario. Il modello riparativo-mediatorio dunque, sembrerebbe svilupparsi "rizomaticamente" (4) secondo questa prospettiva, nei mondi vitali progressivamente sterilizzati dai sistemi formali di produzione di ordine giuridico (famiglia, scuola, lavoro), come un diverso kosmos frutto della reazione "entropica"

della Lebenswelt.

La Restorative Justice (o Giustizia riparativa), intesa in prima approssimazione come modello d'intervento complesso su conflitti sociali (originati da un reato o che si sono espressi attraverso un

reato), caratterizzato dal ricorso a strumenti che promuovono la riparazione degli "effetti perversi" della stessa relazione conflittuale (cessazione comunicazione, autismo sociale, forme di violenza) e la riconciliazione tra i partecipanti del conflitto, opera negli spazi d'interazione sociale con l'obiettivo della trasformazione costruttiva delle criticità relazionali (e degli eventuali risvolti materiali delle stesse), attraverso azioni di stimolazione della partecipazione e di rimessa in comunicazione.

Il modello riparativo si configura come un insieme di azioni di costruzione-ri-costruzione di scambi comunicativi, finalizzati alla gestione delle ragioni e delle condizioni della compatibilità relazionale in uno spazio (quello della Lebenswelt), altrimenti gestito mediante la privazione della sua fondamentale risorsa: quella comunicativa, in forza dell'azione giuridico/giudiziaria di regolamentazione dei conflitti che in essa naturalmente si sviluppano, e che, interpretati secondo un'antropologia negativa come patologia sociale, si cerca, attraverso il diritto attualizzato dal giudice, di neutralizzare.

Questo "nuovo" modello, a ben vedere, rappresenta molto più della semplice applicazione di una tecnica di trattamento dei conflitti, configurandosi come processo di produzione disocialità in grado di rigenerare legami tra le persone e di moltiplicare le possibilità di condividere e affrontare situazioni problematiche, rigenerando così il tessuto connettivo che lega i confliggenti al loro ambiente di vita. A partire dall'esplorazione delle dinamiche sociali esistenti intorno al conflitto, è possibile che la

Riparazione "leghi" tutte le componenti sociali coinvolte nel processo conflittuale, inserito, in ogni fase del suo sviluppo, nella Lebenswelt (il suo contesto naturale), in un flusso continuo di produzione di realtà, attraversando vari gradi e sfumature di "internità" al tessuto sociale, modificando il contesto e modificandosi a sua volta in relazione ad esso.

Inserendosi nel flusso di comunicazione (o di non-comunicazione) caratteristico del conflitto, interagendo con la realtà sociale "locale", i processi di gestione riparativa dei conflitti "da crimine"

vanno a configurarsi come intervento complesso, alimentato dalle risorse disponibili nell'ambiente vitale in cui germina il rapporto di opposizione, finalizzato al miglioramento della vita dei confliggenti e della comunità in cui questi vivono. Le diverse argomentazioni e le diverse prospettive, possono, secondo quest'angolatura, reciprocamente confrontarsi e scontrarsi con pari dignità, partendo dall'ascolto attivo, dall'astensione consapevole dell'azione autoreferenziale, producendo come effetto l'azione comune dei soggetti confliggenti per la trasformazione della realtà problematica che stanno vivendo. Il senso di questa azione rimane all'interno della comunità e si nutre di dinamiche di partecipazione (5). In questo processo interattivo, la Riparazione contamina la comunità sulla possibilità di trovare sempre migliori soluzioni funzionali alla gestione del conflitto, stimola le mediazioni necessarie e segue il processo di

"soluzione" e i suoi effetti nel corpo sociale, interagendo coi soggetti nel progettare azioni e praticare soluzioni. In ogni territorio sociale, l'approccio alla gestione dei conflitti stimola la creazione di momenti stabili e informali di dibattito e confronto sulle problematiche evidenziate dai confliggenti stessi, divenuti protagonisti di esperienze di gestione partecipata e integrata del proprio conflitto, nel proprio ambiente sociale.

Più analiticamente, si può sostenere che col paradigma riparativo, attraverso la sostanziale restituzione alle parti del potere di generare una rappresentazione della realtà del conflitto aderente alla percezione delle stesse, non sclerotizzata in forme astratte dalla sussunzione giuridica; attraverso la

rielaborazione inter partes degli aspetti affettivo-relazionali e materiali del conflitto, con modalità che variano a seconda della tecnologia riparativa utilizzata; per mezzo della costruzione consensuale dell'eventuale "soluzione" all'opposizione interpersonale, diventa possibile una forma

di ricomposizione delle modalità di regolazione sociale, per la ricostruzione degli spazi sociali comunicativamente strutturati, nella prospettiva di una diversa forma di produzione di ordine sociale all'interno e in un certo senso per mezzo, delle potenzialità comunicative della stessa Lebenswelt.

Da un'altra angolazione, "macro" si potrebbe dire, la riparazione avviene a condizione di una

ridefinizione della relazione tra Stato e società, superando l'orizzonte della regolazioneassolutistica del diritto. La Riparazione, infatti, non è una semplice tecnica di gestione dei conflitti, perché traduce l'esigenza di un nuovo modello di regolazione sociale che mira ad una "ricomposizione" tra Stato e società. Secondo questa prospettiva, la legittimità della Riparazione non si fonda sulla difesa di un ordine pubblico o sulla razionalità giuridica che spesso recide i legami sociali in un orizzonte atomistico, ma sulla costruzione di un nuovo equilibrio nelle relazioni tra le parti in conflitto. Si tratta perciò di entrare in un quadro operativo di nuovi significati: entrare nella complessità delle relazioni

comunicativamente strutturate costituenti specifici mondi vitali, delle simbolizzazioni, della crescita sociale, raccordando la trasgressione con la comunità locale, implicando la rivitalizzazione del mondo

vitale, nel momento in cui il gruppo sociale tende a riconoscere il proprio conflitto e le ragioni che ne stanno alla base.

La Riparazione, è dunque collocabile nell'ambito della "degiurisdizionalizzazione" e "degiuridificazione"

del conflitto, che sposta l'obiettivo dalla risoluzione del conflitto alla gestione dello stesso (6), mediante la sua "ri-collocazione" nella Lebenswelt. Non lontano, dunque, dalla riflessione di Jean Carbonnier sulla logica del non-diritto, in un'ottica di riduzione della "pressione giuridica" (7), in una fase storica in cui si richiede un'estrema flessibilità e duttilità del diritto in relazione alla complessità sociale.

La Riparazione pertanto, non si riduce ad una semplice alternativa alla Giustizia retributiva o rieducativa, come pure in certe tassonomie scientifiche appare (8), ma rappresenta una modalità di regolazione sociale che si affianca e supera lo stesso dispositivo giuridico/giudiziario per la gestione delle situazioni di conflitto sociale, e se ne differenzia sul piano dei principi, delle categorie

interpretative, dei criteri di razionalità: mentre il diritto tende a strutturare gli spazi d'interazione sociale significativi secondo una prospettiva e con mezzi "esogeni" rispetto agli stessi spazi, riducendo la capacità decisionale dei singoli, la Riparazione tende a restituire la capacità decisionale e la responsabilità nella gestione dei conflitti, assecondando flessibilmente la specificità della relazione conflittuale. In sintesi: mentre il diritto "assolutisticamente" mira alla colonizzazione dei mondi vitali, la Riparazione ne cerca la rivitalizzazione.

È dunque, insostenibile l'analisi "comparata" di Riparazione con gli altri modelli giuridico-penali,

considerato il carattere del tutto eterogeneo di quegli aggregati, data l'irriducibilità della Riparazione ad un paradigma giuridico-penale.

Un altro livello rilevante dell'analisi della Riparazione, è quello relativo allo spostamento dell'accento dall'idea di "elusione" e "risoluzione" del conflitto come patologia sociale, all'idea di una "gestione ecologica" costruttiva del conflitto come occasione di crescita sociale.

Idea quest'ultima, che recupera la validità positiva e pedagogica del conflitto, che vede nel conflitto, non un male in sé, ma nient'altro che una "situazione", un evento della vita umana, la cui negatività e positività non dipendono da sue caratteristiche intrinseche e date a priori. L'obiettivo è fare del conflitto una risorsa, trasformandolo in una fonte di confronto e dialogo, un'occasione per favorire la

delineazione delle identità individuali e di gruppo; il conflitto non viene affrontato in una prospettiva di patologia e di relativa cura: la prospettiva è invece, quella del "prendersi cura" del conflitto senza volerlo "curare". Il prendersi cura (ethic to care), si esprime nella tendenza a conciliare opposti

interessi, nella ricerca di soluzioni approvate da tutte le parti, le quali, per raggiungere l'accordo finale, sono invitate a moderare le rispettive pretese per renderle accettabili alle controparti, con un

atteggiamento di compromesso costruttivo tipico del modello win-win (9), che si basa sul rispetto e sulla comprensione delle posizioni altrui, premesse indispensabili della convivenza civile. Inoltre, il ricorso a quella che è stata efficacemente definita "giustizia coesistenziale", ha la funzione di evitare di

pregiudicare irrimediabilmente, a causa di un isolato contrasto, una complessa rete di rapporti interpersonali. La potenzialità da riconoscere ai processi di Riparazione è dunque quella di poter compensare lo sfaldamento progressivo dei modi di socializzazione e di regolazione dei conflitti in un contesto "anomico" - vale a dire, un contesto in cui il dispositivo deputato "assolutisticamente" alla regolazione del conflitto non riesce a produrre ordine - fatto che genera inevitabilmente una crisi del legame sociale. Tale crisi si caratterizza per la presenza di una società di individui sempre più

autonomi, per i quali la nozione di interesse generale si declina a partire da una concezione settoriale e particolaristica del bene pubblico.

Per arginare questo fenomeno, è necessario creare un'identità collettiva idonea a ri-articolare segmenti di un tessuto sociale teso, logoro, che lo Stato e il diritto, con gli strumenti tradizionali a disposizione, non sono in grado di garantire. Le strategie di tipo giuridico-assistenziali, sono risultate insufficienti per gestire gli effetti di una cultura dell'individualismo che ha prodotto una crisi generale dell'alterità, cioè un'incapacità di comunicare, di accettare l'altro nella sua individualità, nella sua diversità, di concepire la portata reale della nozione d'interesse generale. Questa crisi, che è crisi della Lebenswelt, stimola, naturalmente, la ricerca di nuove modalità di vita collettiva, che possano affondare le radici in quella che Habermas chiama "solidale coesistenza di estranei" (10), presupposto indispensabile del nostro vivere civile. La Riparazione, nella sua dimensione collettiva e interculturale, costituisce una possibile alternativa, portatrice di una nuova concezione della democrazia.

Con la Riparazione, in sintesi, si tenta di attivare un processo consensuale che si oppone ad una

concezione verticale dell'esercizio del potere, un processo in cui entra in gioco la dimensione

linguistica, finalizzata all'intesa, al consenso e alla condivisione di punti di vista e d'immagini del mondo sullo sfondo della Lebenswelt, la cui rivitalizzazione può essere considerato l'obiettivo ultimo

dell'intervento riparativo.

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