Giustizia riparativa: tra l'essere e il dover essere
4. Modelli comunicativi, riparazione e Lebenswelt: per una concettualizzazione alternativa della giustizia
riparativa
Questa rapida ricognizione dei profili definitori "tradizionali", degli obiettivi e delle caratteristiche della tecnologia riparativa, lascia emergere alcuni motivi ricorrenti, alcune costanti per quanto riguarda il
"senso" la Riparazione stessa. Penso alla retorica giustificativa vittimologica, all'appello continuo alle virtù civiche di non ben specificate comunità virtuose, alla riproposizione regolare (e non priva di ambiguità) della diade reo/vittima.
Questo leit-motiv teorico, variamente articolato, che informa le diverse modalità di gestione riparativa dei fenomeni criminosi sopra analizzate, incontra solo parzialmente la mia condivisione.
Coerentemente all'analisi dei significati sociali della Riparazione, proposta ad inizio capitolo, ritengo che la concettualizzazione "classica" del paradigma riparativo sopra sintetizzata, presenti una pluralità di punti critici, che potrebbero invalidare le potenzialità del modello in questione.
Non mi diffonderò in questa sede sulle criticità sostanziali di detta lettura "classica" (il prossimo capitolo sarà dedicato integralmente a questo tema). Mi limito ad osservare come quella interpretazione
conduca ineludibilmente all'assimilazione del paradigma riparativo agli altri paradigmi di giustizia penale (Retribuzione, Rieducazione), perdendosi in questo modo la specificità della Riparazione, come
modello di interpretazione e gestione della conflittualità sociale potenzialmente trascendente il vocabolario giuridico-processuale per la gestione dei conflitti sociali, come genuino tentativo di superamento sostanziale dell'orizzonte punitivo.
Nella mia prospettiva invece, la Riparazione non consiste nel semplice prodotto di un processo
storicamente determinato di elaborazione di nuove risposte penali a nuove questioni sociali; non è una formula inedita per una trasformazione qualitativa della penalità, centrata sulla gestione inclusiva, irenica e informale (ma pur sempre penale) dei conflitti; per me la Riparazione non è un miglior punire, perché più umano, più leggero, più rapido, non ha e non deve avere nulla a che fare con l'idea del punire.
Per me la Riparazione consiste, sul piano "dell'essere", nella reazione entropica della Lebenswelt, intesa come l'ambito di relazioni intersoggettive (e dell'intenzionalità del soggetto) che formano
l'insieme di relazioni d'interazione quotidiana (anche conflittuale) con piena comprensione reciproca del senso dell'azione e della comunicazione intersoggettive (26), alla colonizzazione giuridica/giudiziaria, intesa come gestione del conflitto astraente la specificità del contesto relazionale in cui è
ecologicamente radicato. Sul piano del "dover essere" credo possa essere tematizzata invece, come un'operazione "strategica" di rivitalizzazione/valorizzazione della Lebenswelt, dalla quale attingere le risorse comunicative per la gestione del conflitto (giuridicamente categorizzato come crimine) che si sviluppa in quello stesso spazio d'interazione sociale significativa.
È necessario a questo punto essere più analitici e cercare di meglio esprimere concettualmente il nesso che lega, nella mia prospettiva, queste due "centrali" realtà (Riparazione eLebenswelt), con l'obiettivo di rovesciare la concettualizzazione tradizionale della Riparazione come ennesimo esempio di paradigma punitivo.
Ricordo che nella sua estremizzazione della prospettiva semantica e pragmatica dell'analisi sociale, Habermas ha sostenuto che la relazione fra comunicazione linguistica e agire sociale presupponesse il linguaggio come medium dei processi di comprensione e intesa fra i partecipanti alla comunicazione.
Linguaggio e agire non coincidono, bensì il linguaggio è il mediumcomunicativo che serve ai
partecipanti per comprendersi e intendersi. L'agire comunicativo orientato al reciproco comprendersi, comporta che i partecipanti attuino i propri piani di comune accordo, in una situazione definita insieme, diversamente dall'agire strumentale, che appare invece orientato verso la trasformazione della realtà esterna, considerando l'azione come razionale, soltanto se l'attore adempie le condizioni che sono necessarie per la realizzazione dell'intento di intervenire con successo nel mondo.
Sullo sfondo dell'agire comunicativo, c'è la dimensione del mondo vitale (Lebenswelt), serbatoio di evidenze e convinzioni che i partecipanti alla comunicazione utilizzano per i processi d'interpretazione e di interazione cooperativa, ma che è esso stesso soggetto a valutazioni di validità (27).
Volendo leggere la Giustizia riparativa utilizzando la "lente" habermasiana dell'agire comunicativo, si potrebbe sostenere che la Riparazione consiste fondamentalmente, in una tecnologia d'interpretazione e gestione del conflitto sociale, che attraverso la risorsa comunicativa attinta dai mondi della vita quotidiana, permette ai partecipanti al conflitto di produrre-riprodurre "argomentativamente" il significato dell'interazione conflittuale e di gestirla costruttivamente e coerentemente a quella specifica
rappresentazione del conflitto, prescindendo dalla riduzione "oggettivistica" che ne farebbe il dispositivo giuridico. Il senso del conflitto sociale, viene quindi prodotto all'interno dei mondi della vita quotidiana, esaltando la dimensione "calda" della comunicazione, la dimensione emozionale e la capacità
decisionale dei partecipanti alla relazione conflittuale. L'istanza che garantisce l'intervento non invasivo e costruttivo sul conflitto, è data dunque dalla coerenza dell'intervento riparativo con la struttura
della Lebenswelt, terreno delle relazioni intersoggettivamente condivise, presupposta dai soggetti socializzati.
La gestione del conflitto si compie prima di tutto nella modalità di atti linguistici incorporati in nessi interattivi ed intrecciati ad azioni strumentali, assurgendo la razionalità comunicativa amedium per la gestione del conflitto e per la riproduzione simbolica dei mondi della vita. L'uscita dalla propria
soggettività autoreferenziale e apertura all'Alter, attraverso l'incontro e la comunicazione, vero ponte tra soggettività e intersoggettività, è lo strumento per una regolazione non invasiva e costruttiva delle relazioni conflittuali.
In sintesi: interpretare il fenomeno criminoso come conflitto sociale, utilizzando le categorie
dell'ambiente vitale nel quale il conflitto germina, e gestirlo con strumenti ad esso coerenti, come la rielaborazione della relazione attraverso la risorsa comunicativa, non mediata dalle forme cristallizzate del diritto.
Con la Giustizia riparativa, dunque, si opera nel senso di contribuire alla costruzione-ri-costruzione delle norme consensuali radicate nel mondo vitale, che consentono di sviluppare azioni e interazioni sociali significative nell'ambito conflittuale: quando le parti iniziano a darsi delle regole (e già questo è un assunto importante nell'attività di riparazione) si coglie un'evoluta apertura intellettuale che trova compimento ed assoluta realizzazione nell'atto linguistico, nella riapertura dei canali comunicativi.
Quegli stessi canali comunicativi che non sarebbero riattivabili dal dispositivo giuridico/giudiziario di regolazione del conflitto, meccanismo che anzi espropriando (28) il conflitto alle parti, nega qualsiasi forma di comunicazione "ecologicamente radicata" nella (e per la) relazione conflittuale. L'intervento riparativo si caratterizza invece, come attività finalizzata ad individuare, interpretare e accompagnare le modificazioni che intervengono nel sistema relazionale e si connota quale operatività di confronto sociale (29) che sollecita soggetti e gruppi a mettere alla prova le reciproche modalità relazionali al fine di cercare le ragioni e le condizioni di compatibilità.
La Riparazione vuole essere azione progettuale di regolazione come risorsa di costruzione o
ricostruzione delle regole comunicative dei contesti nei quali si sviluppano azioni sociali e delle regole che nei contesti consentono il dispiegarsi d'interazioni sociali significative con riferimento alla valenza pubblica dell'agire (30). Il conflitto viene situato nel suo contesto, non subisce più l'astrazione violenta della giuridificazione o il trattamento omologante e cognitivamente semplificante ad esso riservato dal giudiziario, puntando invece alla valorizzazione dei destinatari della Riparazione.
Sotteso a tale prospettiva vi è il superamento della concezione del reato come mera violazione di una norma giuridica e l'accoglimento, viceversa, di una visione relazionale-sociale del fatto criminoso, che tenga conto di tutte le possibili estrinsecazioni dell'offesa come segmento di una più complessa relazione conflittuale.
L'obiettivo fondamentale dell'approccio riparativo è costituito, in quest'ipotesi, dalla ricomposizione della frattura nella comunicazione sociale tra "reo" e "vittima" (o meglio tra soggetti che partecipano a quel particolare processo relazionale che è il conflitto) provocata dalla commissione del reato (inteso come cristallizzazione giuridica del conflitto) o da sue conseguenze. Da questo punto di vista, la Giustizia riparativa lavora prevalentemente sulla dimensione relazionale del danno e sui suoi riflessi in termini di 'alterazione' della comunicazione sociale tra parti, cercando di ripristinarla attingendo alla Lebenswelt, come setting d'interazione nel quale si sviluppa quello specifico conflitto (e non in riferimento alle virtù
civiche di una sedicente comunità).
Considerando quanto appena detto, è da chiedersi se non sia possibile una riorganizzazione del sapere attorno ad una nuova categorizzazione della conflittualità che sottragga complessivamente il problema del conflitto alla concettualizzazione giuridico-penale (oggi imperante). Si pone la prospettiva di interpretare come il soggetto sia dentro un arco di conflitti, che per lui hanno tutti rilevanza, e come questa sia sostanzialmente la sua dimensione esperienziale che va gestita.
La sfida che la Giustizia riparativa lancia, è quella di cercare di superare la logica del castigo muovendo da una lettura relazionale del fenomeno criminoso, inteso normalmente come unconflitto (un particolare tipo di interazione sociale in cui uno o più attori coinvolti fanno esperienza di un'incompatibilità negli scopi o nei comportamenti) che provoca la rottura di aspettative sociali simbolicamente condivise, ecologicamente radicate in uno specifico mondo vitale. Il reato non viene riduttivamente considerato come un illecito commesso contro la società, o come un comportamento che incrina l'ordine costituito, un crimen laesae maiestatis (31) - che richiede una pena da espiare - bensì come una condotta intrinsecamente dannosa e offensiva, perché come tale percepita dai partecipanti alla relazione conflittuale, condotta che può provocare privazioni, sofferenza, dolore, e che richiede, da parte dell'attore, l'attivazione di forme di riparazione del danno, anticipata dalla ricostruzione attraverso la risorsa comunicativa attinta dalla Lebenswelt comune, dello stesso rapporto di opposizione
interpersonale, prescindendo dalle categorizzazione astratte giuridiche.
Da un punto di vista sociologico-giuridico, la Giustizia riparativa è configurabile come una teoria
"sociale" della giustizia, le cui radici affondano nella ricerca di un modello di giustizia che sia in grado di far convergere su di sé il consenso dei vari gruppi sociali stanziati su un determinato territorio, il ri-dispiegamento della capacità endogena di ri-composizione e restaurazione del legame sociale deteriorato dall'escalazione (32) del conflitto, la rivitalizzazione del mondo vitale altrimenti
irreggimentato dalla razionalità giuridica. Per queste ragioni, la Giustizia riparativa non offre soluzioni unilaterali, né produce effetti stigmatizzanti. In quanto giustizia che "si prende cura" anziché "punire", la Giustizia riparativa è orientata verso il soddisfacimento dei bisogni delle vittime, del "reo" e della
comunità specifica in cui viene vissuta l'esperienza di vittimizzazione. Le questioni fondamentali non sono più "chi merita di essere punito?" e "con quali sanzioni?", bensì "qual è la percezione dei
partecipanti al conflitto del conflitto stesso?" ed ancora "come percepiscono la loro posizione all'interno della relazione conflittuale?" successivamente "cosa può essere fatto per riparare l'eventuale danno?", laddove riparare non significa, riduttivamente, controbilanciare in termini economici il danno cagionato.
La Riparazione, infatti, ha una valenza più profonda e, soprattutto, uno spessore etico che la rende ben più complessa del mero risarcimento e che affonda le proprie radici nel percorso di riattivazione dei canali comunicativi tra soggetti in conflitto, nella rielaborazione della relazione secondo canoni
"relazionali" e nella generazione di "soluzioni" consensuali.
La Giustizia riparativa costituisce un approccio innovativo e dinamico al conflitto "da reato" e insegna, soprattutto, che la società civile non ha bisogno solo e necessariamente di norme rinforzate da sanzioni che "sclerotizzano" mondi vitali - e il discorso vale soprattutto per le società complesse moderne - ma anche di un'etica della comunicazione (come modalità di gestione dei conflitti) che alle norme possa offrire una legittimazione e una conferma di validità. L'alternativa delineata dalla Giustizia riparativa, prevede che al binomio reato-pena, si contrapponga il binomio conflitto-riparazione, operando dunque una ri-codificazione epocale del fenomeno criminoso, ora inteso non in senso giuridico/giudiziario, ma relazionale,sociale: un conflitto; se da un lato il reato perde la sua connotazione pubblicistica di offesa ad un bene giuridico e ritorna come conflitto alle parti, dall'altro, parallelamente, il carattere deterrente e punitivo della pena lascia il posto ad una prospettiva di riparazione del danno e di ripristino
comunicativo tra "vittima" ed autore del reato, attivando un processo di ricostruzione locale, parziale e contestuale della Lebenswelt, degli spazi di interazione comunicativamente strutturati.
La Giustizia riparativa rappresenta, in sintesi, l'evoluzione "verso modelli decentrati di regolazione dei conflitti che si sviluppano nel quadro di entità sociali più o meno ampie, permettendo una maggior implicazione degli attori nella risoluzione dei propri contrasti" (33). Con questa consapevolezza credo sia possibile e necessario leggere le caratteristiche "strutturali" della Giustizia riparativa per coglierne criticamente le diverse implicazioni teoriche e pratiche, per comprenderne la portata eversiva rispetto al funzionamento del dispositivo penale-puntivo, più in generale, rispetto alla razionalità giuridica.