• Non ci sono risultati.

Giudiziarizzazione del sociale: aspetti qualitativi e quantitativi

macro-trasformazioni giuridiche

3. Giudiziarizzazione del sociale: profili, problemi, prospettive

3.2 Giudiziarizzazione del sociale: aspetti qualitativi e quantitativi

Con la giudiziarizzazione, il giudice diventa una sorta di factotum istituzionale (96) la cui funzione sembra essere non solo e non più, la composizione delle dispute ma anche risolvere problemi che le altre istituzioni non hanno ancora affrontato o che hanno trattato in modo insoddisfacente. La

tendenziale ubiquità del sistema giuridico e la parallela espansione delle competenze del giudice rappresentano la conseguenza più evidente, ma non la sola, del verificarsi delle macro-trasformazioni sociali ampiamente discusse nei paragrafi precedenti.

L'aspetto cruciale di questa trasformazione che coinvolge il legal system, in specie il sistema giudiziario, appare legato all'impianto dell'atto normativo giuridico, già mutato con il funzionamento

"fisiologico" del Welfare State. La legge utilizzata per sollecitare e guidare lo sviluppo socioeconomico, acquista, come detto nelle pagine precedenti, una funzione promozionale e strumentale, con la

conseguenza di coinvolgere le corti in questa inedita funzione regolativa. Per affrontare la complessità

di nuovi settori di intervento che progressivamente emergono con gli sviluppi della società

tecnologicamente avanzata, il legislatore ricorre spesso a clausole generali, che pongono vincoli più deboli di un tempo all'interpretazione giudiziale, deferendo al giudice potere decisionale nuovo. Non di rado gli obiettivi perseguiti vengono incorporati nel dettato legislativo, diventando vere norme di diritto positivo. Anche se l'indicazione esplicita delle finalità da realizzare può essere considerata un

contrappeso al potere delegato del giudice, la conseguenza resta nondimeno quella di modificare il ragionamento giuridico e la logica delle decisioni. Il giudice è chiamato a scegliere tra soluzioni alternative possibili, immaginarne le conseguenze valutarle e prendere una decisione guardando al futuro, secondo una logica "prospettica".

La struttura sociale del processo egualmente muta. In passato l'accento era messo sul rapporto tra i due litiganti, depositari di interessi chiaramente delimitati e contrapposti. Con l'emersione del Welfare State, e soprattutto con la sua "crisi" biopolitica, il processo vede la presenza di una rete complessa di pretese e di interessi, dai contorni poco netti e nella quale il numero dei destinatari della decisione giudiziale, è incerto, proprio in forza della trasmigrazione delle aspettative.

La giustizia diventa partner quotidiano del processo politico nei suoi diversi segmenti: dalla

formulazione delle politiche, attraverso il potere di interpretazione, sino alla messa in opera attraverso il controllo sugli atti amministrativi.

Gli organi giudiziari vengono ad occupare lo snodo nevralgico in un paesaggio sociale caratterizzato da contrastanti tendenze (97). Il giudice non si limita più a dirimere controversie, ma tende a risolvere conflitti che altre istituzioni pubbliche non percepiscono nella loro gravità o non riescono a gestire in maniera performante.

Il ricorso al giudice presenta d'altro canto per il cittadino utente delle istituzioni alcuni vantaggi comparativi rispetto alla domanda di intervento rivolta ad altri poteri: il potere giudiziario è meno invasivo più aperto più diffuso e meno discrezionale di quanto non siano i poteri propriamente politici.

Ciò può spiegare perché l'intervento della magistratura abbia finito per assumere il carattere di

un'azione attuata per colmare un vuoto politico e sia stato spesso interpretato come un attacco diretto al legislatore da parte dei giudici.

L'aspetto più rilevante per il tema che qui sto affrontando sono però, le implicazioni e gli effetti sociali della crescita dell'attività giudiziaria e delle modificazioni qualitative delle sue caratteristiche. La crescita di rilievo delle decisioni giudiziarie tende, ad esempio, ad attirare verso il sistema sempre nuove e sempre più numerose domande (98), verificandosi simmetricamente un aumento delle aspettative del pubblico nei confronti dell'amministrazione della giustizia. Le aspettative trasmigranti dal Welfare State, a contatto col giudice si moltiplicano ulteriormente

Leggere però il fenomeno di espansione del potere giudiziario in termini generali di dinamica socio-politica, come un "supporto" funzionale per un sistema in difficoltà ad elaborare risposte performanti alle istanze sociali, appare necessario ma non sufficiente.

Nella mia prospettiva è da privilegiare ora, la considerazione di una dimensione specifica della giudiziarizzazione, bisogna capire come il "successo" dell'istituzione giudiziaria sia legato a nuovi percorsi e bisogni giuridici che si vanno producendo in società a partire dalla crisi biopolitica welfarista, e che richiedono una nuova articolazione istituzionale, frutto di un riassestamento della sfera politico-istituzionale, dimensione che posso definire giudiziarizzazione del sociale (99).

In prima approssimazione, questo fenomeno è descrivibile come l'adozione "su larga scala" di strumenti interpretativi della realtà e strategie di azione, interamente ed esclusivamente giudiziari e nella

trasposizione - sempre sul piano giudiziario - di esigenze collettive, pretese sociali, controllo del

dissenso ecc. La valutazione politica, o anche semplicemente critica, di fenomeni sociali, segue oramai canoni interpretativi esclusivamente giudiziari, sottoponendo al processo ed alle sue regole la verità di ogni affermazione. Al diritto ed all'azione giudiziaria si ricorre massivamente, comportando la

costruzione di modelli processuali e fattispecie sostanziali attivi fuori delle aule di tribunali.

Nello stato post-welfare il rafforzamento della giurisdizione, e la fuoriuscita dalle aule di tribunale delle categorie del giudiziario sono due elementi di straordinaria novità.

L'"immigrato", il "recidivo", il "nemico", il "tossicodipendente", il "tifoso", il "mafioso", il "colletto bianco", la "vittima" l'"islamico" ed i loro statuti giuridici personali irrompono nel procedimento e nel processo,

conformando le regole di valutazione della realtà e persino la sanzione e riproponendo, proprio nel

"santuario" delle neutralità e delle eguaglianze, la carica di conflitto che si accompagna alla loro emarginazione sociale. L'azione giudiziaria si trova, para-dossalmente, invischiata in una politicità necessaria, che tuttavia neutralizza e non esalta la discrezionalità, addomesticando le decisioni e divenendo luogo obbligato di attuazione di una politica della disuguaglianza sociale.

Se oggi al protagonismo della giurisdizione è affidata la capacità di riallocare nel presente le previsioni legislative (100), quasi ridefinendole, affermando le ragioni del presente (101) in un contesto giuridico fluido, mutevole e multipolare, la giudiziarizzazione del sociale rappresenta il suggello indiscutibile di quel protagonismo. In questo primato della giurisdizione il diritto si ripresenta di continuo nelle vesti di specifiche esperienze giuridiche, diventa spazio di esperienza che assorbe l'idea di diritto in

quanto spazio di aspettativa (102), mentre il giudice aspira ad essere una delle figure cardini

dell'organizzazione sociale. La giudiziarizzazione del sociale è l'ascesa solenne della giurisdizione ad istituzione "paradigmatica" (103), verificandosi una progressiva diffusione dei criteri organizzativi della logica giudiziari, in sintesi dei propri moduli generali (in specie quelli adversarial basati su conflitto e negoziazione), come nuovi moduli di organizzazione del potere pubblico in genere, di più: come modelli di regolazione della sfera sociale tutta.

Si può così assistere, al diffondersi continuativo e apparentemente inarrestabile sia di istituzioni animate da una logica giudiziaria (come le autorità indipendenti), sia di una logica di interpretazione e intervento, in relazione ai più disparati bisogni sociali, frutto di una trasposizione delle categorie giuridiche/giudiziarie in ambiti tradizionalmente a queste estranei.

Se con la giuridificazione si affermava un legal framing, con la giudiziarizzazione si afferma lo judicial framing: l'interpretazione di fenomeni sociali attraverso la loro trasposizione nel mondo del processo (fatto di giochi a somma zero, di codici binari, iper-proceduralizzato).

Alla fine di questa "evoluzione", il diritto e la giustizia avranno fornito alla democrazia il suo nuovo vocabolario: imparzialità, procedura, trasparenza, contraddittorio, neutralità, motivazione (104) ecc.

Il successo del giudiziario quindi, intercettando felicemente macro-cambiamenti socio-politici in atto,

"sfruttando" il progressivo dissolvimento di una concezione rigida del diritto in una concezione più fluida e rarefatta (già analizzata), non corrisponde semplicisticamente all'aumento esponenziale di materie regolate dal giudice, ma è propriamente configurabile come esportazione della "forma mentis"

giudiziaria, dei suoi canoni, della sua logica, al di fuori delle aule dei tribunali.

Il cambiamento coincide, come già detto, con una profonda crisi della concezione del diritto, dei suoi elementi costitutivi, che ne determina il graduale svuotamento di senso normativo, crisi iniziata già con la giuridificazione.

Da una parte, il diritto subisce la concorrenza di moduli giuridici soft meno imperativi e rigidi, dall'altra le norme chiare e certe non hanno più valore autonomo e indipendente, dovendo inserirsi in un tessuto comunicativo-negoziale assai complesso e mutevole che piega il significato della norma ai fini di ingegneria sociale o individuale. Dall'altra, la moltiplicazione della legge degrada verso forme legislative attenuate in efficacia, soft e negoziate, assistendosi ad un graduale processo di

corrosione/flessibilizzazione e perdita di capacità normativa.

La giudiziarizzazione del sociale, può essere di conseguenza colta, anche se si presta attenzione alla situazione di profonda eterogeneità del tessuto giuridico post-Welfare State, che sempre più si trova a registrare la compresenza di elementi diversi per provenienza, modi di essere e funzionamento.

La moltiplicazione e diversificazione delle fonti, l'impossibilità di ascriverle ad un registro definitivo, di incardinarle in un ordine fisso di tipo gerarchico, creano un contesto in cui la giuridicità si ricompone se e nella misura in cui gli elementi eterogenei trovano sistemazioni più o meno stabili in un tessuto connettivo comune. Si realizza così un coordinamento di tipo reticolare tra le fonti, un coordinamento largamente guidato dall'attualità e dunque largamente imprevedibile nel suo dipanarsi.

Invece di operare attraverso durevoli sintesi semantiche, si danno continue situazioni di polisemia (105), di conflitto e concorrenza tra regole ed interpretazioni, fino a poter parlare di polisistemacità simultanee (106), segnate dall'intersezione dei poteri e dall'incastro di norme, in cui è come se

l'imperativo funzionale del coordinamento prevalesse sull'esigenza logica della gerarchizzazione (107).

Ciò che fa da sfondo a questa rarefazione-moltiplicazione del diritto è una situazione di sempre

maggiore precarietà del suo tessuto connettivo, che solo in parte trova ancora il suo senso privilegiato in una grammatica unitaria affidata ai cultori del diritto ed ad operazioni di chiusura sistemica, ma in parte si affida piuttosto ad un flusso comunicativo continuamente aggiornabile e variabile. In altri termini il diritto, lasciando le sistemazioni di tipo rigidamente gerarchico, presenta la tendenza a strutturarsi come un linguaggio, dove le parole, pur se consegnate a significati, si ridefiniscono di continuo nei contesti della comunicazione, specie parlata, dove esistono maggiori possibilità di articolazioni, giochi, ironie ed effetti imprevisti. Questo linguaggio non appartiene più solo al microcosmo giudiziario, ma diventa il codice per la formalizzazione delle più disparate istanze sociali, orientando

conseguentemente il dispositivi e le strategie di risposta alle stesse.

Nel complesso si può parlare a fronte di una moltiplicazione "materiale" del diritto, di una rarefazione dell'universo normativo, con l'insediamento del diritto in un flusso comunicativo continuo e multipolare che diventa in un certo senso di "dominio pubblico", come linguaggio preferenziale per esprimere e veicolare contenuti regolazione sociale.

Ciò produce il conseguente bisogno di fissare, all'interno di questo flusso, un senso normativo più definito: operazione che richiede opzioni e decisioni autoritative specie laddove insorgano conflitti, incertezze, bisogni applicativi (108). Insomma, in coerenza con un processo che sposta sempre più l'identità del diritto, che prima era affidata al momento genetico delle norme verso il momento

applicativo, le sedi giurisdizionali assumono su di sé il compito di fissare quel senso, sia pure in forma né esclusiva né definitiva. Si crea, infatti, una situazione di vantaggio funzionale per la giurisdizione perché insorge il bisogno, laddove si registrino falle, contraddizioni, incertezze, di compiere operazioni di fissazione del senso giuridico, che pervengono in maniera privilegiata, seppure non esclusiva, ad istituzioni di tipo giudiziario.

Di fronte alla molteplicità ed eterogeneità materiale delle fonti, le istituzioni giudiziarie diventano una sorta di metafonte nella misura in cui sono in misura privilegiata per stabilire in maniera autoritativa nessi, rapporti gerarchici, connessioni, mediazioni tra segmenti di materiale giuridico eterogenei e provenienti da fonti disparate. La forza delle istituzioni giudiziarie appare allora, più la soddisfazione di esigenza di tipo funzionale, ossia il bisogno di arrivare a fissare dei punti fermi, che non un'intrinseca autorevolezza dell'istituzioni giudiziarie.

E qui il cerchio "si chiude": giudiziarizzazione del sociale, come traduzione della logica di

interpretazione/intervento sociale in "termini giudiziari" incontra giudiziarizzazione come fenomeno quantitativo, come pervadenza del giudice.

La centralità acquisita dalla funzione giudiziaria indica dunque il senso del cambiamento giuridico in atto. Si passa da un modello segnato dalla centralità del legislatore Welfare State (modello Giove) alla centralità di un mondo giuridico variegato, complesso, mobile e molteplice (modello Mercurio), che trova nell'istituzione giudiziaria il proprio centro di gravità (109). Il giudiziario assume su du sé il compito di sostenere l'intera costruzione del diritto (modello Ercole (110)), di più si trova ad essere la fonte per l'elaborazione e delle istanze sociali nonché il canale di articolazione ed espressione delle stesse. In questa nuova struttura giuridica mobile e morbida, l'istituzione giudiziaria assume il ruolo di istituzione-ponte: svolge compiti di raccordo, lubrifica ingranaggi della comunicazione giuridica, sempre più modello per la "comunicazione sociale" in genere.

3.3 Giudiziarizzazione del sociale e crisi del Welfare State: effetti sugli

Outline

Documenti correlati