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La disciplina italiana: la Legge 149 del 2001 e l’interpretazione

Per quanto concerne il diritto interno, prima della Legge 28 marzo 2001, n. 149, non esisteva la figura del difensore del minore. Si deve tener presente che per agire in giudizio in nome e per conto del minore non sempre si ha la necessità di ricorrere ad un avvocato: se il procedimento è, per esempio, di volontaria giurisdizione, l’incapace legale può stare in giudizio personalmente, negli altri casi invece l’articolo 82 c.p.c. prevede che «le parti non possono stare in giudizio

se non con il ministero o l’assistenza di un difensore».

La legge n. 149 del 2001 ha previsto l’obbligo di nominare un avvocato al minore e ai genitori nelle procedure giudiziarie per la dichiarazione di adottabilità e in quelle di limitazione e decadenza dalla potestà (oggi responsabilità) genitoriale: la nuova normativa, però, in seguito ad una serie di rinvii, è entrata in vigore solo il 1° luglio 2007.

Si è trattato di una rivoluzione copernicana nella giustizia civile minorile che, però, non è parsa di semplice attuazione e questo soprattutto per la difficoltà di recepirla, senza sostanziali ulteriori riforme, in un ordinamento come il nostro e, in particolare, in un sistema processuale civile nel cui ambito la nomina del difensore di ufficio è un istituto sconosciuto per il quale non esiste né una disciplina dei criteri e dei requisiti per la nomina e per la retribuzione di tale difensore (a differenza di quanto avviene nel processo penale dove la legge di riforma 6 marzo 2001, n. 60 ha disciplinato la difesa d’ufficio prevedendo specifiche modalità per la nomina dei difensori e per la loro

retribuzione). Il legislatore avrebbe, quindi, dovuto introdurre una specifica normativa di attuazione, viceversa la legge 149/2001 non conteneva nulla in più delle scarne indicazioni relative alla nomina del difensore217.

La riforma era stata, quindi, prorogata per anni sia per la mancanza di norme sui criteri di nomina e di qualificazione dei difensori nei procedimenti civili di adottabilità e di limitazione e decadenza della potestà, a differenza di quanto avviene nel settore della difesa penale dei minorenni dove sono previste specifiche norme di nomina e di qualificazione (art. 11 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 e art. 15 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 272), sia per la mancanza di norme sulle modalità̀ di retribuzione dell’avvocato (la già citata Legge n. 60 del 2001).

Ciò nonostante, tale disciplina costituisce un evento di straordinaria importanza per il nostro sistema processuale in quanto introduce una nuova figura, l’avvocato del minore, adeguandosi alla normativa sovranazionale.

Anche la Corte Costituzionale218 ha riconosciuto la portata innovativa

della riforma, affermando come, in questo modo, si valorizzi il contraddittorio nei procedimenti civili minorili, in base alla previsione generale dell’articolo 111 Cost. sul giusto processo.

Si tratta del punto di arrivo di una riflessione che negli ultimi anni è stata fatta anche dall’avvocatura impegnata nel diritto di famiglia219.

217G.DOSI, Una svolta nei giudizi de potestate e di adottabilità: in vigore, dopo anni di proroghe, l’obbligo di un difensore per genitori e minore, in Famiglia e diritto, 2007, p. 952.

218 Corte cost. 30 gennaio 2002, n.1, in Fam. dir., 2002, 3, p. 229, nota di TOMMASEO,

ODINO,PASCHETTI.

219 L.FANNI, Quale processo per la famiglia e i minori, Giuffrè, Milano, 1999; G.DOSI, L’avvocato per la famiglia e per i minori, in Dir. Fam. e pers., 1994, p. 1127; AA.VV., L’avvocatura e i problemi attuali del diritto di famiglia, Guerini, Milano, 1995, p. 51.

Infatti, non è sostenibile che, in materia di diritti indisponibili, il diritto di difesa del minore sia fatto proprio dal giudice, il quale non può in tal modo declinare la sua terzietà ed imparzialità e non è sostenibile, paternalisticamente, la presenza di un genitore a tutelare il minore, perché questa tutela non può aversi in caso di conflitto, specialmente in alcune ipotesi dove il contrasto è immanente (adottabilità, responsabilità genitoriale)220.

In questi casi il genitore con il suo avvocato non può più rappresentare il minore perché coinvolto nella controversia in prima persona e, dunque, in evidente conflitto di interesse. Il minore deve essere, come parte formale, rappresentato da un altro soggetto, il curatore speciale, ex art. 78 c.p.c., e questi deve poter godere di tutte le prerogative della parte formale, fra le quali un difensore tecnico che lo rappresenti nel processo. La rappresentanza nel processo del curatore speciale, espressione della qualità di parte sostanziale del minore, non risolve il problema e lascia impregiudicato l’esercizio di tutte le facoltà della parte formale, tra le quali la nomina di un difensore.

Tuttavia, nonostante i meriti riconosciuti, sono sorti notevoli dubbi in dottrina221 in ordine alle poche disposizioni della legge relative alla

nomina del difensore, alla retribuzione ed ai criteri di qualificazione dello stesso. Inoltre, il legislatore italiano, anziché prevedere un diritto generale del minore ad essere rappresentato nel processo da parte di un avvocato, lo ha previsto solo in due casi, ossia il procedimento di adottabilità e il procedimento concernente la limitazione o decadenza

220 C.CECCHELLA, Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, cit., p. 38. 221 G.DOSi, L’avvocato del minore, professione legale e relazioni familiari, cit., p. 6;

F.DANOVI, L’avvocato del minore nel processo civile, cit., 2014; F.TOMMASEO, Sulla

tutela dei diritti del minore nell’azione dei suoi rappresentanti, cit.; S.PETTINATO, La

difesa processuale del minore alla luce della Legge n. 149/01: quale tutela? in www.filodiritto.com, 2009.

della responsabilità genitoriale. La littera legis è stata, quindi, sintetica e ha generato non pochi dubbi interpretativi. Gli unici dati certi sembrano essere quello della presenza istituzionalizzata di un soggetto terzo, deputato alla difesa nel processo delle posizioni soggettive del minore e, dall’altro, il riconoscimento in capo al minore della qualifica a pieno titolo di parte sostanziale e formale del processo222.

C’è chi ha salutato le novità che sono state introdotte come un dato positivo, che costituisce «un’occasione preziosa per far crescere sempre

di più la cultura delle garanzie anche nei Tribunali per i minorenni223», e chi, al contrario, ha denunciato con forza che, mentre il diritto di parola riconosciuto dalla Convenzione di New York valorizzi la soggettività del minore, l’istituzione di rappresentanze e l’attribuzione di un difensore comporta invece lo «spodestamento» della sua posizione di centralità nel processo224.

Nonostante possano esistere in dottrina diversi punti di vista, occorre sottolineare come la giustizia minorile225 si avvii verso un modello più

strutturato226.

La riforma del 2001 ha, infatti, modificato la legge sull’adozione (Legge 4 maggio 1983, n. 184) ed ha stabilito, all’articolo 8, comma 4, come necessaria, l’assistenza legale del minore, dei genitori e degli altri parenti sin dall’inizio del procedimento di adottabilità. Inoltre, l’articolo 10, comma 2, della stessa legge, ha previsto come obbligatorio l’invito del Presidente del tribunale ai genitori e parenti a nominare un difensore,

222F.DANOVI, L’avvocato del minore nel processo civile, cit., p. 186; G.MAGNO, Rappresentanza e difesa del minorenne nel giudizio per la dichiarazione dello stato di adottabilità, in Dir. Fam e pers., 2009, p. 655.

223 G.DOSI, Una svolta nei giudizi de potestate e di adottabilità, cit., p. 951.

224G.C.TURRI, Ascolto, rappresentanza, difesa del minore in giudizio in quanto parte,

in www.minoriefamiglia.it.

225F. TOMMASEO, Rappresentanza e difesa del minore nel processo civile, cit., p. 410,

definisce la giustizia minorile come ogni processo preordinato alla tutela degli interessi esistenziali del minore, interessi che esigono forme di protezione e di promozione attuate con gli strumenti della giurisdizione.

226F.MICELA, Rappresentanza e assistenza del minore. L’impatto della legge 149/01,

informandoli della possibilità di un avvocato d’ufficio nel caso in cui non provvedano.

La dichiarazione dello stato di adottabilità è quel momento in cui si ricostruisce ed accerta la condizione di abbandono del minore in modo tale che egli possa essere inserito in un contesto familiare differente: esso può verificarsi solo in presenza di una situazione di carenza di cure materiali e morali, tale da arrecare un danno grave allo sviluppo e all’equilibrio psicofisico del minore. Questa circostanza deve essere accertata in concreto, sulla base di riscontri obiettivi.

Prima della Legge n. 149 del 2001, il procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità si svolgeva nelle forme del procedimento a contraddittorio posticipato: erano previste due fasi, una istruttoria camerale che poteva iniziare anche d’ufficio e un momento di opposizione di natura contenziosa su iniziativa delle parti, introdotto con ricorso sottoscritto da un difensore.

Attualmente, il procedimento è sostanzialmente contenzioso, ad iniziativa anche pubblica dell’azione e, a differenza del precedente sistema in cui la nomina del curatore speciale era prevista solo nel momento in cui veniva presentata opposizione all’adottabilità, ora si stabilisce fin da subito la presenza obbligatoria del difensore227.

Essendo un momento molto delicato, deve essere assicurato al minore il diritto ad avere un avvocato con conseguente onere del presidente del Tribunale dei minorenni competente in materia, nel momento in cui fissa l’udienza, di invitare le parti, ivi compreso il figlio, a nominare un difensore. I genitori e i parenti, assistiti dall’avvocato, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, potendo anche proporre istanze istruttorie, prendere visione ed estrarre copia dagli atti e, sebbene non sia previsto espressamente, tali poteri spetterebbero anche al difensore del minore. Quest’ultimo, inoltre, sarebbe chiamato ad esprimere la propria valutazione nel momento in cui il tribunale

dichiara con sentenza lo stato di adottabilità al termine degli accertamenti: sebbene non sia prevista espressamente un’udienza di discussione, le parti ed i loro avvocati dovrebbero essere ascoltati. La giurisprudenza228 è intervenuta più volte sul tema, ribadendo come,

in materia di adozione, la Legge n. 149 del 2001 avrebbe disposto il rispetto del principio del contraddittorio tra le parti e l’assistenza legale pure del minore.

L’obbligatoria presenza del difensore conferma il fatto che in tali procedure il minore deve essere considerato parte del processo.

L’altro episodio normativo fa riferimento all’articolo 336 c.c. in tema di responsabilità genitoriale: l’ultimo comma, aggiunto dall’articolo 37, comma 3, della Legge n. 149 del 2001, ha stabilito che per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, il minore ed i genitori siano assistiti da un difensore tecnico. Si tratta di procedimenti nei quali si discute di un abuso della responsabilità o, per meglio dire, di un uso distorto della stessa che può provocare seri pregiudizi in capo al minore: in questi casi, il giudice è chiamato a pronunciare la decadenza (articolo 330 c.c.) o un affievolimento (articolo 333 c.c.) della responsabilità genitoriale per garantire una protezione al minore stesso.

Inoltre, la norma nel suo tenore originario conteneva un inciso «anche a

spese dello Stato nei casi previsti dalla legge», il quale fu abrogato

successivamente con l’articolo 299 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115: lo Stato italiano, nel timore di dover poi reperire le risorse finanziarie per attuare tale disposizione, ha eliminato queste parole per evitare di incidere sulla spesa pubblica. Il minore, infatti, non ha a disposizione le possibilità economiche necessarie per far fronte ad una spesa del genere da solo. Inoltre, gli inconvenienti nascono soprattutto quando questi si trova in una situazione di conflitto di interessi con i genitori, i quali

228 Cass., sez. I, 4 maggio 2009, n. 10228, in Guida al diritto, 2009, 21, p.64; App.

Milano, sez. famiglia e minori, 3 novembre 2008, in Giur. Di merito, 2009, 2, p. 392; App. Milano, sez. famiglia e minori, 4 dicembre 2008, in Giustizia a Milano, 2008, 12, p. 81.

saranno maggiormente propensi a sottrarsi a questi oneri monetari: introdurre, all’interno del sistema normativo, una disposizione che possa garantire al fanciullo, in modo autonomo e distinto dai genitori, l’istituto della difesa tecnica renderebbe il nostro ordinamento in linea con il clima europeo. Tuttavia, l’obbligatorietà della nomina al minore di un difensore nelle procedure de potestate implica il riconoscimento del fanciullo come parte processuale.

Dunque, sono tre le disposizioni di legge che maggiormente interessano l’interprete: l’articolo 8, comma 4, e l’articolo 10, comma 2, della Legge n. 184 del 1983 e l’articolo 336, ultimo comma, del codice civile. L’elemento comune, pur in presenza di una formula non sempre immune da dubbi, è rappresentato dalla presenza di un soggetto istituzionalmente deputato alla difesa degli interessi del minore nel processo.

La cornice normativa, cosi come si presenta alla luce della riforma, lascia del tutto insolute alcune questioni: in primis, manca una disposizione che renda concretamente operativo il dettato della legge, attraverso l’introduzione di una difesa d’ufficio del minore, necessitante di un’organica disciplina, anche in relazione alla specializzazione del difensore del minore e ai compensi destinati al professionista prescelto229.

In secondo luogo, nelle due disposizioni appena menzionate, si parla di rappresentanza tecnica dei genitori e dei figli utilizzando la congiunzione copulativa “e” e non la congiunzione disgiuntiva “o”: questo dato letterale fa pensare ancora che fosse possibile interpretare la norma nel senso di ritenere sufficiente un unico difensore tecnico sia per il minore che per il genitore. È evidente che, per una adeguata tutela del fanciullo, l’avvocato deve essere dotato di autonomia e dunque distinto dai legali dei genitori, portatori di interessi contrapposti230.

229C.CECCHELLA, Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, cit., p. 6;

G.DOSI, L’avvocato del minore, cit., p. 6 ss.

Un’interpretazione siffatta, seppur apparentemente in linea con il testo, snaturerebbe e ridurrebbe la portata innovativa della riforma.

Infine, l’aspetto forse più problematica è quello concernente il rapporto tra l’avvocato del minore e la figura del curatore speciale nominato in caso di conflitto di interessi tra genitori e figli: la legge italiana, diversamente dalla Convenzione di Strasburgo in ambito europeo, non fa alcun riferimento a tale ipotesi.

L’ordinamento giuridico interno attribuisce ai genitori che esercitano la responsabilità genitoriale le funzioni di rappresentanza giuridica del minore (articolo 320 c.c.) e prevede che, in alcune circostanze, come nel caso di conflitto di interessi tra genitori e figli o di disinteresse dei genitori verso i figli, l’autorità giudiziaria nomini al minore un curatore speciale che lo possa rappresentare in sostituzione dei genitori (articoli 320, 321 c.c. e articoli 78, 79, 80 c.p.c. in sede civile).

La figura del curatore speciale del minore, nel sistema civile italiano, la ritroviamo in diverse circostanze: innanzitutto, in alcune specifiche norme del codice civile che prevedono tale nomina quando si evidenzia un conflitto di interessi in occasione o per il compimento da parte dei genitori e per conto del minore di atti di natura patrimoniale di straordinaria amministrazione che la legge vuole che siano autorizzati dal giudice tutelare (articolo 320 c.c.), oppure quando si riscontra l’inerzia o il disinteresse dei genitori sempre in relazione ad atti eccedenti l’ordinaria amministrazione che appaiono di interesse per i figli minori (articolo 321 c.c.). Esiste, poi, una normativa tipica prevista nei codici e nelle leggi speciali dove il minore è considerato litisconsorte necessario e la nomina del curatore è un atto generalmente dovuto (articolo 247, ultimo comma, c.c.; articolo 264, comma 2, c.c.; articolo 17, comma 2, Legge 4 maggio 1983, n. 184; articolo 244, ultimo comma, c.c.)

Infine, il curatore speciale viene nominato nel caso di un conflitto di interessi anche non patrimoniale tra incapace e rappresentante che si dovesse evidenziare in sede processuale (articoli 78, 79, 80 c.p.c.). Le sue funzioni possono esplicarsi sia in relazione ad un atto (curatore speciale ad acta) sia in relazione ad un processo (curatore speciale ad

processum): in entrambi i casi, però, siamo in presenza di una funzione

sostitutiva nella rappresentanza sostanziale dell’incapace di agire. È proprio quest’ultimo caso che assume un rilievo preminente: il problema è costituito, però, dalla mancata previsione di una norma che regoli il rapporto tra la nomina del curatore speciale e l’obbligo di difesa tecnica del minore. La legge, infatti, si preoccupa solo di disciplinare i casi in cui è necessaria la presenza di un difensore senza preoccuparsi del coordinamento tra questa figura e quella del curatore speciale (figura disciplinata nelle norme in tema di rappresentanza delle parti).

Infatti, poiché il minore non ha la capacità di agire, non può conferire personalmente mandato ad un difensore, dunque necessita di una persona che svolga questo compito per lui, una persona che deve essere diversa dai genitori quando vi è una situazione di conflitto di interessi. Il curatore speciale viene nominato allorquando sorge un contrasto, anche solo potenziale, tra genitori e figli e, non essendovi nelle norme alcuna indicazione, questo può essere anche di natura non patrimoniale: la giurisprudenza ha segnalato che il conflitto di interessi è configurabile

«ogni volta che l’incompatibilità delle rispettive posizioni è anche solo potenziale a prescindere dalla sua effettività231», con la conseguenza che, in caso di omessa nomina del curatore speciale, il giudizio è nullo per violazione del contraddittorio. La dottrina232 riconduce il concetto

di conflitto di interessi ad una ipotesi di abuso della rappresentanza ed in particolare, nel caso dei genitori, nell’esercizio del potere legale di rappresentanza dei figli minori tale da perseguire un proprio interesse

231 Cass., sez. II, 16 settembre 2002, n. 13507, in Giust. Civ. Mass., 2002, p. 1672. 232 S.PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Jovene, Napoli, 1981, p. 289.

piuttosto che quello della prole. In sostanza, secondo la giurisprudenza233, si avrebbe conflitto di interessi ogniqualvolta

l’interesse del figlio e dei genitori sono, fra loro, incompatibili, al punto tale che chi detiene la responsabilità non persegua il benessere del fanciullo ma, con il proprio comportamento, miri ad ottenere un vantaggio per sé o per terzi, o comunque, arrivi ad arrecare un pregiudizio al figlio.

La Corte di Cassazione234 ha, peraltro, addotto la ratio e la funzione

dell’articolo 78 c.p.c.: «più che a sanzionare il difetto di

rappresentanza, la disposizione mirerebbe, invero, a prevenire il verificarsi dell’eventuale danno in ragione della più pregnante salvaguardia che l’ordinamento ritiene di dover apprestare in favore dei soggetti impediti, per capacità legale o funzionale, ad agire personalmente».

L’articolo 78 c.p.c., disposizione che disciplina la nomina del curatore speciale, trova applicazione per lo più nei casi in cui il minore è convenuto in giudizio: si tratta dell’ipotesi in cui maggiormente si verifica una situazione di conflitto con i genitori tale da determinarne una richiesta di nomina, al presidente dell’ufficio giudiziario, di un curatore speciale da parte della persona rappresentata (il minore, se capace di discernimento), dal pubblico ministero, dai prossimi congiunti, dal rappresentante stesso (i genitori) o da qualunque altra parte in causa che ne abbia interesse. Tuttavia, non manca chi235 ipotizza

che, in caso di minore privo della capacità di discernimento, e in caso di conflitto di interessi, il giudice possa provvedere direttamente alla nomina del curatore rappresentante anche in assenza del pubblico ministero.

233 Cass., sezione I, 12 aprile 1988, n. 2869, in Giust. Civ. Mass., 1988, fascicolo 4. 234 Cass., sentenza 2 febbraio 2016, n. 1957.

235 M.G.RUO, Un potere-dovere che scaturisce da norme sovranazionali, in Famiglia e minori, 2007, p. 19; A.ARCERI, Il minore ed i processi che lo riguardano: una

Nelle intenzioni del legislatore la funzione del curatore non era, né necessariamente avrebbe dovuto essere, attribuita ad un avvocato. La rappresentanza legale del minore è qualcosa di ontologicamente differente rispetto alla rappresentanza tecnica ed infatti la norma che prevede la nomina del curatore speciale è collocata tra quelle riferite alle parti (articoli 75 e seguenti del c.p.c.) e non tra quelle riferite ai difensori (articoli 82 e seguenti del c.p.c.).

Il rapporto che lega la parte al proprio difensore, intesa come difesa processuale, è ben diverso dalla rappresentanza processuale e fa sì che ogni qual volta il genitore, il tutore e il curatore speciale nelle rispettive qualità abbiano bisogno, per stare in giudizio, del ministero di un difensore, debbano nominare un avvocato come prevede l’articolo 82 c.p.c. Difatti, nelle norme convenzionali236 si distingue espressamente

la rappresentanza tecnica rispetto alla rappresentanza sostanziale del minore ed i due istituti non vengono confusi: anche se rappresentato da un genitore e, in presenza di un conflitto, da un curatore, il minore ha diritto sempre ad un avvocato. La stessa Convenzione giunge addirittura a dettare alcune regole di carattere deontologico al difensore del minore, che sono anche più̀ articolate e dettagliate, per certi versi, di quanto abbia offerto il codice deontologico forense italiano, che si è occupato all’art. 56 del tema237. La Convenzione, invece, articola i doveri

deontologici del difensore tecnico del minore con una enunciazione molto efficace: l’obbligo di informare il minore sulla natura e l’oggetto