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La discussione sull’Infinito

I Tempi nei Modi Ottativo, Imperativo, Congiuntivo, Infinito

4.6 La discussione sull’Infinito

Accenniamo per ultimo all’Infinito, sulla quale natura doveva esistere un dibattito tra i grammatici. Apollonio affronta in modo approfondito questo problema con lo scopo di dimostrare che l’Infinito è un verbo e non un avverbio.265 Nei paragrafi 50- 51 del libro I,266 Apollonio spiega che l’Infinito, come è evidente dalla sua denominazione (ajparevmfaton ‘non determinato’), è la forma più generica e meno specificata del verbo, e rappresenta unicamente l’azione. Per questo motivo si possono ricondurre ad esso tutti gli altri Modi (I, §51 e III, §59). Poiché l’Infinito possiede solo due degli accidenti del verbo, i Tempi e le Diatesi,267 alcuni non lo

considerano un verbo, dato che anche il participio ha questi due accidenti e non è un verbo, e ritengono che si tratti di un avverbio. Vediamo in dettaglio cosa dice Apollonio (Sint. III, §55):

ÔH ajparevmfato~ e[gklisi~ distavzetai prov~ tinwn eij e[gklisi~ kai; eij o{lw~ rJhvmata ta; ajparevmfata: ããTiv ga;r mh; ma'llon ejpirrhvmata ejk rJhmavtwn genovmena…ÃÃ kai; ei[h a]n ta; sunhgorou'nta tw'/ lovgw/ toiau'ta. ããToi'~ rJhvmasin ejxaivreto~ parevpetai hJ yucikh; qiavqesi~, o{per ouj suvnesti toi'~ ajparemfavtoi~, kai; to; ejn ajriqmoi'~ kai; proswvpoi~ katagivnesqai, w|n th'~ diafora'~ oujk e[tucen to; ajparevmfaton, kaqo; kai; hJ ejx aujtw'n metalhfqei'sa metoch; steroumevnh tw'n prokeimevnwn kai; th'~ tw'n rJhmavtwn ijdeva~ ajpeblhvqh. ouj ga;r dhv ge oJ metaschmatismo;~ tou' crovnou ejn tw'/ gravfein h] gravyai kai; e[ti hJ sunou'sa diavqesi~ sunavxei to; rJhvmata aujta; pavntw~ kalei'sqai, ejpei; taujto;n suvnesti th'/ metoch'/ kai; ouj rJhvmata aiJ metocaiv.ÃÃ

“Alcuni sono in dubbio se l’infinito sia un modo o del tutto se sia un verbo: perché infatti piuttosto non potrebbero essere avverbi derivati da verbi? Gli argomenti per sostenere questa tesi sono di questo tipo: i verbi hanno come attributi speciali la disposizione dell’anima, che gli infiniti non hanno, e il fatto di essere costruiti con i

265 A proposito di questa questione si vedano gli scoli e Cherobosco (GG IV 2: 6, 24 e ss.), già citati

nel Capitolo 1.

266 Apollonio, come abbiamo detto nel Capitolo 1, aggiunge anche che presso la Stoà l’Infinito viene

considerato il nome del verbo, mentre forme come la terza persona dell’Indicativo sono dei kathgovrhma o suvmbama (“predicati o accidenti”).

267 Apollonio dice l’Infinito che ha questi due accidenti anche in Sint. III, §24. Sulle incoerenze

numeri e le persone, di cui l’infinito non ha distinzione; come per il participio trasformato da quelli, che, essendo privo degli attributi in questione, anch’esso è omesso dalla classe dei verbi. Non la modificazione formale del tempo in gravfein [Inf. PR] e gravyai [Inf. AO], né l’avere diatesi proverà che questi possano senza dubbio essere chiamati verbi, dal momento che quelle cose sono associate ai participi e i participi non sono verbi.”

Apollonio elenca quindi (III, §56) le prove che vengono addotte per sostenere che si tratta di un avverbio e tra queste la seguente:

ª...º kai; eij ajpo; rJhmav
twn e[sqΔ∆ o{te ta; ejpirrhvmata paravgetai, wJ~ aujtw'/ tw'/ ÔEllhnistiv to; 
eJllhnivzw paravkeitai, ouj kwluvei kai; to; gravfw parakei'sqai tw'/ gravfein, ouj macomevnou tou' diafovrou crovnou. Duvnatai ga;r kata; crovnon to; ejpivrrhma ajpotelei'sqai, kaqo; e[stin ejpinoh'sai kajpi; tw'n metocw'n, ei[ge tw/ me;n gravfw hj gravfwn paravkeitai, tw/' de; e[[graya hJ gravya~: tw'/ ga;r aujtw'/ lovgw/ kai; tw'/ gravfw to; gravfein parakeivsetai, tw'/ te e[graya to; gravyai.

“[...] se gli avverbi a volte sono derivati dai verbi, come eJllhnistiv [‘in greco’] da eJllenivzw [‘parlo greco’], niente impedisce che gravfein [Inf. PR] derivi da gravfw [Ind. PR], non essendo un ostacolo la differenza temporale. Infatti si possono formare degli avverbi secondo il tempo, come si può vedere anche nei participi, dal momento che gravfwn [Part. PR] deriva da gravfw [Ind. PR], e gravya~ [Part. AO] da e[graya [Ind. AO]. Per lo stesso ragionamento gravfein [Inf. PR] deriverà da gravfw [Ind. PR] e gravyai [Inf. AO] da e[graya [AO]”.

Nei paragrafi successivi Apollonio dimostra che invece l’Infinito è la forma più generale del verbo (§§57-59).268 Quindi afferma (§60):

“Idion ou\n rJhvmatov~ ejstin ejn ijdivoi~ metaschmatismoi'~ diavforo~ crovno~ diavqesiv~ te hJ ejnerghtikh; kai; paqhtikh; kai; e[ti hJ mevsh: w|n pavntwn metevlaben to; genikwvtaton rJh'ma, levgw to; ajparevmfaton ª...º to; oJristiko;n rJh'ma kai;

268 Nel § 59 dice: Kaqw;~ e[famen, e[stin genikwtavth hJ tw'n ajparemfavtwn e[gklisi~, ajnagkaivw~

leivpousa toi'~ prodiaporhqei'si, ãtoi'~ proswvpoi~ kai;Ã tw'/ parepomevnw/ ajriqmw'/, o}~ ouj fuvsei parevpetai tw'/ rJhvmati, parakolouvqhma de; givnetai proswvpwn tw'n meteilhfovtwn tou' pravgmato~. aujto; ga;r to; pra'gma e{n ejstin, to; gravfein, to; peripatei'n: o{per ejgginovmenon ejn proswvpoi~ poiei' to; peripatw', to; peripatou'men, to; peripatou'sin.ª...º Δ∆AllΔ∆ oujde; yucikh;n diavqesin to; rJh'ma ejpidevcetai.

“Come abbiamo detto il modo infinito è il più generale, poiché gli mancano le cose discusse prima – le persone e il numero che gli è associato, il quale non è un attributo del verbo per natura, ma è un attributo dipendente dalle persone che sono parte dell’azione. Questo stesso infatti è un atto, to; gravfein [‘lo scrivere’], to; peripatei'n [‘il camminare’]; il quale distribuendosi nelle persone produce peripatw' [‘io cammino’], peripatou'men [‘noi camminiamo’], peripatou'sin [‘loro camminano’]. [...] il verbo non ammette nemmeno la disposizione dell’anima.”

eujktiko;n kai; e[ti ta; uJpovloipa ei[dh tou' genikou' rJhvmato", o} dh; ouj pavntw" sterhvsetai tou' mh; rJh'ma ei\nai, eja;n mh; uJpagoreuvh/ th;n ijdikh;n shmasivan.

“Ciò che è proprio del verbo è nelle caratteristiche modificazioni formali per il diverso tempo, la diatesi attiva, passiva e anche media. Tutte queste le possiede la forma più generale del verbo, intendo l’infinito; [...] gli indicativi, gli ottativi e gli altri modi sono specie della forma generale del verbo, il quale non sarà affatto escluso dall’essere un verbo se non indica un significato speciale.”269

Infine, essendo il più generale di tutti l’Infinito deve stare al primo posto nella lista dei Modi, Apollonio dice infatti che ha cambiato idea riguardo alla forma basica del verbo, mentre altrove aveva dichiarato che era l’Indicativo, ora ritiene che sia l’Infinito270; l’Indicativo ha molte più forme ed è dunque una forma complessa rispetto all’Infinito, ed è più utile per l’insegnamento basarsi su di esso (§62).271

Ricordiamo che in Sint. III, §73 Apollonio dice che solo i verbi possono presentare l’aumento nei Tempi passati e che per questo l’Infinito potrebbe non essere considerato un verbo. Poiché, però, l’aumento è una prerogativa del solo Indicativo, l’assenza dell’aumento non è una prova sufficiente per affermare che l’Infinito non è un verbo. Inoltre, l’Infinito può presentare il raddoppiamento che è un’altra caratteristica unicamente verbale.

Per quanto riguarda la definizione dei valori temporali dell’Infinito vediamo quello che dice Apollonio in Sint. III, §29:

269 Quindi nel paragrafo 61: ª...º Kai; dh; pa'sa e[gklisi~ oujk eij~ a[llo ti metalambavnetai h] eij~

ajparevmfaton meta; levxew~ th'~ shmainouvsh~ taujto;n th'/ ejgklivsei, o{te ou{tw~ famevn, peripatw'<wJrisavmhn peripatei'n, peripatoi'mi<hujxavmhn peripatei'n, peripavtei<prosevtaxa peripatei'n. Pw'~ ou\n ouj bivaion to; ta; sunektikwvtata tw'n aJpavntwn rJhmavtwn perigravfein th'~ tw'n rJhmavtwn ejnnoiva~…

“[...] Ogni modo si trasforma in nient’altro che un infinito con una parola che ha il significato di quello, come quando diciamo peripatw' [Ind. PR ‘cammino’] - wJrisavmen peripatei'n [Ind. AO + Inf. PR], peripatoi'mi [Ott. PR] – huJxavmhn peripatei'n [Ind. AO + Inf. PR], peripavtei [Imp. PR] – prosevtaxa peripatei'n [Ind. AO + Inf. PR]. Non sarebbe dunque forzato rifiutare, alle forme più essenziali di tutti i verbi, la nozione di verbi?”

270 Bécares Botas nella nota al testo dice “De acuerdos con los peripatéticos ahora acepta la opinión

estoica sin desechar la otra con vistas a la gramática” (1987: 298 n. 433).

271 Riguardo alla lista dei modi, Cherobosco mantiene l’ordine con l’Indicativo al primo posto dicendo

che questo era l’ordine di Apollonio, il che vuol dire che il commentatore si basava su un’altra opera e non sulla Sintassi (secondo Lallot infatti fa quasi sicuramente riferimento all’opera sul verbo). Prisciano nel libro XVIII (GL 3: 224, 23 e ss.) dice: “Ab infinito incipit exponere uerbi ordinationem Apollonius, ostendens hoc uerbum generale esse et pro omni posse accipi modo uerborum”; e nel libro VIII (GL 2: 422, 6 e ss.): “sciendum tamen, quod quidam ausi sunt infinita ponere prima, sed ale; non enim oportet statim a re imperfecta aut dubia incipere. quidam enim dubitauerunt, an uerba sint haec, et inter aduerbia magis ponenda censuerunt, quod nec numeros nec personas nec affectus animi certos habent et egent senper aliis uerbis, sicut aduerbia.”

ª...º oJmovlogon de; kajkei'nov ejstin. wJ~ tou' gravfw hJ metoch; gravfwn ejstivn, kai; oujc oi|ovn te h\n favnai ejcqe;~ gravfwn, o{ti mhde; ejcqe;~ gravfw. ajllΔ∆ ou\n ge paredevxato hJ metoch; to; ejpivrrhma, kaqo; sunevmptwsin ejpedevceto th;n tou' paratatikou': fame;n gou'n ou{tw~, e[grafon kai; hjniwvmhn, ejfΔ∆ h|~ suntavxew~ hJ metavlhyi~ genhvsetai gravfwn hjniwvmhn. < ÔO aujto;~ lovgo~ kai; ejpi; tw'n ajparemfavtwn. pavlin ga;r to; gravfein, metalhfqe;n ejx ejnestw'to~ kai; paratatikou' kata; th;n aujth;n fwnhvn, ejn th'/ prokeimevnh/ suntavxei tw'n ejpirrhmavtwn katavllhlon ajpotelei' lovgon: oi|ovn te ga;r favnai sunevbh ejcqe;~ gravfein Δ∆Apollwvnion kai; sunevbh shvmeron gravfein. ou[ ge mh;n ejpi; tw'n e{na crovnon uJpagoreuovntwn to; toiou'ton a]n eu{roi~, levgw ejpi; tou' gravyein, gravyein ejcqev~: ejpiv ge mh;n pavlin tou' ajsunemptwvtou, levgw tou' gravyai, sunevbh ejcqe;~ gravyai Δ∆Apollwvnion.

“[...] Anche questo è ammesso, che gravfwn [Part. PR] è il participio di gravfw [Ind. PR], e non si può dire ejcqe;~ gravfwn [Part. PR], perché non si dice ejcqe;~ gravfw [Ind. PR]. Ma il participio ammette l’avverbio, in tanto che ammette la coincidenza dell’imperfetto; noi diciamo dunque così: e[grafon kai; hjniwvmhn [IMPf ‘scrivevo ed ero afflitto’], da questa costruzione il mutamento sarà gravfwn hjniwvmhn [Part. PR+IMPf ‘scrivendo ero afflitto’]. – Stesso discorso anche per gli infiniti. Di nuovo, infatti, gravfein [Inf. PR], che è derivato dal presente e dall’imperfetto in una stessa forma, nella costruzione degli avverbi precedente compie un discorso ben costruito, si può dire infatti ‘ieri è capitato ad Apollonio di scrivere’ e ‘oggi è capitato ad Apollonio di scrivere’. Non si può trovare questo con le [forme] che indicano un tempo solo, voglio dire con gravyein [Inf. FU], gravyein ejcqev~ [Inf. FU + ‘ieri’]; al contrario con [la forma] che non coincide, intendo dire gravyai [Inf. AO] , ‘ieri è capitato ad Apollonio di scrivere’ [Inf. AO].”

Gli Infiniti, che al PR possono avere il valore di PR e IMPf, a seconda degli avverbi assumono uno dei due valori, mentre al FU hanno un unico valore. A questo passo va collegato anche quello in Avv. (GG II 1: 123, 16-124, 25), in cui Apollonio illustrava la costruzione degli Infiniti (e i Participi) PR con alcuni avverbi di tempo.