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I Tempi dell’Imperativo

L’Imperativo Quadro teorico e metodologico

2.2 I Tempi dell’Imperativo

Come è emerso dalla rassegna del primo capitolo, esiste un’enorme mole di studi sul sistema verbale greco, non altrettanto vasta è invece la produzione di indagini specifiche sull’Imperativo, e in molti casi si tratta di studi riguardanti l’uso dell’Imperativo in autori o in contesti particolari (come gli studi sulle preghiere o quelli del Gruppo di ricerca su Platone). Ricordiamo tra questi, i lavori di Mozley (1903), Kieckers (1909), Grassi (1963), Bakker (1964), McKay (1985, 1986), Ruijgh, (1985), Sicking (1991), Lallot (2000b), Rijksbaron (2000), Vassilaki

328 Si vedano Bertinetto e Delfitto (2000).

329 Si vedano in particolare Dowty (1979), Verkuyl (1993) e Smith (1991).

330 Su questi argomenti si vedano Bertinetto (1986: 99 e ss.; 1997: cap. 2; 2001: 188-207). In

particolare sull’interazione tra verbi telici e Aspetto imperfettivo: Comrie (1976: 44-48), Dowty (1979: 133), Bertinetto (1986: 91, 165; 1997: 96-101), Bertinetto e Delfitto (2000: 192-93).

(2000).331 Questi studi costituiscono il punto di riferimento fondamentale della presente ricerca, si è tenuto conto delle varie interpretazioni proposte dagli autori e, nel corso dell’analisi, saranno evidenziati i punti di contatto o di distanza rispetto ad esse.

L’indagine sull’Imperativo si è avvalsa anche delle ampie riflessioni dei grammatici greci antichi, esaminate nella prima parte della ricerca. Le teorie dei grammatici sul verbo, in particolare quelle di Apollonio Discolo, sono risultate in gran parte valide e hanno offerto utili spunti per il confronto e la verifica della teoria aspettuale. L’interpretazione dei Tempi in termini di paravtasi~ e suntevleia risulta sostanzialmente in accordo con l’interpretazione aspettuale del Presente e dell’Aoristo.

L’obiettivo di questa parte della ricerca è quello di definire i valori dei Tempi verbali Presente e Aoristo del Modo Imperativo. Il Perfetto è molto più raro e verrà per questo considerato separatamente.332 Rispetto alle proposte interpretative riguardanti il verbo greco, illustrate nel primo capitolo, la teoria aspettuale basata sull’opposizione perfettivo-imperfettivo è apparsa, nel corso dell’indagine, quella più adatta a dare conto dei valori dei Tempi verbali dell’Imperativo greco, per questo motivo è stata adottata come criterio fondamentale della ricerca. Si è voluto verificare la validità di questa ipotesi, attraverso una valutazione sistematica e rigorosa dei singoli casi, e considerare attentamente quali fattori possano interagire nel contesto, al fine di cogliere e definire le diverse sfumature che nell’uso concreto assumono i valori dei Tempi. Nel corso dell’indagine si è cercato di rilevare in quale misura esista una coerenza nella distribuzione dei valori dei Tempi.

Si è ritenuto necessario indagare in modo sistematico sui tre Tempi dell’Imperativo, in tutti i suoi usi concreti in diversi contesti, prendendo in esame un numero di forme quantitativamente rilevante. Questa impostazione permette di giungere a risultati, che potrebbero non emergere da analisi più circoscritte o delimitate. Il metodo utilizzato per la ricerca consiste nell’analisi di un ampio campione di forme imperative, con particolare attenzione ai casi di dubbia e

331 Atri studi su aspetti particolari sono quelli di Post (1938), di Amigues (1977) sugli oratori; di

Nickau (1993) su Aristofane. Sui divieti si veda Louw (1959).

problematica interpretazione. Nell’analisi, i valori presi in considerazione per l’AO e il PR sono quelli dell’opposizione perfettivo/imperfettivo. Il PR descrive l’azione nella sua struttura interna, con un’attenzione particolare allo svolgersi del processo, e non contiene il riferimento ad un limite finale, mentre con l’AO si insiste sulla globalità, completezza o unicità dell’azione.333 Il Pf in genere indica uno stato risultante di un’azione precedente, ma nel campione il suo valore corrisponde sostanzialmente a quello del PR.334

Quanto detto finora riguarda le differenze tra i vari Tempi, considerate solo in termini aspettuali, al di fuori del Riferimento Temporale. L’Imperativo in realtà possiede una nozione temporale, come era stato notato già dai grammatici antichi (Apollonio Discolo, Cherobosco e Charax). Le azioni ordinate, infatti, che abbiano o meno una connessione con il momento presente, si realizzano nel futuro rispetto al Momento dell’Enunciazione.335 Quindi, l’Imperativo esprime un processo che può essere visualizzato in maniera imperfettiva o perfettiva, ma che non implica il compimento dell’azione.336

Nell’analisi del PR e dell’AO sono stati presi in considerazione tutti i fattori che interagiscono con l’uso di questi Tempi, sia da un punto di vista sintattico che semantico. Sul piano semantico, particolare rilevanza ha l’Azionalità delle forme verbali. Come abbiamo visto, più di uno studioso ha sottolineato l’importanza del

333 Cf. in particolare Comrie (1976), Bertinetto (1986). Non consideriamo invece i valori

durativo/non-durativo per i due Tempi perché permettono di spiegare un numero nettamente inferiore di esempi. Per una rassegna degli argomenti in favore della visione perfettivo/imperfettivo si veda de la Villa (2004).

Rijksbaron (20023: 2-3), che considera per il PR il valore di incompletezza e per l’AO quello di

completezza, individua come indicazione formale della differenza tra i due Tempi il fatto che le forme del PR possono essere costruite con i verbi che significano ‘interrompere’, ‘fermare’ e aggiunge che l’avverbio metaxuv può modificare solo le forme del PR. Egli riporta un esempio di un imperativo AO con participio PR e uno di metaxuv con participio PR.

334 Sul Pf, per la sua complessità ed evoluzione storica, sono stati condotte molte indagini. Si vedano

in particolare: Chantraine (1927), McKay (1965), Berrettoni (1972b), Di Giovine (1990), Romagno (2005).

335 L’Imperativo, come l’Indicativo, esprime un tempo assoluto perché localizza le azioni nel futuro,

mentre tutti gli altri Modi derivano i loro valori temporali dall’interazione con altre forme verbali (Rijksbaron 20023: 5).

336 Bertinetto (1986: 138) nota che in generale l’Imperativo ha delle caratteristiche più tipicamente

perfettive: “l’Imperativo implica una considerazione nettamente ‘globale’ dell’evento, tale da includere la visualizzazione dell’istante terminale del processo.”; ed è per questo che “la perifrasi progressiva (non solo italiana) non si associa mai al Modo imperativo”. Si trova un esempio di perifrasi progressiva con l’Imperativo in italiano antico «Però lascia i piaceri (…) e sta piuttosto

pregando» (Carlo Bescapé). Mentre in inglese questa perifrasi è accettata, si veda questo esempio da

rapporto tra i Tempi e le proprietà azionali dei predicati nel verbo greco.337 I fattori sintattici e l’influenza del contesto, invece, non sempre sono stati oggetto sistematico di indagine.338 Particolare attenzione è stata rivolta a tutti gli elementi del contesto che potenzialmente interagiscono con l’Aspetto e l’Azionalità339, tra i quali il

soggetto, la presenza/assenza del complemento oggetto e i suoi tratti caratteristici, i sintagmi direzionali, e gli avverbiali temporali.340

In questo studio, a ogni forma imperativa è stato assegnato un valore azionale, tenendo conto di tutto il contesto in cui è inserito il predicato.341 Anche se il rapporto tra l’Aspetto e le proprietà azionali dei verbi è stato messo in risalto in alcuni studi sul greco antico342, varia l’importanza che viene attribuita alla categoria dell’Azionalità nell’interpretazione dei Tempi verbali.343 McKay (1985: 205), parlando di ‘action verbs’ e ‘stative verbs’, sostiene che: “Although some stative verbs seem to be found mainly in the imperfective, is it clear that the vast majority of the verbs of both types could be used in all aspects according to the aspectual

337 Si vedano in particolare: Ruipérez (1954), Grassi (1963), Berrettoni (1973, 1976), McKay (1986),

Ruijgh (1985: 20-21), Porter (1989). Rijksbaron (2000, 20023), Crespo et al. (2003), de la Villa (2004). Per quanto riguarda il rapporto tra l’Azionalità e l’Aspetto nel sistema verbale indoeuropeo si veda Hoffmann (1970); per i poemi omerici si veda Napoli (2006).

338 L’importanza del contesto nello studio dei valori aspettuali dei Tempi è stata più volte sottolineata

da McKay: “in many contexts the choice of aspect is relatively unimportant or is ultimately decided by a subjective judgment of what is appropriate, but this does not mean that aspectual differences are meaningless: we must judge the force of the different aspects from those contexts in which the choice is significant, and in considering the remainder merely satisfy ourselves that the choice is not inappropriate.” (McKay 1985: 202-3).

339 L’Azionalità è stata analizzata sempre in riferimento al contesto nel quale la forma verbale è

inserita (cfr. Dowty (1979)).

340 Sul rapporto tra il parametro della determinatezza e l’alternanza tra AO e PR studiato nel Gorgia di

Platone si veda Oréal (2000).

341 Si veda Bertinetto “[…] l’Azione è una categoria dai contorni abbastanza sfumati. Accanto a verbi

che manifestano una data Azione come proprio attributo inalienabile, ve ne sono altri che subiscono in maniera determinante l’influsso del contesto; e ve ne sono addirittura alcuni che mutano la propria valenza in rapporto al singolo Tempo al quale sono coniugati, per effetto del diverso Aspetto che lo contraddistingue.” (1986: 99).

342 Secondo Rijksbaron (2000) gli usi particolari dell’AO si oppongono a quelli del PR come segue:

l’AO può esprimere la riuscita (- conatività), la semelfattività (- iteratività), il compimento puro e semplice (- duratività). “Dans son emploi ‘dynamique’ (non référentiel), une forme de l’AO (notamment l’infinitif dynamique et l’impératif) est souvent suivie d’une forme du PR du même verbe. Dans ces cas-là l’AO dénote une réalisation tout court d’une certaine action, in abstracto, pour ainsi dire, tandis que le PR met l’accent sur la sa réalisation concrète.” (p. 154). Rijksbaron usa ‘accomplissement’ sia per il compimento vero e proprio, nel caso in cui si tratti di un’azione telica (oijkodomh'sai, paideu'sai), che per l’arrivo al termine di un’azione atelica, sia statica (gelavsai, basileu'ai, peripath'sai) sia momentanea (labei'n, euJrei'n, ajfikevsqai). Nel caso dei verbi atelici statici l’AO presenta due valori, dipendenti dal contesto: può indicare uno stato che si è concluso (“donc un état qui est présenté comme un tout”), o “dénote la réalisation de l’action qui constitue la phase initiale de l’état (emploi ingressif)”. (p.154).

requirements of the context, the types of verb being only one of the contextual factors”, e i verbi difettivi non costituirebbero una prova del contrario.

Nel corso di questo studio si intende verificare il ruolo dell’Azionalità nell’uso dei Tempi verbali nell’Imperativo. Nell’analizzare i valori azionali delle forme imperative, saranno tenuti in conto anche i preverbi, che possono modificare il valore azionale del verbo.344

2.2.1 I temi verbali

Per completare il quadro sui Tempi occorre considerare un altro elemento importante, quello dei temi verbali. Non tutti i verbi possiedono i due temi relativi al PR e all’AO, alcuni hanno solo uno dei due (si tratta dei verbi tradizionalmente chiamati difettivi). Inoltre, esistono una serie di verbi solitamente considerati politematici, perché presentano temi diversi al PR e all’AO. Fin dall’antichità questi diversi temi verbali venivano ritenuti parte di un paradigma unico, per questo motivo, i verbi incompleti rispetto a tale paradigma venivano considerati difettivi.345 McKay ritiene che alcuni temi costituiscono l’opposizione PR/AO di paradigmi ormai consolidati, come nel caso di fevrein(PR)/ejnegkei'n(AO) ‘portare’, e levgein(PR)/eijpei'n(AO) ‘dire’.346

Nell’analisi degli imperativi sono stati tenuti presenti anche i temi verbali, per verificare le seguenti possibilità:

- se nei verbi che posseggono sia il tema PR che quello AO questi due temi siano effettivamente usati secondo l’opposizione imperfettivo/perfettivo; - se i verbi che possiedono entrambi i temi PR e AO, compaiano effettivamente

in entrambi o in uno solo dei due;

344 Per quanto riguarda il legame tra i preverbi e l’azionalità in greco e latino, si veda Grassi (1966).

Riguardo al ruolo dei preverbi in relazione ai Tempi si vedano i lavori di Brunel (1939, 1946). Su questo argomento si vedano inoltre Brugmann (1885: 268), Thumb (1915), Friedrich (1974), Romagno (2004).

345 Questa sistemazione è stata oggetto di numerose revisioni da parte degli studiosi moderni, tuttavia

in questa sede non ci soffermeremo su questo argomento.

346 In un lavoro sul greco del Nuovo Testamento dice: “The fact that √fer- is found only in the

imperfective and √ejnegk- in the aorist (and perfect) does not necessarily imply that there was no aorist of the one and no imperfective of the other: We have no evidence of their earlier development, but there can be no doubt that fevrein and ejnegkei'n were for centuries regarded as complementary to each other, as different aspects of the same verbal meaning. After √ejp- had been supplanted, in both verb and noun, by √leg- the predominant aorist corresponding to levgein continued to be eijpei'n, although levxai was also commonly used as its equal-value alternative.” (McKay 1985: 205 n. 13).

- se i verbi che hanno un paradigma formato da temi diversi per il PR e l’AO (es. e[rcomai, ecc.), esprimano, attraverso i due temi, i due valori aspettuali; - se i verbi che hanno solo un tema, tradizionalmente considerati difettivi,

presentino soltanto il valore aspettuale del loro tema, o se possano esprimere entrambi i valori indifferentemente.

Inoltre, si deve considerare che la questione dei temi verbali è strettamente connessa anche con i valori azionali che le radici verbali veicolano.

2.2.2 Parametri sintattici

Per comprendere meglio i meccanismi nella scelta dei Tempi degli imperativi, bisogna anche tenere presente il contesto in cui queste forme compaiono. Sono stati considerati gli elementi sintattici che possono avere una funzione nel determinare i valori dei Tempi. Insieme alle tradizionali funzioni sintattiche (soggetto, oggetto diretto, ecc.), sono state prese in considerazione anche alcune loro caratteristiche specifiche (quantificazione, numerabilità, concretezza, animatezza, ecc.).

Particolare attenzione è stata dedicata agli avverbiali temporali che hanno un ruolo importante nel rapporto con l’Aspetto e l’Azionalità. Armstrong (1981) ha notato che, per quanto riguarda il greco, con l’AO si combinano gli avverbiali frequentativi cardinali, molto meno gli avverbiali frequentativi iterativi, che invece accompagnano spesso il PR con valore abituale.347

Poiché il ruolo della negazione condiziona l’uso dei Tempi e l’opposizione PR/AO non è espressa dallo stesso Modo, gli imperativi negativi sono stati esaminati separatamente.348 Il divieto viene espresso generalmente con la negazione mhv e l’Imperativo PR alla seconda persona singolare, oppure con la negazione e il Congiuntivo AO. L’Imperativo AO può presentarsi a volte alla terza persona singolare.

347 Un esempio famoso dell’opposizione PR/AO con i due tipi di avverbiali menzionati è nel Nuovo

Testamento: divdou hJmi'n to; kaqΔ∆ hJmevran (Lu. 11, 3) in opposizione a do;~ hJmi'n shvmeron (Mat. 6, 11). Si veda l’uso dei Tempi con gli avverbiali temporali nei decreti studiati da Lanérès (2000). Per il greco moderno si veda Mackridge (1985).

L’importanza degli elementi sintattici nell’analisi dei Tempi emerge anche da studi condotti sui decreti attici.349

2.2.3 Fattori pragmatici

Infine, si è tenuto conto anche dei fattori di tipo pragmatico e sociale riguardanti l’Imperativo, in relazione al tipo di atto linguistico (ordine, preghiera, richiesta, ecc.), al rango sociale dei personaggi coinvolti nel dialogo (padrone, servo, divinità, ecc.) e al grado di cortesia.350 L’Imperativo infatti è un Modo particolare, in quanto implica un coinvolgimento diretto nell’atto linguistico.

Un caso considerato a parte dagli studiosi, è quello dell’uso dell’Imperativo nelle preghiere agli dèi. La questione era stata sollevata da Mozley (1903), il quale aveva notato una sproporzione a favore dell’AO nell’uso dei Tempi dell’Imperativo nelle preghiere a Dio nel greco biblico. Kieckers (1909) aveva successivamente rilevato lo stesso fenomeno nel greco antico. Su questo problema si sono concentrati anche Grassi (1963) e Bakker (1966).