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I tre tempi e i quattro passat

Considerazioni sui Tempi dell’Indicativo

3.1 I tre tempi e i quattro passat

Come emerso da tutte le testimonianze, l’interpretazione del sistema verbale si basa fondamentalmente sul tempo. La prima grande divisione è quella in presente, passato, futuro, come indicato nella Téchnē. Che questa sia l’impalcatura fondamentale è mostrato dal fatto che tutti i Tempi sono positivamente caratterizzati rispetto alla tripartizione, infatti, possono essere presenti, passati o futuri: ognuno appartiene inequivocabilmente ad una sfera temporale. Tale caratterizzazione ci viene mostrata attraverso una terminologia che è stata appositamente coniata. Infatti, ejnestwv~, parw/chmevno~ (parelhluqwv~), mevllwn sono i termini che vengono sempre usati per riferirsi ai vari Tempi, anche quando, per esempio, parlando del Pf, Apollonio dice che il suo valore non è di passato, ma comunque lo chiama ‘passato’. Questi termini sono come etichette che, una volta coniate, restano per riferirsi a certi tempi, anche in quei casi in cui l’analisi mostra che non corrispondono al contenuto della forma verbale, e questo sarà costante nelle descrizioni dei Modi al di fuori dell’Indicativo.

È questo un punto particolarmente importante: le spiegazioni che abbiamo visto negli scoli e negli altri testi riguardano sempre l’Indicativo, e tutti gli esempi che i commentatori propongono per illustrare i vari Tempi sono all’Indicativo. La visione temporale tripartita, e di conseguenza la terminologia elaborata, deriva, infatti, proprio dall’indagine di questo Modo.173 L’Indicativo è effettivamente caratterizzato dalla temporalità, ed è l’unico Modo a mostrare la marca preteritale dell’aumento, che Apollonio aveva individuato e illustrato. Tale marca identifica chiaramente, come tempi veicolanti un valore passato, l’IMPf, l’AO e il PPf, esattamente come era

173 La centralità dell’Indicativo, come per il tempo presente, ci rimanda nuovamente ad Aristotele, il

stato compreso dai grammatici stessi. Non è invece presente nel Pf, il quale viene inserito tra i passati, ma che per la sua complessità di valori, soprattutto a causa della stratificazione cronologica, è quello che nelle descrizioni dei grammatici crea più problemi.

Un primo livello di analisi, dunque, è quello temporale, ma i Tempi sono descritti anche secondo altri parametri. Ad un secondo livello, infatti, entrano in gioco due fattori, temporale e aspettuale, e questo vale soprattutto per i passati. Esattamente come indicato da Charax, l’analisi dei Tempi porta alla scomposizione in: completezza/non completezza e vicinanza/lontananza: pa'n ga;r parelhluqo;" h] ajtele;" parh'lqen h] tevleion, pavlin h] pro; ojlivgou h] pro; pollou'.174 Questa visione è caratteristica di tutte le testimonianze, compreso lo scolio di Stefano e i testi di Apollonio.

Anche a questo secondo livello ritroviamo una componente temporale, che si esplica in termini di localizzazione temporale rispetto al momento dell’enunciazione. Il punto di riferimento è quello presente, e i passati sono vicini o lontani sempre rispetto ad esso. Tutto ruota dunque intorno alla definizione (per la quale viene usato il verbo oJrivzein) di tale posizione, ovvero il povte, il kairov~. I termini usati per specificare il povte riguardano spesso la quantità di passato trascorso (nel caso di pavlai, Stefano precisa che questo avverbio da solo in realtà non dà un’indicazione precisa e c’è bisogno di una definizione della quantità (diorismo;n tou' posou')). Da un lato, pro; pollou', pavlai, e[kpalai associati al PPf, e dall’altro, prwvhn, pro; ojlivgou, ejgguv~, a[rti con il Pf. In uno scolio si dice che il PPf e il Pf contengono nel proprio significato l’a[rti e il pavlai, e il nome stesso del Pf ne rivela la caratteristica principale, l’adiacenza rispetto al presente. L’AO invece non fornisce nessuna indicazione riguardo alla definizione temporale e per questo diventa, rispetto agli altri due passati, il termine negativo, l’indefinito.175

Un’analisi secondo livelli che si riferiscono al piano temporale (prima i tre macro- tempi e poi la localizzazione) si ritrova anche nella descrizione degli avverbi

174 GG IV 2: 414, 16-17.

175 Tutte le testimonianze parlano dell’indefinitezza dell’AO rispetto ai valori temporali e non a quelli

temporali.176 Come evidenziato da Berrettoni (1988: 73-74), infatti, le divisioni degli avverbi temporali della Téchnē (cap. 19) corrispondono alla maniera in cui sono suddivisi anche i tempi, da una prima divisione più generale in passato/presente/futuro degli avverbi crovnou dhlwtikav (nu'n, tovte, au\qi~), alla definizione più specifica del posovn (gli avverbi cairou' paratastatikav), come indicato nello scolio GG I 3: 59, 18 e ss.177

La localizzazione e l’Aspetto sono alla base delle descrizioni delle relazioni tra i Tempi, e questo implica che non ci sia una simmetria, perché non tutte le coppie sottintendono lo stesso parametro. Inoltre, a seconda dell’elemento al quale viene dato maggiore rilievo, cambiano i rapporti tra la varie coppie. Se infatti (come nello scolio GG I 3: 249, 33 e ss.) è la definizione temporale il criterio, si oppone la coppia ‘definita’ del Pf–PPf a quella ‘indefinita’ dell’AO–FU, mentre non è chiaro in che rapporto sia rispetto a queste due quella del PR–IMPf. Forse possiamo ipotizzare che la posizione temporale del PR–IMPf sia definita, visto che i due Tempi sono accomunati dall’essere ancora in corso. Altrove (GG I 3: 405, 22 e ss.) invece, l’opposizione è tra tempi incompiuti ed estesi, rappresentati dalla coppia PR–IMPf, e quelli compiuti Pf–PPf; mentre la coppia FU–AO è accomunata dall’indefinitezza. Nello scolio di Stefano il quadro è ancora differente, perché non solo da un lato ci sono i Tempi estesi PR–IMPf e dall’altro quelli compiuti Pf–PPf, ma all’interno delle coppie c’è un’opposizione tra presente e passato (PR presente paratatikov~ e IMPf passato paratatikov~, Pf presente suntelikov~ e PPf suntelikov~).

La relazione che lega AO e FU, oltre alla comunanza formale del tema sigmatico, si interpreta sempre in termini di indefinitezza.178 Questi due Tempi hanno in

comune l’indefinitezza riguardo alla quantità di passato o di futuro, in entrambi i

176 Si veda il commento di Lallot al capitolo 19 della Téchnē su tali avverbi. Lallot riporta anche uno

scolio (274, 4) che spiega la differenza tra gli avverbi crovnou dhlwtikav e quelli cairou' paratastatikav, riportiamo il passo nella traduzione di Lallot: “Les adverbes de temps, généraux, indiquent simplement et seulement le temps, tandis que les adverbes de moment ajoutent à la désignation du temps une notion quasi-relative (wJ~ prov~ ti): aujourd’hui vs, demain, jusqu’-alors vs. jusqu’à ce que. Ces derniers indiquent le temps par l’anaphore et la corrélation [...]” (1989: 222 n. 5). Sugli avverbi di tempo si veda anche il commento di Pecorella alla Téchnē (1963: 182).

177 Secondo Berrettoni, l’origine filosofica di questa teoria si può rintracciare nella Fisica di Aristotele

(222 b 13 e ss.), “in cui Aristotele discute proprio i vari posovn temporali ed in particolare l’a[rti ed il pavlai.” (1988: 74).

casi, cioè, non si può dire esattamente dove le azioni siano collocate sulla linea del tempo.

Non bisogna dimenticare, tuttavia, che in tutti gli scoli queste parentele sono spiegate sulla base della morfologia. Questo vuol dire che la somiglianza formale ha probabilmente giocato un ruolo importante nella suddivisione delle parentele, come detto esplicitamente dallo scolio GG I 3: 249, 33 e ss. Tale principio formale è evidente anche quando si parla dei Modi al di fuori dell’Indicativo, che come ci dice Cherobosco (GG IV 2: 5, 31 e ss.) presentano i tempi ‘uniti’ a coppie (sunezeugmevnoi), e per questo il Presente equivale al PR e all’IMPf, e così via, secondo le coppie viste finora. Di questo parleremo più avanti, nel capitolo sugli altri Modi.

Tornando al piano del contenuto semantico, abbiamo visto che in queste descrizioni i vari commentatori accordano un’importanza e una posizione diversa alla componente di localizzazione temporale e a quella aspettuale, vediamo ora in dettaglio quanto emerge riguardo a quest’ultima.