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l’aPProCCio Delle regioni: Una visione D’insieme

3.4 i distretti agroindustrial

Anche la legislazione sui distretti industriali ha riscontrato un interesse diffuso e co- stante nel tempo da parte delle Regioni che, non diversamente da quanto osservato rispetto all’applicazione del D. Lgs. 228/2001, hanno adottato comportamenti assai diversificati ri- spetto a diverse variabili (Carminati, 2006):

• Tempo: vi sono state Regioni che hanno recepito la L. 317/1991 (e dunque hanno legi- ferato dopo l’emanazione del decreto Guarino nel 1993), altre che hanno dato attua- zione solo alla L. 140/1999 e altre che hanno recepito sia l’una che l’altra.

• Strumento legislativo utilizzato per individuare i distretti industriali. Alcune Regioni hanno promulgato leggi regionali di carattere generale o finalizzate alla contestuale individuazione di singoli distretti; altre hanno adottato delibere di Giunta e/o Delibere di Consiglio Regionale o, anche, decreti assessoriali.

• Possibilità e modalità di istituire organi di rappresentanza del distretto (comitati, consulte, agenzie), cui sono talvolta attribuite anche funzioni di governance. Alcune Regioni hanno inserito questa previsione nella stessa legge istitutiva del distretto, o hanno indicato le modalità di un successivo riconoscimento; altre Regioni hanno prov- veduto mediante delibere di Consiglio o di Giunta e altre ancora non ne hanno previsto l’istituzione.

• Caratteristiche degli strumenti di programmazione degli interventi, che sono stati variamente qualificati come patti di sviluppo distrettuale o programmi o contratti di programma.

È utile rimarcare che la legge sui distretti industriali definisce in modo chiaro i pun- ti cardine del proprio funzionamento e prevede l’assunzione da parte del distretto di una rappresentanza giuridica funzionale all’utilizzazione dello strumento di programmazione negoziata già individuato. Così, l’automatismo di individuazione dei distretti industriali pre- visto dal decreto Guarino, può facilmente aver indotto diverse Regioni a dare un’attuazione altrettanto meccanica alla legge, ricorrendo ad atti giuridici meno complessi e investiti di un significato politico meno pregnante di una legge. In alcune Regioni, la consapevolezza del potenziale di questo strumento si è accresciuta nel tempo, portando così alla definizione di leggi regionali, o di produzioni normative più complesse (esemplare il caso del Piemonte, cfr. schede di analisi leggi piemontesi) e, soprattutto, con un impianto strategico e program- matorio più pregnante.

Per gli scopi di questa ricerca, nel seguito saranno prese in esame solo le Regioni che hanno riconosciuto distretti agroindustriali attraverso la promulgazione di specifiche leggi che possano essere esaminate secondo lo schema di analisi comune (par. 4.1). Così sono

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qui citati (Tabella 3.11) anchei distretti agroindustriali riconosciuti in Campania, Marche, e Sardegna, ma nel seguito non si potrà far riferimento a tali Regioni prive di leggi.

Tra le diverse fonti che presentano dati sufficientemente aggiornati, si è operato un raffronto tra quelli dell’Osservatorio Nazionale dei distretti e quelli presenti sui siti istituzio- nali delle Regioni, tenendo conto anche degli aspetti definitori su cui sono costruite le leggi regionali e distinguendo – come già nel paragrafo precedente – tra sistemi produttivi locali e distretti produttivi.

Tale approfondimento ha permesso, tra l’altro di interpretare alcuni casi di distretti produttivi, come quelli di Basilicata e Puglia, che hanno i requisiti per essere qualificati anche come distretti agroindustriali e tuttavia, ai fini di questo lavoro, stante la presenza di produzioni di qualità come richieste dal D. Lgs. 228/2001, sono stati assimilati a quella tipologia come distretti produttivi agroalimentari di qualità (cfr. par. 3.3.2).

3.4.1 i sistemi produttivi locali

Piemonte, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia hanno disciplinato i distretti industriali in rife- rimento alla definizione di sistemi produttivi locali e hanno individuato distretti agroindustriali (DINDA).

Il Friuli Venezia Giulia utilizza esclusivamente la legislazione sui distretti industriali per individuare anche distretti agroindustriali, fin dall’emanazione della L. 317/91. La legislazione friulana nel tempo si è adeguata all’evolvere della legislazione nazionale. In tale percorso si deve annotare anche il progressivo rafforzamento delle potenzialità espresse da un sistema distrettuale regionale, che ha assunto un ruolo strategico nel sostegno alla struttura produtti- va caratterizzata da piccole e medie imprese e da contesti territoriali di alta specializzazione. In particolare, con la Legge del 2005 si è dato impulso a un sistema di incentivi ben articolato che ha consentito ai distretti industriali, opportunamente ridisegnati nelle loro funzioni e negli assetti organizzativi, di concorrere più efficacemente allo sviluppo e alla crescita dell’economia regionale e soprattutto di renderla più competitiva nel contesto internazionale. Un’interessante riflessione è sollecitata dall’osservazione che i due casi friulani di distretti industriali dell’agro- alimentare e dell’agro-industriale evidenziano come sotto la stessa etichetta di distretto indu- striale si collocano esperienze profondamente diverse per caratterizzazione e per metodologia di formazione.

- Nel caso del distretto del caffè è la trasformazione di una materia prima totalmente im- portata e la commercializzazione del prodotto trasformato che contraddistinguono l’esse- re distretto, mettendo a sistema tutte le molteplici attività della filiera.

- Nel caso del Parco agro-alimentare di San Daniele, invece, sono i prodotti dell’agricoltura e il territorio in tutte le sue risorse ambientali, storico-culturali e della tradizione che dan- no spessore al distretto. In una diversa prospettiva, proprio per la diversificazione delle attività, anche non agricole, che lo caratterizza, il distretto in questione potrebbe essere considerato molto vicino alla tipologia di distretto rurale, qualora si fosse in presenza di una legge regionale specifica che il Friuli Venezia Giulia non ha invece adottato.

Piemonte e Abruzzo hanno promulgato leggi sia sui distretti rurali e agroalimentari di qualità, sia sui distretti industriali, in riferimento alle quali hanno istituito distretti agroindustria- li rispondenti a requisiti specifici.

Il Piemonte ha elaborato leggi che danno un significato pregnante anche alla distrettua- lità industriale nella Regione e, in particolare con l’ultimo intervento legislativo(L. R. 34/2004, cfr. scheda di analisi), ha puntato a rafforzare il sistema di sostegno finanziario ai distretti e a

meglio raccordarlo con la programmazione economico-finanziaria regionale. Il Piemonte ha fatto un uso ben diversificato degli strumenti disponibili, infatti ha istituito un vero distretto eno- industriale, il Distretto industriale delle bevande alcoliche di Canelli, che abbraccia importanti aree vocate alla produzione enologica di qualità, ma nelle quali ha luogo anche la produzione di prodotti meno nobili come vini da uve, altre bevande alcoliche, vini a base di frutta, bevande fermentate non distillate e alcol etilico da materiali fermentati. Inoltre nel distretto è stata par- ticolarmente sviluppata anche l’enomeccanica, settore fortemente proiettato verso l’export a livello mondiale. Nel complesso, la lunga filiera della produzione enologica vede imprese ben specializzate nelle diverse fasi della produzione, inclusi i sugherifici e i laboratori di analisi.

L’Abruzzo ha emanato nel 2000 una legge istitutiva del Distretto agroindustriale della Marsica – l’unico effettivamente riconosciuto ad oggi in questa Regione - incentrato sul soste- gno all’innovazione delle PMI di trasformazione dell’agroalimentare nel territorio distrettuale.

È opportuno infine dare anche una rapida menzione a quei distretti agroindustriali pre- senti in alcune Regioni che non hanno ancora formulato proprie leggi ma disegni di legge per disciplinare i distretti in agricoltura (Marche e Campania) o in cui compaiono segnali di interesse per i distretti in agricoltura, che hanno preso corpo nel quadro della metodologia LEADER (Sar- degna, cfr. par. 3.5).

La Regione Marche, che ha riconosciuto il distretto agro-industriale di San Benedetto del Tronto, ha individuato le aree industriali a valenza distrettuale con Delibera consiliare n. 259 del 29/7/99. Successivamente, con DGR 3260 del 20/12/99, ha affidato alle Province interessate il compito di definire la delimitazione territoriale dei distretti e di costituire a livello locale appositi Comitati di indirizzo e coordinamento, con funzioni di programmazione, indirizzo e controllo degli interventi distrettuali da realizzare.

La Campania ha adottato una serie di provvedimenti della Giunta Regionale per regolare, tra gli altri, anche il Distretto Industriale Agro-alimentare n.7 di Nocera Inferiore-Gragnano, che è stato individuato con la DGR 59/1997. Il distretto racchiude molteplici realtà produttive che includono la trasformazione di produzioni di qualità del territorio, come il pomodoro San Mar- zano, la produzione della Pasta di Gragnano IGP, il vino DOC (Lettere e Gragnano), il cipollotto Nocerino (DOP), l’olio (DOP). Non può stupire, dunque che sia stato intrapreso un percorso per disciplinare anche i distretti agroalimentari di qualità e i distretti di filiera.

La Sardegna, con decreto assessoriale del 1997 ha riconosciuto il distretto industriale del sughero Calangianus – Tempio Pausania.

La tabella 3.11 riepiloga i distretti agroindustriali riconosciuti nelle Regioni prese in esa- me, includendo anche quelli istituiti da Sardegna, Marche e Campania, che non fanno riferimen- to a una specifica legge regionale sui distretti industriali.

Tabella 3.11 - I distretti agroindustriali (DINDA)

Regione Denominazione

Piemonte Distretto industriale delle bevande alcoliche di Canelli

Abruzzo Distretto agroindustriale della Marsica

Friuli V.G. Distretto industriale del caffè

Distretto Parco agro-alimentare di San Daniele

Marche Distretto agro-industriale di San benedetto del Tronto

Sardegna Distretto industriale del sughero Calangianus-Tempio Pausania

Campania Distretto industriale agro-alimentare di Nocera Inferiore-Gragnano

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3.4.2 i distretti produttivi

Veneto e Sicilia hanno elaborato una disciplina relativa ai distretti produttivi, in rela- zione alla quale hanno istituito numerosi distretti agroindustriali (DP_A). Entrambe hanno operato solo attraverso questa legge, sebbene il Veneto abbia promulgato anche una di- sciplina parziale sui distretti rurali e agroalimentari di qualità e la Sicilia abbia elaborato anche una normativa per disciplinare i distretti produttivi agroalimentari di qualità

La prima applicazione della legislazione sui distretti industriali è stata utilizzata dal Veneto come un laboratorio da cui trarre nuove indicazioni che sono state poi riassunte in una propria originale formulazione52 della nozione di distretto produttivo che identifica un

contesto socio-economico industriale superando la meccanica applicazione di parametri statistici previsti dalla legislazione nazionale.

Nella visione veneta, la forza del distretto risiede nella capacità degli attori economici di mettere insieme la compagine locale dei diversi soggetti attraverso azioni di concerta- zione e processi di governance che si concretizzano nell’elaborazione di progetti di investi- mento, per il cui supporto la Regione prevede un importante sostegno finanziario attraverso un fondo di rotazione.

Tabella 3.12 - I distretti produttivi agroindustriali (DP_A)

Regione Denominazione

Veneto

Distretto Veneto del Vino (VR)

Distretto Alimentare del Veneto (DAV) (VR) Distretto Florovivaistico del Veneto (TV) Distretto Veneto Lattiero-Caseario (TV)

Distretto del Prosecco Conegliano-Valdobbiadene (TV) Metadistretto della Zootecnia del Veneto

Distretto del settore ittico della provincia di Rovigo

Sicilia

Distretto del dolce siciliano

Distretto produttivo della pesca Mazara del Vallo

Distretto produttivo del ficodindia del Calatino del Sud Simeto Distretto produttivo lattierio-caseario

Distretto Filiera della carne bovina Distretto produttivo avicolo

Distretto regionale delle produzioni cerealicole Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia

Distretto produttivo orticolo del sud-est Sicilia Fonte: ns elaborazione su dati Osservatorio nazionale dei distretti italiani e siti delle Regioni

Sensibile all’evoluzione della realtà distrettuale, soprattutto industriale e di subfor- nitura, il Veneto introduce nel proprio ordinamento anche due nuove tipologie, finalizzate a identificare aggregati più grandi o più piccoli di ciò che può essere considerato distretto: - Il metadistretto è un distretto produttivo che presenta un’estesa diffusione della fi-

liera sul territorio regionale, deve contare almeno 250 aziende e oltre 5 mila addetti. Per l’estensione e la rilevanza della filiera è considerato uno strumento strategico per l’economia della regione.

- L’aggregazione di filiera o di settore è espressione della capacità di un insieme di imprese di sviluppare una progettualità strategica comune. L’aggregazione richiede una intesa, tra non meno di 10 imprese riferibili ad una medesima filiera o settore produttivo.

Anche la Sicilia con una prima legge regionale del 2004 introduce la nozione di di- stretto produttivo, per poi disciplinare con atti successivi53 i distretti agroindustriali, favo-

rendo l’aggregazione delle imprese di tutte le fasi della filiera.