PSICODINAMICA DELLA GRAVIDANZA E DELLA MATERNITA’
3.5. PSICOPATOLOGIA NELLA GRAVIDANZA E NEL PUERPERIO
3.5.1. DISTURBI PSICHICI IN GRAVIDANZA
La gravidanza costituisce il periodo estremamente delicato dell’accettazione e dell’identificazione materna, durante il quale la donna compie un difficile percorso maturativo ed evolutivo.
Nonostante la gioia e la soddisfazione che tale evento può comportare, esso contiene comunque in sé anche un ingente carico di fatica e di stress psicofisico. Ulteriormente, qualora sussistano motivazioni esterne e consapevoli od anche ragioni nascoste che qualifichino come indesiderata la maternità, o qualora sussistano vulnerabilità psichiche profonde nella futura mamma, l’esperienza gravidica può assumere un potenziale patogeno e destabilizzante anche molto forte. Particolarmente delicati risultano il primo e il terzo trimestre, rispettivamente quando i segnali fisici della presenza dell’embrione sono ancora quasi inavvertibili e quando il momento finale del parto si avvicina (Volterra, in Pancheri, Cassano, 1999).
Una gravidanza consapevolmente o inconsapevolmente non voluta e rifiutata può manifestarsi attraverso diverse possibili reazioni psicopatologiche.
a) Iperemesi gravidica
Nel primo trimestre di gestazione la nausea e il vomito sono molto frequenti (50-70% delle donne gravide); possono essere considerati come reazioni psicosomatiche determinate dall’adattamento psicobiologico alla gravidanza, in quanto collegate sia con l’aumento della concentrazione delle gonadotropine corioniche, sia con la conflittualità iniziale tra accettazione e rifiuto della maternità (ibidem).
Se tale sintomatologia perdura oltre i primi mesi di gestazione o se assume una particolare gravità, diventa oggetto di interesse psichiatrico.
Il vomito gravidico patologico può essere interpretato quale esternazione di elementi conflittuali inerenti lo sviluppo psicosessuale, il rapporto con la propria figura materna e, conseguentemente, il rifiuto inconscio della gravidanza (Pines, 1990). “(…) l’aggravamento psicogeno del vomito gravidico si verifica solo se le tendenze all’espulsione orale sono accompagnate da sentimenti di ostilità incoscienti, e talvolta anche manifesti verso la gravidanza o il feto” (Deutsch, 1945, pag. 127).
L’assenza di iperemesi iniziale è stata collegata con la comparsa di disturbi emotivi nei trimestri successivi e nel puerperio (Pines, 1990), anche se non ne sono chiari i meccanismi patogenetici.
b) Pseudociesi
La falsa gravidanza, definita più propriamente pseudociesi, è una condizione rara nella quale la donna presenta visibilmente le tipiche manifestazioni di una gravidanza (amenorrea, aumento del volume dell’addome, crescita ponderale, modificazioni del seno, espansione dell’utero, riferiti movimenti fetali, ecc.) nonostante la totale e documentabile assenza del feto (Volterra, in Pancheri, Cassano, 1999).
Tale patologia può ritenersi un disturbo somatoforme, più precisamente un sintomo di conversione isterica; pare determinata da conflittualità interne connesse alla paura o al desiderio inconscio della gravidanza: “(…) alcune donne negano una gravidanza vera e altre, al contrario, s’abbandonano all’illusione che una gravidanza immaginaria sia reale. Sono tutti soggetti che temono la verità obiettiva, perchè in loro la maternità è vittima di un conflitto tra volontà e rifiuto, tra volontà e incapacità di realizzare, tra desiderio e paura, tra
comando e proibizione interiore. In breve, in tutti questi casi difficoltà esteriori o intime impediscono all’Io materno di svilupparsi” (Deutsch, 1945, pag. 195-196).
Una diagnosi di pseudociesi può attuarsi solamente distinguendola del tutto rispetto ad un delirio di gravidanza, non accompagnato da segni fisici evidenziabili, o a problematiche di natura endocrina-medica; essa sembra maggiormente presente in culture che enfatizzano molto la funzione materna delle donne, esercitando su di loro una forte pressione ad avere figli (Cohen, 1982).
c) Disturbi nevrotici
Durante la gravidanza, possono presentarsi sintomatologie psiconevrotiche di tipo ansioso o ansioso-depressivo: disturbi d’ansia, attacchi di panico, ansia generalizzata, fobie, ossessioni-compulsioni, disturbi somatoformi, labilità emotiva, nevrosi depressiva o distimia (Volterra, in Pancheri, Cassano, 1999).
I disturbi nevrotici sono decisamente più diffusi in gravidanza rispetto alla patologia psichiatrica maggiore; difatti, per quanto riguarda i sintomi psicotici gravi, la gravidanza non sembra costituire un fattore di rischio, ma quasi una sorta di protezione, riducendo il pericolo di scompenso o di ricadute psicotiche grazie allo stato regressivo-contenitivo della psiche della gestante (Kendell et al., 1987). Le manifestazioni ansiose-depressive sono generalmente più frequenti durante il primo trimestre di gestazione; diversamente, nei mesi conclusivi sono relativamente rare e di lieve entità, assumendo principalmente la forma di un generalizzato ottundimento emotivo, con tendenza alla sonnolenza e con una vaga sensazione di preoccupazione e di estraniazione, attribuibile alla naturale regressione narcisistica e al ritiro in se stesse funzionale al prepararsi psicologicamente all’imminente incontro col bambino (Shainess, in Arieti, 1969).
Tali fenomeni, tuttavia, possono intensificarsi anche nell’ultimo periodo con l’approssimarsi del momento del parto; l’umore può diventare, allora, più instabile, irritabile e disforico, con paura e timore per il dolore del travaglio, con ansie e preoccupazioni che possono assumere la gravità di forti angosce, relative alla salute del bambino e alle proprie future capacità materne di accudimento.
La presenza di disturbi ansioso-depressivi in gravidanza, soprattutto nel corso del terzo trimestre laddove statisticamente dovrebbero essere meno pronunciati, costituisce un significativo fattore di rischio per l’insorgenza di una successiva depressione o psicosi post-partum (Chaudron et al., 2001; Robertson et al., 2004; Williams, 2005).
d) Aborto spontaneo ed aborto volontario
L’aborto spontaneo è stato interpretato, in un’ottica psicodinamica, come possibile manifestazione psicosomatica di rifiuto inconscio del bambino; può essere considerabile come una combinazione di anomalie ed insufficienze costituzionali con vissuti di ostilità psichica che possono condizionare l’espulsione effettiva del feto (Shainess, in Arieti, 1969); in tale tragico evento accade tipicamente che “(…) la forza incosciente diretta contro la gravidanza sia in contrasto assoluto col desiderio intenso, spesso addirittura eccessivamente intenso, d’un figlio da parte della donna” (Deutsch, 1945, pag.
184). L’aborto volontario, invece, si evidenzia come la più chiara, aperta e consapevole forma di mancata accettazione del bambino, connotabile in senso lato come azione patologica quando fonda le sue ragioni motivazionali non tanto su ostacoli oggettivi ma su dinamiche conflittuali interne che impediscono l’accoglimento del neonato.
L’interruzione della gravidanza, di qualunque tipologia, costituisce sempre un evento doloroso, difficile, penoso, un’esperienza di perdita, di lutto e di cordoglio, la quale può comportare complicazioni psichiche non sottovalutabili:
patologie depressive di varia gravità, forme nevrotiche, quadri di psicosi reattiva breve, più raramente malattie psichiatriche maggiori e durevoli, in cui l’aborto funziona da elemento scatenante uno scompenso o una ricaduta (Bernazzani, Bifulco, 2003).
e) Suicidio
Il suicidio durante la gestazione costituisce una evidente ed eclatante espressione di rifiuto della propria condizione di futura maternità.
La maggiore probabilità di una sua realizzazione si ha nei primi periodi, come atto estremo di profonda rabbia e ribellione contro la gravidanza stessa o contro una realtà esterna ostacolante e non sostenitiva che rende inaccettabile
l’assunzione del ruolo materno, per cui il togliersi la vita viene vista come l’unica soluzione possibile. Verso gli ultimi mesi, invece, diventa un evento più raro, il risultato di una progressiva e prolungata depressione sviluppatasi progressivamente (Appleby et al., 1998).