Secondo la Corte di giustizia Ue, allorché il rischio di perdita di gettito per l' Erario sia stato eliminato, la regolarizzazione dell' Iva indebitamente fatturata non può dipendere dal potere discrezionale dell' amministrazione fiscale. Infatti, in una tale situazione, il principio di neutralità dell' Iva richiede che l' Iva indebitamente fatturata possa essere regolarizzata (sentenza 13 dicembre 1989, già citata). Il principio di neutralità esige quindi che la normativa nazionale consenta di rettificare l' imposta fatturata indebitamente, nel caso in cui l' amministrazione l' abbia già recuperata in capo al destinatario e non sussistano, quindi, rischi per le casse pubbliche.
La giurisprudenza della Corte autorizza pertanto a ritenere che l' obbligo di versare l' Iva indebitamente fatturata non valga nel caso in cui, per effetto dell' identità fra il soggetto passivo che espone l' imposta non dovuta e quello che la detrae, non sussista alcun rischio per l' erario. Questa circostanza si verifica nelle ipotesi in cui l' imposta sia assolta dallo stesso cessionario/committente con il meccanismo dell' inversione contabile (fatto salvo, ovviamente, il caso-limite del cessionario/committente che computi a
proprio credito l' imposta «auto-applicata» senza averla preventivamente o contestualmente computata a debito). Si può arrivare allo stesso risultato riconoscendo al cessionario/committente il diritto di rettificare l' imposta indebitamente liquidata a debito e a credito, anche in seguito all' attività di controllo dell' amministrazione finanziaria. Quest' ultima, quindi, in sede di accertamento, dovrebbe provvedere a rettificare la dichiarazione del contribuente espungendo l' imposta indebitamente applicata sia nella sezione a debito sia in quella a credito, similmente a quanto avviene nel caso in cui l' amministrazione accerti, all' opposto, la mancata auto-applicazione di un' imposta dovuta con il meccanismo dell' inversione contabile. Poiché infatti, in quest' ultimo caso, come insegna la Corte di giustizia, il principio di neutralità dell' imposta richiede che al soggetto passivo sia riconosciuto il diritto alla detrazione del tributo non auto-applicato, anche se non siano stati osservati gli adempimenti formali, allo stesso modo verrebbe riconosciuto il diritto alla rettifica dell' imposta indebitamente auto-applicata, anche se non siano stati attivati gli adempimenti formali; del resto, come ha affermato la corte nella sentenza 8 maggio 2008, nel regime di inversione contabile nessuna imposta è dovuta, in via di principio, all' erario. In estrema sintesi, essendo l' obbligo di pagamento dell' Iva indebitamente esposta in fattura
giustificato soltanto da ragioni di tutela erariale, in mancanza di tali ragioni deve escludersi, fatti salvi gli effetti di eventuali preclusioni di ordine procedurale, che l' erario percepisca il tributo in assenza di un' operazione imponibile.
In questa direzione muovono le disposizioni del comma 9-bis3 dell' art. 6 del dlgs n. 471/1997, aggiunto dal dlgs n.
158/2015, il quale stabilisce che «se il cessionario o committente applica l' inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento devono essere espunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazioni dell' imposta che la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette, fermo restando il diritto del medesimo soggetto a recuperare l' imposta eventualmente non detratta ai sensi dell' articolo 26, terzo comma, del decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dell' articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. La disposizione si applica anche nei casi di operazioni inesistenti, ma trova in tal caso applicazione la sanzione amministrativa compresa fra il 5 e il 10% dell' imponibile, con un minimo di 1.000 euro». Parallelamente con l' introduzione della suddetta disposizione, è stato anche riformulato il comma 7 dell' art. 21 del dpr n. 633/72, allo scopo di costituire debitore dell' imposta sulle operazioni inesistenti, oppure dell' imposta indebitamente applicata in misura superiore a quella reale, soltanto il cedente o il prestatore che emette la fattura; ciò, come si legge nella relazione illustrativa, per «rendere chiaro che la relativa prescrizione non riguarda le ipotesi di operazioni soggette a reverse charge». In sintesi, la disciplina che scaturisce dalle suddette disposizioni prevede, nei casi in cui il soggetto passivo abbia assolto con il meccanismo dell' inversione contabile un' imposta per qualsiasi motivo non dovuta, la completa sterilizzazione di una condotta dalla quale non può discendere, sotto il profilo Iva, alcun danno o pericolo per l' erario: in sede di accertamento, l' ufficio prenderà atto dell' errore del soggetto passivo, neutralizzandone completamente gli effetti nella liquidazione dell' imposta. Questo potrà finanche portare ad un recupero a favore del contribuente; in particolare: - se l' imposta auto-applicata è stata completamente detratta, l' operazione è perfettamente neutrale e sarà quindi del tutto irrilevante - se invece l' imposta auto-applicata non è stata detratta, in tutto o in parte (per esempio, per effetto di limitazioni del diritto alla detrazione), la quota non detratta potrà essere recuperata dal soggetto passivo registrando una variazione contabile a proprio credito entro il termine di un anno, ai sensi dell' art. 26, terzo comma, del dpr n.
633/72, oppure attraverso un' istanza di rimborso da presentare all' ufficio, a pena di decadenza, entro due anni. L' auto-applicazione indebita dell' Iva non avrà conseguenze neppure sul piano sanzionatorio (fatta eccezione per l' ipotesi di inesistenza dell' operazione), come si desume chiaramente dall' ultimo periodo del comma 9-bis.3 in esame, il quale stabilisce che le disposizioni si applicano anche nei casi di operazioni inesistenti, aggiungendo però che in tali casi, e solo in tali casi, si applicherà la sanzione dal 5
al 10% dell' imponibile, con un minimo di 1.000 euro. Anche la previsione di una specifica sanzione per l' ipotesi di auto-fatturazione di operazioni inesistenti pare opportuna, giacché rimedia ad un vuoto normativo; la fattispecie, infatti, finora non è sanzionabile sul piano amministrativo, mentre sul fronte penale non appare riconducibile all' ipotesi prevista e punita dall' art. 8 del dlgs n. 74/2000, perché il reato di falsa fatturazione è ricollegato all' emissione o al rilascio della fattura al fine di consentire a terzi l' evasione delle imposte sui redditi o dell' Iva. Tutt' al più, quindi, la falsa autofattura, se utilizzata al fine di ridurre l' imposizione sui redditi, può integrare il reato di cui all' art. 2 dello stesso dlgs. È opportuno infine ricordare che, secondo la circolare dell' agenzia delle entrate n. 16 dell' 11 maggio 2017, la suddetta disciplina, introdotta dal dlgs n. 158/2015 con effetto dal 1° gennaio 2016, si applica anche ai fatti commessi precedentemente. © Riproduzione riservata.