• Non ci sono risultati.

Due condizioni per le società Ue

Le regole variano anche in base alla stabile organizzazione in Italia

Nelle operazioni di fusione nazionali il trattamento delle perdite fiscali ante fusione dipende dal test di vitalità previsto dall' articolo 172, comma 7, del Tuir. Più complessa risulta invece la gestione delle perdite fiscali qualora la fusione riguardi una società residente ed una estera residente sul territorio europeo. Nelle ipotesi di fusioni transfontaliere è, infatti, va fatta una distinzione. Incorporazione di società italiana in società estera Ue La disciplina di riferimento è contenuta negli articoli 166, commi 6 e 181 del Tuir. Se il soggetto europeo incorporante non mantiene una stabile organizzazione in Italia, le perdite fiscali della società incorporata italiana fino al perfezionamento della fusione sono in primo luogo compensate con il reddito (senza il limite dell' 80% ex articolo 84 del Tuir) dell' ultimo periodo di imposta prima del perfezionamento della fusione. Per l' eventuale eccedenza, sono computate in diminuzione dell' eventuale plusvalenza soggetta ad exit tax (articolo 166, comma 3 del Testo unico), senza considerare il limite dell' 80% del reddito. Se, invece, il soggetto Ue incorporante mantiene una stabile organizzazione in Italia, le perdite della

società incorporata italiana fino al perfezionamento della fusione sono utilizzate in compensazione con il reddito (nel limite dell' 80%) dell' ultimo periodo di imposta prima del perfezionamento della fusione. Qualora il reddito imponibile non sia capiente, le perdite eccedenti, vanno ripartite (articolo 181 del Tuir), tra la quota di perdite proporzionalmente riferibile agli elementi dell' attivo e del passivo che non transitano nel patrimonio della stabile organizzazione in Italia del soggetto Ue incorporante e la quota di perdite proporzionalmente riferibile agli elementi che vi transitano. Fatta questa ripartizione, solo la quota di perdite riferibile agli elementi dell' attivo e del passivo che non transitano nel patrimonio della stabile può essere utilizzata per abbattere l' eventuale plusvalenza soggetta a exit tax in misura piena (senza il limite dell' 80%). Al contrario, la quota di perdite proporzionalmente riferibile agli elementi dell' attivo e del passivo che transitano nel patrimonio della stabile in Italia del soggetto estero incorporante, potrà essere riportata in avanti da quest' ultimo solo al superamento del test di vitalità previsto dall' articolo 172, comma 7, del Tuir. Incorporazione di società Ue in società italiana Questa fattispecie non è disciplinata

181 del Tuir. Di conseguenza, è indispensabile rifarsi a quanto chiarito dalla Corte di giustizia Ue (sentenza nella causa C-123/11) secondo la quale, in applicazione del principio sulla libertà di stabilimento, le perdite fiscali del soggetto estero possono essere usate dalla incorporante italiana a due condizioni: 1. la dimostrazione che la società estera incorporata, in seguito alla fusione, non possa utilizzare le perdite nel proprio ordinamento; 2. il rispetto delle regole nazionali e, quindi, al superamento del test di vitalità previsto dall' articolo 172, comma 7 del Tuir. Secondo questa logica, le perdite del soggetto estero potranno essere prese in considerazione dall' incorporante italiana solo se nel Paese Ue di origine non permanga una stabile organizzazione della società estera.

© RIPRODUZIONE RISERVATA.

Dalla natura dell' Irap quale imposta reale discende che, con riguardo ai lavoratori autonomi, la stessa non possa essere pretesa, spettandone quindi il rimborso, a quel contribuente che si avvalga di capitale o lavoro altrui che rientrino nel minimo indispensabile richiesto all' attività senza apportare alla stessa alcuna maggiore produttività o valore aggiunto. Trattasi del principio noto e ribadito dalla Ctr del Lazio con la sentenza n. 4253/2019. A proporre iniziale ricorso avverso il silenzio rifiuto formatosi a seguito di istanza di rimborso Irap era stato un contribuente esercente la professione medica che, insistendo sul suo mancato avvalersi di capitale o lavoro altrui, invocava la spettanza della restituzione dei circa 14 mila euro versati, stante l' insussistenza del presupposto Irap. Tuttavia, i giudici provinciali di Roma rigettavano il ricorso ritenendo esistenze una autonoma organizzazione data dalla presenza di personale e di spese relative a soggetti terzi diversi da coloro che ne curavano la contabilità. Su appello del contribuente, la Ctr in commento riformava la sentenza di primo grado, dal momento che i principi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale n. 156/2001 e della

susseguente Cassazione (ex multis Cass. n. 4492/2012, n. 21326/2013, n. 2589/2014) hanno ritenuto legittima la ripresa Irap soltanto quando l' attività, autonomamente organizzata, manifesti un quid pluris di valore aggiunto, funzionale alla produzione o scambio di beni o servizi. Tale dato non è tuttavia scontato nelle attività di lavoro autonomo, che ben possono prescindere, a differenza di quelle di impresa, da una organizzazione di capitali e lavoro altrui, dovendo pertanto essere accertate caso per caso sulla sussistenza del presupposto Irap. Nel caso di specie, il medico ricorrente forniva documentalmente il modello Unico e i dati da cui risultava una segretaria assunta part-time ed esigui beni strumentali. Tali componenti assai limitate non integravano una vera attività organizzata portando perciò la Ctr ad accogliere il ricorso e a riconoscere quindi la spettanza del rimborso Irap. Proprio con riguardo al ricorso del professionista al personale assunto part-time, infatti, anche la Cassazione (ordinanza n.

27010/14) ha ritenuto che tale elemento non solo non configuri di per sé solo un valido indice di autonoma organizzazione, ma come tale non emerge anche laddove, pur se presente, non sia in grado di dar luogo a un potenziamento dell' attività produttiva. Nicola Fuoco () L' Agenzia delle entrate, direzione provinciale I di Roma si costituiva in giudizio contestando la deduzione di controparte, evidenziando sussistere nel caso di specie il carattere

I giudici di prime cure rigettavano il ricorso. () Osserva il Collegio che l' appello è fondato e pertanto deve essere accolto. In proposito la Corte costituzionale con sentenza n. 156/2001 ha chiarito che l' Irap non è un' imposta sul reddito, ma una imposta di carattere reale che va a incidere sul valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate. In definitiva, presupposto dell' Irap è l' esercizio abituale di attività produttive esercitate in maniera autonoma e con organizzazione diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. Pertanto, l' indice di capacità contributiva è il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate. La Corte costituzionale, nella richiamata sentenza, ha anche spiegato che, mentre l' elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l' attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare una attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui. In tal caso, in mancanza di elementi di organizzazione (da accertare in punto di fatto con riguardo alle singole fattispecie concrete), secondo la Consulta viene meno il presupposto stesso dell' imposta sulle attività produttive rappresentato, secondo l' art. 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446 dall' esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con conseguente inapplicabilità dell' imposta stessa. In tal senso si è espressa in più occasioni la Cassazione ritenendo che la mancanza di organizzazione, dimostrata dall' assenza di una struttura, dalla mancanza di dipendenti o collaboratori parasubordinati, dalla carenza di capitali impiegati e mezzi, comporti l' inapplicabilità dell' Irap. () Il contribuente ha fornito le prove documentali attraverso la produzione del modello Unico e in particolare dei quadri RE relativi ai periodi di imposta in giudizio, dalle quali risultano compensi a una segretaria assunta con contratto part-time e l' impiego di modesti beni strumentali. Si tratta di importi assai limitati che non provano in alcun modo l' esistenza di un' attività organizzata. ()

L' alimentazione di un fondo per oneri presuppone l' esistenza di una obbligazione già assunta alla data di bilancio. Diversamente, i fondi rischi entrano in gioco nel caso di situazioni (e non obbligazioni) già esistenti alla data di bilancio, in connessione, dunque, con passività solo potenziali. L' esito dell' evento futuro, infatti, risulta sostanzialmente incerto. Il documento di ricerca, pertanto, afferma che l' incertezza, se misurabile e correlata a un rischio, confluisce in un fondo di bilancio; diversamente, nel caso di passività solo possibile si movimenta la nota integrativa, mentre nessun adempimento è richiesto nel caso di passività solo remota. Volendo esemplificare con delle percentuali, se le probabilità del verificarsi dell' evento sono superiori al 50% dovrò rappresentare in bilancio, se la stima conduce a risultati inferiori al 50% (possibile) segnalo in nota integrativa, mentre se le probabilità non si possono quantificare nulla dovrò fare. In ogni caso, gli accantonamenti non possono mai avere la funzione di rettifica dei valori dell' attivo, né tantomeno fronteggiare un rischio generico. Infatti, gli stessi determinano la contabilizzazione di un costo non monetario, connesso a una politica di

«ritenzione» degli utili. Proprio per il fatto che l' accantonamento conduce a una modifica dei dati di bilancio, appare necessario che il medesimo sia corrispondente a una oculata valutazione che non alteri la congruità, ragionevolezza e veridicità del rendiconto. E, la valutazione di tale congruità/ragionevolezza, riguarda la dimensione economico-aziendale, poiché l' accantonamento potrebbe causare un' ipotesi di annacquamento del capitale (sottovalutazione) o di riserve occulte (valutazione eccessivamente prudenziale, quindi sopravvalutazione). Ne risulta potenzialmente alterata anche la dimensione giuridica, per la possibile censura di falsità della singola voce di bilancio. E, infine, potrebbero prodursi anche effetti sul versante fiscale, per effetto dei possibili errori legati alla competenza, pur se gli accantonamenti, se non esplicitamente citati dal Tuir, non sono ammessi in deduzione. L' intera materia, a ben vedere, trova una logica copertura all' interno del documento Oic 11, ove, in riferimento al postulato della prudenza, si ribadisce la necessità di applicare una «ragionevole cautela» nell' effettuazione delle stime in condizioni di incertezza. La corretta individuazione del momento temporale in cui effettuare stima, non è certo di secondaria importanza, posto che sia il codice che il principio Oic ricordano «che si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell' esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo». In definitiva, in relazione al momento

che si producono sul bilancio. Inoltre, una volta creato il fondo, lo stesso dovrà essere valutazione in merito alla sua congruità alla fine di ciascun esercizio; trattandosi, come più volte detto, del frutto di una stima, si potrà rendere necessario l' adeguamento dei valori a seguito dell' acquisizione di nuove informazioni. Ciò non concretizza la correzione di errore, ma un cambiamento delle stime contabili secondo quanto indicato nell' Oic 29. Tutta la valutazione di cui sopra si riferisce, esclusivamente, alle passività probabili con ammontare determinabile;

diversamente, per quelle probabili con ammontare non determinabile (riflesso di una passività «possibile» o

«remota») non vi è alcuno stanziamento nei fondi rischi futuri. Occorre, tuttavia, dare conto al lettore del bilancio della condizione di incertezza, mediante evidenza del rischio in nota integrativa, all' art. 2427, comma primo, n. 9);

questo onere si rileva solo per le passività diverse da quelle remote, che non sono nemmeno degne di menzione, in quanto finirebbero per dare conto di una informazione del tutto irrilevante. © Riproduzione riservata.

L' alimentazione di un fondo per oneri presuppone l' esistenza di una obbligazione già assunta alla data di bilancio. Diversamente, i fondi rischi entrano in gioco nel caso di situazioni (e non obbligazioni) già esistenti alla data di bilancio, in connessione, dunque, con passività solo potenziali. L' esito dell' evento futuro, infatti, risulta sostanzialmente incerto. Il documento di ricerca, pertanto, afferma che l' incertezza, se misurabile e correlata a un rischio, confluisce in un fondo di bilancio; diversamente, nel caso di passività solo possibile si movimenta la nota integrativa, mentre nessun adempimento è richiesto nel caso di passività solo remota. Volendo esemplificare con delle percentuali, se le probabilità del verificarsi dell' evento sono superiori al 50% dovrò rappresentare in bilancio, se la stima conduce a risultati inferiori al 50% (possibile) segnalo in nota integrativa, mentre se le probabilità non si possono quantificare nulla dovrò fare. In ogni caso, gli accantonamenti non possono mai avere la funzione di rettifica dei valori dell' attivo, né tantomeno fronteggiare un rischio generico. Infatti, gli stessi determinano la contabilizzazione di un costo non monetario, connesso a una politica di

«ritenzione» degli utili. Proprio per il fatto che l' accantonamento conduce a una modifica dei dati di bilancio, appare necessario che il medesimo sia corrispondente a una oculata valutazione che non alteri la congruità, ragionevolezza e veridicità del rendiconto. E, la valutazione di tale congruità/ragionevolezza, riguarda la dimensione economico-aziendale, poiché l' accantonamento potrebbe causare un' ipotesi di annacquamento del capitale (sottovalutazione) o di riserve occulte (valutazione eccessivamente prudenziale, quindi sopravvalutazione). Ne risulta potenzialmente alterata anche la dimensione giuridica, per la possibile censura di falsità della singola voce di bilancio. E, infine, potrebbero prodursi anche effetti sul versante fiscale, per effetto dei possibili errori legati alla competenza, pur se gli accantonamenti, se non esplicitamente citati dal Tuir, non sono ammessi in deduzione. L' intera materia, a ben vedere, trova una logica copertura all' interno del documento Oic 11, ove, in riferimento al postulato della prudenza, si ribadisce la necessità di applicare una «ragionevole cautela» nell' effettuazione delle stime in condizioni di incertezza. La corretta individuazione del momento temporale in cui effettuare stima, non è certo di secondaria importanza, posto che sia il codice che il principio Oic ricordano «che si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell' esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo». In definitiva, in relazione al momento

detto, del frutto di una stima, si potrà rendere necessario l' adeguamento dei valori a seguito dell' acquisizione di nuove informazioni. Ciò non concretizza la correzione di errore, ma un cambiamento delle stime contabili secondo quanto indicato nell' Oic 29. Tutta la valutazione di cui sopra si riferisce, esclusivamente, alle passività probabili con ammontare determinabile; diversamente, per quelle probabili con ammontare non determinabile (riflesso di una passività «possibile» o «remota») non vi è alcuno stanziamento nei fondi rischi futuri. Occorre, tuttavia, dare conto al lettore del bilancio della condizione di incertezza, mediante evidenza del rischio in nota integrativa, all' art. 2427, comma primo, n. 9); questo onere si rileva solo per le passività diverse da quelle remote, che non sono nemmeno degne di menzione, in quanto finirebbero per dare conto di una informazione del tutto irrilevante. © Riproduzione riservata.

Un ente non commerciale, con lavoratori dipendenti e colf, per il calcolo dell' Irap deve tenere conto anche delle colf? In quest' ultimo caso, l' imponibile Irap è quello previdenziale? Il datore deve rilasciare alla colf dipendente una certificazione sostitutiva della Cu, che attesti la cifra corrisposta e gli oneri sociali versati. Quindi, appare chiaro il rapporto di lavoro. Gli enti non commerciali sono soggetti passivi dell' Irap, anche se svolgono attività esclusivamente istituzionale. In tale caso, la base imponibile si determina con riferimento al cosiddetto metodo retributivo, ed è costituita dall' ammontare di tutte le retribuzioni e compensi corrisposti, a eccezione dei compensi professionali soggetti anche a Iva. Quindi, i compensi corrisposti alle colf concorrono alla formazione dell' imponibile Irap per la somma corrisposta, indicata nella certificazione sostitutiva della Cu rilasciata al lavoratore. (a cura di Romano Mosconi) Vorrei un chiarimento circa l' anticipazione del Tfr per il Ccnl lavoro domestico. Poiché all' articolo 40 è scritto che l' anticipo può essere dato nella misura massima del 70%

e una sola volta all' anno, alcune persone che ho interpellato mi

dicono che le colf non sono soggette alle norme di legge (anzianità di servizio di otto anni, percentuale massima per la concessione degli anticipi in azienda, e altro) previste per lavoratori dipendenti di altri contratti. È vero? L' articolo 2120 del Cc non esclude espressamente i lavoratori domestici dalle regole sull' anticipazione del Tfr. Ma è chiaro che molti limiti non possono applicarsi, come il numero di aventi diritto (normalmente si hanno solo una o due colf). L' articolo 40 del Ccnl, che non fa alcun riferimento ad altri requisiti quali l' anzianità di servizio, dispone che i datori di lavoro anticiperanno, a richiesta del lavoratore e per non più di una volta all' anno, il Tfr nella misura massima del 70% di quanto maturato. Accordi più favorevoli sono sempre possibili, con conseguente erogazione, per esempio, del 100% maturato a ogni fine anno. ( a cura di Alberto Bosco e Josef Tschöll)

Possono essere assoggettati al pagamento di Ici e Imu solo coloro che sono titolari di un diritto reale, in quanto non è sufficiente avere la titolarità di un diritto personale di godimento o la mera disponibilità del bene per essere obbligati al pagamento di un' imposta patrimoniale. Ecco perché, per esempio, non è soggetto al versamento delle imposte la società Ferrovie del Sud Est, che svolge il servizio di trasporto pubblico locale, se ha stipulato con la regione Puglia solo un contratto di affidamento in uso di beni, impianti e infrastrutture. In questo senso si è pronunciata la Cassazione, con la sentenza 21231/2017, secondo la quale il significato da attribuire al termine

«possesso», non può «coincidere con la situazione di mera disponibilità del bene, rinvenibile anche nei confronti di chi sia titolare di un diritto personale di godimento, ma si sostanzi soltanto nei confronti di situazioni giuridiche soggettive aventi carattere reale». © Riproduzione riservata.