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Drama per Mufica

Nel documento Cronache Economiche. N.002, Anno 1986 (pagine 98-103)

Lo stesso Regio ha fatto la sua parte di sto-ria assurgendo, in campo musicale, a vette di grande rilievo. La sua costruzione pren-de origine da un avvenimento molto im-portante per la Casa Savoia e la storia del Piemonte: nel 1714 il duca Vittorio Ame-deo II e la duchessa Anna di Orléans cin-gono l'ambita corona del regno di Sicilia (dovuta poi scambiare nel 1720 con quella di Sardegna).

Si impongono degli obblighi di status ai quali la giovane monarchia, ambiziosa di

A R S -A C E

Drama per Mufica

DA RAPPRESENTARSI

Fig. 2. L'antico Teatro Regio come si presentava nei 1936 quando fu distrutto da un incendio.

Fig 3. Libretto del primo spettacolo rappresentato al Regio Teatro il 26 dicembre 1740.

Fig. 4. Beniamino Gigli. Fig. 5. Giacomo Puccini. Fig. 6. Arturo Toscanini. Fig. 7. Giuseppe Di Stefano. Fig. 8. Mario Del Monaco.

affermarsi tra le grandi potenze dell'epoca, non pensa minimamente di sottrarsi: la co-struzione di un vero e proprio teatro d'o-pera, ad imitazione di quelli esistenti nelle principali capitali europee è uno di questi. Nel 1727 viene costituita la Nobile Società dei Cavalieri, cui è affidata la gestione del costruendo Teatro Regio e che inizia ad operare già dal dicembre dello stesso anno, con la stagione di Carnevale 1727-28.

H E L REGIO TEATRO DI TORINO

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Concepito da Juvarra e realizzato da Bene-detto Alfieri, i lavori per il nuovo teatro iniziano nell'aprile del 1738 e procedono con grande rapidità, talché può essere inaugurato nel 1740, il 26 dicembre, data tradizionale di inizio delle stagioni di ope-ra a Torino. Per l'occasione i Cavalieri hanno scritturato alcuni tra i nomi più grandi della lirica: il castrato Giovanni Ca-nestrini, il tenore Angelo Amorevoli ed il

soprano Caterina Visconti. Il cartellone della stagione inaugurale vede due tragedie di Metastasio: Arsace ed Artaserse, musi-cate da Francesco Feo e da Giuseppe Are-na.

Capace di 2.500 spettatori, il teatro racco-glie subito l'ammirazione di illustri visita-tori di Torino, molti dei quali trovano, nel loro Grand Tour dell'Italia, una ragione di più per soffermarsi nella capitale sabauda. Anche l'imperatore Giuseppe II viene a ve-dere il Regio, uno dei migliori teatri dell'e-poca per le sue macchine ingegnose, per la bellezza delle scenografie, per l'ampiezza e lo splendore della sala.

I viaggiatori che visitano Torino sono

an-che meravigliati per la qualità degli spetta-coli, in buona parte creati appositamente per il Regio. E questa una tradizione che, instaurata sin dall'inizio, durerà fino ai primi decenni dell'Ottocento: le due opere del cartellone, qualche volta tre, a partire dalla stagione 1839-40, devono essere nuo-ve ed almeno una di esse denuo-ve essere scritta appositamente per il Regio. Grazie a que-sta condizione il teatro di Torino si pone all'avanguardia tra i principali centri di produzione melodrammatica.

L'ondata della Rivoluzione Francese tra-volge ben presto anche gli Stati dei Savoia, dopo anni di aspri combattimenti, nel lu-glio 1798 i francesi ottengono di occupare la Cittadella. L'8 dicembre Carlo Emanue-le IV è costretto ad abdicare e si ritira in Sardegna. La Società dei Cavalieri deve ce-dere la gestione che passa ad impresari pri-vati. Il teatro assume il nome di Nazionale, e poi nel 1801 quello di grand Théàtre des Arts, ed ancora nel 1804 quello di Teatro Imperiale, fino al ritorno dei Savoia nel 1814.

La Nobile Società dei Cavalieri riprende la guida del Regio nel 1824, ma le condizioni in cui si dibatte la gestione dei teatri sono ormai estremamente gravose e nel 1833, stante anche la volontà del re Carlo Alber-to, i Cavalieri devono arrendersi al nuovo corso che vede anteposte le ragioni econo-miche a quelle di prestigio.

E mutato il rapporto col pubblico, da tea-tro di corte il Regio diventa sempre più teatro della città, e con la gestione degli impresari privati si afferma l'opera di re-pertorio. La stagione 1833-34 si apre con la Norma di Bellini che, a due anni dalla prima alla Scala, riceve a Torino una acco-glienza straordinaria. Segue la Fausta di Donizetti rappresentata per la prima volta al San Carlo di Napoli nel gennaio 1832. L'attenzione degli impresari si concentra sui grandi nomi del melodramma ottocen-tesco: Bellini, Donizetti, Rossini, Meyer-beer, Verdi e su autori oggi dimenticati, ma che al loro tempo seppero raccogliere trionfali, seppure effimeri, successi. Il 1849 porta notevoli modifiche al gover-no del Regio e segna una tappa importante nel processo di trasferimento della respon-sabilità economica ed artistica alla Munici-palità.

Nel giro di poche stagioni, viene superato il condizionamento del calendario ecclesia-stico che imponeva una netta separazione

tra carnevale e quaresima, le stagioni liri-che si allungano, aumenta il numero delle opere programmate e delle recite comples-sive, viene anche superato il pregiudizio secolare che ritiene degna di una corte la sola «opera seria», si ripetono anche a bre-ve distanza di tempo programmazioni del-la stessa opera. Ma il Pardel-lamento preme perché l'onere per il mantenimento del Re-gio sia accollato alla città, al cui vantagRe-gio il teatro stesso funziona. Dopo lunghe resi-stenze, nel 1859, la Municipalità di Torino accetta di erogare un contributo annuo di 40.000 lire, che viene progressivamente aumentato fino a coprire la quasi totalità delle spese. Il 6 luglio 1870 la città deve acquisire «gratuitamente» la proprietà del-l'edificio del teatro. Le travagliate vicende amministrative si accompagnano ad un grave scadimento qualitativo delle rappre-sentazioni, appaltatori di pochi scrupoli e scarse doti si succedono ingloriosamente. Un periodo nuovo si apre per il Regio con l'affidamento della gestione per il quin-quennio 1876-81 al genio di Giovanni De-panis, personalità eccezionale tra gli im-prenditori teatrali. Lavorando in buon af-fiatamento con Carlo Pedrotti, direttore del Liceo Musicale della città e nello stesso tempo maestro concertatore e direttore d'orchestra del Regio, Depanis fa fare un salto qualitativo enorme alle stagioni del massimo teatro cittadino che, se da un lato esalta la sua funzione di luogo di incontro della mondanità più raffinata, dall'altra di-viene sede di confronto critico di stili, idee e scuole diverse. Ma la politica di innova-zione del Depanis, osteggiata dal pubblico più tradizionalista, finisce per essere invisa e il teatro torna nelle mani di impresari poco scrupolosi.

Il consuntivo della gestione Depanis è co-munque di tutto rispetto: ventisette opere prodotte di cui cinque novità assolute (Francesca da Rimini, Ero e Leandro, Elda, Don Giovanni d'Austria, La Regina del Nepal), tre prime per l'Italia (Il Re di Lahore, La Regina di Saba, Melusina) e cinque prime per Torino (Mefistofele, Do-lores, Lohengrin, Amleto, Carmen) cui vanno aggiunte varie riprese ed opere di re-pertorio (Trovatore, Lucia di Lammer-moor, Ruy Blas, i Puritani, Don Carlos, Un Ballo in maschera, Mosè, Don Giovan-ni, Aida, Poliuto, Il Barbiere di Siviglia, Rigoletto, Lucrezia Borgia) e le esecuzioni delle due Messe da Requiem di Verdi e

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Fig. 9. Renata Tebaidi. Fig. 10. Maria Caiias. Fig. 11. Rajna Kabaivanska. Fig. 12. Placido Domingo.

Bottesini.

Più volte sul punto di chiudere i battenti per le crescenti difficoltà di far passare nel Consiglio Comunale le delibere relative al concorso finanziario della Municipalità, il Regio con la gestione di Luigi Cesari 1890-93 ritrova lo smalto del quinquennio Depanis. Avvenimento di spicco di questa gestione è la prima assoluta della Manon

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Fig. 13. Viaggio d'inverno da F. Schubert - Corpo di bailo de! Regio.

Fig. 14. H Trovatore di Giuseppe Verdi.

Lescaut di Puccini (1° febbraio 1893), che ottiene un successo entusiastico da parte del pubblico torinese, cui va aggiunto il tri-onfo delle due opere di Wagner: La Walki-ria ed I Maestri Cantori di Norimberga. Mentre Milano osteggia Wagner, Torino e Bologna sono tra le prime città a ricono-scere la grandezza del compositore di Lip-sia, e Torino ancora oggi può dirsi, a ragio-ne, città wagneriana.

approva la creazione dell'Istituto Musicale della Città di Torino — di cui Giuseppe Depanis, degno figlio di Giovanni, è stato tenace promotore — che congloba il Liceo

Musicale, l'Orchestra Municipale (prima orchestra stabile d'Italia), la Scuola popo-lare di strumenti a fiato e la Banda Civica. Si ripristinano cosi i legami tra Liceo e

Teatro Regio di molto rilassati negli ultimi anni.

Nel 1895 Arturo Toscanini è chiamato al posto di maestro concertatore e direttore in prima dell'orchestra, la nomina è stata cal-deggiata dal caro amico Giuseppe Depanis: per il giovane maestro parmense è il tram-polino per il lancio nella grande carriera, per il Regio sono anni di glorie musicali e di consolidamento nella passione wagne-riana. II 22 dicembre 1895 c'è la vera pri-ma italiana del Crepuscolo degli Dei, di cui si fanno ventuno recite; il 14 febbraio 1897 è la volta del Tristano e Isotta, che ha un analogo successo, ma di cui si fanno solo sei repliche; il 17 febbraio 1898, ulti-mo anno con la direzione di Toscanini, è la volta della ripresa della Walkiria. Di grande rilievo anche la prima assoluta del-la Bohème di Puccini (1° febbraio 1896) che è accolta con una fredda incompren-sione da parte della critica torinese, mentre la critica milanese, giunta in massa nella capitale subalpina, è molto più vicina al giudizio positivo del pubblico.

Dopo la partenza di Toscanini per la Scala di Milano l'attività del Regio subisce una sensibile involuzione, aggravata anche dal-le precarie condizioni dell'impianto che da tempo richiede consistenti lavori di ristrut-turazione. In mancanza dei necessari prov-vedimenti l'I 1 novembre 1902 il Prefetto notifica al Sindaco che, a seguito del so-pralluogo effettuato dalla Commissione permanente di vigilanza sui teatri, il Regio è stato riscontrato inagibile.

Riattato su progetto dell'ingegnere Cocito il Teatro riapre la sera del 26 dicembre 1905 con il Sigfrido. Direttore è di nuovo Arturo Toscanini, assicurato a Torino per la stagione grazie allo strenuo impegno di Giuseppe Depanis. Il cartellone prosegue con Madama Butterfly, La Dannazione di Faust, Loreley e Siberia di Giordano. Gli anni seguenti vedono ancora privilegia-ta la musica di Wagner'e di Strauss, l'opera del rinnovamento francese e della giovane scuola italiana. Con la guerra il Regio vie-ne chiuso, vie-nel 1917 è adibito a deposito di suppellettili per l'Autorità Militare. Intan-to nel 1916 viene costituita la Società Ano-nima Teatro Regio che gestirà con alterne vicende il Teatro, dalla riapertura nel 1919 fino al drammatico incendio dell'8-9 feb-braio 1936. Ricordiamo come fatto salien-te di quel periodo la presentazione della intera Tetralogia wagneriana, realizzata

nel 1935 e di cui, stante l'enorme successo di pubblico, si danno ben quattro cicli completi di recite, contro i due inizialmen-te previsti, per un pubblico complessivo di oltre 30 mila spettatori.

A soli quattro giorni dall'incendio la sta-gione riprende al Teatro Vittorio Emanue-le con l'Otello, seguono Madama Buttertly, Carmen, Elisir d'amore, Barbiere di Sivi-glia, Suor Angelica. Opere eccelse che de-notano, però, l'appiattimento nella routine ed il ridotto impegno culturale e di ricerca dell'istituzione. Le speranze di una pronta ricostruzione del Teatro vanno purtroppo deluse ed intanto si aggrava, anche a causa della guerra, la crisi in cui da anni si dibat-te il dibat-teatro lirico.

Tra il 1936 ed il 1942 l'attività, ridotta ai minimi termini, emigra successivamente al Carignano, al Teatro della Moda ed al Vit-torio Emanuele; l'obiettivo è quello della pura sopravvivenza in attesa di tempi mi-gliori. Il 10 agosto 1945 si apre un nuovo ciclo con la nascita dell'Ente Municipale Spettacoli e Concerti, che diventa Ente Autonomo Lirica e Concerti nel febbraio successivo per trasformarsi poi, il 4 ottobre 1950, nell'attuale Ente Autonomo Teatro Regio.

Dalle 27 recite che si svolgono al Teatro Lirico (già Vittorio Emanuele ed oggi Au-ditorium RAI) nella stagione 45-46, con quasi 19.000 spettatori paganti, si passa alle quaranta dell'anno successivo, suddi-vise tra il Lirico ed il Carignano, con circa 33.000 presenze. Dopo la punta del 1952, che vede quasi mille presenze per recita, si verifica una grave caduta di pubblico, mal-grado il grande valore artistico del cartello-ne. Nuoce, tra le altre cose, la continua migrazione da una sala all'altra, compreso l'Alfieri e dal 1949 il Teatro Nuovo. Con il nuovo Sovrintendente Alberto Bru-no Tedeschi, Bru-nominato nel luglio 1960 al posto del defunto Ferruccio Negrelli, e poi affiancato da Maurizio Vico come diretto-re artistico, si arriva alla saggia decisione di fare del Teatro Nuovo la sede «stabile» dell'Ente Regio, col duplice risultato di riavvicinare l'opera al pubblico e di pre-sentare al Ministero del Turismo e dello Spettacolo un'immagine più consistente e meritevole di attenzione.

Il 1963 è l'anno della svolta decisiva, in ar-monia con l'amministrazione della città si lavora col massimo impegno per riguada-gnare il terreno perduto ed i risultati non

mancano, sia sul piano artistico sia, ed è sempre un dato che conta, sul piano della «cassetta». La stagione 1971-72, ce ne sarà ancora una prima della apertura del Nuo-vo Regio, ma è l'ultima che presenta omo-geneità di dati con quelle precedenti, supe-ra le 64.000 presenze, pari ad oltre 1000 biglietti venduti per ognuna delle 63 recite. Data la capienza del Teatro Nuovo, 1.175 posti, siamo vicini ad un primato su scala nazionale. Per collaudare la struttura orga-nizzativa e riannodare i rapporti col gran-de pubblico tra il 1971 ed il 1973 si realiz-zano anche delle stagioni popolari d'au-tunno al Palazzetto dello Sport.

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La sera del 10 aprile 1973 con I Vespri Si-ciliani si inaugura il Nuovo Regio: è un av-venimento a lungo atteso dalla città e che viene a ridare slancio alla sua vita artistica e culturale. Tralasciamo di descrivere la nuova costruzione, eccezionale per molti versi e con impianti meccanici e di scena tra i più completi e moderni d'Europa; ri-leviamo soltanto come a Torino si sia pre-ferito realizzare un teatro completamente nuovo, a differenza di altre città dove la scelta è stata invece per la ricostruzione abbastanza fedele dell'edificio preesistente. E il caso, ad esempio, dell'Opera di Sem-per a Dresda, la cui ricostruzione dalle di-struzioni della guerra è stata completata lo scorso anno, della Staatsoper di Vienna, o del teatro dell'Opera di Graz.

La prudenza indusse a contenere la capien-za del nuovo Regio a poco meno di 1800 posti (1788 per l'esattezza) e siamo di nuo-vo alla cronaca di oggi: i fatti hanno dimo-strato che molto spesso la sala non è in grado di accogliere tutto il pubblico che desidererebbe assistere alle rappresentazio-ni. Insomma il Regio si è dimostrato una entità vitale nella regione e sembra a molti possa giocare un ruolo di primaria impor-tanza nel rilancio turistico in atto di Tori-no e del Piemonte. QualcuTori-no pensa anche a programmazioni fatte apposta per incen-tivare il turismo.

«Saremmo ben lieti di progettare manife-stazioni orientate al turismo — afferma Piero Rattalino, direttore artistico del Tea-tro — il problema è quello degli investi-menti. Il Maggio musicale fiorentino è un elemento di richiamo turistico, ebbene noi abbiamo fatto un confronto con Firenze al tempo della mostra sui Medici: avevamo

una programmazione addirittura più ricca. Con i fondi necessari ci sentiamo in grado di fare iniziative non seconde a nessuno. Naturalmente occorre che tutto sia coordi-nato e poter programmare con anni di an-ticipo.

L'industria turistica non consente improv-visazioni, il ciclo turistico tra realizzazione dei programmi e loro pubblicizzazione e commercializzazione richiede di lavorare almeno un anno per l'altro, e per consoli-dare certi flussi, certe abitudini occorre l'impegno continuativo di parecchi anni. Nella stagione 1986-87 inizieremo con l'Oro del Reno e Walkiria un ciclo wagneriano che si concluderà nel settembre del 1988 con la Tetralogia completa di Wagner. Mi risulta — prosegue Rattalino — che anche a Nizza nel marzo dell'88 verrà program-mata la Tetralogia e che anzi hanno già aumentato da due a tre i cicli perché uno è stato interamente venduto ai partecipanti ad un congresso. La città di Nizza si sta impegnando per organizzare un pacchetto turistico di otto giorni, tanto dura un ciclo di quattro recite.

Noi non desideriamo altro che fare al me-glio il nostro mestiere; più varietà c'è, più occasioni ci sono e più siamo contenti. Set-tembre musica, in questo momento, è una manifestazione torinese di carattere inter-nazionale. Nata con l'Ostensione della Sin-done si è sviluppata da sola senza una grossa programmazione turistica.

Il problema più grave, secondo me — con-clude Rattalino —, è la mancanza di un Palazzo dei Congressi con un Auditorium di almeno 3500 posti.

I prezzi di mercato di una grande orche-stra, ad esempio, sono calcolati sulla base degli incassi in sale da 3000-5000 posti, è chiaro che con disponibilità di posti molto più basse non si riesca a stare nei costi. Sono comunque convinto — conclude Rat-talino — che Torino ha tutti i numeri per diventare anche una primaria città turisti-ca, naturalmente il problema va affrontato con mentalità industriale, con una adegua-ta programmazione e con adeguati investi-menti, che devono toccare anche gli alber-ghi ed altre infrastrutture, oltreché natural-mente il modo di lavorare dei torinesi in questo campo».

SUCCESSO DEGLI ARTISTI

Nel documento Cronache Economiche. N.002, Anno 1986 (pagine 98-103)