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E IL SALONE INTERNAZIONALE DELL'AUTO

Nel documento Cronache Economiche. N.002, Anno 1986 (pagine 85-89)

Cesare Castellotti l I » ? i > I

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Il Lingotto ha superato li secondo collaudo come centro espositivo internazionale. Il 61° Salone dell'Automobile ha confermato il primo positivo «esame», avvenuto nel-l'autunno dell'84, quando la grande rasse-gna lasciò dopo 35 anni il palazzo di Tori-no Esposizioni per trasferirsi appunto nella ex «fabbrica dalle mille finestre» di via Nizza.

E così, l'auto ritorna al grembo materno, l'ex fabbrica si rianima. Il Salone di Tori-no ha trovato la sua sede ideale, e si ha ra-gione di ritenere che vi rimarrà a lungo. Perché può ora usufruire di strutture ag-giornate, come già avvenuto nei principali Paesi europei. Ma la soluzione adottata a Torino si differenzia da tutte le altre per originalità, in quanto introduce un rappor-to di continuità tra la dinamica e la moder-nità di una rassegna automobilistica e un monumento di cultura industriale. Due vi-cende, quella del Lingotto e quella del Sa-lone, per tanti decenni parallele e unite solo dal fatto d'avere nell'automobile l'i-dentico protagonista, si sono incrociate e si sono accomunate. Oltre al fatto tecnico è stato riportato alla ribalta appunto anche l'aspetto architettonico, in una atmosfera per più di un aspetto nostalgica: fra quelle mura hanno lavorato le ultime due genera-zioni.

Il Lingotto è la terza sede torinese nella storia della rassegna.

Fig. 1. L'immenso complesso dei Lingotto, nuovo cen-tro espositivo di Torino.

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I S A L O N I D E L L ' A U T O N E L T E M P O

Il primo Salone Internazionale dell'Auto-mobile venne inaugurato il 21 aprile 1900, nella Palazzina delle Belle Arti al Valenti-no. Ne furono promotori i più importanti personaggi legati all'allora neonata indu-stria automobilistica italiana: Giovanni Agnelli, Lanza, Ceirano, Bianchi, Faccioli, Stucchi, Goria-Gatti ed il senatore Romeo. Qualificata, già in quei tempi, la presenza delle Case estere: basti citare, fra tutte, Peugeot e Panhard.

Soltanto la prima guerra mondiale inter-rompe la crescita graduale e costante del Salone che, nella sua seconda edizione, si trasferisce a Milano e dal 1905 al 1907 può addirittura contare su due edizioni an-nuali: la primaverile a Torino e l'invernale a Milano.

Dopo la parentesi bellica si ripresenta, nel 1920, a Milano ed assume definitivamente la denominazione di «Salone» abbando-nando quelle di «mostra» ed «esposizio-ne». A Milano resterà sino al 1937 con la sola eccezione del 1929, quando il Gover-no decide di trasferire al Palazzo delle Esposizioni di Roma la 22" edizione. Nei 17 anni che vanno dal 1920 al '37 l'in-dustria nazionale produce vetture di gran livello qualitativo e tecnico quali le Fiat «Balilla» e «Topolino», la Lancia Au-gusta e le molte sportive Alfa Romeo. Nel '37 si tocca anche la quota record — almeno per quei tempi — delle 37 mila unità prodotte tra autovetture e autoveicoli

industriali. Un ottimo traguardo per le Case italiane che, soltanto 8 anni dopo, nel '45 si troveranno, a causa dei danni pro-dotti dalla seconda guerra mondiale, con più dell'80 per cento degli impianti inuti-lizzabili e con una produzione che, al ter-mine del conflitto, supera di poco le 10 mila unità.

Ma la ricostruzione inizia rapidamente e nel '48 il Presidente della Repubblica, Lui-gi Einaudi, inaugura a Torino Esposizioni la 31a edizione del Salone, quella che pos-siamo definire «della rinascita».

Il Salone non lascerà più la «capitale ita-liana dell'automobile» e saprà crescere di pari passo con il Paese. Arrivano novità come la Lancia Appia (1953), la Giulietta Alfa Romeo (1954), la Fiat 600 (1955), la Fiat 500 (1957). Nel '57 il Salone passa dalla primavera all'autunno per ragioni di domanda di mercato, e nelle sue varie edi-zioni presenta al pubblico altre novità: la Fiat 850, la 124, la 128, la Dino, la 130, l'Autobianchi Al 12, la Lancia Fulvia, l'In-nocenti Mini.

Lo spazio però diviene sempre più ristretto e per ragioni organizzative, nel '69, la ras-segna dedicata alle vetture viene scorpora-ta da quella consacrascorpora-ta ai veicoli industria-li e commerciaindustria-li.

Ma la storia continua. Ecco arrivare i tem-pi moderni: la crisi petrolifera dei primi anni settanta coinvolge anche il Salone che per questa ed altre ragioni diviene, a parti-re dall'edizione del '72, biennale. Vengono anche presentate al Salone, e ne costitui-scono la novità saliente ed una ragione di grande richiamo, vetture come Ritmo, Panda, Argenta, Regata, Uno, Delta, Pri-sma.

Nel 1984 il Salone lascia, come dicevamo, Torino Esposizioni. C'è bisogno di spazio. A disposizione c'è il Lingotto, smantellato due anni prima dalla Fiat. Il ciclo produt-tivo è durato 60 anni (le ultime vetture uscite dalla fabbrica sono state la Lancia Delta e la Fiat 127 Fiorino).

Si apre quindi un nuovo capitolo nella sto-ria, gloriosa, della grande fabbrica, quella che Le Corbusier definì con una frase or-mai celebre: «una nave da guerra a curva tesa, sopraelevata alle estremità con ponti, fumaioli, corti e passerelle».

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L I N G O T T O S T O R Y

È nel pieno del conflitto mondiale (1916) che la Fiat dà inizio alla costruzione del suo nuovo stabilimento, su progetto del-l'ingegnere Giacomo Matté Trucco. Verrà inaugurato ufficialmente dal Re Vittorio Emanuele III il 23 maggio del 1923, parec-chio tempo dopo la sua entrata in funzio-ne.

Il termine officina è abbandonato per quel-lo più appropriato di fabbrica. È il primo impianto a ciclo completo, e presenta quanto di più moderno si possa immagina-re in fatto di tecnica produttiva. Forse, tan-to moderno da sfiorare il troppo. Secondo, infatti, le teorie sulla razionalizzazione produttiva messe a punto dal Taylor e con perspicacia applicate prima di ogni altro da Henry Ford, uno stabilimento automo-bilistico per essere più funzionale deve avere una struttura tutta orizzontale. E questo non è davvero il caso del Lingotto, dove anzi è proprio sviluppato il concetto opposto: una struttura verticale che vede il manufatto passare da semplice materia a prodotto finito salendo ciascuno dei cinque piani dell'edificio. Per poi finire sulla straordinaria pista parabolica, lunga un chilometro, che incorona il tetto del fab-bricato.

È significativo che per progettare l'opera sia stato incaricato non già un architetto, ma un ingegnere industriale, con preceden-ti esperienze di direzione di fabbrica. Se-condo uno spirito essenziale e funzionale, l'impianto deve essere una «machine pour travailler». Nasce così (il nome glielo dà automaticamente la borgata di periferia che lo ospita) il Lingotto. È il trionfo del cemento, piegato a tutte le esigenze. È l'av-venimento che fa uscire Torino, definitiva-mente, dalle melanconie e dalle frustrazio-ni della Capitale perduta: la città piemon-tese si apre, con l'industria, all'Europa. Eppure Matté Trucco non ha progettato soltanto una «macchina per lavorare», ma anche e soprattutto uno dei maggiori capo-lavori nel mondo di architettura industria-le. Il grande parallelepipedo allungato nel-la piana a sud di Torino colpisce nel-la fanta-sia. Non solo la pista collocata sul tetto, ma anche le rampe elicoidali di accesso sono considerate come opere d'arte, perfet-ta fusione di mezzi tecnici ed espressivi. Ma al tempo stesso, il Lingotto svolge un

ruolo determinante nella storia socio-economica di Torino. Al suo interno si forma una classe dirigente e una classe operaia di raffinata specializzazione, assai vicina agli standard artigianali, che metto-no in moto l'evoluzione industriale, sociale e politica del capoluogo piemontese. Le dimensioni sono tali da esaltare qual-siasi progettista: 181 mila metri quadrati l'area a disposizione, 126 mila metri qua-drati lo spazio coperto, cui negli anni suc-cessivi si aggiungono altri edifici.

Col trascorrere degli anni, ed il continuo evolversi della tecnica produttiva, all'im-pianto a sviluppo verticale si preferisce quello a base orizzontale. Alle soglie della seconda guerra mondiale (1939) entra in funzione Mirafiori, che ha l'onore di soste-nere la produzione numerica della Fiat. Al Lingotto resta il compito di mantenere un elevato standard qualitativo, almeno per i modelli al top della gamma. Perde il ruolo primario, ma svolge pur sempre una fun-zione essenziale, tanto è vero che le pro-fonde ferite infertegli dai bombardamenti aerei vengono sanate con cura minuziosa: ove possibile le travi crollate vengono rial-zate e ricucite, spesso con i ferri originali ripuliti e raddrizzati.

Fig. 2. Della UNO, l'auto più venduta in Italia, la Fiat ha presentato alla rassegna torinese la versione Turbodiesel. Fig. 3. Da più di 30 anni la Peugeot affida alla Pininfari-na H design delle sue vetture. Questo Cabriolet su mec-canica della 205 è l'ultima creazione firmata dal Car-rozziere torinese.

Fig. 4. La nuova Kadett Cabriolet è stata disegnata da Bertone, che la monterà nei suoi stabilimenti di Gru-gliasco.

Fig. 5. La Super sportiva Alfa spider in versione 1986. Monta un motore di 2000 c.c. La carrozzeria è di «im-pronta» torinese: l'ha disegnata Pininfarina.

Fig. 6. La Volvo 480: una delle novità più interessanti del Salone di Torino, edizione '86. La Casa svedese ha in atto un'intensa collaborazione con la carrozzeria tori-nese Bertone.

E così, la vecchia struttura di via Nizza continua per qualche decennio a svolgere la sua funzione, che tuttavia non è soltanto quella di produrre «cose».

«Al Lingotto — osserverà l'avvocato Gio-vanni Agnelli — si sono formati mestieri, professionalità, coscienze e orgogli di ruolo e di classe. Quello che avveniva dentro la fabbrica contribuì a cambiare modi di vita, termini di convivenza nella società che la circondava».

Ma una volta constatato che la sua confor-mazione e struttura non sono più utilizza-bili, il suo destino appare segnato. Nel marzo 1982 la Fiat ne annuncia la

ra. Qualcuno parla di demolizione. Invece viene semplicemente svuotato, forse trop-po. Perché non si è pensato di conservare anche soltanto un breve tratto di catena di montaggio, per tramandarla come cimelio della storia industriale?

Architetti di tutto il mondo vengono chia-mati a studiare soluzioni circa la destina-zione del Lingotto, che può avere comun-que un nuovo ruolo e contribuire alla To-rino del futuro.

Sulla sua utilizzazione definitiva non c'è ancora una decisione, che tocca alle

autori-tà pubbliche. In tale attesa, viene impiega-to come centro espositivo: quale sede mi-gliore per un Salone dell'auto, se non il luogo in cui le auto venivano prodotte?

N U O V A V I T A

L'immensa, impressionante «sala presse» (32 mila metri quadrati) diviene il nucleo principale della rassegna. Qui correvano le

linee di stampaggio; in alto c'erano i carri-ponte. L'altezza dello sterminato salone varia da sette a sedici metri. Le fosse delle presse sono state riempite di cemento, le li-nee ed i carri sono scomparsi. Nella ex «sala presse» trovano posto, durante il Sa-lone, le auto da turismo. Le auto-spettacolo dei carrozzieri e le «sportive» sono sistemate nell'ex «padiglione ferri», i veicoli commerciali ed i fuoristrada nella «sala ferrovia». Per una felice idea dell'or-ganizzazione, le diverse sale conservano la nomenclatura originaria.

«Sotto il profilo culturale — dice il diret-tore dell'ANFIA e del Salone, dott. Alber-to Bersani — era doveroso non snaturare la fabbrica, che deve costituire lo sfondo naturale della rassegna».

Certo, l'adeguamento dei vecchi stabili-menti alle nuove esigenze espositive ha ri-chiesto lavori di portata considerevole, ed una spesa di parecchie decine di miliardi. Il più era stato fatto in vista della apertura del Salone del 1984.

Nel corso di quest'anno è stato aperto un tunnel di collegamento tra la «sala presse» ed il padiglione della componentistica; il «padiglione ferri» è stato collegato a quel-lo dei Componenti ed alla «sala ferrovia». Lo smantellamento del muro verso via Nizza e la sua sostituzione con una cancel-lata hanno regalato all'edificio un respiro maggiore.

La 61" edizione del Salone dell'Auto ha re-gistrato la presenza di oltre 200 espositori di 15 Paesi, su una superficie di oltre 100 mila metri quadrati, di cui 54 mila coperti. Due i temi principali di quest'ultima rasse-gna: il progresso della tecnologia automo-bilistica (l'auto ha appena compiuto i suoi

100 anni), e la sicurezza, quasi un omaggio a questo 1986, proclamato dalla CEE anno europeo della sicurezza stradale.

La rassegna torinese ha confermato una positiva tendenza in atto da qualche tem-po: l'industria automobilistica dimostra una vivacità che certe funeree previsioni tendevano ad escludere. Innovazione del prodotto, del design e dei processi produt-tivi sono gli elementi alla base di questo successo, che si può sintetizzare in una semplice espressione: «risposte nuove e di-verse ad una domanda nuova e diversa». Nel 1972 si immatricolarono in Italia

1.470.000 vetture. Nel '75 si toccò il punto più basso, superando di non molto il mi-lione di macchine. Poi ci fu la ripresa,

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guita da un nuovo calo delle vendite nel-l'83. Il 1984 ha segnato una svolta signifi-cativa, confermata nell'85, con 1.748.000 immatricolazioni. Nei primi mesi di que-st'anno si è registrato un nuovo incremen-to, intorno al 4%.

In questo contesto di ripresa, le cose vanno particolarmente bene alla Fiat, che guida la classifica dei costruttori europei. La Uno è la vettura più venduta in Europa nel suo segmento di mercato, ed i conti econo-mici della Casa torinese sono in largo atti* vo.

A P R O P O S I T O D E I M O D E L L I IIM M O S T R A

La rassegna torinese ha offerto alle Case italiane ed estere l'opportunità di presenta-re le ultime cpresenta-reazioni, alcune decisamente interessanti.

La più attesa, la più elegante, la più ammi-rata è stata senza dubbio la Thema Ferrari. Con questa berlina esclusiva e di elevatissi-me prestazioni, al vertice della gamma Lancia, l'industria automobilistica italiana ritorna in forze nel settore delle ammira-glie di prestigio. Questo nuovo prodotto di gran classe si avvale di un motore a 8 cilin-dri e 32 valvole, 3 mila centimetri cubi, costruito dalla Ferrari su «specifiche» Lancia. Potenza: 215 cavalli, velocità: 240 chilometri orari. Gli interni sono di raffi-nata eleganza, con rivestimenti in pelle e radica.

La Fiat ha sfornato una novità destinata al grosso pubblico: la Uno Turbodiesel, la più piccola vettura a gasolio sovralimenta-ta oggi presente sui mercati europei. Nuo-vo motore di 1367 di cilindrata, con turbo-compressore e intercooler. Può viaggiare alla velocità di 165 orari. È disponibile in due versioni: a tre e cinque porte. Salgono così a 14 le versioni della Uno, che si con-ferma l'auto più gradita agli italiani: l'anno scorso ne hanno comprate quasi 400 mila. Altra novità Fiat, la Panda Diesel, prima auto a gasolio del mondo appartenente alla categoria delle superutilitarie (motore

1300, velocità 130 orari, e consumi ridot-tissimi).

L'Alfa Romeo, quanto a novità, non ha voluto essere da meno, ed ha presentato la « 9 0 Super». Tutte e cinque le versioni

del-la berlina (4 motorizzazioni a benzina e una turbodiesel) hanno fruito di una serie di migliorie meccaniche ed estetiche. Le due versioni a sei cilindri sono disponibili anche con impianto antibloccaggio ABS. Ha fatto il suo esordio in pubblico anche la «75 Turbo» (con motore 1800, 4 cilindri, 155 cavalli, 210 di velocità). È un'automo-bile dalla grinta rabbiosa che accentua le caratteristiche sportive della Casa del Bi-scione. Con la 75 sovralimentata ci si sente davvero «alfisti».

Sempre Alfa Romeo, ma con il tocco di raffinata eleganza della carrozzeria torinese Pininfarina, ecco la Spider in versione '86. E stata rinnovata con un azzeccato «ma-quillage» e con interventi meccanici di ri-lievo.

L'Alfa Spider Pininfarina è disponibile in versione Quadrifoglio Verde (duemila di cilindrata, 128 cavalli e oltre 190 di veloci-tà) ed in versione 1600.

La Pininfarina ha firmato anche il nuovo cabriolet Peugeot 205 che si pensa sia de-stinata a riscuotere notevole successo, con-siderato anche che le vetture «aperte» stanno tornando di moda.

La Peugeot 205 Cabrio è disponibile con due diversi motori: 1100 (50 cavalli e 140 di velocità) e 1600 (115 cavalli e 190 di ve-locità). La vettura viene prodotta, su mec-canica francese, negli stabilimenti torinesi della Pininfarina.

Un altro carrozziere torinese che vede raf-forzarsi di anno in anno il suo prestigio nel mondo è Bertone. Dopo aver firmato la nuova berlina sportiva Volvo 780, ha pro-seguito la sua collaborazione con impor-tanti Case estere, disegnando anche la no-vità Opel di quest'anno: la Kadett cabrio-let. Deriva dalla versione sportiva GSI, con motore 1800 ad iniezione elettronica. Sarà costruita negli stabilimenti Bertone di Gru-gliasco; la produzione annua dovrebbe ag-girarsi intorno alle 12.500 unità. La com-mercializzazione in Italia incomincerà en-tro l'anno.

Fra le novità apparse all'ultimo salone di Torino spicca la Volvo 480, berlina sporti-veggiante dotata di un confort e capace di prestazioni difficilmente riscontrabili in automobili di pari categoria.

E la prima vettura a trazione anteriore nel-la storia delnel-la Casa svedese.

Vale la pena di citare ancora le versioni a quattro ruote motrici di Prisma e Delta, la Peugeot 309, la Citroen «Buffalo» su

mec-canica BX, la Volkswagen Golf Syncro a trazione integrale permanente, la Seat Ibi-za Junior, la Kadett Sprint, la Ford Escort RS Turbo e la Sierra RS Cosworth; per non parlare della Porsche 959: 330 chilo-metri orari di velocità. Prezzo: 410 milio-ni.

Peccato, che gli organizzatori del Salone torinese non abbiano previsto, per la prova dei nuovi modelli, l'utilizzazione della pi-sta parabolica sul tetto del Lingotto.

Nel documento Cronache Economiche. N.002, Anno 1986 (pagine 85-89)