• Non ci sono risultati.

DUBBI SULL’INTERVENTO DELLO STATO IN UN SISTEMA ALTAMENTE CAPITALISTICO

CAPITOLO 3 LO STRUMENTO: L’OCCUPATORE DI ULTIMA ISTANZA

2. DUBBI SULL’INTERVENTO DELLO STATO IN UN SISTEMA ALTAMENTE CAPITALISTICO

Prima si è affermato che nelle sue limitare applicazioni l’occupatore di ultima istanza è stato visto come uno strumento attraverso il quale migliorare economie sudamericane o asiati- che. Si tratta in entrambi i casi di situazioni in cui non si ha un alto sviluppo del sistema capi- talismo come invece accade per le economie occidentali. In tali sistemi invece si ha un alto tasso di sviluppo del capitalismo che porta a ricercare nell’attività privata il motore del sistema economico e ogni interferenza statale non è gradita. Forse questo è uno dei motivi per cui il paradigma dominante, di cui si è parlato e di cui si cercherà di trovare altre motivazioni per capire perché è così fortemente radicato, è così influente. Esso tra le altre cose non richiede l’intervento statale perché considerato un elemento di disturbo alla capacità del mercato di au- toregolarsi e autodisciplinarsi. Se si osservano bene le caratteristiche essenziali post-keynesiane secondo Lavoiè l’intervento pubblico non è uno degli elementi fondamentali. Tuttavia, tale teo- ria ritiene che il mercato non sia equo o capace di regolamentarsi autonomamente per ricercare l’equilibrio e la piena occupazione. E se non è il mercato lo strumento capace di ottenere il massimo dei risultati, secondo una certa visione economica, questo può essere effettuato dallo Stato, che si pone attivamente come operatore. Lo Stato non è in contrasto con il settore privato, non ricerca gli stessi obiettivi, che per uno è il profitto e per l’altro è la piena occupazione e non turba, sempre nella visione post-keynesiana, l’attività capitalistica. Anzi tutta la trattazione è stata incentrata sul fatto che in assenza di domanda aggregata, se lo Stato riesce a incrementarla,

ciò si riverbererà positivamente anche sul settore privato che dovrà soddisfare nuova domanda, proveniente da coloro che prima erano sprovvisti di reddito. Nel fornire beni e servizi lo Stato non si pone in contrasto con il settore privato, dato che i beni e servizi prodotti dall’occupatore di ultima istanza hanno natura diversa da quelli del settore pubblico. Tutto ciò porta ad affer- mare che l’intervento dello Stato nel mercato del lavoro non solo non è in contrasto con il settore privato, ma è capace pure di migliorare la condizione delle imprese privata. È ovvia infatti una cosa che finora non è stata detta esplicitamente. Nel capitolo precedente si è detto come spesso le imprese per cercare di raggiungere un profitto più elevato, tentano di ridurre i costi del lavoro, ma così facendo determinano anche una diminuzione di domanda aggregata e quindi dei ricavi con conseguente calo dei guadagni tanto sperati. Se si crea domanda sono le entrate a incre- mentarsi e i profitti miglioreranno per questo fino al punto in cui per fare ulteriori vendite sarà necessario aumentare la produzione e con essa i lavoratori impiegati.

Tuttavia vi sono numerosi pareri contrari all’intervento dello Stato nell’economia. In base a quanto affermato da Kalecki86

non è possibile un intervento statale a favore dell’occu- pazioni per tre tipi diversi di avversione:

1) l’avversione all’ingerenza dello Stato nella questione dell’occupazione in genere;

2) l’avversione nei confronti della direzione delle spese pubbliche (gli investimenti pubblici e le sovvenzioni del consumo);

3) l’avversione alle trasformazioni sociali e politiche derivanti dal mantenimento costante del pieno impiego.

Le questioni sollevate da Kalecki sono spunto di numerose riflessioni.

La prima relativa all’ingerenza dello Stato nell’occupazione, si può fare il paragone con ogni cosa del settore privato che viene disciplinata, per motivi diversi, dallo Stato. L’interesse e le decisioni statali sono spesso visti come dei limiti e vincoli che limitano il campo di azione dei privati. Se così può essere vero per certe regolamentazioni, di cui non stiamo trattando ora, questo non si verifica per l’occupatore di ultima istanza. Come detto sopra non si ha ingerenza che determina vincoli e limiti per l’occupazione privata. Lo Stato si pone in maniera residuale rispetto al mercato e impiega coloro che non sono scelti per vari motivi dal settore tradizionale. Se le imprese private vogliono assumere nuovi lavoratori esse non avranno alcun vincolo o difficoltà, dato che il saggio di salario orario pubblico sarà determinato proprio per essere più basso di quello privato e invogliare i lavoratori a cercare comunque un’occupazione privata. Vi possono essere delle piccole ingerenze legate al saggio di salario minimo che diventa un tetto

al di sotto del quale non si può scendere nella contrattazione collettiva. Tuttavia, valendo il precedente principio di sussidiarietà rispetto al settore privato, il saggio di salario pubblico non sarà eccessivamente alto, in modo da permettere alle aziende private di essere competitive con gli attuali salari.

Per quanto riguarda il secondo punto relativo all’avversione nei confronti della direzione delle spese pubbliche se relativa agli investimenti pubblici e alle sovvenzioni del consumo, è stato già in parte risposto. Non si tratta di una semplice sovvenzione al consumo, dato che at- traverso l’occupatore di ultima istanza si raggiungono finalità che non si avrebbero fornendo un semplice buono per un certo valore di consumo. L’occupatore di ultima istanza non è nem- meno rivolto agli investimenti pubblici nel senso di fare investimenti per il solo scopo di fornire un reddito anche in presenza di opere inutili. Si è parlato dell’utilità fornita dai lavori dell’oc- cupatore di ultima istanza, oltre al fatto che gli eventuali investimenti, parlando di energie rin- novabili, edilizia pubblica, apporterebbero utilità che spesso non si crea proprio perché non si hanno soggetti disposti a curare certi progetti.

Per quanto riguarda l’avversione alle trasformazioni sociali e politiche derivanti dal mantenimento costante del pieno impiego, forse si è in presenza dell’obiezione più profonda. È ovvio che in un sistema dove si raggiunge la piena occupazione attraverso l’intervento statale si modificano determinati rapporti e relazione. Se i lavoratori non hanno più paura di perdere il loro lavoro, perché nel caso succedesse sarebbero sostenuti dal reddito pubblico, essi, probabil- mente, sarebbero meno inclini a accettare determinate condizioni lavorative non idonee o addi- rittura non legali. In questo caso non si tratta di vincoli che si pone al sistema privato, ma di una conseguenza indiretta che porta alla soluzione di problemi del mondo del lavoro a volte dimenticati. Un sistema economico in cui il lavoro non è più un problema così strutturale e radicato si modificano alcuni rapporti di potere in cui l’attività lavorativa è vista come bene scarso da ricercare con ogni mezzo e mantenere a ogni condizione. In questa nuova condizione gli individui sarebbero liberi di scegliere se fare determinate attività lavorative o svolgere, men- tre si cerca qualcosa di più consono alle proprie attitudini, un lavoro fornito dall’occupatore di piena istanza. Si possono poi avere i problemi, di cui si è già parlato in precedenza, per cui i lavoratori, acquisendo troppo potere, cercano differenziali tra salario privato e pubblico sempre più elevati. Per questo si è già detto che occorre un patto sociale tra lavoratori, rappresentati dai sindacati, e Stato, sulla base del quale l’occupatore di ultima istanza può essere posto in essere solo se non si creano tensioni distributive capace di minare altri aspetti del sistema economico. Questo accordo dovrebbe essere sottoscritto ogni anno a tutela di entrambe le parte. Per quanto riguarda i problemi circa la costanza del mantenimento dell’occupatore di ultima istanza, esso

potrebbe essere utilizzato come merce di scambio politica. Coloro che iniziano a implementare tale progetto potrebbero legare il consenso elettorale al mantenimento del programma negli anni seguenti. L’occupatore di ultima istanza dovrebbe essere un progetto condiviso ampiamente dalle diverse parti politiche e proprio per questo, indipendentemente da coloro che per primi lo propongono si dovrebbe stipulare un accordo politico per cui considerarlo un progetto econo- mico da mantenere in modo stabile indipendentemente dalla parte politica al comando.

3. ANALISI DELL’APPLICABILITÀ DELL’OCCUPATORE DI ULTIMA