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CAPITOLO 1 LA DISOCCUPAZIONE IN ITALIA NEGLI ULTIMI VENTI ANNI: UN PROBLEMA

2.3. IL DATORE DI LAVORO DI ULTIMA ISTANZA

2.3.1. OBIETTIVO

Strumenti economici di tipo diverso possono trasmettere anche messaggi differenti di tipo economico, politico, culturale, sociale. Quando lo Stato si assume il ruolo di occupatore di ultima istanza, esso trasmette un messaggio forte legato al fatto che lo Stato si pone attivamente all’interno del sistema economico per cercare di risolvere determinate criticità. L’ipotesi da cui si parte nella realizzazione dell’occupatore di ultima istanza è che ogni scelta di tipo economico è appunto una scelta, una decisione che può essere presa o no, e quando si decide di compierla esistono diversi modi attraverso la quale può essere realizzata. Quando lo Stato decide di inter- venire nel mercato del lavoro, questo può avvenire attraverso modalità diverse, che corrispon- dono a differenti scelte di politica economica. Esso può non intervenire in alcun modo lasciando fare ogni cosa al mercato e al concetto di “mano invisibile” anche nei casi in cui tali meccanismi portano a fallimenti, anche il non intervento è una scelta anche se spesso tale decisione viene mostrata come ineluttabile in un certo tipo di sistema economico. Quando lo Stato decide di intervenire questo può avvenire in modo indiretto o diretto. L’intervento indiretto può essere individuato nelle facilitazioni che lo Stato mette a disposizione delle imprese che assumono personale. Tali interventi possono aiutare a incrementare l’assunzione di soggetti nella misura in cui tali lavoratori servono davvero alle imprese. È probabile che, beneficiando delle facilita- zioni poste in essere dallo Stato, le imprese assumano le stesse persone di cui avrebbero avuto anche in assenza di sgravi fiscali e altri benefici, dato che le imprese impiegano solo quei sog- getti che forniscono loro un profitto in base all’uguaglianza tra saggio di salario e rendimento del lavoratore. Il successo di queste iniziative potrebbe riguardare l’assunzione di qualche la- voratore in più, nella misura in cui questo sia necessario per lo svolgimento dell’attività dell’im- presa, ma valutazioni sui costi aziendali portino a rimandare tale assunzione. Infine lo Stato può decidere di intervenire attivamente nel sistema economico per garantire un aumento dell’im- piego, e l’occupatore di ultima istanza è solo uno dei possibili modi in cui si può esplicitare tale intervento.

Quando il governo diventa occupatore di ultima istanza esso si impegna a fornire una domanda di lavoro infinitamente elastica. In questo modo la disoccupazione è eliminata in modo diretto senza aumentare indirettamente la domanda aggregata. Inoltre esso non necessa- riamente si rivolge alla parte più bassa della distribuzione, cioè a coloro che hanno abilità basse e medio-basse. Possono, infatti, esistere asimmetrie intellettuali nella domanda e offerta di la- voro. L’occupatore di ultima istanza funziona con uno stock di lavoratori che aumenta nelle fasi economiche negative e diminuisce in quelle positive, ma tale stock non viene eliminato mai

del tutto perché anche nelle fasi di boom economico il numero di coloro che cerca lavoro è superiore alla quantità di lavoro richiesta dal settore privato.

Quando lo Stato si pone come occupatore di ultima istanza, esso assume tutti coloro che non trovano lavoro nel mercato tradizionale ma che sono disposti a fornire la loro attività lavorativa in cambio di una determinata remunerazione. Attraverso tale programma lo Stato riesce a eliminare la disoccupazione involontaria presente nel sistema economico non solo quella che eccede il tasso naturale di disoccupazione, che non viene considerato in un’ottica post-keynesiana, come invece si cerca di eliminare se si seguono ottiche di tipo mainstrream. Non necessariamente la maggiore domanda determinata dall’incremento di coloro che dispon- gono di un reddito creerà fenomeni di tipo inflazionistico. Infatti, in base alla visione post- keynesiana l’offerta si adegua alla domanda sia nel breve che nel lungo periodo. Inoltre, proprio l’incremento della domanda, che si in seguito all’assegnazione di redditi a coloro che svolgono lavori forniti dall’occupatore di ultima istanza, può determinare per le imprese private la vo- lontà di incrementare la loro produzione e per fare ciò è necessario assumere nuovi dipendenti, gran parte dei quali si sposteranno quindi dai lavori forniti dall’occupatore di ultima istanza a quelli del mercato tradizionale.

È ovvio che il principale scopo dell’occupatore di ultima istanza sia quello di fornire un lavoro a coloro che non riesco a ottenerlo dal mercato tradizionale. È altrettanto ovvio che quando si decide di fare ciò si analizzano i diversi elementi, economici, sociali, politici, che ne derivano. Alcuni di questi sono stati analizzati nelle sezioni precedenti. Il primo elemento su cui occorre riflettere è il beneficio in termini di realizzazione e reddito arrecato al singolo indi- viduo. Attraverso un lavoro, seppur fornito dall’occupatore di ultima istanza, gli individui espri- mono se stessi attraverso la loro attività lavorativa. Essa servirà a occupare le loro giornate in modo produttivo, a consolidare e accrescere abilità lavorative, a sentirsi utili per il resto della comunità. Attraverso il reddito potranno autodeterminarsi in modo autonomo a livello econo- mico. A livello aggregato si avranno altri aspetti. In primo luogo il reddito fissato dall’occupa- tore di ultima istanza costituisce un limite inferiore relativo alle retribuzioni nella contrattazione collettiva. Le imprese non potranno fissare salari e stipendi inferiori a quello fissato dall’occu- patore di ultima istanza. Naturalmente tale salario sarà inferiore a quello medio contrattato sul mercato tradizionale, per fare in modo che i soggetti scelgano automaticamente un lavoro del settore tradizionale, qualora si presentasse l’opportunità. L’esistenza di tale salario minimo e dell’occupatore di ultima istanza, potrebbe determinare la risoluzione di altri problemi connessi al mondo del lavoro che spesso si cerca di eleminare. Gli individui potrebbero non essere più obbligati a accettare determinate condizioni di lavoro pur di ottenere un reddito come lavorare

in nero senza tutele previdenziali o con contratti atipici pur svolgendo attività di tipo subordi- nata. Dal punto di vista delle attività svolte, come ricordato in precedenza, si potrebbe dare attenzione a servizi di utilità sociale e pubblica che il settore privato non fornisce per vari mo- tivo. E se dal punto di vista individuale chi partecipa a tale progetto avrebbe un reddito, da quello aggregato ciò determinerebbe un incremento della domanda a livello globale. Per quanto riguarda l’eventuale inflazione che questa potrebbe creare si è già dato una risposta nella parte iniziale. È ora possibile analizzare come tale maggiore domanda avrebbe conseguenze sul si- stema economico partendo dalla ragione che spingerebbe il sistema privato a impiegare più soggetti e dalle motivazioni per cui questo non si verifica e come l’occupatore di ultima istanza, con il suo operare nato inizialmente con un altro scopo, determina conseguenze positive pure su questo aspetto.

Se si ragiona in un’ottica di mercato guidato dalla domanda l’occupatore di ultima istanza può essere spiegato in modo molto semplice e facile. Affinché il sistema economico privato impieghi più soggetti è necessario che alle imprese arrivi una maggiore domanda di beni e servizi, che fino a quando l’offerta di lavoro resta costante non ha motivo di esistere. Le imprese private non riescono, in modo autonomo, ad accrescere la domanda. Esse dovrebbero ragionare sul fatto che l’impiego di nuove risorse, e quindi l’incremento dei redditi degli indi- vidui, è in grado di generare una maggiore domanda. I redditi pagati ai lavoratori, però, per le imprese costituiscono un costo e nella logica atomistica e di mercato esse sono portare a cercare di ridurli sempre di più per cercare di ottenere un guadagno maggiore. È quindi impossibile demandare alle imprese il compito di cercare di incrementare la domanda aggregata. Quanto detto può essere sintetizzato dalle parole di Marglin e Bhaduri76

: “Wages also have a dual cha- racter under capitalism. On the one hand, wages are costs to the capitalists. On the other hand, wages, or more precisely, the wages of the employees of other business, are a source of demand. High wages are bad for the capitalist as a producer but good for the capitalist as seller, espe- cially when demand from other sources is weak”.

Da questo si deduce che se si lascia fare al semplice meccanismo di mercato si può entrare in un circolo vizioso nel quale le imprese, che per vari motivi sono in crisi, cercano di ridurre il costo relativo a salari e stipendi. Tale comportamento non determina solo un miglio- ramento, provvisorio, dei bilanci di quelle imprese, ma comporta una riduzione dei consumi di coloro che non hanno più un reddito e ciò inciderà sulle vendite di numerose aziende, anche quelle che non hanno operato tagli al personale. Se anche queste entrano in crisi, o comunque

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individuano nella riduzione di salari e stipendi un modo per ridurre i costi e cercare di riottenere i guadagni derivanti dalle minori vendite, si ripeterà lo stesso schema ha dato inizio alla prima riduzione delle retribuzioni, in una spirale negativa potenzialmente infinita. Contabilmente per cercare di aumentare i loro profitti, agendo solo sul lato della produzione, le aziende possono cercare di incrementare i ricavi o diminuire i costi. Sul primo aspetto possono agire ma solo in modo diretto, invece il controllo dei costi è una realtà più facilmente controllabile. Natural- mente le imprese possono agire su costi diversi da quello del personale, come cercare la riorga- nizzazione dei sistemi produttivi, o cercare di avere ricavi da fonti non inerenti la produzione, come i dividendi di aziende controllate e partecipate. Tuttavia, agire sul personale, attraverso tagli delle retribuzioni e delocalizzazioni, resta uno dei principali modi in cui si cerca di agire per mantenere elevati i profitti. A volte però non si analizzano gli effetti che determinate deci- sioni avranno sui ricavi. Diminuire i costi, con tagli delle retribuzioni determina anche una riduzione della domanda e ciò vanifica i risultati sperati di maggiori profitti. È in questo caso che in modo molto semplice si inserisce una delle conseguenze prodotte dall’occupatore di ul- tima istanza: l’incremento della domanda derivante dai redditi forniti dall’occupatore di ultima istanza si traduce in maggiori ricavi per le imprese. Tale maggiore domanda può spingere le imprese a cercare di aumentare la produzione con conseguente incremento degli individui im- piegati. Molti di questi saranno soggetti che passeranno da un impiego fornito dall’occupatore di ultima istanza a uno del settore tradizionale. Sotto questo punto di vista l’occupatore di ultima istanza può essere visto come uno strumento attraverso il quale introdurre una maggiore do- manda all’interno del sistema economico dato che, secondo quanto visto parlando della visione post-keynesiana del sistema economico, è la sua mancanza ad arrecare problemi di diverso tipo come la disoccupazione.