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CAPITOLO 1 LA DISOCCUPAZIONE IN ITALIA NEGLI ULTIMI VENTI ANNI: UN PROBLEMA

2.3. IL DATORE DI LAVORO DI ULTIMA ISTANZA

2.3.7. INFLAZIONE

Uno dei problemi che si collega allo Stato come datore di ultima istanza è la possibilità che questo crei inflazione. A tale proposito, nell’articolo di Wisman e Pacitti già citato, si ri- portano le pa-role di Wray che afferma: “While workers have the alternative of ELR jobs, em- ployers have the op-portunity of hiring from the ELR pool. Thus if the wage demands of workers in the private sector exceed by too great a margin the employer’s calculation of their produc- tivity, the alternative is to obtain ELR workers at a mark-up over the ELR wage. This will help to offset any wage pressures caused by elimination of the fear of unemployment.”. Wray giusti- fica la mancanza di fenomeni inflazionistici con il fatto che se i lavoratori del settore tradizio- nale, comprendendo in questi anche i lavoratori del settore pubblico che non sono impiegati nell’ambito del progetto dell’occupatore di ultima istanza, avanzassero eccessive pretese sala- riali, i datori di lavoro potrebbero sempre licenziare questi e assumere coloro che sono impiegati nei lavori forniti dallo Stato quale datore di ultima istanza, retribuendo questi con una paga superiore a quella ottenuta in precedenza. Si afferma, quindi, che le pressioni inflazionistiche determinate dall’eliminazione della paura della perdita del posto di lavoro potrebbero essere contenute con la minaccia di assumere altri lavoratori che si accontenterebbero di una paga inferiore a quella richiesta dai lavoratori iniziali, ma comunque superiore a quella fornita dallo Stato.

La natura dell’occupatore di ultima istanza dovrebbe garantire la stabilità dei prezzi at- traverso il pagamento del salario base. Tuttavia fa notare Sawyer come vi siano sempre delle pressioni per far aumentare il livello di tale salario di base. Quando il governo aumenta tale

salario sta svalutando la moneta corrente ridefinendo la quantità di servizi che devono essere forniti al governo per ottenere una determinata quantità di denaro. Tuttavia si può affermare che tale processo non sia inflazionistico in sé, ma che invece risponda alle spinte inflazionisti- che che provengono dall’esterno. In questo modo Sawyer afferma che l’occupatore di ultima istanza non dia stabilità al sistema dei prezzi.

Attraverso il datore di lavoro di ultima istanza i lavoratori saranno assunti al salario di riserva, aumentando il deficit di bilancio. Il reddito e la spesa aumenteranno e di conseguenza la domanda aggregata crescerà. Quando non ci sarà più disoccupazione il deficit di bilancio cesserà di crescere. In questo modo il datore di lavoro di ultima istanza funge, dal punto di vista congiunturale, da stabilizzatore automatico incrementando il deficit di bilancio, l’output, il red- dito, la spesa e l’occupazione quando sono troppo bassi. Quando la disoccupazione scende a zero non ci sarà più alcuna assunzione da parte dell’occupatore di ultima istanza in modo tale che il deficit di bilancio cesserà di espandersi, in modo che la domanda aggregata non crescerà oltre il livello di piena occupazione.

Esistono anche altre ragioni per cui l’occupatore di ultima istanza non crea inflazione. La prima è che le attività poste in essere dall’occupatore di ultima istanza possono riguardare il mantenimento e lo sviluppo di infrastrutture e altre risorse pubbliche che a loro volta possono avere un impatto positivo sulla produttività del settore privato. Tale produttività potrebbe aiu- tare a mantenere basse le pressioni inflazionistiche. In secondo luogo le attività poste in essere dall’occupatore di ultima istanza possono essere progettate in modo tale che non siano soggette alle stesse rigidità che caratterizzano la piena occupazione nel settore privato. Infatti, tali attività non sono soggette agli stessi criteri di efficienza che richiedono quelle private. In terzo luogo la disoccupazione è associata al deperimento delle capacità e delle abilità professionali degli individui. Con le attività dell’occupatore di ultima istanza tale capacità vengono mantenute e rafforzate evitando l’inflazione che deriva dal fatto che i salari reali crescano in modo più veloce della produttività del lavoro. Infine le attività poste in essere dal datore di lavoro di ultima istanza riducono un insieme di costi sociali che si avrebbero in caso di disoccupazione. Questo ridurrà le spese che derivano da altri programmi pubblici che, in mancanza dell’occupazione di ultima istanza, si occupano di rimuovere tali costi sociali.

Un altro dei motivo per cui l’occupatore di ultima istanza creerebbe inflazione è dato dal fatto che i lavoratori impiegati nel settore tradizionale richiederebbero con maggiore enfasi aumenti salariali, dato che essi sanno di poter contare in caso di disoccupazione sui lavori forniti

dal programma. Tuttavia come fa notare80

Wray i lavoratori del settore tradizionale non faranno grandi pressioni per ottenere un salario più elevato sulla base di quanto otterrebbero con le attività poste in essere dall’occupatore di ultima istanza: infatti, la paga base fornita da tali lavori è più bassa rispetto a quelli tradizionali.

La possibilità che le spinte inflazionistiche81

non siano presenti può essere spiegata an- che in un altro modo. Infatti, assumendo che i lavoratori che svolgono i lavori messi a disposi- zione dallo Stato quale datore di lavoro di ultima istanza ricevano una retribuzione inferiore rispetto a quella media presente nel settore tradizionale del lavoro, è impossibile che quelli che sono impiegati in quest’ultimo facciano pressioni per ottenere un aumento salariale forti del fatto che anche in caso di licenziamento potranno contare su tali impieghi. Si è già fatto notare come le retribuzioni del settore tradizionale dovrebbero essere più elevate e quindi i lavoratori impiegati in essi anche se non avranno più il timore di restare senza lavoro, avranno quello di ottenere una retribuzione inferiore rispetto a quella precedente. I lavoratori impiegati dallo Stato non potranno richiedere una retribuzione più elevata rispetto a quella ottenuta, perché è lo stesso Stato che dovrà fissare il livello salariale adeguato per evitare un’eccessiva concorrenza con il settore tradizionale del lavoro. Coloro che pur non avendo un’occupazione riterranno che il salario fornito dallo Stato sia troppo basso potranno decidere di non prestare la loro attività lavorativa, rientrando nel gruppo di coloro che formano la disoccupazione volontaria.

Inoltre, si può riportare il pensiero di Caffè relativo al fatto che nel caso si raggiungesse la piena occupazione per evitare spinte inflazionistiche sarebbe necessario un accordo tra le parti sociali. Esso sarebbe necessario solo se si fosse in presenza di questa situazione: è infatti assurdo pensare a tale patto prima di aver effettivamente raggiunto una situazione di pieno im- piego. Tale pensiero è riportato nelle parole di Gnesutta: “Caffè è consapevole come Keynes che, nel momento in cui si dovesse raggiungere una posizione di piena occupazione, la maggior forza contrattuale dei lavoratori potrebbe generare pressioni inflazionistiche intrattabili e da questione economica la piena occupazione si tradurrebbe in una questione politica. In una tale situazione sarebbero necessarie for-me istituzionali per risolvere, al di là dei rapporti di forza sul mercato, il conflitto di interessi con una mediazione in grado di garantire i benefici sociali con la stabilità economica, possibile attraverso un “patto sociale” per una società della piena occupazione. Ma Caffè avverte che se un tale schema viene proposto in una situazione di non

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Randal Wray, Macroeconomic Stability, Affordability and Manageability of Employer of Last Resort Program- mes

piena occupazione, o peggio in una situazione di crisi, esso si configura in realtà come “la con- tinuazione di una compressione salariale già abbondantemente sfruttata” che, riflettendo obiet- tivi di stabilizzazione dell’esistente, ha il solo risultato di una ristrutturazione socialmente in- sensata”. Anche se come detto in precedenza la possibilità di fenomeni inflazionistici è limitato dalle caratteristiche stesse del datore di lavoro di ultima istanza, l’eventuale patto tra le parti sociali può essere realizzato solo quando si è in presenza di un’effettiva situazione di pieno impiego e non prima. Per evitare problemi di diverso tipo, come quello relativo a una bassa adesione all’occupatore di ultima istanza a causa di un saggio di salario eccessivamente basso, il patto sociale tra lavoratori e Stato dovrebbe essere condiviso e accettato con ampio consenso.

2.3.8. CASI PRATICI RICONDUCIBILI ALL’OCCUPATORE DI ULTIMA ISTANZA