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la complessa geografia religiosa del Piemonte settecentesco

4. Difformità territoriali fra province e diocesi: i casi di Asti e Cuneo

4.1. Una provincia, nove diocesi: il caso di Asti

4.1.2. Due parrocchie, una chiesa: il caso di Viarigi

Se a Montechiaro la ‘rotazione’ delle parrocchie si alternava ogni quadrimestre, e peraltro ogni parrocchia aveva il proprio edificio autonomo in cui officiare i propri riti e le proprie celebrazioni, diverso è quanto si verificava a Viarigi, dove vi era un solo edificio e l’alternanza fra i due parroci era settimanale o, come dicono i documenti ottocenteschi, “ebdomadaria”. Viarigi era un comune in diocesi di Asti, ma posto già nella provincia di Casale Monferrato. Vi si trovavano

ab antiquo due parrocchie, dedicate rispettivamente a San Pietro (prevostura) e San

Silverio (pievania), che occupavano la medesima chiesa: l’attuale parrocchiale di Sant’Agata. Questa peculiare ed invero originale situazione si era determinata dal fatto che le due parrocchie officiavano originariamente in chiese che col passare del tempo si erano rivelate piccole ed inadeguate, rispetto soprattutto alla sopravvenuta riorganizzazione insediativa del territorio (Bordone 1984, 2006a; Torre 1999b, p. 204). La parrocchia di San Silverio derivava dalla chiesa di San Severo, una dipendenza del monastero benedettino di San Bartolomeo di Azzano: da essa dipendevano “come parrocchiani solo antichi abitanti di Viarigi”, clausola che nel lungo periodo portò fra l’altro ad una notevole riduzione del loro numero, non potendo essere surrogati dalle nuove famiglie insediatesi nel frattempo sul territorio, e ad un conseguente impoverimento delle rendite del beneficio parrocchiale al punto che vennero a mancare i fondi per manutenere la chiesa, la canonica e la cascina parrocchiale (Ferraris 2011, p. 418). Il comune di Viarigi nel corso del XVI secolo realizzò la nuova chiesa, costruita all’interno del borgo, consacrata da mons. Della Rovere nel 1571 (Pia 2012, p. 345) ed intitolata alla santa catanese115. Ad essa da quel momento fecero riferimento entrambe le parrocchie, alternando settimanalmente il diritto d’uso dell’edificio comunale.

Monsignor Filippo Artico (vescovo di Asti dal 1840 al 1858), in una lettera all’intendente di Casale del 1849 ricordava di essersi direttamente impegnato, negli anni precedenti, “per togliere il grave inconveniente che durava da secoli a Viarigi, cioè di due parrochi che pure funzionavano ad un tempo nelle stesse chiese, l’uno

alla mattina, l’altro alla sera a vicenda”116. La situazione descritta dal vescovo Artico perdurò ancora a lungo negli anni a seguire, infatti nel 1872 il prevosto di San Pietro, uno dei due parroci, così descriveva la particolarissima alternanza con cui i parroci officiavano e predicavano:

La chiesa attualmente destinata per le funzioni parrocchiali porta il titolo di S. Agata Vergine, e Martire, fatta innalzare come si crede, sul principio del secolo decimosesto a spese di questo Comune, e

ab immemorabili ha sempre servito tanto al Prevosto di S. Pietro,

quanto al Pievano di S. Silverio, i quali vi fanno le funzioni comuni alternativamente di settimana in settimana. Il turno del parroco ebdomadario comincia al mattino della domenica, e termina colla sera del sabato. Il parroco che non è ebdomadario al mattino della domenica celebra la S. Messa ad ora fissa, secondo le stagioni, nella quale fa la spiegazione del vangelo; nelle ore pomeridiane fa il catechismo ai giovani figli e figlie, nonché agli adulti. Canta il Vespro e dà la benedizione col Venerabile, prima della quale fa anche le processioni che occorrono o dentro o fuori della chiesa. Il parroco che è ebdomadario canta nella domenica la Messa, che si dice grande, ed esce alle undici antimeridiane: alla sera fa l’Istruzione dal pulpito. A lui spettano poi tutte le funzioni sia ordinarie che straordinarie che occorrono tanto nelle domeniche, quando vi è solennità, quanto lungo la settimana, e come al mattino, così anche alla sera, per es. Messe solenni, Processioni, Benedizioni delle ceneri, Te Deum, Novene di uso e d’obbligo, Funzioni funebri od altre ordinate da Superiori e ciascuno poi dei due parrochi eseguisce le proprie funzioni parrocchiali senza riguardo di tempo, come battesimi, matrimoni, sepolture, trigesime e novene per infermi od altre necessità, e simili altre che occorrono a richiesta ed a vantaggio di rispettivi parrocchiani. Così si praticava per antica consuetudine e questa venne confermata nella Curia con particolare convenzione tra i due parrochi il 24 agosto 1865 (Visconti 1995, pp. 163-164)117.

I vescovi astigiani più volte nel corso delle visite pastorali evidenziarono il problema delle parrocchie forzosamente coabitanti di Viarigi, senza peraltro riuscire a risolverlo, come abbiamo visto per mons. Artico. Le due parrocchie furono unificate da mons. Luigi Spandre solo nel 1914 (Ferraris 2011, p. 418).

La parrocchia ‘ebdomadaria’, unico caso noto nel territorio piemontese, era evidentemente un modello organizzativo che mal si conciliava con le indicazioni di uniformità indicate dal tridentino e dalle concrete esigenze di cura pastorale, tanto 116 Archivio storico Curia Vescovile di Asti, Registro della corrispondenza, lettera del 6 luglio 1849 (Visconti 1995, p. 163).

117 Il documento originale è custodito in Archivio storico Curia Vescovile di Asti, Relazione della

che la parrocchia – anzi, le parrocchie – di Viarigi furono il terreno fertile, nel 1849, per la predicazione apocalittica e messianica di don Francesco Grignaschi, già parroco di Cimamulera (valle Anzasca), che dopo aver gettato lo scompiglio nelle valli alpine dell’Ossola ed essere stato sospeso dal vescovo di Novara, prese la via del Monferrato. Si recò proprio a Viarigi, dove era stato invitato da alcuni sacerdoti locali e dove avviò una intensa predicazione in occasione del “mese di maggio”. Ormai convinto di essere il “Nuovo Messia”, la sua persona divenne oggetto di venerazione, al punto che “la casa parrocchiale di Viarigi si trasformò in un luogo di culto, ove il nuovo figlio di Dio dava pubblica udienza. Il piccolo paese […] vide esplodere una dissidenza religiosa contadina originalissima” (Gremmo 1997, pp. 87-88). Non è questa la sede per ripercorrere la complessa vicenda di don Grignaschi – “Messia delle colline monferrine”118 –, cui si unirono aspetti non inediti di profezia e femminilizzazione, ma sorge forte il dubbio che la peculiarità della parrocchia “ebdomadaria” di Viarigi, la secolare forzata convivenza di una comunità divisa sia stata forse l’involontaria causa che fece attecchire, per il breve spazio della primavera 1849, un nuovo credo eterodosso nel cuore del Piemonte119. Il fatto che gli stessi titolari delle due parrocchie di Viarigi, il prevosto di San Pietro don Luigi Lachelli e l’economo della pievania di San Silverio don Giuseppe Marrone, fossero stati – insieme ad altri sacerdoti del territorio astigiano e monferrino – fra i fautori della venuta di Grignaschi a Viarigi, unito alla inedita formula della turnazione settimanale sono state infatti considerate da Guglielmo Visconti fra le “motivazioni prossime, non generiche ma specifiche” che propiziarono “l’attecchimento del movimento settario grignaschino” (1995, p. 162)120.

Una coppia di parrocchie, quelle di Viarigi, che in un certo senso si discostano, e non poco, dal modello tridentino della cura d’anime intesa come 118 Caludio Magris, in “Corriere della Sera”, 15 maggio 2000, p. 25.

119 Su don Grignaschi e la sua predicazione messianico-apocalittica vd. Minghelli 1850; Musselli 1974, 2001; Deambrogio 1975, pp. 365-366; Gremmo 1978, pp. 11-34, 1997; Visconti 1995, pp. 155-167; sulla pia pratica del “mese di maggio” nel Piemonte del XIX sec. cfr. Stella 1958b; su profezia e femminilizzazione religiosa nell’Ottocento vd. Caffiero 2000. La vicenda di don Grignaschi è anche al centro del romanzo di Lorenzo Mondo Il messia è stanco (2000).

120 Mi pare opportuno ricordare, pur consapevole della diversità dei tempi e dei contesti, che Giovanni Levi, analizzando l’azione di don Giovan Battista Chiesa, parroco di Santena, ha messo in luce come “messianismi e miracoli vivono spesso in questo clima ambiguo di tregua e di insoddisfazione, di pace esteriore e di conflitto latente, in cui gli equilibri non hanno mai nulla di definitivo e di stabile” (Levi 1985, p. 183, corsivo nostro).

“giardino chiuso”: gli incerti confini fra San Pietro e San Silverio, la convivenza quotidiana dei parrocchiani, l’osmosi settimanale del pievano con il prevosto, l’accoglienza entusiasta riservata a don Grignaschi, poi condannato per “sfregio alla religione” ed “eresia”, ricordano forse di come, anche in questo lembo di Monferrato, “l’arte del ben confinare” consistesse in realtà “non nel chiudere le porte, ma nel tenerle socchiuse” (Gri 2003, p. 45).