• Non ci sono risultati.

2. I regimi detentivi di rigore nella legge italiana

2.1 Il regime di sorveglianza particolare

2.1.3 La durata del regime e il suo contenuto

Il regime di sorveglianza particolare può essere disposta per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile anche più volte in misura non superiore ogni volta a tre mesi. Il legislatore ha voluto fissare in maniera

73 L. CESARIS, op. cit., p. 168 74 Articolo 14-bis comma 6 o.p.

69

predeterminata la durata del provvedimento in linea con le istanze garantistiche che portarono all’approvazione della legge 663/1986 ma il fatto che la misura possa essere successivamente prorogata per un numero indefinito lascia intendere che il regime di cui si tratta potrebbe – in astratto – essere applicato in modo permanente75.

Per quanto riguarda il contenuto del regime di sorveglianza particolare, il I comma dell’art. 14-quater si occupa di definire in positivo la sorveglianza particolare come insieme di «restrizioni strettamente necessarie per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza, all’esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati e alle regole di trattamento previste dall’ordinamento penitenziario». La locuzione «strettamente necessarie» vuole costituire una sorta di sbarramento all’adozione di provvedimenti ingiustificati e vuole fornire una sorta di linea guida all’amministrazione nell’applicazione di tali restrizioni, la quale dovrà sempre perseguire l’obiettivo di mantenere la proporzione tra pericolosità del soggetto e limitazioni alla sua libertà76. Per questo è di importanza fondamentale la previsione al comma 3 dell’art. 14- quater che specifica che le restrizioni previste dal provvedimento dovranno essere motivate, in modo da consentire al soggetto sottoposto al regime speciale di verificare quale siano le ragioni addotte dall’Amministrazione77. Nonostante ciò, la definizione sembra scontare un certo margine di indeterminatezza ma viene in parte riempita di contenuti attraverso le

75 G. DI GENNARO, R. BREDA, G. LA GRECA, op. cit., p. 108

76 L. CESARIS, sub art. 14-quater ord. penit., in F. DELLA CASA, G. GIOSTRA, Ordinamento penitenziario commentato, Padova, 2015, p. 176

70

limitazioni previste nei commi successivi, che escludono dal novero delle restrizioni adottabili alcune materie indicate tassativamente78. Infatti il comma 4 definisce in maniera negativa il contenuto del regime, escludendo una serie di materie dal novero delle restrizioni adottabili. Si tratta di due categorie di materie: una serie di materie che fanno riferimento a diritti costituzionalmente garantiti e protetti indipendentemente dallo stato di detenzione, il cui soddisfacimento corrisponde a esigenze primarie della persona79 (l'igiene e le esigenze della salute; il vitto; il vestiario ed il corredo; le pratiche di culto; la permanenza all'aperto per almeno due ore al giorno salvo quanto disposto dall'articolo 10; i colloqui con i difensori, nonché quelli con il coniuge, il convivente, i figli, i genitori, i fratelli.); e una serie di materie che non interferiscono con il mantenimento dell’ordine e della sicurezza80 (il possesso, l'acquisto e la ricezione di generi ed oggetti permessi dal regolamento interno, nei limiti in cui ciò non comporta pericolo per la sicurezza; la lettura di libri e periodici).

Da questa analisi è possibile ricavare anche le materie che possono essere fatte oggetto di restrizione da parte del regime di sorveglianza: in primo luogo, per espressa previsione del comma 2 dell’art. 14-ter, il regime di sorveglianza può incidere sulla corrispondenza, nella misura indicata dall’art. 18-ter ord. pen. Tali limitazioni consistono nella possibilità per l’autorità giudiziaria di limitare la corrispondenza epistolare e telegrafica, possibilità di

78 T. PADOVANI, op. cit., pp. 170-171 79 T. PADOVANI, op. cit., p. 171 80 T. PADOVANI, op. cit., p. 171

71

sottoporre a controllo il contenuto delle buste con o senza lettura, con l’eccezione della corrispondenza con il difensore e con i membri del Parlamento, con le rappresentanze diplomatiche e con gli organismi internazionali preposti alla tutela dei diritti dell’uomo. Gli altri ambiti in cui è possibile operare restrizione sono: la corrispondenza telefonica; i colloqui con persone diverse da quelle indicate all’art. 14-ter comma 4; la ricezione di oggetti con riferimento esclusivo al pericolo per la sicurezza; la detenzione di oggetti permessi; le attività in comune, quali il lavoro, l’istruzione, le attività culturali, ricreative e sportive81. L’esclusione dal lavoro per i sottoposti al regime differenziato è espressamente prevista dal comma 6 dell’art. 20 o.p.: si tratta di una misura che sembra solo aggravare il regime, andando contro anche alla ratio della sorveglianza particolare82. Certo che è possibile che lo svolgimento dell’attività lavorativa possa risultare inconciliabile con le finalità del regime di sorveglianza ma sembra ingiustificata la decisione di escludere a priori dal lavoro i soggetti a esso sottoposti83.

La possibile restrizione delle attività in comune pone l’ulteriore problema dei rapporti tra il regime di sorveglianza particolare e l’isolamento continuo: si tratta di stabilire se il complesso delle restrizioni stabilite a carico di un detenuto possa di fatto assumere i connotati dell’isolamento continuo84. L’isolamento continuo è ammesso dall’art. 33 o. p. solo per determinati motivi: per ragioni sanitarie; per motivi disciplinari durante l'esecuzione della

81 T. PADOVANI, op. cit., p. 172 82 T. PADOVANI, op. cit., p. 172 83 T. PADOVANI, op. cit., p. 172 84 T. PADOVANI, op. cit., p. 173

72

sanzione della esclusione dalle attività in comune; e, infine, per gli imputati durante l'istruttoria e per gli arrestati nel procedimento di prevenzione, se e fino a quando ciò sia ritenuto necessario dall'autorità giudiziaria. In dottrina c’è chi ha ritenuto che mediante la sorveglianza particolare si potesse instaurare di fatto un regime di isolamento continuo in quanto manca un’indicazione inequivoca circa le restrizioni che possono essere adottate85, mentre c’è chi ha negato questa possibilità adducendo che l’art. 33 prescrive tassativamente in quali casi possa essere disposto l’isolamento continuo e tra questi casi non figura la sorveglianza particolare86. Sul punto non esiste alcuna pronuncia giurisprudenziale, avendo i detenuti sempre avanzato reclamo nei confronti del provvedimento di sorveglianza particolare nella sua globalità87. Certo è che, se si ritenesse valida la prima soluzione, si aggirerebbero i limiti posti dall’ordinamento penitenziario per disporre l’isolamento, vanificando le disposizioni che hanno cercato invece di regolare tassativamente le ipotesi in cui è legittimo sottoporre il soggetto a tale misura88.

Abbiamo già visto89 che l’ultimo comma dell’art. 14-quater prevede la possibilità di trasferimento in diverso istituto penitenziario qualora l’istituto nel quale il soggetto è detenuto risulti nei fatti inidoneo ad applicare il regime di sorveglianza particolare. Il trasferimento deve essere disposto

85 L. CESARIS, sub art. 14-quater ord. penit., cit., p. 178 86 T. PADOVANI, op. cit., p. 174

87 A. BERNASCONI, La sicurezza penitenziaria: prospettiva storico-sociologica e profili normativi, Milano, 1991, p. 155

88 L. CESARIS, sub art. 14-quater ord. penit., cit., p. 178 89 Cfr. supra Cap. 1 par. 4

73

dall’Amministrazione con provvedimento motivato, suscettibile di controllo da parte del magistrato di sorveglianza. I parametri di applicabilità della norma rimangono di difficile determinazione perché, nonostante la norma precisi che la nuova destinazione deve essere decisa in modo da arrecare il «minimo pregiudizio possibile per la difesa e per i familiari», in dottrina si ritiene che l’uso di formule del genere non costituisca una forma di garanzia sufficiente per il detenuto90.

2.1.4 Il reclamo nei confronti del provvedimento di