2. Le Obbligazioni Bancarie e il loro impatto sulla solidità bancaria
2.2 Gli effetti sul mercato secondario e sulla composizione della raccolta delle banche
Quanto detto nel paragrafo precedente ha ovviamente avuto delle ripercussioni sul mercato secondario.
E' indubbio che la nascita di «numerosi tipi di mercati obbligazionari
europei, compreso un mercato europeo delle obbligazioni societarie, hanno
cambiato le opportunità per gli investitori obbligazionari europei e per chiunque
altro»31.
Dobbiamo tenere presente che i mercati obbligazionari mondiali
contengono al loro interno prodotti che si distinguono tra loro per differenti
caratteristiche e per differente complessità, e la dimensione di questi mercati è
cresciuta enormemente, in particolare il mercato europeo come si nota dalla
successiva figura 6 dove è possibile osservare l'incremento del mercato
obbligazionario europeo dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 e da cui si
desume che il mercato obbligazionario è passato da 3.974 miliardi di euro nel
2000, a 10.048 miliardi di euro nel 2015.
31 AA. VV., "Mercato obbligazionario europeo e mercato globale", AFME/Investing in Bonds,
link:
http://www.investinginbondseurope.org/pages/learnaboutbonds.aspx?folder_id=464&LangType=1 040, consultato il 09/07/2016
Fig. 6: l'incremento del mercato obbligazionario in Italia.
Fonte: Zahn D., "La crescita del mercato obbligazionario europeo osservata in prospettiva", Franklin Templeton Investments, pubblicato il 2 marzo 2016, link: http://global.beyondbullsandbears.com/it/2016/03/02/la-crescita-del-mercato-obbligazionario- europeo-osservata-prospettiva/ consultato il 09/07/2016
A fronte di questi numeri che indicano una crescita vigorosa del mercato
obbligazionario nel suo complesso, dobbiamo ricordare che «il 60% del mercato
obbligazionario europeo è costituito da indebitamento obbligazionario dello stato,
il 29% è societario e l'11% è garantito da attività; negli USA, la proporzione di
bond emessa dal settore aziendale è molto maggiore»32.
Con la crescita del mercato obbligazionario, dovrebbe essere anche
aumentata la liquidità del medesimo, ma, come vedremo, vi sono segnali che
32 AA. VV., "Mercato obbligazionario europeo e mercato globale", op. cit., consultato il
mostrano come la crescita del mercato obbligazionario non è stata accompagnata
da una analoga crescita del grado di liquidità del mercato.
Prima di procedere dobbiamo chiarire che, al momento, ci atteniamo alla
definizione di liquidità di un mercato che abbiamo dato nel paragrafo precedente e
non riguarda la massa monetaria complessivamente disponibile.
Inoltre dobbiamo avere ben chiaro che sui mercati finanziari operano sia
investitori istituzionali che investitori retail (i piccoli risparmiatori, piccoli traders
e così via), ovviamente quanto detto vale anche per il mercato obbligazionario
dove operano sia investitori istituzionali che quelli individuali.
Dobbiamo però rilevare che, generalmente, gli investitori istituzionali sono
molto più attivi di quelli individuali e della clientela retail in generale, stando ai
dati riportati da AFME33 si rileva che:
la clientela retail (intesa come singoli investitori) rappresenta un volume di poco inferiore al 5% dell'investimento diretto nei
mercati obbligazionari europei.
Dal punto precedente discende che la maggioranza degli investitori del mercato obbligazionario in Europa sono
istituzionali come i fondi pensione, le compagnie assicurative e
istituti bancari.
Se scomponiamo l'area Euro in base ai vari paesi, osserveremo che le partecipazioni dirette in obbligazioni degli investitori
singoli presenta delle variazioni elevate tra i vari paesi europei:
«in Italia le partecipazioni obbligazionarie di singoli investitori
33 AA. VV., "Mercato obbligazionario europeo e mercato globale", AFME/Investing in Bonds, op.
costituiscono almeno il 20% (nel 2004, mediamente più di € 12.000) delle partecipazioni finanziarie totali. In Germania, la
percentuale equivalente va dal 10 al 15% (nel 2004, circa € 5.800)
e in altri paesi è solitamente inferiore al 5%; il dato più basso è
quello del Regno Unito (solo l'1,5%). (Nel 2004, la media dei
singoli investitori britannici, spagnoli e francesi possedeva circa € 1.000 in bond) »34.
A quanto detto dobbiamo aggiungere che, se escludiamo le disponibilità liquide (depositi e riserve liquide in altro modo
detenute) dal calcolo delle risorse finanziarie, considerando solo i
prodotti finanziari, si osserva che la quota di obbligazioni nei
portafogli dei singoli investitori italiani aumenta al 30,7% (contro
il 2% della Gran Bretagna e il 7,9% degli USA).
Per David Zahn, l'aumento delle dimensioni del mercato obbligazionario
europeo implica maggiore liquidità del mercato stesso, e rileva che aumenta
il numero di grandi emittenti non europei che scelgono di emettere in Europa, con
la conseguenza che vi è una crescente disintermediazione del sistema bancario35.
Per Zahn tale disintermediazione può avvenire a ritmi sostenuti perché mercati più
grandi, implicano un numero crescente di investitori istituzionali e quindi un
aumento della liquidità complessiva del mercato.
Quanto affermato è teoricamente vero, ma secondo altri operatori, il
34 AA. VV., "Mercato obbligazionario europeo e mercato globale", op. cit., consultato il
09/07/2016
35Zahn D., "La crescita del mercato obbligazionario europeo osservata in prospettiva", Franklin
Templeton Investments, pubblicato il 2 marzo 2016, link: http://global.beyondbullsandbears.com/it/2016/03/02/la-crescita-del-mercato-obbligazionario- europeo-osservata-prospettiva/ consultato il 09/07/2016
mercato obbligazionario si avvia ad una crisi di liquidità, perchè è cresciuto
troppo rapidamente.
Ad esempio, Jim Cielinski, responsabile reddito fisso globale diColumbia
Threadneedle Investments, ha un'opinione differente. Secondo il manager il
mercato obbligazionario è cresciuto troppo nell'arco di soli 5 anni e questo ha
messo sotto pressione gli investitori istituzionali. Effettivamente se osserviamo la
fig.6 che abbiamo riportato a pagina 42, possiamo osservare la crescita del
mercato obbligazionario europeo, a cui dobbiamo aggiungere la contemporanea
crescita del mercato obbligazionario americano: negli Stati Uniti il solo mercato
delle obbligazioni corporate ha visto passare la quantità nominale di titoli da 2.750
miliardi di dollari nel 2008 ai 4.400 miliardi del 201536, con la conseguenza che la
crescita del mercato ha superato i volumi di negoziazione.
Questa interpretazione sembrerebbe in linea anche con la considerazione
che dal 2008 al 2015, le Banche Centrali hanno immesso nel mercato
obbligazionario titoli per un controvalore di 4.000 miliardi di dollari37, con il
risultato, per Cielinski, che «attualmente il volume d’affari rimane inferiore ai
livelli pre-crisi di circa il 40% per i titoli investment grade e del 20% per quelli ad
alto rendimento. Ciò corrobora la nostra tesi secondo cui il segmento investment
grade è al centro dei timori relativi alla liquidità: è un mercato enorme che non ha
ancora evidenziato miglioramenti sul fronte del profilo di liquidità. Dai volumi di
negoziazione aggregati emerge un quadro diverso. I volumi dei segmenti
investment grade e high yield sono aumentati del 45% e del 55% rispetto ai livelli
36 Cfr. Cielinski J., "Alla ricerca di liquidità nel mercato obbligazionario", Finanzaoperativa.com,
articolo pubblicato il 22 luglio 2015, presso il link: http://www.finanzaoperativa.com/alla-ricerca- di-liquidita-nel-mercato-obbligazionario/ e consultato il 09/07/2016.
pre-crisi. In entrambi i casi, tuttavia, la dimensione media delle singole operazioni
ha subito una flessione: nel segmento delle obbligazioni societarie è scesa del
37% rispetto al 2007»38.
Come si vede vi sono due opposti schieramenti, e d'altro canto non
potrebbe essere diverso, considerando la complessità del tema e l'elevato numero
di indicatori, indici, e misurazioni che si possono effettuare. A tale proposito,
abbiamo definito cosa si intende per liquidità di un mercato, ma come potremmo
misurarla?
Se vogliamo un indicatore di liquidità, possiamo considerare il delta
(inteso come differenziale) che si usa tra il prezzo di acquisto e vendita (Bid-Ask
spread): tale spread ha una relazione di proporzionalità inversa con il grado di
liquidità del mercato medesimo ed è il profitto che ha il dealer quando negozia
strumenti del proprio portafoglio (è ovvio che, negoziando titoli del proprio
portafoglio, si assume il rischio connesso alle variazioni di prezzo del titolo
medesimo).
Quanto detto è esplicitato dalla successiva fig. 7 tratta da una
pubblicazione della Landinium Limited.
Nella figura 7, il B-A spread è utilizzato sui mercati corporate statunitense
ed europeo, e dalla sua osservazione si può notare agevolmente che i livelli del B-
A spread si situano su livelli palesemente inferiori rispetto a quelli precedenti la
crisi del 2008.
Siccome abbiamo detto che il B-A Spread è inversamente proporzionale al
livello di liquidità del mercato, dovremmo pensare che il mercato obbligazionario
sia estremamente liquido come affermato precedentemente da Zahn.
Fig. 7 A destra: Bid-Ask Spread per le obbligazioni corporate americane. Fonte: Federal
Reserve Bank of New York. A sinistra: Bid-Ask Spread per le obbligazioni corporate non
finanziarie europee. Le linee tratteggiate rappresentano la banda di oscillazione al 95% di
confidenza.
Fonte: Lanuara V., "Liquidità nel mercato obbligazionario: impatto dei cambiamenti
regolamentari e politiche monetarie", op. cit. pag. 1.
Contro queste conclusioni, però, si pongono le risultanze di altre variabili
come il turn over e i volumi medi delle transazioni, che ci portano ad affermare
che siamo in presenza di una crescente illiquidità per il mercato obbligazionario,
come si osserva dalla successiva figura 8 tratta da uno studio della Barclay: a
sinistra abbiamo una rappresentazione dell'Investment Grade americano mentre a
destra abbiamo una rappresentazione del mercato High Yield Americano.
In entrambi i casi, vi è una situazione di scarsa liquidità per quanto attiene
i mercati di riferimento, anche in relazione al turnover dei portafogli titoli degli
Fig. 8 A sinistra: Mercato Investment Grade americano A destra: Mercato High Yield
Americano
Fonte: “Mutual funds and credit liquidity – an equity perspective”, Barclays
Studiando bene i grafici, possiamo osservare che «le dimensioni del
mercato (Amount) tra il 2005 e il 2014, sono cresciute del 250% nel settore
Investment Grade (IG) e del 190% nel settore High Yield (HY). In entrambi i casi,
però, l’aumento della dimensione del mercato non si è riflesso in un aumento comparabile dei volumi e del turnover dei portafogli che anzi è andato calando.
Nella stessa ricerca Barclays ha osservato che su più di 5600 obbligazioni
che compongono l’indice solo per 23 obbligazioni ci sono state più di 5 transazioni al mese per un nominale superiore a 5 milioni. Si è anche riscontrato che la
dimensione dell’emissione obbligazionaria (size) riesce a spiegare, meglio di altre
variabili, il comportamento degli scambi (Turnover). Quindi non solo gli scambi
si sono ridotti ma è anche emersa una correlazione altamente positiva tra valore
emesso e la frequenza degli scambi. La liquidità dunque si concentra su
pochissimi titoli invece che essere allocata uniformemente tra le diverse
obbligazionario corporate americano, si evince che la propensione al rischio degli
investitori e i bassi tassi spiegano l’80% del comportamento della liquidità negli ultimi 5 anni.»39.
A questo punto possiamo azzardare una spiegazione, o quanto meno
provare ad interpretare una realtà molto complessa quale è quella del mercato
obbligazionario.
Indubbiamente in questi anni si è assistito ad una crescita impetuosa di
questo mercato, ma la liquidità, intesa come volume di scambi tra gli operatori e
turnover dei portafogli di investimento, è cresciuta meno della crescita del
mercato: gli investitori istituzionali prediligono maggiormente obbligazioni ad
alto rating o con esplicite garanzie reali e investono solo residualmente su
obbligazioni più rischiose ma con più alto rendimento, quanto detto spiega sia
quanto affermato dagli studi di Barclays, Lanuara e Cielinski, sia quanto
affermato da Zahn: in valore assoluto e complessivo la liquidità si è accresciuta,
ma se andiamo a vedere le singole operazioni, osserviamo che sono preferiti solo
alcuni titoli, mentre gli altri, una volta che sono collocati, vengono ignorati nelle
contrattazioni del mercato secondario.
Quanto detto, trova riscontro anche negli studi di Andrea Zaghini40: il suo
lavoro si concentra sul premio per il rischio delle obbligazioni bancarie emesse tra
il 2006 e il 2011 e come questo premio è influenzato dalle garanzie pubbliche. In
particolare il suo campo di osservazione gli ha permesso di osservare tre tipologie:
le garanzie esplicite, ovvero le garanzie pubbliche sulle obbligazioni bancarie
39Cfr. Lanuara V., "Liquidità nel mercato obbligazionario: impatto dei cambiamenti regolamentari
e politiche monetarie", op. cit. pp.2-6
40 Cfr. Zaghini A., "Bank bonds: size, systemic relevance and the sovereign", Working Papers,
espressamente previste dalla legge; le garanzie implicite che provengono dal
sostegno che lo Stato può fornire all’economia nazionale nel suo complesso; le
banche di dimensioni significative.
Dal suo lavoro emerge che gli investitori avevano una netta preferenza per
le emissioni obbligazionarie bancarie collegate ad esplicite garanzie di Stati con
un elevato rating, anzi il rating dello stato era predominante rispetto a quello della
banca medesima (per cui una banca con rating superiore, ma posta in uno stato
con un rating inferiore, paga un premio per il rischio superiore a quello pagato da
una banca con rating inferiore ma in uno stato con rating superiore). Su tutto
questo si innesta anche la preferenza che gli investitori davano alle emissioni
obbligazionarie di banche di grandi dimensioni: in pratica si verificava l'effetto
"too big to fail", ovvero il convincimento da parte degli investitori che una banca
di grandi dimensioni, qualora avesse avuto significativi problemi di solidità,
sarebbe stata salvata dal governo, in quanto il fallimento di una banca di grandi
dimensioni ha ripercussioni oltremodo significative sulla stabilità finanziaria del
paese. Sempre dagli studi di Andrea Zaghini, si evidenzia che le banche con una
elevata valenza sistemica, dallo scoppio della crisi, hanno iniziato a vedere un
aumento del loro premio per il rischio, e questo fatto ci ricollega con quanto
notato da Cielinski e Lanuara, ovvero gli investitori hanno proceduto a rivalutare
le fonti di rischio.
Quindi è vero che il mercato obbligazionario ha una buona liquidità, ma la
crescita delle emissioni è stata superiore alla crescita della liquidità medesima e
quest'ultima, inoltre, si concentra solo su alcuni titoli, mentre gli altri vengono
molto scambiati dai dealer.
A tale proposito, basti pensare che la CONSOB nel 2010 e nel 201141
rilevava che nel 2010 l'ammontare totale di obbligazioni rappresentava il 21% del
passivo aggregato delle banche e soprattutto negli anni della crisi, circa il 63,3%
delle obbligazioni era piazzato alla clientela retail (tra il 2007 e il 2009, tale cifra
raggiunse l'80%) proprio per la difficoltà a piazzare le obbligazioni presso
investitori istituzionali.
Negli ultimi anni, anche se il canale retail è il canale principale per le
obbligazioni bancarie italiane (si veda il precedente paragrafo 1.3), bisogna
rilevare che la Banca d'Italia evidenzia nel suo "Rapporto sulla Stabilità
Finanziaria"42, che le emissioni obbligazionarie bancarie si sono ridotte nel corso
del 2014 e del 2015 perché le banche hanno preferito utilizzare il finanziamento a
breve termine a tassi molto contenuti per le loro esigenze di liquidità. Questa
decisione è da collegarsi anche alle scelte di investimento delle famiglie italiane
(che in molti casi sono le prime acquirenti delle obbligazioni italiane) che hanno
preferito investire in azioni e fondi comuni di investimento piuttosto che in titoli
di stato o obbligazioni43; di contro è aumentato il numero di emittenti (spesso
piccole e medie società), ma è calato il numero complessivo dell'ammontare di
obbligazioni emesse, proprio perché le banche hanno ridotto le loro emissioni,
infatti si rileva che «nel 2014 le emissioni lorde di titoli sono state pari a 28
miliardi, in calo dal livello massimo raggiunto nel 2013 (39 miliardi), ma
41 AA. VV., "Raccolta bancaria a mezzo di obbligazioni, prospetto e regole di condotta",
CONSOB, 13 luglio 2011, e anche Grasso R., Linciano N., Pierantoni L., Siciliano G., "Le obbligazioni emesse da banche italiane", Quaderni di Finanza, Consob, n. 67 Luglio 2010.
42Cfr. AA. VV., "Rapporto sulla Stabilità Finanziaria", Banca d'Italia, numero 1/Aprile 2015.
43 Per maggiori dettagli al riguardo, si consulti AA. VV., "Rapporto sulla Stabilità Finanziaria", op.
superiori di oltre un terzo rispetto a quelle registrate in media tra il 2002 e il 2008.
Il numero di nuovi emittenti, pari a 97, ha raggiunto il livello più elevato dal
2009; la maggior parte di queste imprese è di piccola e media dimensione e molte
di esse hanno emesso minibond»44. L’ampliamento del piano di acquisto da parte
dell’Eurosistema ai titoli delle imprese, avviato l’8 giugno, ha contribuito a intensificare il ricorso delle aziende al mercato obbligazionario. Nel secondo
trimestre del 2016 si è registrato un sensibile aumento delle emissioni di
obbligazioni da parte delle società non finanziarie (a 4 e a 29 miliardi in Italia e
nell’area dell’euro) e un allungamento della scadenza media delle nuove emissioni da 5,2 a 6,7 anni nel confronto con lo stesso periodo del 2015. I
differenziali di rendimento rispetto ai tassi swap si sono progressivamente
ridotti45.
A fronte di ciò, le banche hanno visto la loro liquidità aumentare grazie
all'aumento della raccolta al dettaglio e all'ingrosso, nonostante vi sia stata
l'estinzione di obbligazioni bancarie assistite da garanzia governativa (emissione
del 2011) e non rinnovate con nuove emissioni, anzi la Banca d'Italia rileva che le
obbligazioni bancarie con garanzia dello Stato Italiano depositate presso Banca
d'Italia come garanzia, è passato da un controvalore di 19,6 miliardi a un valore
pressoché nullo (0,7 miliardi): questo azzeramento è dovuto sia alla scadenza dei
titoli (non rinnovati), sia all'estinzione anticipata di alcuni di essi. Di fatto, le
emissioni obbligazionarie di banche italiane, sono andate diminuendo nel corso
degli ultimi anni dopo aver raggiunto un picco nel 2013. L’avvio del nuovo
44 Per maggiori dettagli al riguardo, si consulti AA. VV., "Rapporto sulla Stabilità Finanziaria", op.
cit. pag. 18.
programma di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (Targeted
Longer-Term Refinancing Operations, TLTRO2) ha ridotto i rischi di
rifinanziamento e il costo della raccolta. Il ricorso a queste operazioni ha
consentito alle banche italiane di non rinnovare larga parte delle obbligazioni
collocate sui mercati all’ingrosso e giunte a scadenza. Oltre tre quarti delle nuove emissioni di obbligazioni effettuate nel semestre terminante in settembre ha
riguardato titoli garantiti, i cui rendimenti sono divenuti negativi anche a seguito
del programma di acquisto da parte dell’Eurosistema. Prosegue il calo delle consistenze delle obbligazioni collocate presso la clientela, mentre i depositi di
famiglie e imprese continuano a crescere46.
Quanto detto riflette sia i nuovi regolamenti legati a Basilea III (che
mettono sotto stretta osservazione sia le emissioni obbligazionarie bancarie, sia le
obbligazioni detenute dalle banche medesime per conto proprio, quindi di fatto
riduce la loro attività come investitori istituzionali sul mercato obbligazionario),
sia la possibilità di ottenere finanziamenti dalle strutture centrali (BCE, e così via)
a costi contenuti, sia l'accesso a quote crescenti di risparmio da parte delle
famiglie che, pur aumentando gli investimenti, vedono aumentare maggiormente i
depositi a scopo prudenziale.