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Gli effetti sul mercato secondario e sulla composizione della raccolta delle banche

Nel documento Le emissioni obbligazionarie bancarie (pagine 43-55)

2. Le Obbligazioni Bancarie e il loro impatto sulla solidità bancaria

2.2 Gli effetti sul mercato secondario e sulla composizione della raccolta delle banche

Quanto detto nel paragrafo precedente ha ovviamente avuto delle ripercussioni sul mercato secondario.

E' indubbio che la nascita di «numerosi tipi di mercati obbligazionari

europei, compreso un mercato europeo delle obbligazioni societarie, hanno

cambiato le opportunità per gli investitori obbligazionari europei e per chiunque

altro»31.

Dobbiamo tenere presente che i mercati obbligazionari mondiali

contengono al loro interno prodotti che si distinguono tra loro per differenti

caratteristiche e per differente complessità, e la dimensione di questi mercati è

cresciuta enormemente, in particolare il mercato europeo come si nota dalla

successiva figura 6 dove è possibile osservare l'incremento del mercato

obbligazionario europeo dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 e da cui si

desume che il mercato obbligazionario è passato da 3.974 miliardi di euro nel

2000, a 10.048 miliardi di euro nel 2015.

31 AA. VV., "Mercato obbligazionario europeo e mercato globale", AFME/Investing in Bonds,

link:

http://www.investinginbondseurope.org/pages/learnaboutbonds.aspx?folder_id=464&LangType=1 040, consultato il 09/07/2016

Fig. 6: l'incremento del mercato obbligazionario in Italia.

Fonte: Zahn D., "La crescita del mercato obbligazionario europeo osservata in prospettiva", Franklin Templeton Investments, pubblicato il 2 marzo 2016, link: http://global.beyondbullsandbears.com/it/2016/03/02/la-crescita-del-mercato-obbligazionario- europeo-osservata-prospettiva/ consultato il 09/07/2016

A fronte di questi numeri che indicano una crescita vigorosa del mercato

obbligazionario nel suo complesso, dobbiamo ricordare che «il 60% del mercato

obbligazionario europeo è costituito da indebitamento obbligazionario dello stato,

il 29% è societario e l'11% è garantito da attività; negli USA, la proporzione di

bond emessa dal settore aziendale è molto maggiore»32.

Con la crescita del mercato obbligazionario, dovrebbe essere anche

aumentata la liquidità del medesimo, ma, come vedremo, vi sono segnali che

32 AA. VV., "Mercato obbligazionario europeo e mercato globale", op. cit., consultato il

mostrano come la crescita del mercato obbligazionario non è stata accompagnata

da una analoga crescita del grado di liquidità del mercato.

Prima di procedere dobbiamo chiarire che, al momento, ci atteniamo alla

definizione di liquidità di un mercato che abbiamo dato nel paragrafo precedente e

non riguarda la massa monetaria complessivamente disponibile.

Inoltre dobbiamo avere ben chiaro che sui mercati finanziari operano sia

investitori istituzionali che investitori retail (i piccoli risparmiatori, piccoli traders

e così via), ovviamente quanto detto vale anche per il mercato obbligazionario

dove operano sia investitori istituzionali che quelli individuali.

Dobbiamo però rilevare che, generalmente, gli investitori istituzionali sono

molto più attivi di quelli individuali e della clientela retail in generale, stando ai

dati riportati da AFME33 si rileva che:

 la clientela retail (intesa come singoli investitori) rappresenta un volume di poco inferiore al 5% dell'investimento diretto nei

mercati obbligazionari europei.

 Dal punto precedente discende che la maggioranza degli investitori del mercato obbligazionario in Europa sono

istituzionali come i fondi pensione, le compagnie assicurative e

istituti bancari.

 Se scomponiamo l'area Euro in base ai vari paesi, osserveremo che le partecipazioni dirette in obbligazioni degli investitori

singoli presenta delle variazioni elevate tra i vari paesi europei:

«in Italia le partecipazioni obbligazionarie di singoli investitori

33 AA. VV., "Mercato obbligazionario europeo e mercato globale", AFME/Investing in Bonds, op.

costituiscono almeno il 20% (nel 2004, mediamente più di € 12.000) delle partecipazioni finanziarie totali. In Germania, la

percentuale equivalente va dal 10 al 15% (nel 2004, circa € 5.800)

e in altri paesi è solitamente inferiore al 5%; il dato più basso è

quello del Regno Unito (solo l'1,5%). (Nel 2004, la media dei

singoli investitori britannici, spagnoli e francesi possedeva circa € 1.000 in bond) »34.

 A quanto detto dobbiamo aggiungere che, se escludiamo le disponibilità liquide (depositi e riserve liquide in altro modo

detenute) dal calcolo delle risorse finanziarie, considerando solo i

prodotti finanziari, si osserva che la quota di obbligazioni nei

portafogli dei singoli investitori italiani aumenta al 30,7% (contro

il 2% della Gran Bretagna e il 7,9% degli USA).

Per David Zahn, l'aumento delle dimensioni del mercato obbligazionario

europeo implica maggiore liquidità del mercato stesso, e rileva che aumenta

il numero di grandi emittenti non europei che scelgono di emettere in Europa, con

la conseguenza che vi è una crescente disintermediazione del sistema bancario35.

Per Zahn tale disintermediazione può avvenire a ritmi sostenuti perché mercati più

grandi, implicano un numero crescente di investitori istituzionali e quindi un

aumento della liquidità complessiva del mercato.

Quanto affermato è teoricamente vero, ma secondo altri operatori, il

34 AA. VV., "Mercato obbligazionario europeo e mercato globale", op. cit., consultato il

09/07/2016

35Zahn D., "La crescita del mercato obbligazionario europeo osservata in prospettiva", Franklin

Templeton Investments, pubblicato il 2 marzo 2016, link: http://global.beyondbullsandbears.com/it/2016/03/02/la-crescita-del-mercato-obbligazionario- europeo-osservata-prospettiva/ consultato il 09/07/2016

mercato obbligazionario si avvia ad una crisi di liquidità, perchè è cresciuto

troppo rapidamente.

Ad esempio, Jim Cielinski, responsabile reddito fisso globale diColumbia

Threadneedle Investments, ha un'opinione differente. Secondo il manager il

mercato obbligazionario è cresciuto troppo nell'arco di soli 5 anni e questo ha

messo sotto pressione gli investitori istituzionali. Effettivamente se osserviamo la

fig.6 che abbiamo riportato a pagina 42, possiamo osservare la crescita del

mercato obbligazionario europeo, a cui dobbiamo aggiungere la contemporanea

crescita del mercato obbligazionario americano: negli Stati Uniti il solo mercato

delle obbligazioni corporate ha visto passare la quantità nominale di titoli da 2.750

miliardi di dollari nel 2008 ai 4.400 miliardi del 201536, con la conseguenza che la

crescita del mercato ha superato i volumi di negoziazione.

Questa interpretazione sembrerebbe in linea anche con la considerazione

che dal 2008 al 2015, le Banche Centrali hanno immesso nel mercato

obbligazionario titoli per un controvalore di 4.000 miliardi di dollari37, con il

risultato, per Cielinski, che «attualmente il volume d’affari rimane inferiore ai

livelli pre-crisi di circa il 40% per i titoli investment grade e del 20% per quelli ad

alto rendimento. Ciò corrobora la nostra tesi secondo cui il segmento investment

grade è al centro dei timori relativi alla liquidità: è un mercato enorme che non ha

ancora evidenziato miglioramenti sul fronte del profilo di liquidità. Dai volumi di

negoziazione aggregati emerge un quadro diverso. I volumi dei segmenti

investment grade e high yield sono aumentati del 45% e del 55% rispetto ai livelli

36 Cfr. Cielinski J., "Alla ricerca di liquidità nel mercato obbligazionario", Finanzaoperativa.com,

articolo pubblicato il 22 luglio 2015, presso il link: http://www.finanzaoperativa.com/alla-ricerca- di-liquidita-nel-mercato-obbligazionario/ e consultato il 09/07/2016.

pre-crisi. In entrambi i casi, tuttavia, la dimensione media delle singole operazioni

ha subito una flessione: nel segmento delle obbligazioni societarie è scesa del

37% rispetto al 2007»38.

Come si vede vi sono due opposti schieramenti, e d'altro canto non

potrebbe essere diverso, considerando la complessità del tema e l'elevato numero

di indicatori, indici, e misurazioni che si possono effettuare. A tale proposito,

abbiamo definito cosa si intende per liquidità di un mercato, ma come potremmo

misurarla?

Se vogliamo un indicatore di liquidità, possiamo considerare il delta

(inteso come differenziale) che si usa tra il prezzo di acquisto e vendita (Bid-Ask

spread): tale spread ha una relazione di proporzionalità inversa con il grado di

liquidità del mercato medesimo ed è il profitto che ha il dealer quando negozia

strumenti del proprio portafoglio (è ovvio che, negoziando titoli del proprio

portafoglio, si assume il rischio connesso alle variazioni di prezzo del titolo

medesimo).

Quanto detto è esplicitato dalla successiva fig. 7 tratta da una

pubblicazione della Landinium Limited.

Nella figura 7, il B-A spread è utilizzato sui mercati corporate statunitense

ed europeo, e dalla sua osservazione si può notare agevolmente che i livelli del B-

A spread si situano su livelli palesemente inferiori rispetto a quelli precedenti la

crisi del 2008.

Siccome abbiamo detto che il B-A Spread è inversamente proporzionale al

livello di liquidità del mercato, dovremmo pensare che il mercato obbligazionario

sia estremamente liquido come affermato precedentemente da Zahn.

Fig. 7 A destra: Bid-Ask Spread per le obbligazioni corporate americane. Fonte: Federal

Reserve Bank of New York. A sinistra: Bid-Ask Spread per le obbligazioni corporate non

finanziarie europee. Le linee tratteggiate rappresentano la banda di oscillazione al 95% di

confidenza.

Fonte: Lanuara V., "Liquidità nel mercato obbligazionario: impatto dei cambiamenti

regolamentari e politiche monetarie", op. cit. pag. 1.

Contro queste conclusioni, però, si pongono le risultanze di altre variabili

come il turn over e i volumi medi delle transazioni, che ci portano ad affermare

che siamo in presenza di una crescente illiquidità per il mercato obbligazionario,

come si osserva dalla successiva figura 8 tratta da uno studio della Barclay: a

sinistra abbiamo una rappresentazione dell'Investment Grade americano mentre a

destra abbiamo una rappresentazione del mercato High Yield Americano.

In entrambi i casi, vi è una situazione di scarsa liquidità per quanto attiene

i mercati di riferimento, anche in relazione al turnover dei portafogli titoli degli

Fig. 8 A sinistra: Mercato Investment Grade americano A destra: Mercato High Yield

Americano

Fonte: “Mutual funds and credit liquidity – an equity perspective”, Barclays

Studiando bene i grafici, possiamo osservare che «le dimensioni del

mercato (Amount) tra il 2005 e il 2014, sono cresciute del 250% nel settore

Investment Grade (IG) e del 190% nel settore High Yield (HY). In entrambi i casi,

però, l’aumento della dimensione del mercato non si è riflesso in un aumento comparabile dei volumi e del turnover dei portafogli che anzi è andato calando.

Nella stessa ricerca Barclays ha osservato che su più di 5600 obbligazioni

che compongono l’indice solo per 23 obbligazioni ci sono state più di 5 transazioni al mese per un nominale superiore a 5 milioni. Si è anche riscontrato che la

dimensione dell’emissione obbligazionaria (size) riesce a spiegare, meglio di altre

variabili, il comportamento degli scambi (Turnover). Quindi non solo gli scambi

si sono ridotti ma è anche emersa una correlazione altamente positiva tra valore

emesso e la frequenza degli scambi. La liquidità dunque si concentra su

pochissimi titoli invece che essere allocata uniformemente tra le diverse

obbligazionario corporate americano, si evince che la propensione al rischio degli

investitori e i bassi tassi spiegano l’80% del comportamento della liquidità negli ultimi 5 anni.»39.

A questo punto possiamo azzardare una spiegazione, o quanto meno

provare ad interpretare una realtà molto complessa quale è quella del mercato

obbligazionario.

Indubbiamente in questi anni si è assistito ad una crescita impetuosa di

questo mercato, ma la liquidità, intesa come volume di scambi tra gli operatori e

turnover dei portafogli di investimento, è cresciuta meno della crescita del

mercato: gli investitori istituzionali prediligono maggiormente obbligazioni ad

alto rating o con esplicite garanzie reali e investono solo residualmente su

obbligazioni più rischiose ma con più alto rendimento, quanto detto spiega sia

quanto affermato dagli studi di Barclays, Lanuara e Cielinski, sia quanto

affermato da Zahn: in valore assoluto e complessivo la liquidità si è accresciuta,

ma se andiamo a vedere le singole operazioni, osserviamo che sono preferiti solo

alcuni titoli, mentre gli altri, una volta che sono collocati, vengono ignorati nelle

contrattazioni del mercato secondario.

Quanto detto, trova riscontro anche negli studi di Andrea Zaghini40: il suo

lavoro si concentra sul premio per il rischio delle obbligazioni bancarie emesse tra

il 2006 e il 2011 e come questo premio è influenzato dalle garanzie pubbliche. In

particolare il suo campo di osservazione gli ha permesso di osservare tre tipologie:

le garanzie esplicite, ovvero le garanzie pubbliche sulle obbligazioni bancarie

39Cfr. Lanuara V., "Liquidità nel mercato obbligazionario: impatto dei cambiamenti regolamentari

e politiche monetarie", op. cit. pp.2-6

40 Cfr. Zaghini A., "Bank bonds: size, systemic relevance and the sovereign", Working Papers,

espressamente previste dalla legge; le garanzie implicite che provengono dal

sostegno che lo Stato può fornire all’economia nazionale nel suo complesso; le

banche di dimensioni significative.

Dal suo lavoro emerge che gli investitori avevano una netta preferenza per

le emissioni obbligazionarie bancarie collegate ad esplicite garanzie di Stati con

un elevato rating, anzi il rating dello stato era predominante rispetto a quello della

banca medesima (per cui una banca con rating superiore, ma posta in uno stato

con un rating inferiore, paga un premio per il rischio superiore a quello pagato da

una banca con rating inferiore ma in uno stato con rating superiore). Su tutto

questo si innesta anche la preferenza che gli investitori davano alle emissioni

obbligazionarie di banche di grandi dimensioni: in pratica si verificava l'effetto

"too big to fail", ovvero il convincimento da parte degli investitori che una banca

di grandi dimensioni, qualora avesse avuto significativi problemi di solidità,

sarebbe stata salvata dal governo, in quanto il fallimento di una banca di grandi

dimensioni ha ripercussioni oltremodo significative sulla stabilità finanziaria del

paese. Sempre dagli studi di Andrea Zaghini, si evidenzia che le banche con una

elevata valenza sistemica, dallo scoppio della crisi, hanno iniziato a vedere un

aumento del loro premio per il rischio, e questo fatto ci ricollega con quanto

notato da Cielinski e Lanuara, ovvero gli investitori hanno proceduto a rivalutare

le fonti di rischio.

Quindi è vero che il mercato obbligazionario ha una buona liquidità, ma la

crescita delle emissioni è stata superiore alla crescita della liquidità medesima e

quest'ultima, inoltre, si concentra solo su alcuni titoli, mentre gli altri vengono

molto scambiati dai dealer.

A tale proposito, basti pensare che la CONSOB nel 2010 e nel 201141

rilevava che nel 2010 l'ammontare totale di obbligazioni rappresentava il 21% del

passivo aggregato delle banche e soprattutto negli anni della crisi, circa il 63,3%

delle obbligazioni era piazzato alla clientela retail (tra il 2007 e il 2009, tale cifra

raggiunse l'80%) proprio per la difficoltà a piazzare le obbligazioni presso

investitori istituzionali.

Negli ultimi anni, anche se il canale retail è il canale principale per le

obbligazioni bancarie italiane (si veda il precedente paragrafo 1.3), bisogna

rilevare che la Banca d'Italia evidenzia nel suo "Rapporto sulla Stabilità

Finanziaria"42, che le emissioni obbligazionarie bancarie si sono ridotte nel corso

del 2014 e del 2015 perché le banche hanno preferito utilizzare il finanziamento a

breve termine a tassi molto contenuti per le loro esigenze di liquidità. Questa

decisione è da collegarsi anche alle scelte di investimento delle famiglie italiane

(che in molti casi sono le prime acquirenti delle obbligazioni italiane) che hanno

preferito investire in azioni e fondi comuni di investimento piuttosto che in titoli

di stato o obbligazioni43; di contro è aumentato il numero di emittenti (spesso

piccole e medie società), ma è calato il numero complessivo dell'ammontare di

obbligazioni emesse, proprio perché le banche hanno ridotto le loro emissioni,

infatti si rileva che «nel 2014 le emissioni lorde di titoli sono state pari a 28

miliardi, in calo dal livello massimo raggiunto nel 2013 (39 miliardi), ma

41 AA. VV., "Raccolta bancaria a mezzo di obbligazioni, prospetto e regole di condotta",

CONSOB, 13 luglio 2011, e anche Grasso R., Linciano N., Pierantoni L., Siciliano G., "Le obbligazioni emesse da banche italiane", Quaderni di Finanza, Consob, n. 67 Luglio 2010.

42Cfr. AA. VV., "Rapporto sulla Stabilità Finanziaria", Banca d'Italia, numero 1/Aprile 2015.

43 Per maggiori dettagli al riguardo, si consulti AA. VV., "Rapporto sulla Stabilità Finanziaria", op.

superiori di oltre un terzo rispetto a quelle registrate in media tra il 2002 e il 2008.

Il numero di nuovi emittenti, pari a 97, ha raggiunto il livello più elevato dal

2009; la maggior parte di queste imprese è di piccola e media dimensione e molte

di esse hanno emesso minibond»44. L’ampliamento del piano di acquisto da parte

dell’Eurosistema ai titoli delle imprese, avviato l’8 giugno, ha contribuito a intensificare il ricorso delle aziende al mercato obbligazionario. Nel secondo

trimestre del 2016 si è registrato un sensibile aumento delle emissioni di

obbligazioni da parte delle società non finanziarie (a 4 e a 29 miliardi in Italia e

nell’area dell’euro) e un allungamento della scadenza media delle nuove emissioni da 5,2 a 6,7 anni nel confronto con lo stesso periodo del 2015. I

differenziali di rendimento rispetto ai tassi swap si sono progressivamente

ridotti45.

A fronte di ciò, le banche hanno visto la loro liquidità aumentare grazie

all'aumento della raccolta al dettaglio e all'ingrosso, nonostante vi sia stata

l'estinzione di obbligazioni bancarie assistite da garanzia governativa (emissione

del 2011) e non rinnovate con nuove emissioni, anzi la Banca d'Italia rileva che le

obbligazioni bancarie con garanzia dello Stato Italiano depositate presso Banca

d'Italia come garanzia, è passato da un controvalore di 19,6 miliardi a un valore

pressoché nullo (0,7 miliardi): questo azzeramento è dovuto sia alla scadenza dei

titoli (non rinnovati), sia all'estinzione anticipata di alcuni di essi. Di fatto, le

emissioni obbligazionarie di banche italiane, sono andate diminuendo nel corso

degli ultimi anni dopo aver raggiunto un picco nel 2013. L’avvio del nuovo

44 Per maggiori dettagli al riguardo, si consulti AA. VV., "Rapporto sulla Stabilità Finanziaria", op.

cit. pag. 18.

programma di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (Targeted

Longer-Term Refinancing Operations, TLTRO2) ha ridotto i rischi di

rifinanziamento e il costo della raccolta. Il ricorso a queste operazioni ha

consentito alle banche italiane di non rinnovare larga parte delle obbligazioni

collocate sui mercati all’ingrosso e giunte a scadenza. Oltre tre quarti delle nuove emissioni di obbligazioni effettuate nel semestre terminante in settembre ha

riguardato titoli garantiti, i cui rendimenti sono divenuti negativi anche a seguito

del programma di acquisto da parte dell’Eurosistema. Prosegue il calo delle consistenze delle obbligazioni collocate presso la clientela, mentre i depositi di

famiglie e imprese continuano a crescere46.

Quanto detto riflette sia i nuovi regolamenti legati a Basilea III (che

mettono sotto stretta osservazione sia le emissioni obbligazionarie bancarie, sia le

obbligazioni detenute dalle banche medesime per conto proprio, quindi di fatto

riduce la loro attività come investitori istituzionali sul mercato obbligazionario),

sia la possibilità di ottenere finanziamenti dalle strutture centrali (BCE, e così via)

a costi contenuti, sia l'accesso a quote crescenti di risparmio da parte delle

famiglie che, pur aumentando gli investimenti, vedono aumentare maggiormente i

depositi a scopo prudenziale.

Nel documento Le emissioni obbligazionarie bancarie (pagine 43-55)