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0-2) Sull'efficacia degli ani di stalo civile per l’ imposta di suc­ cessione

Un caso singolare di diritto matrimoniale è capitato all’ esame di un organo finanziario — la Commissione provinciale delle imposte di Trieste che lo ha risolto al lume di un apparente buon senso, insufficiente tut­ tavia in materia di peculiare delicatezza e rilievo.

Il caso è questo. Tizio denunziò a ll’ ufficiale di stato civ ile la nascita di una bambina dichiarando altresì di riconoscerla come figlia naturale: soggiunse che era libero da vincolo matrimoniale, essendo stato annullato (si deve ritenere al tempo del concepimento della neonata) un matrimonio già da lui contratto.

Trattavasi di un matrimonio concordatario. Ma, come risulta, esso era stato solo dichiarato canonicamente nullo, senza che la sentenza ecclesia­ stica avesse ricevuto esecutività civile attraverso il procedimento disposto dall’ art. 17 legge 27 m aggio 1929, n. 847 (v. art. 34 del Concordato).

legale riconoscimento della figlia della quale si denunciava la nascita. La sog­ giunta, fatta in quell’ atto dal dichiarante, che egli era, nonostante il matrimonio da lui contratto il 22 settembre 1930, in stato libero, perchè detto matrimonio era stato annullato in base a sentenza pronunziata dalla competente autorità, non eliminava tale impedimento, dato che il dichiarante né esibiva all’ ufficiale di stato civile copia di detta sentenza né si curava di indicare quanto meno la data di essa e l’ autorità che l’ aveva pronunziata. Di guisa che dall’ atto di nascita risulta unicamente che il dichiarante era coniugato senza che fosse debi­ tamente documentato l’ annullamento, vagamente accennato, del matrimonio. Non solo: ma dal certificato di matrimonio del Dompieri, e quindi da un atto di stato civile che l’ ufficiale avanti il quale il Dompieri compariva poteva (anzi, avrebbe dovuto) richiedere ed esaminare, risulta, e sarebbe risultato anche allora, che il matrimonio era tuttora sussistente, non essendovi a margine di esso alcuna anno­ tazione di annullamento.

Oppone la parte ricorrente .che tuttavia il matrimonio è stato effettivamente annullato con sentenza del tribunale ecclesiastico diocesano di Trieste in data

Tizio appariva, così, per lo Stato, unito da vincolo matrimoniale al tempo del concepimento. A llora la figlia, come adulterina, non poteva essere da lui riconosciuta, ai sensi d ell’ art. 180, n. 1 del codice civile del ’65 (v i­ gente al tempo del riconoscimento) che appunto vietava di riconoscere il figlio « nato da persone, di cui anche una soltanto fosse al tempo del con­ cepimento legata in matrimonio con altra persona » ; occorrendo, invece, pel riconoscimento che il padre riconoscente fosse libero al tempo del con­ cepimento, ed altresì fosse libera la madre. Né avrebbe potuto essere ri­ conosciuta da Tizio la figlia in base a ll’ art. 252 nuovo codice civile pel quale « il figlio adulterino può essere riconosciuto dal genitore che al tempo del concepimento non era unito in matrimonio > ; occorrendo, dunque, pel riconoscimento, la libertà del padre.

Si è fatto carico all’ ufficiale di stato civile di non avere opposto r i­ fiuto al ricevimento della dichiarazione di riconoscimento, quando g li ri­ sultava, per espressa dichiarazione del genitore riconoscente, c h ’ eg li era coniugato (ma il riconoscente veramente asserì che er a stato coniugato).

In realtà, il nuovo ordinamento dello stato civile approvato con r. d. 9 luglio 1939, n. 1238 obbliga « chi intende riconoscere un figlio naturale davanti a ll’ ufficiale dello stato civile a dimostrare che nulla osta al rico­ noscimento a sensi di legge » (art. 83). E si desume che l’ ufficiale di stato civ ile non può ricevere il riconoscim ento del figlio mancando quella dimostrazione. In tal senso si esprime anche la Relazione al Re, n. 21. « In conseguenza d ell’ obbligo di dimostrare che nulla osta al riconosci­ mento, ho stabilito che, qualora questa dimostrazione non sia data, 1 u f­ ficiale dello stato civile si deve rifiutare di ricevere o di trascrivere P atto di riconoscimento » : sebbene contenga asserzioni meno esatte, che 1 art. 83 non stabilisce che in d ifetto di d im ostra zion e l ’ ufficiale di stato civile

deve rifiutare il ricevim ento d ell’ atto.

Ma questo rigoroso controllo dell’ ufficiale di stato civile è una inno­ vazione legislativa che non trova riscontro (e qui la Commissione è caduta

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18 dicembre 1933, e che tale sentenza, trattandosi di matrimonio religioso, e os­ servate le nuove disposizioni in tema di riconoscimento di figli adulterini, conte­ nute nell’ art. 250 del libro I nuovo c. c., deve spiegare efficacia erga omnes. E facile replicare rammentando la massima di una recente sentenza della Commis­ sione centrale (7 novembre 1939, n. 21235) : « II matrimonio religioso acquista valore civile quando viene trascritto nei registri dello stato civile. Il difetto di trascrizione, quindi, fa considerare il vincolo religioso come privo di effetti civili, sia nei riguardi dei privati ebe dello Stato, anche nei rapporti fiscali ». Il criterio enunciato in detta massima vale, a maggior ragione, nei riguardi dell’ annulla­ mento di un matrimonio che, fino a quando non risulti trascritto nei registri dello stato civile, non spiega efficacia civile. Tale principio è conforme alle dispo­ sizioni concordatarie in materia di nullità di matrimoni, pronunziate dai tribu­ nali ecclesiastici, le cui sentenze devono, a sensi dell’ art. 17 legge 27 maggio 1929, n. 847, per divenire definitive, essere munite di provvedimento del Supremo

in una inesattezza) n ell’ ordinamento precedente. Innovazione che risente della maggiore larghezza del riconoscim ento esteso, in certi casi, ai figli incestuosi ed agli adulterini (compreso il caso del figlio adulterino ricono­ scibile dal genitore al tempo del concepimento unito in matrimonio poi annullato, ch ’ era previsto dai primo libro del codice quando venne ema­ nato il nuovo ordinamento dello stato civile, ma è scomparso nel coor­ dinamento — art. 252 corrispondente, con la variante segnalata,, al- l ’ art. 250 — ).

Adunque nell’ ordinamento anteriore la dichiarazione di riconoscimento non era legislativamente soggetta a precisi controlli e pertanto più fa cil­ mente poteva essere accolta.

Il rilievo non è privo di importanza perchè acutizza il problema della Commissione espresso: quale l ’ efficacia della ricevuta dichiarazione?

Si è detto che una dichiarazione qualunque fatta all’ ufficiale di stato civile e da lui ricevuta per errore in urto palese con la legge è inesistente indipendentemente da impugnativa davanti 1 autorità giudiziaria.

Certo se F ufficiale di stato civile compisse un atto del tutto estraneo a ll’ ufficio, l ’ atto non avrebbe neppur l ’ apparenza della validità. Ma non questa è l ’ eventualità da proporre.

Restiamo nel quadro degli atti d ’ ufficio: e precisamente degli atti in­ fluenti sullo stato delle persone. A llora può avvenire: che l ’ atto ricevuto d a ll’ ufficiale di stato civile costituisca un titolo di stato, oppure no.

In tema di filiazione riconosciuta, il riconoscim ento costituisce titolo di stato ove non sia viziato di forma o non sia in contrasto con altri ti­ toli di stato.

Cosi, in base al codice vigente vale titolo di stato il riconoscim ento di figlio adulterino che non risulti legittim o dall’ atto di nascita, se fatto dal genitore libero; ma nè pel v ecch io, nè pel nuovo cod ice vale titolo di stato il riconoscim ento di figlio adulterino, pure non risultante legittim o dall’ atto di nascita, se fatto dal genitore coniugato: come appariva nel caso. A ltrim enti l ’ atto di riconoscim ento verrebbe a contrastare col titolo di stato di coniuge.

Tribunale della Segnatura e rese esecutive dalla competente Corte d’ Appello e infine trascritte e annotate nel registro dello stato civile e a margine dell’ atto di matrimonio: formalità queste che mancano tutte nel caso in esame.

Il riconoscimento della filiazione naturale di cui trattasi è pertanto giuridi­ camente inesistente e ben poteva e doveva essere ignorato dall’ ufficio nell’ appli­ cazione della tassa, senza che occorresse esperire previamente un giudizio di im­ pugnativa avanti l’ autorità giudiziaria.

Ciò non è richiesto per la ragione, già illustrata, che quello invocato dalle •contribuenti non è un atto di riconoscimento, ma un documento dal quale risulta, per le dichiarazioni in esso fatte dal padre naturale, la sua incapacità di rico­ noscere legalmente la figlia. Né può sostenersi che, se anche l’ ufficiale di stato civile ha errato nel ricevere la dichiarazione, questa deve tuttavia, una volta ri­ cevuta, ritenersi valida finché non sia giudizialmente annullata, perchè ciò equi­ varrebbe a ritenere ammissibile e valida qualsiasi dichiarazione fatta avanti T uf­ ficiale di stato civile anche se palesamente contraria alla legge e da questa

vie-Ora, se il riconoscimento ha valore di titolo, non potrà essere rimosso -senza una sentenza, al seguito d ’ azione in contestazione dello stato (art. 188 cod. ’ 65; v. 263 cod. nuovo). Se poi non ha valore di titolo, il suo apparente valore dovrà essere regolarmente escluso: e ciò seguirà con una sentenza d ’ accertamento d’ inesistenza del titolo ovvero di rettificazione d e ll’ atto di nascita (art. 133 r. d. 15 novembre ’65 ord. st. civ. anteriore; art. 454 cod. nuovo).

Così sempre occorre una sentenza. Che se si volesse lasciare facoltà — sia pure a organi finanziari — di tenere o meno conto di un titolo di stato apparente, lo stato delle persone non sarebbe più sicuro. E si assi­ sterebbe a ll’ assurdo evento — che il fatto ha dimostrato — di una figlia formalmente riconosciuta, tale per le parenti legittime, non per il fisco, magari erede legittima ed estranea, ad un tempo, al de cuius. Ib rid i­ smo destinato a permanere : nessuno dubitando che la decisione della Commissione lascia intatto il titolo di stato ed inalterato l ’ atto formale di riconoscimento. Onde balza in tutta evidenza la esigenza di un giudicato con valore e r g a om nes da annotarsi n ell’ atto di nascita (art. 89, n. 1, ord. st. c iv .) ..

Non neghiamo che gli organi finanziari abbiano a procedere ad una propria valutazione degli atti secondo la loro intrinseca natura,’ se anche non v i corrisponde il titolo apparente (art. 8 legge del registro). Ma il titolo di stato, anche apparente, è un presupposto d ell’ atto valutato dal- l ’ organo finanziario, che incide egualmente sulla sua natura e sulla sua intitolazione : nè quell’ organo può sindacare tale presupposto. Invece qui, noverando 1’ atto una successione quale sostanzialmente si aveva in base al titolo di stato, si è voluto andare oltre e valutare il titolo di stato, per negarlo.

Vogliam o anche soggiungere: era poi tanto sicura la Commissione che il riconoscim ento non avesse alcun valore? U n organo competente avrebbe potuto approfondire l ’ indagine. Si sarebbe così domandato se dovesse es­ sere irrilevante o m eglio impugnabile il riconoscimento del genitore co­

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tata e dichiarata nulla e inefficace. Siffatto principio è inconciliabile con la let­ tera e con la ratio dell’ ordinamento dello stato civile, il quale, anche nel testo precedente in vigore, era regolato dalla norma, opportunamente enunciata dall’ at­ tuale testo (r. d. 9 luglio 1939, n. 1938) in apposita disposizione, e cioè nell’ art. 83, che fa obbligo a chi intende riconoscere un figlio naturale avanti l’ ufficiale di stato civile di dimostrare che nulla osta al riconoscimento a sensi di legge, e impone, in difetto di tale dimostrazione, all’ ufficiale di rifiutarsi di ricevere la dichiarazione di riconoscimento.

L ’ erede Rosanna Dompieri va pertanto ritenuta, agli effetti della tassa di successione, quale figlia naturale non legalmente riconosciuta e quindi come estranea, cosicché la liquidazione della tassa in quistione è esatta ed ineccepibile.

niugato per il solo difetto di una esecutività civ ile di anteriore sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale, che avrebbe dovuto (v. art. 34 del Cono.) seguire d ’ ufficio (e pare strano non fosse seguita): ovvero se il riconoscim ento stesso potesse non andare perduto, divenendo valido col necessario prodursi degli effetti civ ili della sentenza di nullità. Va bene che non è pacifica la dottrina sul compito della Corte d ’ appello chiamata a rendere esecutive le sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniali : compito per taluni più rilevante di un’ attività necessaria. Ma la tesi è disputabile. E poteva nel caso affiorare una soluzione diversa, riguardosa di un riconoscimento non iterabile. A llora la sentenza invocata avrebbe avuto tutt’ altro contenuto dal previsto. Se non andiamo errati, assai più conform e al buon senso che sembrò guidare la decisione della Commissione.

G. B . F U N A IO L I

Prof, di diritto civile nella R. Univ. di Pisa

(‘-!j Sui limiti di competenza della finanza nella valutazione

degli atti di Stato civile.

P er cortese e cordiale invito del valoroso P rof. Funaioli, mi permetto di esporre alcune idee a proposito delle considerazioni fatte nella sua suggestiva nota sui lim iti di competenza della finanza nella valutazione degli atti dello Stato civile, per l ’ accertamento d ell’ imposta successoria.

Una volta ammessa anche per questo tributo dallo stesso Funaioli la competenza d ell’ art. 8, mi sembra chiusa la via al procedimento indicato d all’ art. 454 c. c. che il P rof. Funaioli vorrebbe che la amministrazione finanziaria seguisse in ogni caso per negare fede a un atto dello Stato civile : inform ativa al procuratore del Re onde promovesse il giudizio di rettifica e intanto sospensiva della pronuncia per l ’ imposizione.

L ’ art. 8 contiene invece una norma che Consente alla Finanza di evi­ tare l ’ iniziativa defatigante di contestare innanzi ai tribunali la corri­ spondenza della natura intrinseca d egli atti a ll’ apparenza del titolo, dan­ dole la possibilità — l i m i t a t a m e n t e a g l i e f f e t t i t r i b u t a r i — di risolvere la questione di obbligazione fiscale, facendo prevalere la sostanza sulla forma, l ’ essenza sul nome, l ’ effettività sulla apparenza.

della Finanza o semplicemente i danni che possono derivare alla Finanza dagli errori e dalle anomalie di qualsiasi natura che possono compromet­ tere le pretese tributarie, senza che la Finanza debba contestare la natura degli atti avanti l’ ordinaria magistratura. (E parimenti l ’ art. 8 giova al contribuente, quando la dimostrazione della effettiva essenza d ell’ atto com ­ porti l ’ immunità tributaria o una riduzione nella pretesa della Finanza senza obbligo del ricorso all’ autorità giudiziaria).

In ogni caso esso ha per funzione di ^permettere di applicare le im ­ poste secondo l ’ intrinseca natura degli atti senza interrompere necessa­ riamente l ’ accertamento del tributo, per verificare avanti l ’ ordinaria au­ torità giudiziaria quale sia la reale natura degli atti.

Questo procedimento d ell’ art. 8 vale per tutti gli atti, compresi quelli dello Stato civile, perchè l’ accertamento di un ’ imposta in conformità al- l ’ art. 8 non vale decisione sul titolo di stato ma sul debito di imposta, sia pure fondato sull’ apprezzamento di quel titolo di Stato : il che è cosa ben diversa, che il c. c. non può impedire di fare alla Finanza, neanche con l ’ art. 4B1 (il quale afferma che gli atti di Stato civile fanno prova, fino a querela di falso, di ciò che l ’ ufficiale pubblico attesta essere avve­ nuto alla sua presenza o da lui compiuto, ossia della autenticità della d i­ chiarazione fatta dal denunciante, ma non già della veridicità del conte­ nuto della dichiarazione fatta a detto ufficiale).

Altrim enti, dovendo necessariamente seguire l’ iter iu ris civilis in d i­ cato dal F unalioli : 1) si creerebbe un pandemonio nel mondo della F i­ nanza e anche all’ infuori di essa, sollevando un numero infinito di conte- stazioni giudiziarie che in fondo la Finanza non ha il dovere nè il diritto di provocare, riguardando esse rapporti di terzi ai quali deve essere ri­ servato il giudizio di opportunità di portare le questioni talvolta delicate innanzi al m agistrato; 2) si terrebbe spesso in sospeso l ’ accertamento dei- fi imposta con danno per la finanza e con molestia talvolta dei contribuenti.

La finanza — ritornando al caso attuale — non ha il compito di mettere a posto uno Stato civile irregolare, ma semplicemente quello di classificare il caso concreto in una delle varie categorie previste dall’ im ­ posta successoria progressiva, secondo il grado di parentela, che g li pare fi effettivo. Contestando che si possa pagare l ’ imposta con l ’ aliquota della I categoria (come spetterebbe secondo fiapparente titolo di Stato) non si modifica questo titolo, nè alcuno potrebbe valersi d ell’ accertamento del­ l’ imposta per contestare fi efficacia del titolo di Stato.

Quindi lo stato delle persone rimane sempre quello che è. La Finanza non ha modificato nessun atto di stato civile ; semplicemente per suo conto non vi ha prestato fede n ell’ assolvere con senso di responsabilità a ll’ ac­ certamento dell’ imposta, in conformità a ll’ art. 8 della legge di registro. Quindi non si crea un anormale ibridismo, ma quella particolare situazione sempre inerente necessariamente a ll’ applicazione dell’ art. 8 anche in casi diversi dalle questioni di stato. Ciò non può recare meraviglia nell’ appli­ cazione del diritto finanziario che ha esigenze proprie, che possono essere diverse (com e s’ è visto più sopra) da quelle del diritto civile.

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Da qui deriva la l i b e r t à (quando gli organi della finanza non abbiano necessità di fare approfondire dal giudice la questione di stato civile pei cbiarire i dubbi della loro coscienza) di non provocare un giudicato dal­ l ’ autorità giudiziaria da valere e r g a om nes (com e vorrebbe il Funaioli), avendo l ’ organo della Finanza da risolvere una questione fiscale che inte­ ressa non i terzi, ma solo la Finanza e il contribuente.

2 _ D quale — sia o no a posto con il contestato atto di stato c i­ vile __ può avere le sue ragioni di accettare (o invece di contestare) l ’ ac­ certamento d ell’ imposta successoria risultante dalla decisione della C. P . di Trieste, qui in esame.

Se lo contesta, arriverà alla Commissione Centrale e, rimanendo in­ soddisfatto, adirà l ’ autorità giudiziaria, la quale potrà effettivamente risol­ vere e r g a om nes la questione di stato civile, mentre giudica quella di imposta, per cui v ’ è controversia. (L ’ art. 8 permette di trasferire l ’ onere della prova da un organo dello Stato, che nega la realtà del presupposto d ’ un titolo al contribuente che lo difende).

Seguendo questo i t e r i u r i s f i s c i si può pervenire anche al risul­ tato voluto dal prof. Funaioli, ma a piacere del contribuente, avendo gli organi dello Stato, ossia la Finanza non ritenuto necessario (pur avendone la possibilità) di adire l’ autorità giudiziaria. L a quale in altri casi potrà essere evitata anche dal contribuente, se egli non gradirà il giudizio dei magistrati su questioni non solo di stato civile ma pure personali, sacri­ ficando volentieri per esse 1000 lire più o meno di imposta.

3. - L ’ organo dello Stato, che è la finanza, non ha lim iti n ell’ a- dempimento delle sue funzioni secondo la sua specifica competenza. Esso deve quindi anche potere vagliare criticamente il presupposto dell’ ob b li­ gazione tributaria che è fornito dal titolo di stato, per vedere — secondo le facoltà connesse a ll’ art. 8 — la sua corrispondenza colla realtà, nella quale soltanto si ha la base per procedere all’ accertamento d e ll’ imposta. Se tale vaglio critico porta a una discussione preliminare di diritto civile ed ecclesiastico, come fece la Commissione Provinciale di Trieste con la coscienza di poterla fare, — e con perizia non minore di un’ ordinaria magistratura — non basta a im pedirlo la considerazione che il titolo di stato, come presupposto d ’ ordine pubblico, valga e r g a o m n es, cioè anche verso gli organi dello Stato competenti a decidere controversie finanziarie, perchè la regola d ell’ art. 8 contraddice espressamente tale opinione.

4. - Rimane da discutere poi nel merito la decisione della Commis­ sione di Trieste, sia nella massima principale sia in quella subordinata di considerare come estranea la figlia in questione. R iserve sono da farsi- Ma questi argomenti mi porterebbero fuori d a ll’ argomento che fu oggetto di am ichevole scambio di idee col valoroso amico e collega Funaioli.

B E N V E N U T O G R I Z I O T T I

Prof, di Se. d. Fin. e dir. Fin. nella R. Università di Pavia

Piacentini ; Comune S. Valentino c. Società Meridionale E let­

tricità.

Imposta sulle industrie - Luogo di produzione del reddito - Controversia