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Esenzioni tributarie alle famiglie numerose - Computo dei figli a carico - Affiliazione di adulterini - Non computabilità degli affiliati

Non sono comprensibili nel numero dei figli, agli effetti dell’ ap­ plicazione dei provvedimenti tributari di favore alle famiglie nume­ rose, di cui alla legge 14 giugno 1928 n. 1312, modificata con la legge 20 marzo 1940 n. 224, gli adulterini affiliati ( ') .

(Omissis). L ’ appello dell’ ufficio merita di essere accolto. La deliberazione di

prima istanza è fondata su considerazioni giuridiche errate, e su motivi d’ indole morale, che sono fxrori della potestà attinente ad organi amministrativi, i quali debbono risolvere le controversie demandate al loro giudizio senza discostarsi dall’ interpretazione e dall’ applicazione della legge, altrimenti il reciproco diritto dello Stato d’ imporre e percepire tributi e del privato di pagare nei limiti della sua capacità ed entità contributiva sarebbe vulnerato da apprezzamenti di natura sentimentale e di moralità in contrasto con le forme di diritto pubblico.

L ’ A. L. fonda la sua pretesa di volere usufruire la concessione di esenzioni tributarie alle famiglie numerose in base al provvedimento della Corte di

Ap-(‘) L’ « Affiliazione » rispello alle esenzioni tribularie per fa­

miglie numerose.

1. - P er la prima volta, dalla sua comparsa nel nuovo cod ice, l ’ isti­ tuto d ell’ affiliazione è oggetto di considerazione nel campo del diritto fi­

nanziario. L ’ occasione per occuparsene è stata offerta alla Commissione Provinciale delle imposte dirette ed indirette di Napoli dall’ applicazione delle disposizioni legislative in tema di esenzioni tributarie delle fam iglie numerose. Si trattava, cioè, di vedere se dovevano qualificarsi come figli a carico, agli effetti della legge 14 giugno 1928 n. 1312, modificata con la legge 20 marzo 1940 n. 224, g li affiliati ; naturalmente affiliati non in quanto soltanto tali, ma in quanto anche figli naturali d ell’ affiliante, per gli evidenti fini demografici ispiratori della legge d’ esenzione. Il caso presentatosi alla Commissione partenopea era poi ancor più complesso, poiché trattavasi di figli naturali non riconoscibili, come adulterini. Caso particolarissimo, quindi, per la sua abnormità, ma che pur meritava l ’ at­ tenzione d ell’ Amministrazione finanziaria e la sua regolamentazione nel campo fiscale. N el campo del diritto civile, peraltro, una regolamentazione l ’ aveva già avuta, in seguito al giudicato della Corte d ’ A ppello di Bari, che riconobbe l ’ ammissibilità nel nostro diritto d ell’ affiliazione della prole

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pollo di Bari (Sezione Minorenni) in data 16-22 gennaio 1940, con cui — su re­ clamo dell’ A. L. avverso la deliberazione 30-11-1939 del Tribunale dei Minorenni di Foggia, che negava l’ omologazione al provvedimento del giudice tutelare di quella sede in data 3-9-1939 — omologava tale provvedimento, dichiarando l’ affiliazione richiesta da A. L. ed attribuendo ai minori Carmen, Rosario, Anna Maria, Maria Antonietta, e Giuseppina il cognome dell’ atììliante A. Col provvedimento della ■Corte di Bari si escluse L. I , maggiore di anni 18, e non si comprese il minore Franco Pasquale nato il 17-3-1940, dopo l’ indicato provvedimento. Per completare la situazione di fatto si rileva, che A. L., procreò con la legittima moglie, prima che si unisse in relazione illecita con L. C., altri tre figli, Pasquale, Marcella e

naturale d ell’ affiliante e dichiarò l ’ affiliazione degli adulterini di cui trat­ tasi, omologando il provvedim ento del giudice tutelare f1).

Il F isco si è pertanto trovato di fronte al fatto compiuto d e ll’ affilia­ zione di irricon oscibili, con tutte le conseguenze connessevi dal diritto civile. Il problema finanziario da risolvere era se tale affiliazione poteva conferire al genitore il diritto a ll’ esenzione tributaria per fam iglia numerosa, essendosi raggiunto, c o ll’ affiliazione degli adulterini, il numero legale dei figli, sufficiente per chiedere l'esenzione stessa.

2. - Anzitutto è da rilevare che 1’ « affiliazione di adulterini », come nel caso in esame, è da riguardarsi d all’ Amministrazione finanziaria come un dato di fatto, epperciò non contestabile in sede fiscale, senza aver pre­ viam ente esperito l ’ impugnazione d ell’ affiliazione stessa ed aver ottenuto dal giudice la dichiarazione della sua nullità (’*). L ’ indagine, quindi, in ­ tesa a negare l ’ affiliazione di cui trattasi, costituendo, in sostanza, un giudizio di impugnazione d e ll’ affiliazione, non potrebbe compiersi che d a ll’ autorità giudiziaria in sede competente (").

3. - Dal punto di vista del pericolo di frodi fiscali, nessun ostacolo c i sarebbe ad ammettere l ’ estensione dei provvedim enti tributari di favore agli affilianti la propria prole naturale. Non varrebbe infatti riconoscere che * III,

(') V. « La Corte di Bari », gennaio-marzo 1940, parte I, col. 10.

(2) Cfr. la Decisione della Commissione Centrale 17 marzo 1941, n. 38854, in

Rivista di legislazione fiscale, 1942, 304 e v. contra: Decisione della Commis­

sione Provinciale delle imposte di Trieste, 22 aprile 1941, in Foro Italiano, 1942, III, 14 con nota contraria.

(3) Che gli affiliati siano figli naturali irriconoscibili, perché adulterini, dell’ affiliante, risulta all’ Amministrazione finanziaria dal giudicato della Corte d ’ Appello di Bari, che pronunciò l’ affiliazione degli adulterini di cui trattasi. Non potrebbe, perciò l’ Amministrazione contestare al contribuente il rapporto di filiazione naturale, essendo esso deducibile dalla sentenza civile.

Se il rapporto di filiazione naturale risultasse soltanto da esplicita dichia­ razione scritta dei genitori, l’ accertamento della sua verità pure esulerebbe dalla competenza dell’ Amministrazione finanziaria e dovrebbe ritenersi necessario l’ in­ tervento dell’ autorità giudiziaria. Cfr. al riguardo l ’ art. 3 della legge 19 gen­ naio 1942, n. 23 sull’ adeguamento dell’ imposta successoria delle quote eredi­ tarie spettanti ai figli naturali non riconosciuti e non riconoscibili, e la Rela­ zione che l'accompagna del Ministro delle Finanze in Rassegna di legislazione

Giulia, nati rispettivamente a 10-4 1910, 17-11-19 e 24-4-1915, conviventi con la madre B. A., tuttora vivente, a Roma. Dagli atti non risulta, se e quali provve­ dimenti furono emessi dal Collegio, dopo il provvedimento Presidenziale in data 23 7-1921 sulle rispettive istanze di separazione personale proposte dai coniugi A. L. M. all’ Autorità Giudiziaria di Napoli.

La Commissione non ha potere di sindacato sul provvedimento indicato dal- 1’ Autorità Giudiziaria, da cui peraltro traspare chiare il concetto del Magistrato di appello, in riforma del provvedimento di prima istanza, non allegato agli atti, e perciò non si conoscono le ragioni giuridiche, che motivarono il diniego della omologazione della decisione del Giudice tutelare, e cioè la Corte di Appello di * * * 4 5

le frodi sarebbero date dall’ affiliazione di m inori con simulazione del rap­ porto di filiazione naturale, allo scopo di annoverare i minori cosi affiliati nel numero dei figli a ca rico' (e basterebbe l ’ affiliazione di un solo m i­ nore da parte di chi già ha a carico sei figli per ottenere l ’ esenzione).

Invero le frodi sono possibili nel caso d ell’ affiliazione nella stessa guisa che sono possibili nel caso del riconoscimento del figlio naturale,

che è p u r esp ressa m en te p rev isto dalla le g g e d 'es en z io n e (art. 3 della

legge 1928). Non è qui pertanto da cercare un argomento decisivo contro la concessione del beneficio d e ll’ esenzione.

4. - Nemmeno dal punto di vista della capacità contributiva del genitore ci sarebbero ostacoli a ll’ estensione della norma d ’ esenzione. A l- l ’ affiiiante incombono infatti g li stessi obblighi derivanti dall’ art. 147 c. c., che consistono nel mantenimento, istruzione ed educazione della prole e che incombono pure al genitore di prole legittima, legittimata o ricono­ sciuta. A nzi, poiché normalmente si deve ritenere che l ’ affiliazione di adulterini porti alla costituzione di un gruppo fam igliare distinto dalla fa ­ miglia legittim a, come è anche avvenuto nella fattispecie in esame, si ha ragione di credere, almeno fino a che le circostanze lo consentono, che i carichi del genitore sono ancor maggiori, dovendo egli provvedere alle maggiori spese conseguenti alla separazione delle due fam iglie.

5. - L ’ estensibilità della legge d ’ esenzione, poi, al caso d ell’ affilia­ zione di figli naturali, riconoscibili o non riconoscibili, non contrasterebbe, mi sembra, con la moderna coscienza sociale, che si è orientata, colla più recente legislazione, verso un trattamento di sempre m aggior favore della prole naturale, sia essa ricon oscibile o irriconoscibile.

È vero, peraltro, che l ’ affiliazione non porta alla costituzione di uno stato fam igliare per cui si possa dire che la posizione del genitore rispetto ai figli sia identica a quella derivante dal riconoscim ento, fondata su rapporti parentali.

Tuttavia, secondo la relazione del M inistro Guardasigilli al R e Im ­ peratore, 1’ affiliazione attribuisce al minore « una posizione quasi analoga a quella di figlio », che può assumere il cognom e dell’ affiliante, e all’ affi­ nante il dovere morale di trattarlo e di educarlo come tale; dovere morale che è anche dovere giuridico, avendo l ’ affiliante g li stessi obblighi d e ll’ art. 147 c. c. L ’ affiliante deve inoltre disciplinare l ’ esercizio della

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Bari si attenne per dichiarare l’ affiliazione più che a precise norme del primo libro del Codice Civile vigente, a criteri di equità, sostenendo che anche i figli adulterini si possono affiliare, in difformità delle sanzioni per i figli illegittimi, di cui agli art 250, 279 e 291, codice civile (libro delle persone). Ciò non per­ tanto l’A. L., anche con la dichiarata affiliazione dei figli adulterini che egli as­ sume di avere procreati con L. 0. sua amante, e che pure in mancanza della esi­ bizione degli atti di nascita dei minori si deve ritenere che furono denunziati come figli naturali di L, C., la quale non poteva non dichiarare se non procreati con uomo non coniugato, non può fruire delle disposizioni di cui alla legge 14- 6-1928, n. 1312. Invero l’ art. 3 della legge sanziona che agli effetti delle

esen-patria potestà, per quanto concerne l ’ amministrazione dei beni d ell’ affi­ liato, secondo il disposto d ell’ art. 301 c. c. e per quanto riguarda la loro tutela, secondo il disposto d ell’ art. 302 c. c. che prescrive l ’ obbligo del- l ’ inventario.

Non vengono meno, pertanto, noi nuovo istituto d e ll’ affiliazione, quelle garanzie di ordine materiale e morale che la coscienza sociale ritiene che debbano circondare le nuove creature e di cui il legislatore ha tenuto conto, stabilendo che le disposizioni tributarie di favore fossero appli­ cate nei casi, in cui appunto quelle garanzie normalmente si verifica- vano, di figli legittimi, legittimati o riconosciuti.

6. - Superate le questioni, che potrebbero dirsi pregiudiziali all’ esame della questione, è da osservare che nella presente fattispecie appare ictu oculi la mancanza di almeno un presupposto per l ’ applicazione della legge d ’ esenzione: l ’ essere cioè i fig li a carico del genitore. L ’ art. 2 della legge 20 marzo 1940 n. 214, infatti, dispone che « godono delle esen­ zioni accordate con la presente legge coloro che abbiano a carico sette o più figli »; peraltro l ’ art. 3 cp v. della legge 14 giugno 1928 n. 1312-, spe­ cificando che si considerano a carico i figli minorenni e m aggiorenni ina­ bili al lavoro, non vuole con ciò stabilire una presunzione iuris et de iure. Normalmente è la convivenza col genitore che fa presumere che ì minori sono a suo carico, come pure lo sono i m aggiori « inabili al lavoro e p riv i di mezzi per provvedere al proprio sostentamento ». Parim enti, se i figli minori non convivono col genitore, fino a che le circostanze lo consentono, si può ritenere che il genitore adempia agli obbligh i che g li incom bono ex art. 147 c. c. M a se la separazione tra genitori e figli è tale da fa r ritenere, per la com pleta rottura dei loro rapporti, che i minori non sono a carico di chi dovrebbero essere, il F isco potrà, anzi dovrà sempre chiedere la prova.

N ella presente fattispecie abbiamo l ’ esistenza di due nuclei fam igliari distin ti: la fam iglia legittima, composta di tre figli, abbandonata dal g e­ nitore (come risulta dalla D ecisione della stessa Commissione di N apoli) da circa un ventennio (com e risulta dal giudicato della Corte d Appello di Bari — sezione minorenni — (')) e il gruppo dei cinque figli procreati

zioni di cui nella legge sono da considerarsi nel numero dei figli, oltre i legittimi e legittimati, anche quelli naturali riconosciuti. I figli dell’ A. L., che egli stesso indica adulterini, non rientrano nel novero indicato ; in atto egli non può invo­ care il disposto dell’ art. 250 Cod. Civ. primo capoverso, perchè il matrimonio con B. M., non è sciolto od annullato e l ’ A. L. non può avvalersi del disposto della prima parte dell’ indicato art. 250 cod. civ.. Non sussiste che l’ affilia­ zione produce la costituzione di uno stato familiare, perchè tanto evincesi in modo chiaro ed inequivocabile dalla relazione del Guardasigilli al Re Imperatore — parag. 182 — essa non conferisce diritti successori, si può revocare, quando ricorrono le condizioni di cui all’ art. 402 cod. civ., si estingue con la morte

del-dallo stesso genitore, convivendo more uxorio con altra donna, e in seguito affiliati. I l numero legale dai figli è raggiunto. Ma la circostanza in base alla quale l ’ autorità giudiziaria ritenne che non fosse necessario per la affiliazione il consenso d ell’ altro coniuge, cioè l'assoluta mancanza di relazioni tra il padre e la famiglia legittima, così assoluta da far apparire il consenso privo di qualsiasi valore, agli effetti della tutela d e ll’ etica fam igliare (*), annulla ogni presunzione che i figli abbando­ nati siano a carico, p er cui il genitore che chiede l’ esenzione dovrebbe provare il suo onere, salva restando all’ Amministrazione Finanziaria

la possibilità della prova contraria, provocando eventualmente dichia­

razioni dell’ altro coniuge. N on risultando pertanto, allo stato attuale degli atti, che tutti i f i g l i . rientranti nel numero legale sono a carico, vien meno un presupposto per l ’ applicazione alla fattispecie della norma d ’ esenzione tributaria delle fam iglie numerose, qualora se ne riconosca

l ’ estensibilità.

7. - Contro questa conclusione negativa potrebbesi osservare che avendo pur sempre la norma d ’ esenzione, secondo l ’ art. 2 della legge 1940, pratica applicazione anche col venir meno del numero dei figli a carico, il beneficio pure spetterebbe nel caso in esame, in cui il numero dei figli a carico è dim inuito c o ll’ abbandono della fam iglia legittim a. Ma l ’ art. 2 della legge 1940 dispone che il beneficio delle esenzioni è man­ tenuto ininterrottamente sino al 31 dicem bre d ell’ anno in cui si compie il 28° anno dalla nascita del più anziano dei figli, che concorre a formare il numero di sette, a partire d all’ ultimo nato, ma se il beneficio sia già stato concesso (*). Ora qui l ’ esenzione non è mai stata prima d’ ora

con-(* 1) La Corte si fonda sulla Relazione del Guardasigilli, che esprime il concetto

che, se l'affiliaute è coniugato, occorre l’ adesione dell'altro coniuge per evitare

di pregiudicare l'armonia e la pace domestica, immettendo nella famiglia un

estraneo. Si domanda allora la Corte: « Qual’ è l’ armonia, quale la pace dome­ stica da tutelare, quando, come nel caso in esame, risulta che i coniugi vivono in separazione completa, in città diverse da quasi un ventennio ? ». Conclude pertanto che in questo caso non è necessario chiedere per F affiliazione il con­ senso dell’ altro coniuge (V. coni. Cass., I c., d. 29-4-1942 n. 120, Foro it., 1942,

I, 525).

(a) Cfr la Circolare n. 1940 del 19 aprile 1940 della Direzione Generale delle Imposte Dirette ( Tributi, 1940, il, 395).

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l’ affiliante. Così ricostruito il carattere giuridico dell’ affiliazione, che non è de­ formato dal fatto che l’ affiliante, per il disposto dell’ art. 404 cod. civ., deve adempiere agli obblighi di cui all’ art. 145 cod. civ. perchè senza di tale precetto imperativo 1’ istituto della affiliazione non avrebbe conseguito gli scopi che si propone di assistenza ed educazione del minore, è incoercibile la conseguenza, che l’ A. L. non può invocare l’ affiliazione per sottrarsi al paga­ mento delle imposte e per un rapporto giuridico che fondò per sua volontà. Sarà pur vero che la legge del 14-6-1928 non poteva prevedere agli effetti della con­ cessione delle agevolazioni tributarie lo stato giuridico dell’ affiliazione, sancito col cod. civ. del 12 dicembre 1938, entrato in vigore al 1° luglio 1939, ma è da rilevare che anche la legge 20 marzo 1940, n. 224, modificatrice parzialmente della legge 1928, e pubblicata dopo l ’ entrata in vigore del Codice vigente, non considerò altre categorie di figli oltre quelli indicati nell’ art. 3 della legge

14-cessa, trattandosi appunto qui di concederla, e resta fermo che per quanto per il permanere del beneficio nessuna influenza esercitano i re­ quisiti di « a carico » o del numero dei figli, perdurando le esenzioni fino al 28° anno dalla nascita del più anziano, secondo il citato art. 2, per la concessione d ell’ esenzione è necessario avere a carico sette o più figli di nazionalità italiana.

8. - Infine è da osservare che osta alla concessione l ’ estensione per analogia della norma d ’ esenzione al caso non espressamente previsto del­ l ’ affiliazione della prole naturale. L ’ analogia sarebbe possibile se la legge d’ esenzione che si tratta di interpretare fosse una legge normale, anziché una legge emanata * contra tenorem rationis propler aliquam utilitatem »

per stare al detto di Paolo ; e 1’ utilità qui consiste nel raggiungim ento dei fini demografici, che sono una direttiva della politica attuale (').

N el nostro diritto, infatti, per le persone in genere a carico si os­ serva il sistema delle detrazioni, qualunque possa essere il loro numero :

analogo sistema si sarebbe dovuto adottare, pertanto, anche per i figli del contribuente, in numero di sette o più ; invece soltanto per questi si è fatto luogo a ll’ esenzione, non solo per le imposte personali, ma anche per quelle reali, per le quali ultim e il legislatore non ha nemmeno am­ messo le comuni detrazioni secondo il numero delle persone a carico. L ’ esenzione è quindi un’ eccezione. Come tale, per l ’ art. 14 delle disp.

(') Si potrebbe osservare che anziché di una norma d ’ eccezione questa che accorda l ’ esenzione ai padri di sette o più figli rappresenti l’ applicazione di un principio generale conforme alla politica demografica. Contro questa consi­ derazione è da rilevare peraltro che la legge d'esenzione delle famiglie nume­ rose è una legge ispirata da principi di politica demografica, ma è pur sempre una legge tributaria e che sul piano del diritto finanziario — anziché su quello della legislazione demografica — si presenta la questione della imponibilità o della non

assoggettabilità del contribuente alle imposte. Perciò dal punto di vista finanziano la legge d'esenzione delle famiglie numerose si presenta come una eccezione,

ispirata appunto, come s ’ è detto sopra, da ragioni di pubblica utilità per il rag­ giungimento dei fini demografici.

6-1928, per cui all’ interprete di leggi tributarie non è dato di allargare la sfera fiscale del legislatore.

A ll’ A. L. infine non si può attribuire un diritto per le considerazioni morali prospettate dalla Commissione di prima istanza, le quali sono fondate su impres­ sioni soggettive e su valutazioni di fatto, non provate dagli atti, perchè fra l ’ altro si può osservare che si può contrarre un matrimonio non felice, ma non ne consegue ineluttabilmente che si debba creare una prole illegittima, e financo copiosa, con lesione dei diritti di ogni specie della prole legittima. Per la

Com-prelim. del nuovo c. c. (art. 4 d ell’ abrogato c. c .) non ammette l ’ estensione analogica (l).

9. - Concludendo, l ’ esenzione nel caso particolare non si potrebbe consentire in mancanza di prova che sette figli stiano a carico del

contri-(l) In due recenti studi il Giannini M. S. (L' interpretazione e V integrazione

delle leggi tributarie, in Riv. di dir. fin. e se. d. fin., 1941, 95-128 e 170-198; Analogia giuridica, in Jus, 1941, 516-549 e 1942, 41-75), elaborando successiva­

mente la tesi già illustrata dal Bobbio (L'analogia nella logica del diritto, in

Memorie dell'Istituto giuridico dell’ Università di Torino, Torino, 1938) e da

altri, sostiene la possibilità dell’ analogia anche per le norme eccezionali, argo­ mentando dal fatto che l'analogia ha nell’ ordinamento un suo fondamento lo­ gico, che richiede l’ unificazione sotto la stessa norma giuridica dei casi rientranti nel principio che sta alla base della norma stessa- L’ analogia incontrerebbe per­ tanto solo limiti di fatto : ciò si verificherebbe, ad esempio, per le norme c. d. esclusive o a fattispecie esclusiva, che non possono per loro natura trovare ap­ plicazione fuori di date situazioni concrete ben determinate e di cui molte (ma non tutte) hanno natura eccezionale. L’ art. 4 (ora 14) delle disp. prel. cod. civ. non avrebbe perciò nessun pratico valore, proibendo soltanto ciò che la logica non consente di fare, ovvero sarebbe quanto mai inesatto, poiché dovrebbe ri­ ferirsi alle norme c. d. esclusive e non alle norme eccezionali.

L'acuta e dotta analisi del Giannini non riesce a convincermi. Che nel no­ stro ordinamento vi siano norme esclusive, nessuno mette in dubbio ; ma che il legislatore all’ art. 4 delle preleggi abbia voluto riferirsi soltanto ad esse, quando nemmeno ci sarebbe stato bisogno, non ini pare esatto. Quando invero si af­ ferma che la struttura dell’ atto dell’ analogia consta di un ragionamento di so­ miglianza tra gli elementi di una situazione concreta di fatto e quelli della si­