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Nel corso degli anni le Regioni hanno ritagliato spazi di autonomia all’interno dei vincoli statali e istituzionali che abbiamo brevemente individuato e hanno creato modelli di organizzazione sanitaria differenti. La differenziazione dei modelli regionali in ambito sanitario ha avuto inizio con il decreto legislativo 502 del 1992, attuandosi dapprima sul livello amministrativo e poi, con la riforma del 2001, ha trovato applicazione anche sul piano legislativo.

Il livello regionale si è affermato strategico per controllare efficientemente la domanda e l’offerta sanitaria, per definire i rapporti tra pubblico e privato e per realizzare l’equilibrio economico finanziario.

Le Regioni hanno autonomia e libertà nel disegnare come ritengono opportuno l’architett ura del proprio sistema sanitario regionale. In particolare, devono legiferare sul meccanismo di finanziamento regionale delle aziende sanitarie, delle aziende ospedaliere e delle strutture private accreditate presenti nel proprio territorio. Devono, inoltre, individuare l’assetto istituzionale e quindi il numero e le dimensioni delle aziende pubbliche, l’assetto organizzativo ed i principali meccanismi operativi delle proprie aziende.

A seguire presentiamo i principali modelli di governo della sanità presenti nel nostro territorio84.

Un primo modello detto a centralità dell’Azienda Sanitaria locale prevede in capo all’Azie nda la gestione della grande maggioranza dei servizi, compresi quelli ospedalieri. L’ASL è finanziata a quota capitaria, cioè l’ammontare delle risorse è determinato sulla base di parametri relativi alla tipologia ed età della popolazione residente, allo stato di conservazio ne delle strutture immobiliari e allo stato di sviluppo degli impianti tecnologici.

84 F. Longo, E. Vendramini, Analisi dello scenario strategico per il governo della domanda, in Fondazione

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L’ASL ha l’onere di pagare, attingendo alla propria quota capitaria, la mobilità sanitaria in uscita dei propri residenti, cioè remunera le prestazioni rese da altri produttori ai propri cittadini.

I possibili fornitori esterni sono le altre aziende sanitarie, gli ospedali, le strutture private accreditate e le strutture socio-sanitarie, quali le residenze sanitarie, le comunità per tossicodipendenti o minori, ecc.

In questo modello l’ASL ha quindi la doppia funzione di erogatore diretto e acquirente di prestazioni.

In questo modo, però, non essendo finanziata per le prestazioni offerte, l’ASL trova conveniente limitare la produzione e contenere i costi, fino al limite in cui questa moderazio ne produttiva non induca un aumento della fuga sanitaria: in altri termini l’azienda cerca di erogare solo prestazioni assolutamente congrue rispetto ai bisogni; oppure può agire inducendo mobilità in entrata. Tale modello è scelto prevalentemente dalle Regioni del centro nord85.

Nel modello a centralità regionale, invece, le ASL sono semplici produttori, mentre la Regione è l’unico grande acquirente. In particolare, la Regione finanza tutti i produttori, tra cui aziende sanitarie, ospedali e strutture private, con il meccanismo delle tariffe per prestazioni rese. Bisogna però considerare che nel settore sanitario è particolarmente presente il problema dell’asimmetria informativa e cioè i professionisti, che detengono tutta l’informazione sulla necessità e qualità del servizio da offrire, sono in grado di indurre tutta la domanda che desiderano, con l’obbiettivo di trarre vantaggio dal meccanismo di finanziamento a prestazioni.

Il modello tradizionale, infine, caratterizza quelle regioni che non hanno ancora individua to un proprio modello di finanziamento. In altri termini procedono ancora con il finanziame nto ex ante in base alla spesa storica e con il ripiano a piè di lista ex post. In tale modello al Regione ha un ruolo di primo piano ma non attua nessun meccanismo economico e finanziar io per sviluppare la qualità delle prestazioni e la concorrenza.

Un modello differente è riscontrabile nell’esperienza lombarda. In questa Regione è presente una scorporazione dalle aziende sanitarie di tutte le funzioni ospedaliere e specialistic he, lasciandovi quindi le sole funzioni di igiene pubblica e veterinaria, di medicina di base e quelle socio-sanitarie, cioè riguardanti le strutture di ricovero non ospedaliere e gli eventuali

85 V. Antonelli e E. Griglio, Tutela della salute, in L. Vandelli e F. Bassanini (a cura di), Il federalismo alla prova:

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servizi socio-assistenziali delegati dai Comuni. Le ASL, quindi, non hanno in gestione alcun presidio ospedaliero ma si occupano solamente di finanziare, controllare e programmare le prestazioni erogate ai propri residenti; questa fattispecie viene indicata anche come modello di “ASL-terzo pagante”.

A seconda del diverso grado di concorrenza che le Regioni cercano di introdurre nella produzione dei servizi sanitari, al fine di contenere la spesa, assicurare la libertà di scelta del cittadino e migliorare l’efficienza, emergono ulteriori elementi di differenziazione.

Il modello lombardo dell’ASL terzo pagante è quello che cerca maggiormente di stimolare la concorrenza fra diversi produttori, garantendo un libero mercato della sanità e la parificazio ne tra produttori pubblici e privati.

In Emilia Romagna, invece, si delinea un modello contrapposto definito della ASL sponsor o della programmazione negoziata, che permette la concorrenza tra pubblico e enti privati, ma con una presenza limitata di questi ultimi. Le strutture private sono attive nel mercato ma devono rispettare le regole per l’accreditamento. In questo sistema il ruolo dell’amministrazione è prevalente, mentre la concorrenza è minima86.

Analizzando, invece, il grado di governance del sistema sanitario, cioè il sistema di direzio ne e controllo aziendale, si possono distinguere i sistemi regionali secondo caratteristic he differenti87.

Il modello più tradizionale è quello burocratico, che prevede un rapporto di tipo gerarchico tra Regione e Asl, in cui la programmazione è imposta con decreti legge e standard naziona li, e gli obbiettivi locali sono individ uati e vincolati dal legislatore statale. Questo modello è presente nelle Regioni del Sud, in cui la cultura di azienda non si è ancora ben consolidata ; non sono, infatti, disponibili strumenti di controllo manageriale e di budgeting. Questo avviene, solitamente, per mancanza di risorse professionali adeguate ai nuovi compiti.

Nel modello accentrato, invece, la Regione utilizza numerosi strumenti di ascolto e collaborazione tra tutte le strutture, pubbliche e private; prevede la responsabilità finanziar ia in capo alle singole aziende ma non vi è nessuna delega alle Asl per la contrattazione sui volumi di attività. La Regione agisce come capogruppo definendo i tetti di spesa, gli obbiettivi e standard da realizzare e verifica i risultati. Il Veneto esprime al meglio queste caratteristic he. Infine, il modello contrattuale prevede la partecipazione e condivisione delle scelte tra Regione e aziende sanitarie. Le Regioni fissano le linee guida e gli obbiettivi e lasciano alla

86 V. Antonelli e E. Griglio, Tutela della salute, in L. Vandelli e F. Bassanini (a cura di), Il federalismo alla prova:

regole, politiche e diritti nelle Regioni, Il Mulino, 2012, pag. 51.

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negoziazione tra Asl acquirenti e aziende produttrici il compito di controllare la spesa. In questi contesti le Regioni hanno importanti capacità di controllo manageriale e budgeting: si inseriscono in questo modello la Toscana e l’Emilia Romagna88.

Le Regioni possono differenziarsi ulteriormente, in quanto hanno la possibilità di determina re ulteriori livelli di assistenza rispetto a quelli stabiliti dal legislatore. Tale discrezionalità però deve fare i conti con la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili.

Autonomia nel determinare le proprie prestazioni è riconosciuta alle Regioni anche in materia di assistenza farmaceutica, nel controllo delle spesa e nell’erogazione dei medicinali agli assistiti.

Anche il numero e la grandezza delle aziende sanitarie e ospedaliere delinea delle significat i ve differenze. Il numero delle Asl varia da Regione a Regione: vi sono territori in cui è presente l’azienda unica regionale come nelle Marche e nel Molise, mentre altri territori si articolano in Aree Vaste, cioè nuove dimensioni territoriali considerate maggiormente idonee all’ottimizzazione dei servizi. La Regione Toscana, ad esempio, dal 1 gennaio 2016, ha raggruppato le precedenti dodici ASL presenti nel territorio in tre grandi nuove Aziende Usl, una per ciascuna area vasta. Le tre aziende della Regione hanno compiti amministrativi, logistici di programmazione e coordinamento dell’offerta sanitaria e garantisco no l’omogeneità dell’assistenza nel territorio toscano.

Talvolta anche i centri ospedalieri subiscono trasformazioni, come nel caso del Lazio, in cui si è creata un’Azienda per l’emergenza sanitaria, cioè responsabile di un unico settore assistenziale strategico, come quello dell’emergenza.

Ulteriore elemento di distinzione dei sistemi regionali riguarda l’integrazione dei servizi sociali a quelli sanitari. Ad esempio, in Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana e Umbria le Asl dispongono anche di funzioni e risorse attinenti ai servizi socio assistenziali. In Liguria e nelle Marche le funzioni socio sanitarie sono svolte in parte dalle Asl e in parte dai Comuni. Invece, nelle Regioni del Centro e del Mezzogiorno queste tipo di funzioni sono rimaste interamente in capo ai Comuni, mantenendosi così distinti il sistema sanitario e quello socio assistenziale. È da segnalare che in questa parte del territorio italiano vi è uno scarso sviluppo del settore dell’assistenza e la mancata integrazione dei servizi sociali e sanitaria può esserne una delle cause89.

88 Ivi, pag. 255.

89 V. Antonelli e E. Griglio, Tutela della salute, in L. Vandelli e F. Bassanini (a cura di), Il federalismo alla prova:

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Appare interessante segnalare la realtà toscana delle Società della salute, consorzi volont ar i tra i Comuni e le Aziende sanitarie, finalizzati alla piena integrazione dei servizi socio- assistenziali e sanitari. Come si legge nel programma di tali organizzazioni “il miglio r risultato in termini di salute si ha agendo su tutto ciò che contribuisce a costruire la salute, dall'ambiente, all'urbanistica, ai trasporti, alla scuola, ecc. A tutto ciò non può rispondere solo l'azienda sanitaria, ma essa può farlo con l'intervento dei Comuni” 90. Un fattore importante

per la buona riuscita di tali intese è la conoscenza del territorio e il coinvolgimento attivo delle persone. Per questo le Società della Salute favoriscono la partecipazione dei cittadini alle scelte sui servizi socio-sanitari, attraverso comitati con le rappresentanze della comunità e le organizzazioni di volontariato e attraverso le “Agorà della salute”, incontri aperti alla popolazione per assicurare uno scambio diretto di esigenze, opinioni e critiche.