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Gli elementi di unitarietà trovano origine nella natura “fondamentale” del diritto alla salute e dell’interesse della collettività, esplicitamente riconosciuto all’articolo 32 della Costituzione78.

L’obbligatorietà della tutela del diritto presuppone che sia presente un’organizzazione del servizio e un sistema di finanziamento tale da rendere possibile ed efficace l’erogazione delle prestazioni ritenute essenziali.

La legge statale del 1978 n.833 ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale, un sistema di strutture e servizi che hanno lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l’accesso universale all’erogazione delle prestazioni sanitarie.

77 V. Antonelli e E. Griglio, Tutela della salute, in L. Vandelli e F. Bassanini (a cura di), Il federalismo alla prova:

regole, politiche e diritti nelle Regioni, Il Mulino, 2012, pag. 35.

78 Articolo 32, 1° comma, Costituzione recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto

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È da ricordare che prima dell’emanazione di questa legge la tutela della salute era compito principale delle società di mutuo soccorso, associazioni che garantivano la copertura sanitar ia dei propri iscritti. Ciascun associazione si occupava di una singola categoria di lavoratori e le prestazioni sanitarie erano finanziate dai contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro, con possibili e in realtà frequenti integrazioni da parte dell’erario.

Il diritto alla tutela della salute era quindi correlato non all'essere cittadino ma all'essere lavoratore, con inevitabili casi di mancata copertura per coloro i quali si trovassero momentaneamente o permanentemente senza lavoro.

L’istituzione del SSN, quindi, ha costituito il principale momento di unificazione ed universalizzazione delle politiche sanitarie nel nostro Paese.

Possiamo definire l’attuale sistema sanitario come: universale, in quanto prevede l’estensio ne delle prestazioni sanitarie a tutta la popolazione ; uguale, perché i cittadini accedono alla prestazione senza distinzione di condizioni sociali ed economiche; equo, perché garantisce parità di accesso in rapporto a uguali bisogni di salute.

I Livelli Essenziali di Assistenza, inoltre, garantiscono l’equità tra i cittadini, indicando il livello di tutela che non è passibile di differenziazioni nel territorio nazionale, e allo stesso tempo costituiscono la cornice entro la quale le Regioni definiscono la propria autonomia organizzativa.

I LEA sono organizzati in tre grandi aree di intervento: “assistenza sanitaria in ambiente di vita e di lavoro”, che comprende tutte le attività di prevenzione rivolte alle collettività ed ai singoli (tutela dagli effetti dell’inquinamento, dai rischi infortunistici negli ambienti di lavoro, tutela degli alimenti, profilassi delle malattie infettive, vaccinazioni) ; “assistenza distrettua le ” e cioè i consultori familiari, SERT, servizi per la salute mentale, servizi di riabilitazio ne, residenze per gli anziani e i disabili, case famiglia e comunità terapeutiche; “assistenza ospedaliera”, cioè i servizi di pronto soccorso, ricovero ordinario, day hospital e day surgery, strutture per la lungodegenza e la riabilitazione, e così via79.

Le Regioni hanno una certa autonomia nella gestione e organizzazione dell’erogazione delle prestazioni essenziali, tuttavia quest’ultime devono essere offerte in condizioni di appropriatezza, efficienza e adeguato livello qualitativo. Per controllare che si compia l’effettiva erogazione uniforme in tutto il territorio è predisposto un Comitato permanente per la valutazione dei LEA. Il Comitato analizza l’operato nei vari territori e predispone un

79 La classificazione delle prestazioni essenziali è prevista dall’allegato 1 del Decreto del presidente del

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documento valutativo e comparativo delle varie Regioni. In particolare, alle Regioni che risultino particolarmente efficienti e che compiano gli obbiettivi stabiliti viene assegnata una quota premiale di risorse statali80.

Un’altra fonte fondamentale per la gestione del sistema sanitario sono i “Patti per la salute”, accordi finanziari e programmatici della Conferenza Stato-Regioni. Tali intese hanno valenza triennale, affrontano il tema della spesa e della programmazione del Servizio Sanitario Nazionale e sono finalizzate a migliorare la qualità dei servizi, a promuovere l’appropriatezza delle prestazioni e a garantire l’unitarietà del sistema81.

A partire dal 2001, in attuazione del principio di leale collaborazione, lo Stato e le Regioni hanno stipulato con cadenza regolare questi patti di stabilità sanitaria, con l’intento di promuovere una responsabilità condivisa in merito al rispetto degli equilibri di bilanc io, vincolando ad esempio le Regioni a risanare, una volta esaurito il finanziamento statale, con risorse proprie eventuali eccedenze di spesa, dovute a erogazione di ulteriori livelli di assistenza o da inefficienze gestionali.

I patti non hanno natura solo finanziaria ma anche organizzativa, ad esempio il decreto legislativo 68 del 2011 rinvia al Patto per la salute la definizione dei criteri da utilizzare per individuare le Regioni benchmark. Nel 2015 e 2016, ad esempio, le Regioni migliori, perché hanno raggiunto gli obbiettivi, non sono state sottoposte a piani di rientro e hanno dimostrato, quindi, un equilibro finanziario sono state Marche, Umbria e Veneto. Le loro caratteristic he sono state assunte come riferimento per fissare i costi e fabbisogni sanitari standard82.

Anche la disciplina dei piani di rientro assicura l’unitarietà del diritto alla salute. In particolare, le Regioni possono auto-organizzare i propri servizi ma, se si trovano in situazio ni di disavanzo, sono soggette a procedimenti di risanamento. I piani di rientro prevedono, infatti, la perdita di parte dell’autonomia decisionale regionale fino alla nomina di un commissario ad acta. In questo modo le Regioni sono vincolate all’adozione di pratiche organizzative calate dall’alto83.

80 Articolo 2, comma 68, lettera c, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. 81 Ministero della salute, Patto per la salute, 2014 in

www.salute.gov.it/portal e/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=1299&area=programmazioneSanitariaLea&me nu=vuoto.

82 V. Antonelli e E. Griglio, Tutela della salute, in L. Vandelli e F. Bassanini (a cura di), Il federalismo alla prova:

regole, politiche e diritti nelle Regioni, Il Mulino, 2012, pag. 40 e ss.

83 G. Carpani, Il Patto per la salute 2010-2012; questioni “vecchie” e modalità “nuove” di governo condiviso e

responsabile del servizio sanitario. Pubblicato il 28 novembre 2009 in

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In generale, il sistema sanitario è finanziato attraverso la fiscalità generale: parte del gettito proviene dall’imposta sui redditi delle persone fisiche, IRPEF, e dall’imposta regionale sulle attività produttive, IRAP. Alle entrate provenienti dal sistema fiscale vanno aggiunti, quali ulteriori fonti di finanziamento, i proventi derivanti dalle varie forme di compartecipazio ne alla spesa sanitaria da parte degli assistiti, come ad esempio le prestazioni rese a pagamento e i ticket sanitari.