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1.2.2 STORIA DELL’EVOLUZIONE DINAMICA DELLA COSTA: LE PALEO LINEE Per ciò che concerne la storia dell’evoluzione dinamica costiera durante il Quaternario, essa è

4. AREA ENOTRIA

3.1. A ELENCO DELLE FONTI

ERODOTO Storie VII, 170, 1-2

“Si narra infatti che Minosse, giunto in Sikanìa (ora chiamata Sicilia) alla ricerca di Dedalo, vi perì di morte violenta. Dopo poco tempo tutti i Cretesi, tranne gli uomini di Policne e di Preso, furono indotti da un dio ad andare con una grande flotta in Sikanìa. Lì strinsero d'assedio per cinque anni la città di Camico (dove ai miei tempi gli Agrigentini dimoravano). Infine, non potendo né conquistarla né rimanere lì, oppressi com'erano dalla carestia, abbandonarono l'impresa e se ne andarono. Perciò, quando si trovarono in mare al largo della Iapigia, un

grande temporale li colpì e li spiaggiò a riva. Poiché le loro navi furono distrutte e non c’era alcun modo di tornare a Creta, essi fondarono lì la città di Hyria122, e resero questa la loro dimora, mutando di conseguenza da Cretesi a Messapi123 di Iapigia e da isolani ad abitatori del continente”.

TUCIDIDE Storia della guerra del Peloponneso VII, 33

“Demostene ed Eurimedonte, avendo ormai pronto il loro esercito passarono sul Mar Jonio con

l’intera armata da Corcira ed il continente verso il promontorio della Iapigia124

. Procedendo oltre, essi arrivarono sulle isole iapigie denominate Choerades125, e presero a bordo 150 lanciatori iapigi di giavellotto della tribù messapia”.

POLIBIO Storie III, 88

“… egli126

iniziava il suo viaggio verso la Iapigia. Tale territorio era diviso tra tre popolazioni,

ognuno con un proprio nome territoriale, Daunii, [Peucetii] e Messapii”.

121 In questo paragrafo sono state raccolte tutte quelle fonti storiche e letterarie, inerenti all’area iapigia con

particolare attenzione al tratto costiero in esame, che contengono informazioni d’interesse per la ricerca a carattere topografico, etnografico e relativo alle fondazioni storiche e mitiche. L’elenco delle fonti greche e romane qui riportato segue un criterio cronologico dal V sec a.C. al II sec d.C.

122

Si tratta della città di Oria (BR).

123 Le fonti greche a partire dal V sec a.C., come quella ad esempio di Erodoto (infra VII 170,2) e Tucidide (infra VII

33,3) ma anche Polibio (infra III, 88) e Strabone (infra VI, 3,1), usano la definizione “Messapia” per indicare parte della Iapigia, quella meridionale dalla città di Taranto a Brindisi, che dunque assume una connotazione più estesa.

124

In questo passo di Tucidide, così come in quello di Diodoro Siculo (infra XIII,3), è possibile stabilire l’esatta collocazione della terra iapigia.

125 Si tratta delle attuali isolette di San Pietro e San Paolo.

126

Si tratta di Annibale. Polibio attesta in questo passo che il territorio della Iapigia, al tempo di Annibale, era ripartito fra tre popolazioni.

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DIODORO SICULO Biblioteca Storica VIII, 21 1-3 “Gli Epeunatti127

decisero in accordo con Falanto di riunirsi nella piazza per suscitare una rivolta nel momento in cui lo stesso Falanto, ben armato, si fosse calato il berretto di pelle sulla fronte. Ma un tale svelò in anticipo agli efori ciò che stava per accadere. Nonostante la

maggior parte degli efori pensasse necessario uccidere Falanto, Agatiada, che era stato amante

di Falanto, disse che, se si fossero comportati così, avrebbero trascinato Sparta in un grossissimo conflitto civile, in cui, se fossero prevalsi, avrebbero ottenuto un inutile vittoria, mentre, se avessero perso, avrebbero causato la totale rovina della loro patria. Suggerì perciò di far annunciare in pubblico dall’araldo che Falanto doveva lasciar stare il berretto così com’era. Così avvenne ed i Partheni rinunciarono alla cospirazione e si predisposero per la riconciliazione. Gli stessi Epeunatti mandarono dei messaggeri a Delfi per chiedere se la divinità fosse disposta a concedere loro il territorio di Sicione. La Pizia rispose in questo modo: “bello è la regione fra Corinto e Sicione, ma tu non la abiterai, anche se tu fossi interamente coperto di bronzo. Tu presta invece attenzione a Satyrion ed ai flutti luccicanti di Taranto, al suo porto posto verso occidente e, dove un capro accoglie con gioia l’onda salata, bagnandosi la punta del mento grigio, in quel luogo costruisci Taranto saldamente a nord di Satyrion”. Ma

gli Epeunatti, ascoltato ciò, non capivano. La Pizia quindi disse in modo più chiaro: “io ti dono

Satyrion e la pingue terra di Taranto da abitare e pene provocherai agli Iapigi128”.

DIODORO SICULO Biblioteca Storica XIII, 3

“E quando essi furono tutti radunati129

, salparono attraverso lo stretto jonico e giunsero

all’estremità della Iapigia, da dove costeggiarono la costa d’Italia130”. DIONIGI DI ALICARNASSO Antichità Romane I, 13,1

“Da Pelasgo e Deianira era nato Licaone; quest’uomo aveva sposato Cyllene, una ninfa

Naiade, da cui prende il nome il monte Cyllene”. In seguito, avendo descritto i loro figli e i luoghi che ognuno di loro abitava131, egli menziona Enotro e Peucezio nelle sue parole: “..ed

127

Si tratterebbe di Iloti che, per sopperire alle perdite della prima guerra messenica, furono autorizzati a sposare le vedove degli Spartani e ad ottenere così la cittadinanza.

128 Diodoro Siculo, in questa frase, cita Antioco di Siracusa. Le medesime parole vengono riprese anche da Strabone

(Geografia VI, 3,2).

129

Gli Ateniesi con i loro alleati Corciresi.

130 In questo passo, in cui Diodoro menziona il viaggio effettuato dagli Ateniesi nella spedizione contro Siracusa

(trattata nel libro XIII), lo storico fornisce informazioni che localizzano il territorio iapigio.

131

Dionigi di Alicarnasso cita come fonte Ferecide (fr. 85 M). L’idea dunque che Enotri e Peucezi, ovvero Iapigi, abbiano un grado di parentela si ritrova anche in Ecateo di Mileto (fr. 57 M).

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Enotro, da cui derivano gli Enotri che vivono in Italia, e Peucezio, da cui prendono il nome i Peucezi che abitano sul golfo jonico”.

DIONIGI DI ALICARNASSO Antichità Romane XIX, 1,2

“Quando gli Spartani combattevano contro Messene, e la loro città era priva di uomini, le

donne e soprattutto le fanciulle in età da marito li supplicavano di non permettere che restassero senza sposi e senza figli. Allora a turno dall’accampamento furono spediti alcuni giovani ad unirsi alle donne, i quali ebbero rapporti sessuali con le prime che incontravano. Da queste unioni disordinate nacquero bambini che, una volta divenuti adulti, furono chiamati Partheni dagli Spartani e subirono molti altri insulti. Scoppiò una rivolta e i Partheni, sconfitti, abbandonarono spontaneamente la città ed inviarono a consultare l’oracolo di Delfi. Ricevettero il responso di navigare verso l’Italia, di rintracciare una contrada della Iapigia di nome Satyrion ed un fiume denominato Taras, e di posizionare la propria dimora laddove avrebbero visto un capro immergere la propria barba nel mare. Portarono a termine perciò la navigazione, trovarono il fiume indicato e videro un fico selvatico cresciuto vicino al mare, che ricopriva una vite, uno dei tralci pendenti della quale tangeva il mare. Ritennero che questo dovesse essere il capro che immergeva la propria barba nel mare indicato dall’oracolo, e sostarono qui combattendo contro gli Iapigi e fondando la città che dal nome del fiume fu denominata Taranto”.

STRABONE Geografia VI, 1,4

“Ma il territorio dei Tarantini, che confina con Metaponto, egli lo pone fuori dall’Italia e

denomina i suoi abitanti Iapigi” 132.

STRABONE Geografia VI, 3,1

“Ora che ho attraversato i territori dell’Italia antica come quello di Metaponto, devo parlare di

quelli che confinano con loro. E la Iapigia confina con loro; i greci la chiamano Messapia133, ma gli autoctoni, dividendola in due cantoni, chiamano “territorio dei Salentini” la zona vicina al Capo Iapigio134, mentre l’altra zona “territorio dei Calabri”.

STRABONE Geografia VI, 3,2

132 Strabone riporta, in questo passo, le parole di Antioco. In questi versi, come nella fonte successiva (VI 3,1),

Strabone definisce i confini dell’area iapigia e dell’area italica enotria.

133

Terra tra due mari.

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“Parlando della fondazione di Taranto, Antioco dice che dopo la fine della guerra messenica,

quelli tra gli Spartani che non presero parte alla spedizione furono considerati schiavi e vennero chiamati Eloti, e tutti i bambini che erano nati durante la spedizione furono chiamati Partheni e in modo giuridico privati dei diritti di cittadinanza, ma loro non avrebbero tollerato questo, soprattutto dal momento che erano un numero considerevole per formare un complotto contro i cittadini liberi; e quando l’ultimo apprese del complotto, inviarono segretamente alcuni

uomini che, con la scusa dell’amicizia, riportavano quale tipo di congiura fosse; tra questi c’era

Falanto, che era reputato essere il loro campione, ma non era soddisfatto in generale di coloro

che erano stati nominati per prendere parte nel consiglio. Comunque, fu accordato che l’attacco doveva essere compiuto durante il festival Hyacintino nell’Amyclaeum quando i giochi erano stati celebrati, nel momento in cui Falanto avesse indossato il suo copricapo di pelle (i liberi cittadini erano riconoscibili dai loro capelli); ma quando Falanto e i suoi uomini ebbero segretamente riportato l’accordo, e quando i giochi si stavano svolgendo, un messaggero avanzò e gli proibì di indossare un copricapo in pelle; e quando i congiuratori percepirono che il

complotto era stato scoperto, alcuni di loro iniziarono a scappare e altri ad elemosinare clemenza; ma loro furono comandati di stare di buon umore e furono dati in custodia; Falanto, tuttavia, fu inviato al tempio del dio al fine di consultarlo in merito alla fondazione di una colonia; ed il dio rispose: “Ti concedo Satyrium, sia per costruire la tua dimora nella ricca terra di Taras sia per divenire una rovina per gli Iapigi”. Pertanto, i Partheni giunsero lì con Falanto e furono accolti cordialmente da entrambi barbari e cretesi che avevano precedentemente preso possesso del luogo. Questi ultimi, si dice, fossero le persone che salparono con Minosse alla volta della Sicilia e, dopo la sua morte che avvenne nella dimora di Kokalos a Camico, salparono dalla Sicilia; ma, durante il viaggio di ritorno, essi furono portati fuori rotta ed arrivarono a Taranto, anche se qualche tempo dopo alcuni di loro giunsero a

piedi verso l’Adriatico ed emigrarono in Macedonia e furono chiamati Bottiaioi. Ma si dice che

tutte le persone in Daunia fossero chiamate Iapigi, da Iapyx, che si diceva fosse stato il figlio di Dedalo avuto da una donna cretese e di essere stato il leader dei cretesi. La città di Taranto, però, prende il suo nome da un eroe135”.

STRABONE Geografia VI, 3,3

“Ma Eforo descrive la fondazione della città136

così: gli Spartani erano in guerra con i Messeni, perché quest'ultimi avevano ucciso il loro re Teleclo quando giunse a Messene per

135

Si tratta dell’eroe mitico Taras, figlio di Nettuno e della ninfa Satyrea, figlia a sua volta del re Minosse.

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offrire il sacrificio, ed essi giurarono che non sarebbero tornati a casa di nuovo fino a quando non avessero distrutto Messene o tutti fossero stati uccisi; e quando loro partirono per la spedizione, lasciarono il più giovane ed il più anziano dei cittadini a sorvegliare la città; ma in seguito, durante il decimo anno di guerra, le donne spartane si riunirono ed inviarono alcune del loro numero per far capire ai loro mariti che essi stavano portando avanti la guerra con i Messeni a condizioni ingiuste: i Messeni, restando nel proprio paese, avevano generato figli, a differenza di essi che, dopo aver abbandonato le mogli alla vedovanza, si trovavano in una spedizione nella terra del nemico e si lamentavano, inoltre, che la patria era in pericolo essendo in bisogno di uomini. E gli Spartani, sia mantenendo il loro giuramento sia tenendo presente l’argomento delle donne, inviarono gli uomini più vigorosi ed al contempo più giovani, poiché sapevano che questi non avevano preso parte ai giuramenti, dal momento che erano ancora bambini al tempo degli uomini andati in guerra in età militare. Ed ordinarono loro di convivere con fanciulle, ogni uomo con ogni ragazza, ritenendo che in questo modo le fanciulle avrebbero potuto generare molti più bambini; e quando questo fu fatto, i bambini vennero chiamati Partheni” ... “Ora gli Spartani spartirono la Messenia fra di loro137, ma quando tornarono in patria non vollero onorare i Partheni con diritti civili, come il resto, per il fatto che erano nati fuori dal matrimonio; Così i Partheni, coalizzandosi con gli Eloti, formarono un complotto contro gli Spartani e si accordarono a sollevare un cappello laconico

nella piazza del mercato come segnale per l’attacco. Ma quantunque alcuni degli Eloti avevano rivelato la trama, gli Spartani decisero che sarebbe stato difficile fare un contro-attacco verso di loro, poiché gli Eloti non erano soltanto numerosi ma avevano tutti la stessa idea, considerando se stessi come praticamente fratelli gli uni degli altri” …” E così gli Spartani li persuasero138

, sotto l’influenza dei loro padri, a partire e fondare una colonia, e se il posto di cui avessero preso possesso li avrebbe soddisfatti, di restare li, altrimenti di tornare e dividere tra loro la quinta parte della Messenia. Così loro, inviati, trovarono gli Achei in guerra contro i barbari, presero parte ai loro pericoli e fondarono Taras”.

PLINIO IL VECCHIO Naturalis Historia III, 16

“Adiacente a questo territorio vi è la seconda regione d’Italia, che comprende l’Irpinia, la Calabria, la Puglia ed il Salento, e si estende per una distanza di 250 miglia lungo il Golfo di

Taranto, che riceve il suo nome da una città fondata dai Lacedemoni, situata alla fine del Golfo, a cui era annessa la colonia marittima che era precedentemente stanziata li. Taranto è

137

Dopo una guerra durata diciannove anni, la Messenia capitola. Strabone qui riporta le parole di Tirteo.

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distante dal territorio di Lacinio 136 miglia, che allunga il territorio della Calabria opposto ad essa nella forma di una penisola. I Greci chiamavano questo territorio Messapia dal loro sovrano; prima essa era chiamata Peucetia, da Peucetius, il fratello di Enotro, ed era inclusa nel territorio del Salento” … “Accanto a Brindisi si trova il territorio dei Poediculi139; nove giovani ed altrettante fanciulle, nativi dell’Illyria, divennero i genitori di sedici nazioni140

. Le città dei Poediculi sono: Rudiae, Egnazia e Bari; i loro fiumi sono: lo Iapyx (così chiamato dal figlio di Dedalo, che fu re lì, e che gli diede il nome di Iapigia), il Pactius e l’Ofanto, che nasce sulle montagne dell’Irpinia e scorre oltre Canosa”.

PAUSANIA Periegesi della Grecia X, 10,6

“Taranto è una colonia degli spartani ed il suo fondatore fu Falanto, uno spartano141

. Per fondare la colonia, Falanto ricevette un oracolo a Delfi che diceva che quando avesse sentito una pioggia sotto un cielo senza nuvole142, avrebbe ottenuto poi entrambe le cose sia un territorio che una città”.

PAUSANIA Periegesi della Grecia X, 10,8

“Come le sue lacrime cadevano a scroscio, e lei bagnò il capo di Falanto, egli realizzò il

significato dell’oracolo, poiché il nome di sua moglie era Aethra. E così, quella notte, egli strappò ai barbari Taranto, la città più grande e più prospera sulla costa. Si dice che l’eroe Taras fosse figlio di Poseidone e di una ninfa di quei luoghi e che da questo eroe presero il nome la città ed il fiume. Taras, infatti, si chiamano sia il fiume che la città” .

PAUSANIA Periegesi della Grecia X, 13,10

“Opis, re degli Iapigi, divenne un alleato dei Peuceti. Opis viene rappresentato come morto in battaglia e sul suo corpo prostrato si trovano in piedi l’eroe Taras e Falanto di Sparta, accanto al quale c’è un delfino143

. Perciò dicono che, prima che Falanto raggiungesse l’Italia, egli subì

un naufragio nel mare Criseo e fu portato sulla riva da un delfino”.

139 Termine utilizzato dai Romani per definire i Peuceti.

140 In questo passo di Plinio viene descritta la provenienza delle genti iapigie come genti provenienti dall’Illyria.

141

Pausania riporta il mito di fondazione della città di Taranto ad opera di Falanto.

142 L’oracolo viene successivamente spiegato dallo scrittore: a tal proposito si legga infra il passo contenuto nel libro

X, 10,8.

143

Il delfino ricorre in tutta l’iconografia del mito di fondazione di Taranto ed un esempio importante si ritrova sulle monete tarantine.

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