5.4 Equazioni risolubili per radicali
Dopo avere analizzato la corrispondenza fra campi intermedi di una estensione algebrica e sottogruppi del gruppo di Galois dell’estensione, ci occupiamo ora, in particolare, del caso di un singolo polinomio f ∈ k[X] e dell’estensione k ⊆ ∆f. La risolubilit`a per radicali dell’equazione f (x) = 0 `e infatti legata all’esistenza di una opportuna catena di campi intermedi fra k e ∆f, una catena a cui corrisponda una speciale catena di sottogruppi del gruppo di Galois, una catena, cio`e, che sia una risoluzione di questo gruppo. Di tutto ci`o ci occuperemo in questo paragrafo, pervenendo sia alla condizione generale per l’esistenza di una formula risolutiva per radicali, sia al Teorema di Abel-Ruffini, che assicura, per ogni n > 4, l’esistenza di equazioni algebriche di grado n non risolubili per radicali.
Definizione 5.4.1 a) Sia k ⊆ K una estensione di campi. Un elemento x ∈ K si dice radicale su k se esiste un intero n > 0 tale che xn∈ k.
b) Una estensione di campi k ⊆ K si dice estensione per radicali se esiste una successione finita di estensioni
k = K1⊆ K2 ⊆ · · · ⊆ Kn+1= K
tale che per ogni i = 1, . . . , n esistono un elemento xi∈ Ki+1 e un intero ni > 0 tali che Ki+1= Ki(xi) e xnii ∈ Ki.
c) Un’equazione algebrica f (x) = 0 a coefficienti in k si dice risolubile per radicali su k se esiste una estensione per radicali k ⊆ K tale che ∆f ⊆ K.
Esempi 5.4.2 a) Un’equazione del tipo f (x) = xn− a = 0, con a ∈ k, `e risolubile per radicali su k; se infatti x1, . . . , xn sono le radici di f in un suo campo di scompo-sizione ∆f, si ha
k ⊆ k(x1) ⊆ k(x1)(x2) ⊆ · · · ⊆ k(x1, . . . , xn−1)(xn) = ∆f ed xni = a ∈ k per ogni i = 1, . . . , n.
b) Ogni equazione di 20 grado a coefficienti in k `e risolubile per radicali su k; se infatti x `e una radice di f (X) = aX2 + bX + c ∈ k[X], si ha ∆f = k(x) = kx +2ab , perch´e se x0 `e l’altra radice, si ha x + x0 = −ba e quindi x0 = −x +2ab − 2a2 e
x +2ab 2= b2−4ac2a ∈ k.
c) Ogni equazione algebrica f (x) = 0 a coefficienti in k ⊆ R `e risolubile per radicali su R.
Osservazione 5.4.3 Le radici ξ1, . . . , ξn del polinomio f (X) = Xn− 1 ∈ k[X] in un campo delle radici ∆f di f si dicono le radici n-me dell’unit`a; esse costituiscono un gruppo Un di ordine n, cio`e le radici ξ1, . . . , ξn di f sono tutte distinte. Questo fatto `e falso se k ha caratteristica p > 0; per esempio, il polinomio X2− 1 ∈ Z2[X] ha la radice doppia x = 1. Poich´e nel nostro caso k ha caratteristica 0, si ha, a meno di isomorfismi,
Q ⊆ k, e l’asserto `e vero per Xn− 1 ∈ Q[X], quindi esso `e vero per Xn− 1 ∈ k[X].
Allo stesso modo si vede che il gruppo Un `e sempre ciclico.
Se ξ `e un generatore di Un, ξ si dice radice n-ma primitiva di 1, e un’altra radice n-ma ξr di 1 `e primitiva se e solo se r `e primo con n.
Infine, se ξ `e una radice n-ma primitiva di 1, k(ξ) `e campo delle radici su k del polinomio Xn− 1 ∈ k[X], f (X) = Xn− a ∈ k[X] e x `e una radice di f , x, xξ, . . . , xξn−1 sono tutte e sole le radici di f , e quindi ∆f = k(ξ, x).
Proposizione 5.4.4 Siano k un campo contenente una radice n-ma primitiva ξ di 1 ed f = Xn− a ∈ k[X]. Allora il gruppo Gk(f ) `e ciclico e il suo ordine `e un divisore di n.
Dimostrazione L’asserto `e ovvio se a = 0. Se a 6= 0 e x `e una radice di f , si ha x 6= 0 e
∆f = k(x); inoltre, se σ ∈ Gk(f ), σ(x) `e una radice di f e quindi del tipo xξrσ. Se allora Un `e il gruppo delle radici n-me di 1, l’applicazione
ϕ : Gk(f ) → Un definita da ϕ(σ) = ξrσ `e un omomorfismo iniettivo.
Si ha infatti ϕ(σ) = σ(x)x e ϕ(τ ) = τ (x)x ; quindi, poich´e σ(ξ) = ξ, ϕ(στ ) = (στ )(x)
x = σ(xξrτ)
x = σ(x)ξrτ
x = xξrσξrτ
x = ϕ(σ)ϕ(τ )
Inoltre ϕ(σ) = ξrσ = 1 se e solo se σ(x) = x, cio`e se e solo se σ = 1. Proposizione 5.4.5 Siano k un campo contenente una radice n-ma primitiva ξ di 1 e K una estensione normale finita di k tale che il gruppo di Galois G = Gk(K) sia ciclico di ordine n. Allora esiste un elemento x ∈ K tale che K = k(x) ed xn∈ k.
Dimostrazione Siano z ∈ K tale che K = k(z) (Teor. 3.4.7), σ un generatore di G e x = z + σn−1(z)ξ + σn−2(z)ξ2+ · · · + σ(z)ξn−1
Allora si ha
σ(x) = σ(z) + zξ + σn−1(z)ξ2+ · · · + σ2(z)ξn−1 = ξx
e quindi, per ogni intero r, σr(x) = ξrx, cio`e i trasformati di x mediante gli elementi di G sono x, xξ, . . . , xξn−1 e poich´e questi sono tutti distinti e coniugati di x, questo prova che δk(x) = [k(x) : k] ≥ n. D’altra parte, K `e campo delle radici di un polinomio f ∈ k[X]
a radici semplici (Coroll. 3.7.5) e quindi [K : k] = n per il Teor. 5.2.5 a), quindi [k(x) : k] ≤ n e in definitiva [k(x) : k] = n, cio`e K = k(x) (Osserv. 3.2.19).
Infine, si ha σr(xn) = [σr(x)]n= (ξrx)n= xn per ogni r, cio`e xn `e lasciato fisso da tutti i k-automorfismi di K, e allora xn∈ k per il Coroll. 3.7.7. Proposizione 5.4.6 Siano f ∈ k[X] un polinomio a radici semplici. Supponiamo che esista una successione di estensioni
k = K0⊆ K1 ⊆ · · · ⊆ Kr+1 = ∆f
tale che per ogni i = 0, . . . , r esistono un elemento xi ∈ Ki+1 e un intero positivo ni con Ki+1= Ki(xi) e xnii ∈ Ki.
5.4. EQUAZIONI RISOLUBILI PER RADICALI 143 Sia poi n = M CM {n0, . . . , nr} e supponiamo che k contenga una radice n-ma primitiva ξ di 1.
Allora il gruppo Gk(f ) `e risolubile.
Dimostrazione Poniamo Gi= GKi(f ) e proviamo che
Gk(f ) = G0⊇ G1⊇ · · · ⊇ Gr+1 = {1}
`
e una risoluzione di Gk(f ).
Ora, k, e quindi ogni Ki, contiene una radice ni-ma primitiva ξ
n
ni di 1 e quindi Ki+1 `e campo delle radici su Ki del polinomio fi = Xni− xnii , cio`e `e una estensione normale di Ki. Segue allora dal teorema 5.2.5 che Gi+1`e un sottogruppo normale di Gi e Gi/Gi+1`e isomorfo a GKi(fi) che, per la Prop. 5.4.4 `e un gruppo ciclico e quindi commutativo. Proposizione 5.4.7 Ogni estensione per radicali K di un campo k si pu`o immergere in una estensione per radicali normale L di k.
Dimostrazione Sia k = K1 ⊆ · · · ⊆ Kr+1 = K una successione di estensioni con Ki+1= Ki(xi) e xnii = ai ∈ Ki, e dimostriamo la proposizione per induzione su r.
Se r = 1, , si ha k = K1 ⊆ K2 = K, con K = k(x) e xn = a ∈ k. Sia L il campo delle radici di Xn− a ∈ k[X]. Allora L `e normale su k e se ξ `e una radice n-ma primitiva di 1 si ha L = k(ξ, x) (Osserv. 5.4.3) e quindi L `e una estensione per radicali di k contenente K.
Supponiamo l’asserto vero per tutte le estensioni per radicali di lunghezza r e proviamolo per le estensioni del tipo
k = K1 ⊆ K2⊆ · · · ⊆ Kr+1= K con Ki+1= Ki(xi) e xnii = ai ∈ Ki.
Per l’induzione, esiste una estensione per radicali normale Lr di k tale che Kr⊆ Lr; Lr `e campo delle radici di un polinomio fr∈ k[X].
Siano G = Gk(fr), σ1= 1, σ2, . . . , σh gli elementi di G e poniamo g(X) =
h
Y
j=1
(Xnr− σj(ar))
Allora, per ogni i = 1, . . . , h, σilascia fissi i coefficienti di g(X) perch´e questi sono, a meno del segno, le funzioni simmetriche elementari di σ1(ar), . . . , σh(ar), che sono i coniugati di ar su k e σi si limita a permutarli; allora, per il Coroll. 3.7.7, g(X) ∈ k[X].
Sia Lr+1 il campo delle radici di g(X) su Lr.
Poich´e σ1 = 1 ed xnrr− ar = 0, si ha g(xr) = 0, cio`e xr∈ Lr+1.
Se z1= xr, z2, . . . , zs sono le radici di g(X), si ha Lr+1 = Lr(z1, . . . , zs) e quindi, essendo Kr⊆ Lr, si ha
Kr+1 = Kr(xr) ⊆ Lr(xr) ⊆ Lr+1
Proviamo che Lr+1 `e estensione per radicali di k.
Per l’induzione, esiste una successione di estensioni
k = Lr,1 ⊆ Lr,2 ⊆ · · · ⊆ Lr,m= Lr
avente i requisiti richiesti, e del resto
Lr ⊆ Lr(z1) ⊆ Lr(z1, z2) ⊆ · · · ⊆ Lr(z1, . . . , zs) = Lr+1
dove, essendo g(zi) = 0, zi `e radice di uno dei fattori di g(X), cio`e znir = σj(ar) ∈ Lr. Infine, Lr+1 `e una estensione normale di k perch´e `e il campo delle radici del polinomio
frg.
Teorema 5.4.8 Se f ∈ k[X], l’equazione f (x) = 0 `e risolubile per radicali se e solo se il gruppo Gk(f ) `e risolubile.
Dimostrazione Supponiamo che l’equazione f (x) = 0 sia risolubile per radicali. Allora
∆f si immerge in una estensione per radicali normale K, cio`e esistono una successione di estensioni
k = K0 ⊆ K1⊆ · · · ⊆ Kr+1= K
con ∆f ⊆ K, K normale e per ogni i = 1, . . . , r un elemento xi∈ Ki+1e un intero positivo ni con Ki+1= Ki(xi) e xnii ∈ Ki.
Siano n = M CM {n1, . . . , nr} e ξ una radice n-ma primitiva di 1.
Allora L = K(ξ) `e una estensione per radicali normale di k.
Se infatti g ∈ k[X] `e un polinomio tale che K = ∆g e se h = (Xn− 1)g, si ha L = ∆h. Allora le estensioni k ⊆ ∆f ⊆ L sono normali, quindi H = G∆f(L) `e sottogruppo normale di G = Gk(L) e Gk(f ) ' G/H.
Ora, G `e un gruppo risolubile, per la Prop. 5.4.6, e quindi Gk(f ), quoziente di un gruppo risolubile, `e risolubile (Prop. 4.7.5).
Viceversa, supponiamo che Gk(f ) sia risolubile, e dimostriamo che l’equazione f (x) = 0 `e risolubile per radicali su k.
Siano n l’ordine di Gk(f ) e ξ una radice n-ma primitiva di 1. Allora ∆f(ξ) `e campo delle radici di f su k(ξ) e quindi `e una estensione normale di k(ξ).
Inoltre il gruppo G = Gk(ξ)(∆f(ξ)) `e isomorfo a un sottogruppo di Gk(f ).
Se infatti σ ∈ G, la restrizione σ0 di σ a ∆f `e un elemento di Gk(f ) e questo induce un omomorfismo ϕ : G → Gk(f ), che `e iniettivo, perch´e se σ0 = ϕ(σ) = 1, σ0 lascia fisse le radici di f , quindi anche σ le lascia fisse; ma esse generano ∆f(ξ) su k(ξ), quindi σ = 1.
Per la Prop. 4.7.3 G `e allora un gruppo risolubile e quindi ammette una risoluzione G = G0⊇ G1⊇ · · · ⊇ Gr+1 = {1}
tale che ogni quoziente Gi/Gi+1`e ciclico, finito e di ordine primo (Coroll. 4.7.11).
Consideriamo ora le estensioni successive
k ⊆ k(ξ) = K1 ⊆ K2 ⊆ · · · ⊆ Kr+1= ∆f(ξ)
dove per ogni i = 1, . . . , r + 1, Ki `e il campo ∆f(ξ)Gi degli elementi di ∆f(ξ) lasciati fissi da tutti gli elementi di Gi.
Per il teorema fondamentale di Galois, poich´e ogni Gi+1 `e normale in Gi, ogni Ki+1 `e una estensione normale di Ki e GKi(Ki+1) `e isomorfo a Gi/Gi+1, quindi `e ciclico di ordine primo ni, che `e un divisore di n = [∆f(ξ) : k(ξ)].
Ogni Ki contiene la radice primitiva ni-ma ξ
n
ni di 1 e quindi, per la Prop. 5.4.5, esiste un
5.4. EQUAZIONI RISOLUBILI PER RADICALI 145 elemento xi ∈ Ki+1 tale che Ki+1= Ki(xi) e xnii ∈ Ki.
Ci`o prova che ∆f(ξ) `e estensione per radicali di k e siccome ∆f ⊆ ∆f(ξ), ci`o conclude la
dimostrazione.
Osservazione 5.4.9 Se le equazioni f (x) = 0 e g(x) = 0 sono risolubili per radicali, anche l’equazione f (x)g(x) = 0 `e risolubile per radicali.
Siano infatti K ⊇ ∆f ed F ⊇ ∆g estensioni per radicali di k e siano
Esempio 5.4.10 Ogni equazione f (x) = 0 di grado n ≤ 4 `e risolubile per radicali.
Per l’Osserv. 5.4.9, basta limitarsi al caso in cui f `e irriducibile; e in questo caso, per il Teor. 5.1.4, il gruppo di Galois di f `e isomorfo a un sottogruppo di Sn, e quindi, per la Prop. 4.7.3, `e risolubile.
Osservazione 5.4.11 Le formule risolutive delle equazioni di 30 grado a coefficienti in un campo k si determinano nel seguente modo.
Si pu`o supporre che l’equazione abbia la forma x3+ px + q = 0.
Dall’identit`a
(a + b)3− 3ab(a + b) − a3− b3= 0
si deduce che, se a, b ∈ ¯k sono tali che −3ab = p e −a3 − b3 = q, a + b `e soluzione dell’equazione data.
Le condizioni poste sono equivalenti alle seguenti a3b3 = −p3
27 a3+ b3 = −q Quindi a3 e b3 sono radici dell’equazione di 20 grado
x2+ qx − p3
Naturalmente, la determinazione dei radicali quadratici deve essere la stessa in entrambi gli addendi e quelle dei radicali cubici devono essere fatte tenendo conto che deve essere ab = −p3, il che riduce a tre le possibilit`a.
Osservazione 5.4.12 Si osservi che anche quando l’equazione x3+ px + q = 0 ∈ Q[X]
ha tre soluzioni reali, pu`o aversi q42 +p273 < 0: `e il caso, per esempio, dell’equazione x3− 15x + 4 = (x + 4)(x − 2 +√
3)(x − 2 −√ 3) = 0
quindi le formule di sopra utilizzano, anche in questo caso, il campo complesso.
Osservazione 5.4.13 Anche per l’equazione di 40 grado, si pu`o supporre che essa abbia la forma
x4+ mx2+ nx + t = 0 Dalla identit`a
(a+b+c)4−2(a2+b2+c2)(a+b+c)2−8abc(a+b+c)+(a2+b2+c2)2−4(a2b2+a2c2+b2c2) = 0 si deduce che se a, b, c ∈ ¯k sono tali che
−2(a2+ b2+ c2) = m − 8abc = n (a2+ b2+ c2)2− 4(a2b2+ a2c2+ b2c2) = t allora a + b + c `e soluzione dell’equazione data.
Le condizioni poste sono equivalenti alle seguenti a2+ b2+ c2= −m
2 a2b2c2= n2
64 a2b2+ a2c2+ b2c2 = m2 16 − t
4 (5.6)
quindi a2, b2, c2 sono soluzioni dell’equazione (cfr. Osserv. 3.7.8)
z3+m
2z2+ m2 16 − t
4
! z − n2
64 = 0
e possono essere calcolati con l’uso delle formule per il 30 grado e tenendo conto delle condizioni (5.6).
Il teorema seguente, dimostrato per la prima volta con qualche carenza da Paolo Ruffini nel 1799 (lo stesso anno nel quale Gauss ha dimostrato il Teorema fondamentale dell’Algebra) e ridimostrato definitivamente da Niels Abel nel 1828, prova che una formula risolutiva per radicali per l’equazione algebrica generale, quella nella quale tutti i coefficienti, tranne quello direttivo, sono indeterminate, di grado n > 4 non pu`o esistere.
Definizione 5.4.14 Siano u1, . . . , un indeterminate su k. L’equazione xn− u1xn−1+ u2xn−2− · · · + (−1)nun= 0
a coefficienti in K = k(u1, . . . , un) si dice equazione generale di grado n su k.
Teorema 5.4.15 Il gruppo di Galois dell’equazione generale di grado n `e isomorfo ad Sn.
5.4. EQUAZIONI RISOLUBILI PER RADICALI 147 Dimostrazione Siano x1, . . . , xn le radici del polinomio
f (X) = Xn− u1Xn−1+ u2Xn−2− · · · + (−1)nun in un campo delle radici ∆ su K = k(u1, . . . , un); allora risulta
∆ = K(x1, . . . , xn) = k(u1, . . . , un, x1, . . . , xn) e in ∆[X] si ha la scomposizione
f (X) =
n
Y
i=1
(X − xi)
mentre in ∆ si hanno le relazioni (Osserv. 3.7.8) u1=
Consideriamo ora n indeterminate X1, . . . , Xn su k e le loro funzioni simmetriche elemen-tari
La prima affermazione `e ovvia, perch´e ∆0 `e campo delle radici del polinomio f0(X) = quindi non risentono delle permutazioni di esse.
Quindi σ0`e un K0-automorfismo di ∆0 che induce la permutazione σ sulle radici di f0(X), come volevasi.
Proviamo infine che GK(∆) ' GK0(∆0).
Il k-omomorfismo
ϕ : k[u1, . . . , un] → k[U1, . . . , Un] definito da ϕ(ui) = Ui `e chiaramente surgettivo.
Esso `e anche iniettivo; infatti, consideriamo il k-omomorfismo ψ : k[X1, . . . , Xn] → k[x1, . . . , xn]
definito da ψ(Xi) = xi.
Poich´e k[U1, . . . , Un] ⊆ k[X1, . . . , Xn], si pu`o considerare il k-omomorfismo composto ψϕ : k[u1, . . . , un] → k[x1, . . . , xn]
Per le relazioni (5.7) si ha allora (ψϕ)(ui) = (ψ(ϕ(ui)) = ψ(Ui) = ui per ogni i = 1, . . . , n e quindi (ψϕ)(g) = g per ogni g ∈ k[u1, . . . , un].
Se ne deduce che ϕ `e un k-isomorfismo; esso si estende a un k-isomorfismo ϕ0 fra K = k(u1, . . . , un) e K0 = k(U1, . . . , Un) e questo a un k-isomorfismo ϕ∗: K[X] → K0[X]
tale che ϕ∗(X) = X.
Ma allora si ha
ϕ∗(f (X)) = ϕ∗(Xn− u1Xn−1+ · · · + (−1)nun) = f0(X)
e quindi, per il Teor. 3.6.5, ϕ0 si estende a un isomorfismo χ : ∆ → ∆0 che trasforma le radici di f in quelle di f0.
Se σ ∈ GK(∆) e τ ∈ GK0(∆0), si ha χσχ−1 ∈ GK0(∆0) e χ−1τ χ ∈ GK(∆), e gli omo-morfismi s : GK(∆) → GK0(∆0) e t : GK0(∆0) → GK(∆) definiti da s(σ) = χσχ−1 e t(τ ) = χ−1τ χ sono l’uno l’inverso dell’altro.
Questo conclude la dimostrazione.
Corollario 5.4.16 L’equazione generale di grado n `e irriducibile su K = k(u1, . . . , un), e quindi ha radici semplici.
Dimostrazione Segue dal fatto che il suo gruppo di Galois `e isomorfo a un gruppo transitivo
di permutazioni,
Corollario 5.4.17 (Teorema di Abel-Ruffini) L’equazione generale di grado n `e riso-lubile per radicali su K = k(u1, . . . , un) se e solo se n ≤ 4.
Lemma 5.4.18 Per ogni numero primo p esistono polinomi irriducibili di grado p a co-efficienti interi aventi esattamente p − 2 radici reali.
Dimostrazione L’asserto `e banale per p = 2; supponiamo allora che sia p > 2. Scegliamo p − 2 numeri interi pari a1 < a2 < · · · < ap−2, un numero intero pari b e consideriamo il polinomio di grado p
g(X) = (X2+ b)(X − a1) · · · (X − ap−2)
Esso ha esattamente p − 2 radici reali (ma `e riducibile). L’idea `e quella di aggiungervi un termine noto in modo da non alterare il numero di radici reali e da renderlo irriducibile.
La funzione y = g(x) della variabile reale x definita dal polinomio g(X) ha il grafico della forma seguente
5.4. EQUAZIONI RISOLUBILI PER RADICALI 149
E infatti evidente che essa ha un massimo relativo fra a` 1 e a2, un minimo relativo fra a2 e a3, e cos`ı via. Inoltre si ha ai< ai+ 1 < ai+1e calcolando il valore g(ai+ 1) si deduce che i p−32 valori massimi relativi assunti da g sono maggiori di 2, e quindi anche il polinomio
f (X) = g(X) − 2
Teorema 5.4.19 Per ogni numero primo p ≥ 5 esistono equazioni di grado p a coefficienti interi non risolubili per radicali.
Osservazione 5.4.20 Segue dal Teor. 5.4.19 che per ogni n ≥ 5 esistono equazioni di grado n a coefficienti interi non risolubili per radicali. Se n non `e primo, basta considerare una equazione f (x) = 0 di grado 5 a coefficienti interi e non risolubile per radicali e considerare l’equazione xn−5f (x) = 0.
Esercizi 5.4.21 a) Dimostrare che Q
q 2 +√
2 + q
3 +√ 3
`e una estensione per radicali su Q.
b) Determinare un polinomio irriducibile di grado 7 e uno di grado 11 non risolubili per radicali su Q.
c) Determinare un numero intero a tale che l’equazione x5 + 6x2 + 3a = 0 non sia risolubile per radicali su Q.
d) Dimostrare che l’equazione x5− 6x + 3 = 0 non `e risolubile per radicali su Q.
e) Dimostrare che per ogni n ∈ N esistono equazioni algebriche irriducibili di grado n a coefficienti in Q risolubili per radicali.
Capitolo 6
Costruzioni geometriche con riga e compasso
Il problema della possibilit`a di effettuare costruzioni geometriche a partire da una figura data facendo solo uso della riga (intesa semplicemente come strumento per tracciare porzioni di rette, e quindi priva di legami con eventuali unit`a di misura) e del compasso,
`
e stata a lungo oggetto di studio nel passato.
Molti problemi sono stati posti e risolti nell’antichit`a; altri, come quelli della trisezione dell’angolo, della duplicazione del cubo, della quadratura del cerchio e della costruzione di poligoni regolari, sono stati posti nell’antichit`a e sono stati lungamente studiati nei secoli successivi. Ma fu solo con lo sviluppo della teoria delle estensioni dei campi, nei secoli XVIII e XIX, che essi ebbero una risposta definitiva.
C’`e da osservare che oltre a ideare problemi che hanno affascinato il mondo scientifico per molti secoli, gli antichi avevano trovato per essi anche sofisticate soluzioni, non basate sull’uso di riga e compasso. E la soluzione per cos`ı dire moderna utilizza in maniera deci-siva sia il metodo cartesiano e il conseguente impianto equazionale della geometria, sia la distinzione dei numeri reali in algebrici e trascendenti e la teoria correlata.
La risposta ai tre problemi classici (trisezione dell’angolo, duplicazione del cubo, quadratura del cerchio) `e negativa, e per ottenerla `e sufficiente dimostrare che una certa condizione necessaria non `e verificata. `E interessante osservare che la condizione precedente `e solo necessaria, mentre una condizione necessaria e sufficiente coinvolge la teoria di Galois delle equazioni algebriche.
Non privi di fascino sono poi alcuni risultati che hanno fatto da contorno alla lunga ricerca della soluzione. Fra questi, un teorema di Mascheroni (1797), che dimostra che ogni punto raggiungibile con una costruzione con riga e compasso `e raggiungibile anche con l’uso del solo compasso, un teorema di Steiner (1833), che dimostra che `e sufficiente l’uso della sola riga, purch`e fra i dati iniziali vi sia una circonferenza, e un teorema di Hilbert, che d`a una condizione necessaria e sufficiente perch´e bastino solamente la riga e il trasportatore di segmenti di definizione ovvia.
6.1 Generalit` a
Chiariamo subito che le operazioni ammesse in questo contesto sono 151
a) tracciare la retta che passa per due punti noti, b) considerare l’intersezione di due rette note,
c) tracciare la circonferenza che ha centro in un punto noto e per raggio la distanza fra due punti noti,
d) considerare l’intersezione di una circonferenza e di una retta note, e) considerare l’intersezione di due circonferenze note.
Osservazione 6.1.1 Costruzioni molto semplici consentono ad esempio
1. dati una retta r e un punto P , di tracciare la perpendicolare ad r passante per P , sia che il punto P appartenga, sia che non appartenga ad r;
2. dati una retta r e un punto P , di tracciare la parallela ad r passante per P ; 3. dato un segmento, dividerlo in n parti uguali;
4. dato un segmento, tracciarne un qualsiasi multiplo razionale;
5. dati tre punti non allineati, tracciare la circonferenza che passa per essi;
6. dato un angolo, dividerlo in 2n parti uguali;
7. dato un angolo, tracciarne un qualsiasi multiplo intero;
8. dati un segmento di lunghezza x e uno di lunghezza y, tracciarne uno di lunghezza x + y;
9. dati un segmento di lunghezza x e uno di lunghezza y, con x ≥ y, tracciarne uno di lunghezza x − y;
Osservazione 6.1.2 Costruzioni un po’ meno semplici consentono inoltre
10. dato un segmento di lunghezza x, di tracciarne uno di lunghezza x√ 2, uno di lunghezza x e uno di lunghezza 1x;
11. dati un segmento di lunghezza x e uno di lunghezza y, tracciarne uno di lunghezza xy e uno di lunghezza xy
Un metodo `e basato sul teorema di Euclide; infatti una costruzione del tipo indicato in figura `e realizzabile sia a partire dai segmenti AH e HB, sia a partire dai segmenti AH e HC
A H B
C
6.1. GENERALIT `A 153 e poich´e AH : CH = CH : HB, si ha
a) se AH = 1 e HB = x, allora CH =√ x;
b) se AH = 1 e CH = x, allora HB = x2; c) se AH = x2 e HB = y2, allora CH = xy;
d) se AH = y e CH = 1, allora HB = 1y.
E naturalmente implicito negli enunciati 7), 8) e 9) che sia fissata una unit`` a di misura per i segmenti.
Osservazione 6.1.3 Dato nel piano un insieme finito di dati iniziali (punti, rette, circon-ferenze o altro), un punto P si dice costruibile con riga e compasso a partire da quei dati se esiste una successione α0, α1, . . . , αn−1, αn = P tale che per ogni αi, non facente parte dei dati iniziali,
a) αi `e un punto, una retta o una circonferenza;
b) se αi `e un punto, esistono rette e/o circonferenze αr e αs con r, s < i o facenti parte dei dati iniziali, di cui αi `e uno dei punti di intersezione;
c) se αi `e una retta, esistono due punti distinti αr e αs con r, s < i o facenti parte dei dati iniziali, tali che αi `e la retta che li congiunge;
d) se αi `e una circonferenza, esistono tre punti αp, αq e αr con p, q, r < i o facenti parte dei dati iniziali, tali che αi `e la circonferenza di centro αp e raggio la distanza fra αq e αr.
Osservazione 6.1.4 Il problema pu`o essere posto in termini pi`u schematici; infatti, i dati iniziali possono essere determinati mediante punti (due per una retta, tre o due (se uno `e il centro) per una circonferenza) e anche le figure da costruire possono essere ottenute de-terminandone alcuni punti e poi congiungendoli opportunamente con rette o circonferenze.
Questi punti possono essere determinati uno alla volta, quindi il problema generale pu`o essere ricondotto al seguente : dato un insieme di punti P1, . . . , Pn, determinare, mediante le operazioni ammesse, un ulteriore punto P .
Esercizi 6.1.5 Costruire con riga e compasso : a) la tangente a una circonferenza in un suo punto;
b) un rombo avente diagonali di lunghezze assegnate;
c) un quadrato di area 2;
d) un segmento di lunghezza √4
3 e uno di lunghezza √ 2 +√
3 e) i fuochi di una ellisse di semiassi assegnati;
f ) le tangenti a una circonferenza passanti per un punto ad essa esterno.