• Non ci sono risultati.

Ci proponiamo adessso di studiare l’irriducibilit`a dei polinomi a coefficienti in un dominio fattoriale D, per esempio un campo.

Proposizione 2.6.1 Siano D un dominio fattoriale e K il campo delle frazioni di D.

Allora

a) Un polinomio di primo grado f ∈ D[X] `e irriducibile se e solo se `e primitivo.

b) Un polinomio f ∈ D[X] ha un fattore di primo grado se e solo se ha una radice in K.

c) Un polinomio primitivo f ∈ D[X] di grado ≤ 3 `e riducibile se e solo se ha una radice in K.

d) Se f = a0+ · · · + anXn ∈ D[X] ha una radice non nulla rs ∈ K e M CD{r, s} = 1, allora r divide a0 ed s divide an.

Dimostrazione a) `e evidente.

b) Se f ha il divisore aX + b, ha la radice −ba ∈ K; se poi f ha la radice rs ∈ K, con r ed s primi fra loro in D, in K[X] si ha f = (X −rs)g = (sX − r)gs; quindi il polinomio primitivo sX − r divide f in K[X] e quindi lo divide anche in D[X].

c) Se f ha grado ≤ 3 ed `e riducibile, essendo primitivo esso ha un fattore di primo grado, quindi c) segue da b).

d) Se f

r s



= a0+a1

r s



+· · ·+an

rn sn



= 1

sn(sna0+rsn−1a1+· · ·+rn−1san−1+rnan) = 0 si ha

r(sn−1a1+ rsn−2a2+ · · · + rn−1an) = −sna0

s(sn−1a0+ rsn−2a1+ · · · + rn−1an−1) = −rnan e la conclusione segue dal fatto che r ed s sono primi fra loro.

 Esempio 2.6.2 Il polinomio f (X) = X3+23X2+ X + 3 ∈ Q[X] `e irriducibile.

Basta infatti dimostrare che lo `e il polinomio g = 3f = 3X3+ 2X2+ 3X + 9.

E chiaro infatti che se u `` e un elemento invertibile dell’anello A, x ∈ A `e irriducibile se e solo se lo `e ux.

Ora, g `e un polinomio di Z[X] e le sue possibili radici in Q sono le frazioni rs il cui nu-meratore `e nell’insieme {±1, ±3, ±9} dei divisori di 9 e il cui denominatore `e nell’insieme {±1, ±3} dei divisori di 3.

2.6. IRRIDUCIBILIT `A NEGLI ANELLI DI POLINOMI 59 Quindi le possibili radici in Q di g sono nell’insieme {±1, ±13, ±3, ±9}.

Gli elementi positivi di questo insieme non possono essere radici di g, perch´e questo ha i coefficienti tutti positivi, e si verifica subito che g(−9), g(−3), g(−1), g(−13) sono tutti diversi da zero.

Quindi g non ha radici in Q e quindi f `e irriducibile in Q[X].

Esempio 2.6.3 Il polinomio X4+ 4 ∈ Q[X] non ha radici in Q ma si ha X4+ 4 = (x2− 2X + 2)(x2+ 2X + 2)

quindi l’affermazione c) della Prop. 2.6.1 `e valida solo per polinomi di grado ≤ 3.

Osservazione 2.6.4 Siano D un dominio ed f ∈ D[X] un polinomio monico riducibile.

Allora f `e anche il prodotto di due polinomi monici.

Infatti, se

Infatti, esso pu`o solo scomporsi nel prodotto di un polinomio di primo e uno di terzo grado, oppure nel prodotto di due polinomi di secondo grado.

Nel primo caso, f (X) avrebbe una radice in Q; ma le possibili radici di f in Q sono solo

±1 ed f (1) = 2, f (−1) = −2.

Nel secondo caso, f(X) sarebbe prodotto di due polinomi monici di Z[X]

f (X) = (X2+ aX + b)(X2+ cX + d) = X4+ (a + c)X3+ (ac + b + d)X2+ (ad + bc)X + bd

b) Se k `e un campo, X `e una indeterminata su k, a ∈ k e b ∈ k, esiste uno e un solo isomorfismo ϕ : k[X] → k[X] tale che ϕ|k = id e ϕ(X) = aX + b.

Basta infatti porre ϕ(f ) = f (aX + b) e verificare che si ha ϕ(f + g) = ϕ(f ) + ϕ(g) e ϕ(f g) = ϕ(f )ϕ(g). `E poi evidente che l’omomorfismo ψ : k[X] → k[X] definito da ψ(f ) = f (a1X − ba) `e tale che ϕ ◦ ψ = ψ ◦ ϕ = id; quindi ϕ `e un isomorfismo.

c) Se k ha caratteristica 0, l’isomorfismo ϕ : k[X] → k[X] definito da ϕ|k = id e ϕ(X) = X −an−1n trasforma il polinomio Xn+ an−1Xn−1+ · · · + a0 in un polinomio del tipo Xn+ bn−2Xn−2+ · · · + b0, privo cio`e del termine di grado n − 1; ed il primo

`e irriducibile se e solo se lo `e il secondo.

Teorema 2.6.7 (Eisenstein, ∼ 1845) Sia f (X) = a0+· · ·+anXn∈ D[X] un polinomio primitivo, con D dominio fattoriale. Se esiste in D un elemento primo p che divide a0, . . . , an−1, ma il cui quadrato non divide a0, f `e irriducibile (e quindi primo) in D.

Dimostrazione Supponiamo che esistano polinomi non invertibili g(X) = b0+ · · · + brXr ed h(X) = c0+ · · · + csXs in D[X] con f = gh.

Allora r, s > 0, perch´e f `e primitivo e b0c0 = a0.

Poich´e p divide a0 ma p2 non divide a0 si ha, per esempio, che p divide b0 ma non divide c0.

Supponiamo che p divida b0, . . . , bm−1 ma non divida bm (se p dividesse tutti i bi f non sarebbe primitivo).

Del resto si ha

am = b0cm+ b1cm−1+ · · · + bm−1c1+ bmc0

e poich´e m ≤ r < r + s = n, p divide am e b0cm+ b1cm−1+ · · · + bm−1c1; quindi p divide bmc0 e questo `e assurdo, perch´e p `e primo e non divide c0 n´e bm.  Osservazione 2.6.8 Il criterio di Eisenstein `e limitato a polinomi di tipo molto partico-lare. Se ne possono per`o trarre alcune informazioni interessanti :

a) Per ogni n ∈ N il polinomio Xn− 2 `e irriducibile in Q[X] e quindi esistono polinomi irriducibili di ogni grado.

b) Per ogni numero primo p ∈ Z, il polinomio f (X) = Xp−1+ Xp−2+ · · · + X + 1 `e irriducibile in Q[X].

Infatti si ha f (X) = XX−1p−1 e se ϕ : Q[X] → Q[X] `e l’isomorfismo definito da ϕ|k = id e ϕ(X) = X + 1 (osser. 2.6.6 a)), si ha

ϕ(f ) = (X+1)Xp−1 = Pp

i=0(pi)Xp−i−1

X = Xp−1+Pp−1i=1 piXp−i−1=

= Xp−1+Pp−1i=1 (p−i)!i!p! Xp−i−1 e la tesi segue dal Teor. 2.6.7.

L’osservazione precedente b) ci sar`a utile nell’ultimo capitolo, quando affronteremo il prob-lema della suddivisione della circonferenza in n parti uguali.

2.6. IRRIDUCIBILIT `A NEGLI ANELLI DI POLINOMI 61 Esercizi 2.6.9 a) Dire quali dei seguenti polinomi sono irriducibili in Q[X] :

X3+2X +1, X4+4, 1 2X3+1

3X +1

3, X4+2X3−4X2−2

3, X4+2X3−4X2−1 3 b) Provare che il polinomio X4+ 2X2 + 1 `e riducibile in Q[X] e non ha radici in Q (quindi quanto asserito nella Prop. 2.6.1 c) non si estende ai polinomi di grado maggiore di 3).

c) Sia f ∈ Z[X] un polinomio monico di grado 3. Dimostrare che se f non ha radici in Z esso `e irriducibile in Z.

d) Dimostrare che quanto asserito nell’es. c) `e falso senza l’ipotesi che f sia monico (27X3− 8 = . . . ).

Capitolo 3

Estensioni di campi

Nel primo capitolo abbiamo visto come si introducono i sistemi numerici e in particolare i tre campi Q, R e C. Il primo risolve il problema della eseguibilit`a di tutte e quattro le operazioni, con l’eccezione naturale della divisione per zero, il secondo quello della completezza, che consente di esprimere le misure di tutte le grandezze, il terzo quello dell’esistenza delle radici delle equazioni algebriche. Alla domanda naturale se il processo di estensione sia concluso hanno risposto W. R. Hamilton, nel 1843, con la costruzione del corpo (non commutativo) dei quaternioni, e G. Frobenius, che intorno al 1880 dimostr`o che un corpo contenente propriamente C e che sia una R-algebra finitamente generata contiene necessariamente il corpo dei quaternioni e quindi non pu`o essere commutativo.

Esistono per`o molti campi contenuti in C, nessuno dei quali strettamente compreso fra R e C, perch´e un campo k tale che R ⊆ k ⊆ C pu`o essere visto come R-spazio vettoriale, e in quanto tale pu`o avere solo dimensione 1, e allora coincide con R, o 2, e allora coincide con C.

Si noti che se un sottocampo di C contiene, come tutti i campi di caratteristica 0, il campo razionale Q.

Se S `e un sottoinsieme qualsiasi di C, possiamo considerare tutti gli elementi di C che possono essere ottenuti eseguendo le quattro operazioni con gli elementi di S.

Se S contiene un elemento non nullo si ottiene cos`ı un campo intermedio fra Q e C e lo studio di questo genere di campi `e di grande importanza per lo studio della natura dei numeri, per la teoria delle equazioni algebriche e per una grande quantit`a di altri settori della matematica.

3.1 Elementi algebrici e trascendenti

Definizione 3.1.1 a) Si dice estensione del campo k un qualsiasi sopracampo K di k.

b) Siano K una estensione del campo k e x un elemento di K; si dice che x `e algebrico su k se esiste un polinomio non nullo f ∈ k[X] con f (x) = 0; nel caso contrario si dice che x `e trascendente su k.

63

c) Una estensione K del campo k si dice algebrica se ogni elemento di K `e algebrico su k; si dice trascendente nel caso contrario.

Esempi 3.1.2 a) Ogni elemento x ∈ k `e algebrico su k; esso `e infatti radice del poli-nomio X − x ∈ k[X].

b) Ogni numero complesso z = a+ib `e algebrico su R; esso `e infatti radice del polinomio X2− 2aX + a2+ b2 ∈ R[X]; quindi C `e una estensione algebrica di R.

c) Se q ∈ Q+ ed n ∈ N, il numero √n

q `e algebrico su Q; esso `e infatti radice del polinomio Xn− q ∈ Q[X].

d) Vedremo nell’ultimo paragrafo di questo capitolo che esistono numeri reali, come e e π, trascendenti su Q, quindi R `e una estensione trascendente di Q.

e) L’elemento √

Osservazione 3.1.3 Un elemento x ∈ C `e algebrico su Q se e solo se `e radice di un polinomio a coefficienti interi.

Definizione 3.1.4 Un elemento x ∈ C che sia radice di un polinomio monico a coefficienti interi si dice intero algebrico.

Gli interi di Gauss (esempi 2.3.7) sono esempi di interi algebrici.

Osservazione 3.1.5 Sia x un elemento di una estensione K di k.

a) Consideriamo l’insieme di tutti gli elementi di K che possono essere ottenuti es-eguendo le operazioni di anello con gli elementi di k ∪ {x}. Esso pu`o essere visto come l’intersezione di tutti i sottoanelli di K (e quindi il pi`u piccolo di essi) conte-nenti k ∪ {x} o come l’anello di tutti gli elementi di K che possono essere espressi

3.1. ELEMENTI ALGEBRICI E TRASCENDENTI 65 nella forma a0+ a1x + · · · + anxn con a0, a1, . . . , an∈ k ed n ∈ N.

Per questa ragione, esso viene indicato con k[x] e viene chiamato sottoanello di K generato da x su k.

b) Se invece consideriamo l’insieme di tutti gli elementi di K che possono essere ottenuti eseguendo le operazioni di campo con gli elementi di k ∪ {x} otteniamo il campo k(x) che chiamiamo campo generato da x su k o campo ottenuto da k con l’aggiunta dell’elemento x e che pu`o essere visto come l’intersezione di tutti i sottocampi di K che contengono k ∪ {x} o come il campo delle frazioni di k[x], che essendo un sottoanello di un campo `e certamente un dominio.

Esempi 3.1.6 a) Q[√

c) Segue dalle definizioni che Q[√3

2] = {a + b√3 2 + c√3

4 | a, b, c ∈ Q}.

Osservazione 3.1.7 a) Considerazioni analoghe possono essere fatte per sottoinsiemi qualsiasi S di K, che danno luogo al sottoanello k[S] e al sottocampo k(S) di K.

In particolare, se S = {x1, . . . , xn} si ottengono l’anello k[x1, . . . , xn] e il campo k(x1, . . . , xn).

Questo anello e questo campo possono essere ottenuti anche per induzione, poich´e si ha k[x1, . . . , xn] = k[x1, . . . , xn−1][xn] e k(x1, . . . , xn) = k(x1, . . . , xn−1)(xn) per ogni n > 1.

b) Naturalmente, se S e T sono due sottoinsiemi di K si ha k[S] ⊆ k[T ] se e solo se S ⊆ k[T ] e k(S) ⊆ k(T ) se e solo se S ⊆ k(T ).

Definizione 3.1.8 L’estensione K di k si dice finitamente generata se esiste un nu-mero finito di elementi x1, . . . , xn ∈ K tali che K = k(x1, . . . , xn); si dice semplice se esiste un elemento x ∈ K con K = k(x).

Esempi 3.1.9 a) Q(1 +√

2) = Q(√

2), semplicemente perch´e 1 + √

2 ∈ Q(√

d) Q(√

e) R non `e una estensione finitamente generata di Q; infatti, se lo fosse, sarebbe un insieme numerabile.

Osservazione 3.1.10 Se x `e un elemento dell’estensione K di k, l’insieme ax= {f ∈ k[X] | f (x) = 0}

`

e un ideale di k[X]; esso `e infatti il nucleo dell’omomorfismo ϕx : k[X] → K definito da ϕx(f ) = f (x).

Poich´e im ϕx= k[x], si ha allora k[X]/ax ' k[x] e si hanno le due possibilit`a :

a) ax = (0), il che avviene se e solo se x `e trascendente su k; in questo caso si ha quindi k[x] ' k[X];

b) ax 6= (0), il che avviene se e solo se x `e algebrico su k; in questo caso ax `e un ideale primo di k[X], perch´e k[x] `e un anello integro, e quindi `e un ideale massimale di k[X]; ci`o prova che k[x] `e un campo e quindi che k[x] = k(x) (si riguardino ora gli esempi 3.1.6). Inoltre i generatori di ax, che `e principale, sono tutti associati, quindi ax `e generato da un unico polinomio monico fx, necessariamente irriducibile, perch`e altrimenti ax non sarebbe primo; fx `e anche caratterizzato dall’essere il polinomio monico di grado minimo in k[X] avente x come radice.

Definizione 3.1.11 Il polinomio fx si dice il polinomio minimo di x su k. L’elemento x ∈ K algebrico su k si dice di grado n su k se il suo polinomio minimo fx su k ha grado n; si scrive allora δk(x) = n.

Esempi 3.1.12 a) Se K `e una estensione di k, gli elementi di K algebrici di grado 1 su k sono tutti e soli gli elementi di k.

b) √

2 `e algebrico su Q; poich´e√

2 /∈ Q, il suo polinomio minimo su Q ha grado almeno 2; quindi il polinomio minimo di √

2 su Q `e X2− 2.

c) Se n ∈ N ed m ∈ N, il numero reale m

n 1 `e algebrico su Q, radice del polinomio Xm− n; se n `e primo questo polinomio `e irriducibile (Teor. 2.6.7)2 e quindi `e il polinomio minimo di m

n.

1Solitamente si indica con questo simbolo l’unica radice reale positiva del polinomio Xm− n, ma il ragionamento si applica a tutte le radici, anche complesse, di quel polinomio.

2E sufficiente che n abbia un fattore primo con molteplicit`` a 1.

3.2. GENERALIT `A SULLE ESTENSIONI ALGEBRICHE 67