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L’eresia catara nei documenti medievali e nelle cronache vicentine del XVII-XVIII secolo

UNA CHIESA CONTRO L’ERESIA CATARA.

2.4 L’eresia catara nei documenti medievali e nelle cronache vicentine del XVII-XVIII secolo

I documenti medievali nei quali si ritrova indicata la presenza catara sono tutt’oggi un numero abbastanza cospicuo per dare una visione generale della vicenda e sono stati raccolti ampiamente (con la trascrizione dei documenti inquisitoriali) da Francesca Lomastro Tognato in L’Eresia a Vicenza nel Duecento56. Per quanto riguarda la vicenda di Santa Corona, sono stati scelti

solo quelli che a mio parere ritengo i più significativi.

Nel Decreto Edilizio del 1208 si nomina l’esistenza di una “domus paterinorium”57, cioè una abitazione destinata agli eretici e di un “filii Petri”58 episcopi, una personalità non cattolica (a Vicenza nessun vescovo del periodo

55 Battista Pagliarino, Croniche di Vicenza ... op. cit. , pp. 168-169. 56 Francesca Lomastro Tognato, L’eresia a Vicenza ... op. cit.

57 Bortolo Brogliato, Il centro storico di Vicenza nel decreto edilizio del 1208, Vicenza, 1979,

pp. 77-82.

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porta questo nome) che ricopriva una carica importante paragonabile a quella di un vescovo ortodosso.59

Pietro però non fu il primo vescovo cataro in città. In Italia un certo Marco ricordato nel concilio di Saint Fèlix-de-Caraman del 1167 aprì la strada ai suoi seguaci (definiti Marchisani); tra loro dovevano esserci anche vicentini, dato che dopo la sua morte, si aprì una lotta per la successione che determinò una divisione interna della chiesa catara: i seguaci vicentini scelsero come loro rappresentante un certo Nicola.60

Dall’episcopato di Marco (evento contemporaneo all’insediamento della eresia catara nella città berica) agli anni 1170-1180 i seguaci aumentarono progressivamente tanto che presero l’iniziativa di costituirsi come chiesa autonoma.

Ad opporsi alla loro consolidata indipendenza vi furono due vescovi cattolici: Cacciafronte e Pistore. Il primo venne beatificato attraverso un processo iniziato quarant’anni dopo la sua uccisione (iniziato tra il 1223 e il 1224 concluso con esito positivo seicento anni più tardi, nel 1824) avvenuta in pieno giorno, nel 1183, per ordine dei signori locali mentre tentava di difendere l’ortodossia e il patrimonio ecclesiastico. Una fine molto simile fu riservata al suo successore, morto in battaglia e al quale si deve dar atto di aver compiuto un’opera di scomunica ai patarini.61

59 Il vescovo Pietro Gallo aveva dunque un filii; il termine poteva avere due accezioni: quella

di successore (e ciò farebbe pensare ad una organizzazione interna degli eretici) o di vero e proprio consanguineo, concepito sicuramente in un periodo precedente alla nomina di Pietro, poiché ai perfetti era fatto divieto di avere figli. Tale politica era stata perseguita dallo stesso Ezzelino III, decisione vista dagli ortodossi del tempo come un insulto alla legge naturale ma soprattutto come una prova della sua adesione al catarismo, corrente appoggiata precedentemente anche dal padre (Ezzelino II si era ritirato in convento dopo una vita spesa tra guerre e potere; era stato scomunicato e aveva deciso di intraprendere la strada ascetica, condotta molto simile a quella dei “perfetti”, e per questo soprannominato il monaco).

Francesca Lomastro Tognato, L’eresia a Vicenza ... op. cit. , p. 15.

60 Francesca Lomastro Tognato, L’eresia a Vicenza ... op. cit. , p. 30.

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Quindi Bartolomeo da Breganze che le fonti storiografiche vicentine elevano a salvatore e sradicatore dell’eresia catara, non fu l’unico ad opporsi; altri prima di lui avevano tentato di respingere, già all’origine, l’insediamento in città senza aver prodotto l’effetto sperato né, tanto meno, scalpore tra gli storici: questo perché, probabilmente, le conseguenze delle loro decisioni furono limitate e non ebbero grandi ripercussioni sulla società del tempo. Con Bartolomeo invece si diede avviò alla costruzione di una chiesa e si svilupparono per suo merito tutti quei riti che, attraverso le sante reliquie, dimostravano la ritrovata cristianità di Vicenza.

Poche sono le testimonianze dell’epoca di Ezzelino III, nelle quali in generale si confondono i caratteri propri dell’eresia con quelli del ghibellinismo, entrambi sostenuti dal governo tirannico. Il documento più significativo è una lettera in cui il mittente è papa Innocenzo IV e il destinatario l’allora vescovo di Cipro, Bartolomeo da Breganze. La supplica ha lo scopo di informare e trovare una soluzione in merito alla dilagante eresia, infiltrata addirittura nel monastero femminile di San Pietro, una delle più antiche istituzioni della città62.

Altri documenti datati 1261 riportano il nome di eretici presenti a Vicenza, insediati in particolar modo nella Contrà di San Pietro, in cui abitavano messere Francesco con la moglie, Madonna Spezia, Albertino con Leonarda, Madonna Vicenza (morta ormai da tempo) e in Contrà Pusterla, viveva invece, Michele Pulzati.63

Per quanto riguarda le fonti vicentine del XVII-XVIII secolo, in merito alla diffusione dell’eresia catara a Vicenza, l’impressione generale è che non si sia voluto dare importanza alla questione e per di più farla passare in secondo piano al fine di dare maggior risalto all’esito positivo ottenuto grazie all’intervento del vescovo Bartolomeo.

62 Il documento è riportato in nota da Francesca Lomastro Tognato, L’eresia a Vicenza ... op.

cit. , p. 26.

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Nelle Croniche di Pagliarino si riscontrano solo due nomi di eretici la cui carica sociale tanto basta per considerare Vicenza sede di una approvata chiesa catara: di Ezzelino III scrive qui hereticus habebatur e di Pietro Gallo, maximi heretici.64

Marzari, nella sua Historia di Vicenza, non fa alcun accenno alla presenza di catari ma anzi parla di scismatici, condannati ed espropriati dei beni, il cui ricavato venne utilizzato per la costruzione della chiesa di San Lorenzo. Santa Corona in questo caso è citata poiché “ne i luoghi dove erano soliti detti scismatici a convertire, vi furono eretti a punto il tempio et il monasterio sopra detti.”65

Nella Storia della città di Vicenza di Castellini, si dice che il Vescovo Bartolomeo ebbe difficoltà a salire al seggio episcopale, cacciato (prima del suo rientro in città con le reliquie “francesi”) dall’arcivescovo eretico della Marca Trevigiana, Geremia, e dal vescovo vicentino cataro, Viviano Bogolo.66

Infine nella Historia Ecclesiastica di Barbarano, la dilagante eresia viene comparata poco più ad un vizio, essendo Vicenza una città “cristianissima”.67

Per secoli, dunque, la storiografia riscrisse o meglio omise, molte delle informazioni riguardanti la vicenda in questione.