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Opinioni nella storiografia vicentina del XVII-XIX secolo

VICISSITUDINI DI UNA RELIQUIA

4.4 Opinioni nella storiografia vicentina del XVII-XIX secolo

E’ opportuno dunque aprire una parentesi sulle opinioni sostenute dagli studiosi citati, riportando quindi la documentazione dagli stessi trascritta (mancante di bibliografia), utile al fine di inquadrare la vicenda a grandi linee e poter esprimere quindi un personale giudizio.

Barbarano, convinto che il Legno della Croce conservato in Cattedrale sia effettivamente quello portato da Bartolomeo, dedicò il capitolo XXXXIII, della sua Historia Ecclesiastica di Vicenza, intitolandolo Come la Santissima Croce fu collocata in Duomo, e per la Santa Spina si fabbricò la Chiesa di Santa Corona.

Lo studioso riferisce che Bartolomeo, giunto in città, decise di arricchire con i due doni provenienti dalla Francia, due chiese che riteneva di fondamentale importanza: la Chiesa di Santa Corona, edificata appositamente per ospitare

173 Attualmente, in Cattedrale, si è deciso non più di esporre la reliquia del Legno della

Croce il Venerdì Santo, consuetudine che si era consolidata già nel XIV secolo, ma di offrirla ai fedeli durante il giorno dedicato alla Esaltazione della Croce, ritornando così alla originaria formula liturgica.

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la Santa Spina e la Cattedrale dedicata a Santa Maria dove, ancora nel XVII secolo (quando appunto Barbarano scrive), il Legno della Croce era esposto all’adorazione dei fedeli durante il Venerdì Santo:

“giunto il B. Bartolamio al suo Vescovato, e amatissima patria con il celebre tesoro delle santissime Reliquie ben giudicò con esse arricchire due chiese, in una collocando la maggior parte del preziosissimo legno dela S. Croce; per questo s’elesse la Chiesa Cathedrale detta S. Maria Maggior, [...] dove hoggidì si conserva con somma venerazione, e s’espone all’adoratione specialmente il venerdì Santo.”174

Se lo storico scrive “la maggior parte”, si presume che il Legno in un momento non identificato, venne diviso: si legge infatti che quando la fabbrica di Santa Corona fu a buon punto, il vescovo decise di donare, con l’assenso dei Canonici di Vicenza, le reliquie ai Frati Predicatori (il provinciale in questo periodo è Giovanni da Vercelli, nominato nell’atto di donazione):

“la Santissima Spina, e una particella del predetto pezzo del Sacrissimo Legno della Santa Croce con patto, che ivi sempre steste in perpetuo, della qual donatione si fece pubblico istrumento, che nel Convento si conserva.”175

Barbarano propende per una soluzione doppia: Bartolomeo avrebbe scelto sì, di destinare i due sacri doni a due chiese diverse (tale atto riassume in sé il conflitto di ruolo che il da Breganze tentava di coniugare, prima di tutto come Domenicano in qualità di promotore dell’edificazione di Santa Corona e quindi come Vescovo, in aperto contrasto con il catarismo, eresia che, grazie alla predicazione e alle reliquie della Passione, aveva sconfitto) ma tramite un espediente di mantenere anche il legame originario delle due reliquie, entrambe venute a contatto con Cristo e che insieme erano giunte a Vicenza dalla Francia.

174Francesco Barbarano de' Mironi, Historia ecclesiastica ... op. cit., libro II, p. 108. 175 Francesco Barbarano de' Mironi, Historia ecclesiastica ... op. cit., libro II, p. 109.

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Bartolomeo, decise infatti di frammentare il Legno della Croce, e di riporre una piccola parte nella chiesa domenicana, forse un atto preventivo alla sua volontà testamentaria di essere sepolto (al fine di assicurarsi la salvezza eterna) accanto a questi oggetti che in parte sentiva ancora personali perché frutto di un’amicizia privata.

La presenza di indulgenze in occasione dell’esposizione ai fedeli sia in occasione della festa dell’Esaltazione della Croce che nel Venerdì Santo, sostiene la tesi secondo cui, presso Santa Corona, esistesse un pezzetto di Croce. Tra il 1260 e il 1333, concessero indulgenze per tali ricorrenze il Papa Clemente IV, i vescovi Ottaviano di Bologna, Enrico di Chioggia, Egno di Trento, Martino di Mantova, Alberto di Ferrara, Tommaso di Castello, il vescovo di Ceneda, Bruno di Bressanone, Guglielmo di Reggio Emilia, Pietro di Vicenza e lo stesso Bartolomeo.176

Anche Castellini è convinto che Bartolomeo scelse, a seguito del suo arrivo in città, di dividere le due reliquie indirizzandole ad edifici differenti.

Nella cronaca descrive l’intento di Bartolomeo di far parte dei sacri tesori, che egli aveva ricevuto da Luigi IX, con la “Cattedrale, donando ad essa la porzione della Santissima Croce, e ritenendo per la suddetta Chiesa de’ suoi Frati (che si accinse tosto a far con magnificenza costruire) oltre al real Manto, la Santa Spina: in onor della quale ordinò ancora che si celebrasse un’annua solennità la prima Domenica dopo l’Ascensione del nostro Signore; nel qual giorno essa Santa Spina con gran concorso di popolo è portata in processione per la città.”177

La cronaca, non approfondisce ulteriormente l’argomento riguardante il Legno della Croce ma fornisce alcune indicazioni sul Piviale dei Pappagalli; il real Manto sarebbe stato trasformato in abito di uso liturgico quando il vescovo arrivò in città per poi essere donato alla Chiesa di Santa Corona.

176 Francesca Lomastro Tognato (a cura di), I “Monumenta Reliquiarum” ... op. cit. , pp. 46-

55.

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Entrambi gli studiosi finora citati, forniscono l’idea di un vescovo che propende più per l’ordine dei predicatori che per la gerarchia ecclesiale. Un manto regale avrebbe trovato sicuramente maggior lustro se indossato in Cattedrale ma dobbiamo ricorrere ad una nota biografica del vescovo (esposta nel capitolo 1) per spiegare la preferenza domenicana e la scelta di donare anche la veste regale a Santa Corona: l’incontro con Domenico di Guzman. Questo è un momento fondamentale della vita di Bartolomeo che aderirà in maniera convinta ai Frati Predicatori (ancora in età adolescenziale) e che ancor di più si dedicherà alla lotta contro l’eresia catara contrastata con la scelta del Colle come luogo nel quale fondare il Tempio domenicano. È possibile inoltre che questa esigenza di mantenere uniti i tre doni di Luigi IX, in un magnifico contenitore quale Santa Corona, fosse il risultato, come accennato prima, di una volontà testamentaria di Bartolomeo che, anche dopo la morte, voleva fosse riconosciuto dai posteri ciò che di positivo aveva fatto per Vicenza utilizzando una chiesa, due reliquie e un manto regale come promemoria delle sue azioni e indirettamente della sua figura.

Chi sostiene la tesi contraria, scrivendo un opuscolo del 1860 intitolato Sopra la insigne reliquia della Santa Croce che si venera nella chiesa Cattedrale di Vicenza, è l’Abate Magrini: egli era assolutamente convinto di poter dimostrare che la reliquia che si trova presso la Cattedrale cittadina, non è dono del Beato Bartolomeo da Breganze ma del Vescovo Pietro Dandolo.

Ciò che Magrini rifiuta in maniera categorica era la tradizione storiografica secondo la quale Bartolomeo al suo arrivo in città avesse scelto di donare la Spina alla chiesa di Santa Corona e, alla Cattedrale, il pezzetto (intero o porzionato) del Legno della Croce. In realtà ciò che sostiene il religioso è che la reliquia presente in Cattedrale “fu dono posteriore di due secoli al santo vescovo Bartolomeo, dono di uno dei successori del vicentino episcopato, Pietro

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Dandolo, al quale Vicenza non dovrà rifiutare il tributo di gratitudine fin qui conceduto al Breganze, che per altri titoli maggiori ne ha tuttavia ragione.”178

Il vescovo Pietro avrebbe donato tale reliquia in occasione della sua dipartita da Vicenza, quando venne scelto come vescovo di Padova.

La tesi di Magrini volta soprattutto a rievocare la figura di Dandolo, non spiega però in maniera esaustiva il destino che ebbe la reliquia del Legno della Croce una volta giunta a Vicenza e il motivo per cui essa ebbe un destino differente rispetto alla Spina, fino a sparire non solo dalla memoria collettiva ma anche fisicamente.

L’unica giustificazione che fornisce l’abate si concentra sul fatto che la chiesa venne intitolata a Santa Corona e quindi, solo una delle due reliquie portate da Bartolomeo dalla Francia era degna di venerazione poiché era la parte del “dono più singolare ed unico, verso cui i Vicentini deliberarono eziandio speciale ossequio di culto.”179

In realtà, la tesi potrebbe essere facilmente smontata se si legge con attenzione lo statuto del 1264; la chiesa venne costruita in onore di Santa Corona e della Vera Croce: sembra quasi che, all’accorciarsi del titolo del Tempio, Magrini si senta autorizzato a non prendere in considerazione la storia del pezzetto di legno:

“statuimus et ordinamus quod locus Fratrum Praedicatorum construatur, et aedificetur in loco de Colle in civitate Vicentiae, et quod Ecclesia edificetur in eo ad honorem Sanctae Coronae et vera Crucis, ubi reponantur reliquiae Sanctae Crucis, et Sanctae Coronae, et quod Commune Vicentiae teneatur hoc anno assignare dictum locum absolute Fratribus Praedicatorum.”180

La contrattura del titolo si rileva già nello statuto del 1339 che riporta come unica intitolazione alla chiesa “Sancte Corone”.181

178 Antonio Magrini, Sopra la insigne reliquia della Santa Croce ... op. cit., p. 4. 179Antonio Magrini, Sopra la insigne reliquia della Santa Croce ... op. cit., p. 7. 180 Fedele Lampertico (a cura di), Statuti del comune di Vicenza, ... op. cit., p. 200. 181 v. app. documento 9.

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Secondo Magrini se la reliquia del Legno della Croce che si trova in Cattedrale fosse quella effettivamente donata dal Beato Bartolomeo, esisterebbe per lo meno un documento contemporaneo alla vicenda, conservato, o nell’Archivio di Santa Corona o in quello della Cattedrale o in quello Comunale, favorevole a testimoniare quanto sopra detto.

In effetti la scarsità di documenti potrebbe essere considerata una anomalia non indifferente. Dato che l’avvenimento poteva avere dei riflessi di portata cittadina, appare strana la scelta di un silenzio assoluto nelle fonti ufficiali. Ci si aspetterebbe di trovare, in una qualsiasi formula, menzione della traslazione della reliquia dalla chiesa domenicana alla Cattedrale, ma in realtà tutto tace. Tra l’altro, niente giustifica questo silenzio: sia che si trattasse di una originale decisione di Bartolomeo, sia che fosse stata una scelta tardiva compiuta dai domenicani suoi posteri, non esiste un documento che parli approfonditamente del luogo nel quale si trova la reliquia del Legno della Croce.

L’unica soluzione è quella di affidarci ai testi editi e ai manoscritti che, fortunatamente, riportano documenti oggi dispersi. Magrini contesta quanto detto da Barbarano utilizzando la sua Historia Ecclesiastica. Al fine di confutare quel che quest’ultimo sostiene, Magrini evidenzia una discordanza tra ciò che esprime nel II libro (cioè che la reliquia del Legno della Croce che si venera in Cattedrale si identifica con quella donata dal Beato da Breganze) e ciò che invece tradisce nel V libro: Barbarano ammette l’esistenza del Legno della Croce donato dal Vescovo Pietro Dandolo che oltretutto coesiste con la reliquia portata dalla Francia da Bartolomeo.

Viene perciò riportato l’inventario trascritto da Barbarano delle reliquie presenti in cattedrale:182

nell’Altare Maggiore

- Legno della Santissima Croce donato al Beato Bartolomeo da Luigi IX re di Francia

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- Legno della Santissima Croce donato dal Vescovo di Vicenza Pietro Dandolo

- Testa di Santa Leocania vergine e martire, compagna di Sant’Orsola - Testa di un’altra compagna di Sant’Orsola donata dal Vescovo Matteo

Priuli

- Un osso di San Teodoro Martire Cappella dei Fiocardi

- Corpo dei Santi Leonzio e Carpoforo, e di Eufemia ed Innocenza Cappella della beata Vergine del confalon

- Corpo del Vescovo Cacciafronte

Altare di San Dionisio donate dal Cardinale Federico Cornaro - Corpo di San Adriano Martire

- Corpo di San Clemente Martire

- Un osso della coscia, due ossa delle braccia, una costola intera, due femori e quattro di piccole dimensioni di San Paolo Martire

- Un osso della gamba, due ossa delle braccia e sei di diverse dimensioni di San Celestino Martire

- Un osso del braccio, due ossa della testa e undici ossi piccoli di San Valeriano Martire

- Un osso della gamba, tre ossa delle braccia, tre pezzi di costola di Sant’Agnese Vergine e Martire

- Due ossa delle braccia, due costole, due denti di Santa Emerenziana Vergine e Martire

- Un osso del braccio e cinque ossi più piccoli di Santa Felicita Vergine e Martire

- Otto ossa piccole di San Zenone e dei suoi compagni Martiri - Due ossa di San Massimo Martire

- Trentasei pezzi di ossa di Santi di cui però non si riesce a dare un nome. In realtà l’affermazione di Magrini non giustifica quello che egli sostiene. Fornisce invece, nel momento in cui scrive Barbarano, il quadro completo dei reliquiari presenti in cattedrale, distinguendo per paternità, la donazione dei

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due venerati oggetti e anzi, in qualche modo, proprio l’Abate Magrini ammette l’esistenza dei due e, soprattutto, la distinzione dei due.

Probabilmente Magrini era totalmente all’oscuro di un manoscritto di Padre Riccardi, del 1784 e intitolato Vita del Beato Bartolomeo da Breganze dell’ordine dei predicatori, Vescovo di Vicenza.

Dopo una lunga introduzione sulle modalità con cui le reliquie vennero importate dalla Francia, di nuovo si distingue la destinazione e si ribadisce che mentre per la Sacra Spina si “innalzò da’ fondamenti il Tempio di S. Corona, che donò ai religiosi del suo Ordine”, per il Legno della Croce esso venne donato “alla Cattedrale, venuto appena alla sua Sede del 1260 dopo la morte di Eccelino.”183

Anche Riccardi, come già annunciato, era convinto che vi fosse stata la volontà di dividere i sacri doni tra le due chiese più importanti per il Vescovo. A differenza degli altri studiosi, egli ci fornisce informazioni di primo ordine riguardanti la reliquia, descrivendone addirittura il reliquiario: “Collocava (il Beato Bartolomeo) in duomo il Legno della SS. Croce, che vi si espone e con processione solenne si venera nel Venerdì Santo, e che riposto vedevasi in un ricco reliquiario d’argento grande, fatto a Croce, con un crocefisso di rilievo, con gl’Evangelisti da un lato, e dall’altro la Beata Vergine con i dottori, ed un Capitello o sia Tempietto di cristallo in cima, entro cui una Crocetta formata dal legno della SS. Croce, con un piede bellissimo, e con la B. Vergine e S. Giovanni di fianco, a viti bianche, e molti fiori smaltati intorno, il quale … costò ducati duecento e venti: collocava, dico, nella cattedrale di Vicenza la S. Croce”.184 (FIG.26)

Lo stesso studioso decide poi di riportare, a conferma delle sue parole, un passo tratto da un inventario quattrocentesco:

183 Entrambe le citazioni in Biblioteca Civica Bertoliana, Tommaso Riccardi, Commentario

sulla Vita del Beato Bartolomeo Breganze vescovo di Vicenza, ms. 2567, segnato G.27.6.4, vol II, p. 62.

184 Biblioteca Civica Bertoliana, Tommaso Riccardi, Commentario sulla Vita del Beato

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“Archivio de Sig. Canonici Libro M p.43 tergo. Inventario della Sacristia del duomo fatto al 1447

Item un’altre Croce de arzento grande fata a vide cum uno Crucefixo relevado cum li Evangelisti da un lado e dall’altro la nostra dona con li doctori, et uno Capitello in cima de crystallo cum una Croxeta de Legno della Croxe, et cum uno piede belisimo et cum Santa Maria et San Zuane da ladi a vialbe et cum molti fiori smaldadi, in cerca la quale … costò ducati doxento et vinti.”185

Quanto trascritto fornisce l’estremo di datazione riguardante la presenza del reliquiario in Cattedrale. Nel 1447 si registra la sicura presenza, all’interno del duomo, di una reliquia del Legno della Croce, vent’anni prima che Dandolo facesse la sua donazione.

Considerando che Riccardi, nella descrizione della consegna del Legno della Croce da parte di Bartolomeo alla Cattedrale, utilizza una forma passata del verbo vedere, è possibile dedurre che nel momento in cui lui scrive, il pezzettino del sacro legno non sia più visibile ai fedeli.

La versione neutrale della questione è avvallata nel libro ottocentesco di Domenico Bortolan. Cosciente dell’impossibilità di avere documenti validi a sostenere qualsiasi tesi, decise di utilizzare solamente le bolle di indulgenza di Santa Corona nelle quali si attesta la tradizione sia della festa della Santa Spina sia quella della Croce, e azzarda che nel 1409 quando il Vescovo non si recò più a esercitare le funzioni proprie della Domenica delle Palme nella chiesa domenicana, la reliquia passò alla Cattedrale.

Anche Bortolan utilizza lo stesso inventario del 1447 trascritto da Riccardi ma alla descrizione del reliquiario con le statuette della Madonna e San Giovanni, costato duecento e venti ducati, aggiunge:

unus anulus pontificalis in sumitate cujus et sub cristalo de ligno crucis d.n.i.c. et de colona cum aliis reliquiis sanctorum.

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Una crux argentea deaurata cum reliquiis intus cum pede suptus et pomo in medio de argento s. maria et s. johanne e lateribus cum duobus pomis uno de cristallo altero de ambro cum pede de cristalo et argento ex oposito crucifixi cum ligno crucis cum lapidibus preciosis.186

È quindi probabile secondo lo scrittore vicentino che in uno di questi oggetti si conservi la reliquia donata da Luigi IX a Bartolomeo e che questa, in un secondo momento, sia passata nel tesoro della Cattedrale.

Concludendo questo breve excursus storiografico, è possibile affermare che, dei cinque studiosi presi in considerazione, solo uno esclude in maniera categorica che il reliquiario del Legno della Croce che oggi si venera in Cattedrale sia quello di Bartolomeo. Questa soluzione a mio avviso veritiera, non offre però alcuna spiegazione riguardante la reliquia “francese”.

Si presti quindi attenzione alla distinzione dei termini reliquia e reliquiario dell’affermazione precedente. La reliquia è una, il reliquiario può essere sostituto, modificato, riutilizzato.

Si deve inoltre tener conto del periodo in cui si svolge la vicenda. Prendendo in considerazione i secoli che vanno dal XIII alla fine del XVI, è innegabile che si stia parlando di un periodo molto attivo dal punto di vista di rinnovamento stilistico ma soprattutto di grande fervore religioso e che Vicenza (non solo per le passate vicende legate all’eresia catara ma anche per la storia stessa) utilizzi questi oggetti per aumentare il proprio prestigio e coesione cittadina, a dispetto della dominazione quasi sempre straniera, sia politica che religiosa, della città stessa.

Per meglio spiegare tale affermazione è opportuno riassumere brevemente la vicenda della donazione della reliquia del Vescovo Dandolo, così da poterne fare una distinzione con quella domenicana e sottolinearne i riflessi che questa ebbe nella società del tempo.

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