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Miracoli della Spina e del Legno della Croce

CAPITOLO 5: CULTO, FESTE E PROCESSIONI PER LE RELIQUIE DI SANTA CORONA

5.8 Miracoli della Spina e del Legno della Croce

A questo punto, vale la pena ricordare i miracoli che le Reliquie della Passione di Santa Corona avrebbero compiuto, al fine di sottolineare alcune considerazioni sulla vicenda e sulle modalità di venerazione delle stesse. A seguito quindi, riporto solo alcuni dei tanti miracoli, dettagliatamente descritti da Barbarano nella sua Historia Ecclesiastica262:

Giovanni di Perecino Pugliese, soldato e persona vicina alla famiglia dei da Breganze, era stato inviato, assieme al Giudice Ordinario della Città di Vicenza e altri nobili uomini, a porre fine ad una controversia tra Artuso e Rodolfo da Vicenza. Giovanni giunto con tutti i compagni sulle rive del torrente Levogra si trovò di fronte ad un corso d’acqua in piena che necessariamente doveva guadare. Il soldato, incurante del pericolo, si propose per primo di attraversarlo, pur indossando l’armatura e sapendo che il torrente era in quel punto pericoloso. La violenza dell’acqua lo spinse verso il fondo creando un vortice.

Gli spettatori, non vedendolo riemergere, pensarono che fosse morto. Giovanni invece non si perse d’animo: recitando preghiere si raccomandò alle Reliquie che l’amico Bartolomeo aveva portato dalla Terrasanta. Accadde perciò il miracolo: il cappuccio che lo stava soffocando divenne come una specie di muta che non permetteva all’acqua di entrare. In quel momento Giovanni promise di donare una candela alla santa Croce e alla Spina se si fosse salvato:

“Signore fami salvo, perché l’acque sono entrate nell’anima, l’abisso m’ha circondato, e il pelago coperto il capo.”263

Una pietra si alzò dal fondo della riva e divenne per il soldato un punto di appoggio. Le acque si sollevarono e i compagni che osservavano dall’esterno la scena non capivano ciò che stava accadendo tanto che avevano iniziato ad

262 Francesco Barbarano de' Mironi, Historia ecclesiastica ... op. cit., libro II, pp. 116-119. 263 ibid.

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allontanarsi. Il soldato riemerso dalle acque, tentava invano di gridare al suo soccorso ma nessuno voleva rischiare la vita per salvarlo.

Chiedendo nuovamente un miracolo, Giovanni agganciò al collo il suo cavallo un tempo proprietà di Bartolomeo; il soldato appesantito dall’acqua riuscì comunque a salire in sella all’animale e dallo stesso farsi trasportare fino la riva. Una volta tornato a Vicenza, il miracolato adempì la promessa fatta e venne ricevuto dal Vescovo domenicano in casa sua.

Meglioranza da S. Giovanni della Roia, notaio vicentino si era messo in viaggio per compiere alcune negoziazioni in direzione Pogiana con due uomini al seguito. Sostando per la notte egli era stato derubato dei cavalli con i quali i tre si erano messi in viaggio. Meglioranza rivolgendo le sue preghiere a Dio, invocò il miracolo:

“Signor Giesù Cristo Nazareno Crucifisso ti prego per la tua Santa Corona e per il legno della tua Santa Croce, le quali per ministero del tuo B. Pastore sono con grave venerazione riverite nella Città di Vicenza, drizzar i miei passi nella via dritta e sicura onde io vadi dove bisogna e a laude del tuo Santo nome io possi trovar il mio cavallo e anco quello dei miei compagni.” 264

I tre vennero condotti dallo spirito divino nel borgo di San Nazario di Verona e nella casa indicata ritrovarono gli animali rubati. Chieste spiegazioni al padrone dell’abitazione del motivo per cui i cavalli si trovassero li, egli stupito dell’accaduto, non seppe rispondere e anzi li volle subito restituire. Miglioranza, ritornato a Vicenza, come segno del compiuto miracolo decise di offrire le selle dei suoi cavalli alla chiesa di Santa Corona.

Bonaguro de Alesiani sofferente a causa della gotta e costretto a letto da più di ventidue giorni, si rivolse a Dio implorando l’aiuto attraverso le Sante Reliquie della Passione e promettendo che, se fosse guarito, avrebbe visitato la chiesa di Santa Corona e alla stessa donato una grande quantità di ceri. Egli venne immediatamente risanato e decise perciò di adempiere subito alla sua promessa.

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Un evento simile successe ad Andrea Novello di Porta San Pietro, colpito da una febbre che non riusciva ad abbassare. Alla vigilia del giorno dell’esposizione della reliquia della Santa Corona, visitò la chiesa e con la promessa di dotare l’altare della stessa di un filo d’argento, riuscì a liberarsi della malattia.

Il vicentino Enrico di Schiavone, ottenne il miracolo per il figlio di dieci anni, colpito da piaghe incurabili per i dottori. Ricorrendo al potere salvifico della reliquia della Spina, aveva fatto voto che se il bambino fosse guarito, avrebbe portato all’altare ad essa consacrato, una statua di cera. Il figlioletto guarì immediatamente ma poiché il padre non aveva in un primo momento adempiuto alla promessa, le piaghe fecero ritorno. Enrico spaventato, compì la promessa, il bambino guarì definitivamente ma gli rimasero le cicatrici delle piaghe a ricordo del primo disonorato giuramento.

Il soldato vicentino Nasimbene de Mussati, venne colpito durante la notte da improvvisa infermità, condizione aggravata da un acuto dolore all’orecchio destro. Votatosi a Dio e alla Santa Spina, guarì improvvisamente e in segno di riconoscenza, decise di donare all’altare della Spina, un orecchio di cera. Enrico Colle e Pietro Bertolacio, durante una battuta di caccia avevano deciso di inoltrarsi nel bosco lasciando i loro cavalli legati ad un albero. Uno dei due era talmente selvaggio che, scalciando e dimenandosi, riuscì a fuggire. Pietro affidandosi alla Santa Spina, vide comparire nuovamente il cavallo, mansueto come un agnello. A compimento del voto donò alla chiesa un cavallo di cera.

Benedetta dal Manfrin della diocesi di Padova, donna molto devota alla Spina, aveva un figlio che fin dalla nascita soffriva di gravi dolori (tanto forti da procurare addirittura schiuma dalla bocca) e da menomazione (uno dei piedi era totalmente girato su se stesso). La donna in cambio della guarigione tempestiva, promise di donare una candela lunga come il figlio, all’altare del tempio vicentino, e così avvenne.

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Da questi racconti, tralasciando la narrazione, si possono desumere importanti considerazioni:

- se in un primo momento le invocazioni e le suppliche per la salvezza personale vengono rivolte sia alla Spina che al Legno, questo non accade da un certo momento in poi.

Viene perciò avallata la teoria secondo cui per un determinato periodo (come sostenuto nel capitolo 4), le reliquie risiederono in Santa Corona e per entrambe si è originata una egual devozione; probabilmente con il passare del tempo e con il presunto spostamento del Legno della Croce in Cattedrale o a causa della preminenza di una festività per la quale si era sviluppata una forma di culto piuttosto spettacolare, l’unica vocazione dei devoti alla chiesa di Santa Corona, è rivolta alla reliquia della Spina.

- I miracoli non si compiono solo per i vicentini ma esistono parecchi casi di guarigioni nei territori extra diocesi, segno che la fede e la riverenza per gli oggetti della Passione presenti nella chiesa domenicana si era consolidata e che aveva sicuramente avuto un forte impatto sulla società del circondario.

- Ad ogni supplica si corrisponde alla chiesa domenicana una donazione che vincola al compimento della promessa in tempi brevi.

- Gli ex-voto possono assumere le forme più diverse: selle di cavalli, candele in quantità, fili d’argento, statue di cera, ... Purtroppo nessuno di questi oggetti è stato conservato nel tempo.