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Reliquiario della Sacra Spina

CAPITOLO 3: I DONI DEL BEATO BARTOLOMEO DA BREGANZE STORIA E ICONOGRAFIA DEI RELIQUIAR

3.3 Le reliquie della Passione

3.3.2 Reliquiario della Sacra Spina

Il reliquiario della Santa Spina nella elaborazione finale appartiene alla categoria detta dei reliquiari architettonici. Attualmente consta di parti aggiunte a più riprese e in tempi successivi rispetto alla primitiva teca, che probabilmente era di fattura più semplice.122

Secondo Bortolan, l’opera fu rimaneggiata in tre occasioni: la prima, attraverso il restauro compiuto tra il 1857 e il 1866 da Antonio Cortellazzo che vi rifece modanature, fogliami, gugliette, statuine di cui era mancante, restaurò gli smalti, o screpolati, o scoperti123; la seconda quando la teca

119 Charles Freeman, Sacre reliquie. Dalle origini del cristianesimo alla Controriforma,

Torino, 2012, pp. 151-161.

120 Francesco Barbarano de' Mironi, Historia ecclesiastica ... op. cit. , libro II, p. 111.

121 Francesco Barbarano de' Mironi, Historia ecclesiastica ... op. cit. , libro II, p. 111.

122 Maria Elisa Avagnina, Il reliquiario della Santa Spina, in Cristiano Seganfreddo, Marco

Lovato (a cura di), La Corona della Madonna di Monte Berico, Vicenza, 2000, pp. 109-113.

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niellata con la Spina venne incorniciata da nuove pietre preziose donate da Mons. Pietro Marasca; la terza volta quando Gonzati si occupò del rifacimento delle tre miniature molto rovinate, contenute nelle teche applicate alla corona, ritenute da Arslan tardo-duecentesche e di “tenore bolognese”.124

L’intervento ottocentesco, come dimostrato da un’accurata indagine fatta alla parete interna del reliquiario, ha interessato inoltre il rifacimento completo del fusto del piede, cui sono state aggiunte parti decorative mancanti ed eseguita la ridoratura del coronamento floreale.125

124 Edoardo Arslan, Catalogo delle cose d’arte e di antichità d’Italia. Vicenza. I Le chiese,

Roma, 1956, p. 71.

125 Maria Elisa Avagnina, Il reliquiario della Santa Spina, in Cristiano Seganfreddo, Marco

Lovato (a cura di), La Corona ... op. cit. , pp. 109-113

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Il reliquiario, sebbene ad un primo sguardo appaia piuttosto elaborato, presenta in realtà una struttura di base fitomorfa, allusiva allo schema simbolico dell’albero.126(FIG.10)

Ad alto fusto, il sacro contenitore presenta come fulcro visivo e spirituale una teca rotonda decorata internamente da iscrizioni e rappresentazioni ed esternamente impreziosita da pietre disposte in sezione circolare.

Questo medaglione secondo una tesi proposta da Avagnina, potrebbe essere stato in origine un gioiello personale, giunto in Italia come tale e solo successivamente adattato alla funzione di portareliquie. Tale supposizione sarebbe sostenuta dal fatto che su entrambi i lati risultano visibili decorazione pittoriche raffiguranti a tergo, le Marie al Sepolcro e sul verso, la Resurrezione.127 L’opera, probabilmente rimaneggiata in epoca ottocentesca,

è comunque riferibile all’ambito francese o transalpino della prima metà del XIII secolo.128

Attorno al medaglione corre l’iscrizione O quam felix punctio, quam beata spina de qua fluit unctio mundi medicina la quale, alludendo al potere salvifico della reliquia, sarebbe però non una parte originale dell’opera ma integrazione ottocentesca imputabile a Gonzati.129

Sullo stesso piano visivo ma in senso orizzontale si trova la corona di spine d’argento dorato oggi sospesa tramite catenella ai rami di pruno del coronamento floreale. L’inserimento della stessa è un evento circoscrivibile al duecento in un periodo compreso tra il 1260 e il 1261. La corona viene infatti menzionata per la prima volta nell’atto di donazione della reliquia del

126 Scheda n. 22 a cura di Ilaria Ciseri in Anna Maria Spiazzi, Oreficeria Sacra in Veneto, vol.

I secoli VI-XV, Padova, 2004, pp. 105-106.

127 Maria Elisa Avagnina, Il reliquiario della Santa Spina, in Cristiano Seganfreddo, Marco

Lovato (a cura di), La Corona... op. cit. , pp. 109-113.

128 Scheda n. 22 a cura di Ilaria Ciseri in Anna Maria Spiazzi, Oreficeria Sacra in Veneto, vol.

I secoli VI-XV, Padova, 2004, pp. 105-106.

129 Maria Elisa Avagnina, Il reliquiario della Santa Spina, in Cristiano Seganfreddo, Marco

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14 marzo 1261: “corona argentea deaurata, in qua Spina una salutiferae coronae Spinae... in anteriori parte costuit sub christallo recondita”.130

Probabilmente il vescovo Bartolomeo potrebbe averla fatta realizzare a Vicenza in un momento successivo al suo arrivo in città, considerato che nessuna corona preziosa compare nell’inventario dei propri beni fatto redigere dal Beato al momento del suo definitivo insediamento a vescovo.131

La corona a forma di grosso cordone ritorto è munita di larghe spine, decorata da gemme di colore diverso e inserite a cabochon, integrate da aggiunte più tarde. È probabile che originariamente questo elemento si trovasse in una posizione differente rispetto all’attuale: il reliquiario non presenta alcun tipo di innesto o di sutura ulteriore ed esclude che la corona potesse essere sostenuta verticalmente da un piede, al centro della quale si potesse trovare il medaglione.

Avagnina ipotizza che alla corona di spine doveva aggiungersi o sovrapporsi, una corona regale a ricordare, forse, quella di Luigi IX o allegoricamente i due poteri, quello temporale e quello spirituale.132

Nel corso del Trecento il reliquiario fu integrato con l’aggiunta della base esagonale e con un prezioso fusto architettonico di impronta tardogotica. Dal recente restauro è emerso che il fusto era formato da quattro ordini, ridotti a tre da rimaneggiamenti successivi. Le tre fasce decorative (di cui la centrale più ampia) sono formate da nicchie dorate all’interno delle quali si trovano figure argentee in risalto rispetto allo sfondo arricchito da smalti rossi e blu.

La datazione del fusto è piuttosto controversa: potrebbe collocarsi alla fine del XIV e la metà del secolo successivo dato che alcune caratteristiche stilistiche farebbero ricondurre la paternità dell’oggetto a Bartolomeo da Bologna.

130 V. app. documento 1.

131 Maria Elisa Avagnina, Il reliquiario della Santa Spina, in Cristiano Seganfreddo, Marco

Lovato (a cura di), La Corona... op. cit. , pp. 109-113.

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La base polilobata (FIG. 11) risulta invece formata da lamina sbalzata e

cesellata, decorata da piccole edicole dal fondo azzurro con figure di santi al centro, teste di cherubini a fusione e sei placchette sagomate in smalto traslucido raffiguranti Cristo in Trono, Beato Bartolomeo, San Luigi di Francia (quali protagonisti della storia per la quale la Spina venne portata in città), San Tommaso, San Domenico e San Pietro martire (quali santi venerati dalla cultura domenicana). Per la realizzazione di quest’ultimi, Avagnina ha ipotizzato che vi siano collegamenti con la cerchia di Michele Giambono.133

Sul fusto del reliquiario si innesta una struttura più complessa che inizia a forma di coppa, contornata da ramoscelli a volute terminanti con fiore, e prosegue a forma di albero, composto da sei rami ai cui apici si trovano altrettanti busti di profeti con cartiglio (sicuramente quattro dei quali di epoca ottocentesca) collocati sopra a calici con fiori smaltati. Al centro, un settimo fusto, più alto rispetto agli altri, sorregge la statuetta di angelo poggiante su bocciolo di argento smaltato in colore rosso all’interno, mentre dai rami pendono catenelle ornate da foglie e campanelle anch’esse smaltate.