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L‟esegesi del classico: i dati paratestuali nella canonizzazione del testo letterario

Nota 2: a seconda dell‟ampiezza, dello scopo a cui rispondono e della leggibilità, le citazioni tratte

1.2 Canone e traduzione: il classico come “testo sacro”

1.2.4 L‟esegesi del classico: i dati paratestuali nella canonizzazione del testo letterario

I testi canonizzati, sostiene Umberto Eco (1992: 52-3), diventano inevitabilmente oggetto di una “lettura sospettosa” (“suspicious reading”), e vengono spesso sottoposti a un eccesso di interpretazione. Insieme alle molteplici riletture e riscritture e ai diversi agenti consacranti (esterni e interni) che concorrono a canonizzare un testo letterario, il conferimento della marca di classico sembra andare di pari passo anche con la qualità e la quantità dei dati paratestuali che lo accompagnano. Richiamandosi alla prima definizione che ne dà Genette (1987), Şehnaz Tahir- Gürçağlar (2002) sottolinea il rilievo del paratesto nella ricerca sulle traduzioni:

Researchers involved in a historical project study different types of material. Such material may consist of actual translations, or of such external data as reviews, letters, advertisements, interviews, diaries and public addresses, to name but a few. In between these, there is a third type of material, largely liminal in nature, which often goes unmentioned. This is the terrain of “paratexts”: prefaces, postfaces, titles, dedications, illustrations and a number of other in-between phenomena that mediate between the text and the reader and serve to “present” the work [...]. (Tahir-Gürçağlar 2002: 44)78

Il paratesto è costituito da tutto quel materiale apparentemente marginale che fa da cornice al testo tradotto e lo presenta al lettore: titoli, prefazioni e postfazioni, commenti, note e liste bibliografiche, dediche e illustrazioni. Diversamente dall‟“extratesto”, ovvero il meta-discorso più generale che ha per oggetto le traduzioni e circola in modo indipendente dai singoli bi-testi, il paratesto si riferisce al materiale che accompagna la traduzione in senso stretto, formando parte integrante della versione tradotta dell‟opera (cfr. Gürçağlar 2002: 44). Al pari delle traduzioni vere e proprie e delle altre possibili rifrazioni del testo, anche il paratesto può servire a delineare le norme e i condizionamenti che guidano l‟atto traduttivo. Le norme traduttive, come afferma Gisèle Sapiro (2008: 200), non si manifestano soltanto tramite le scelte linguistiche, ma anche attraverso i dati paratestuali, nei quali Sapiro include commenti critici, note a piè di pagina e quarta di copertina.

78 “I ricercatori interessati a un progetto storico studiano diversi tipi di materiale. Questo materiale può essere costituito

da traduzioni vere e proprie, oppure da dati esterni come recensioni, lettere, annunci pubblicitari, interviste, diari e pubblici discorsi, solo per citare qualche esempio. Fra questi, esiste un terzo tipo di materiale, dalla natura prevalentemente liminare, che viene spesso ignorato. È il territorio del „paratesto‟: prefazioni, postfazioni, titoli, dediche, illustrazioni e altri fenomeni intermedi che fanno da tramite fra testo e lettore, e servono a „presentare‟ l‟opera”.

55 L‟osservazione delle macro-norme che regolano la traduzione italiana dei grandi romanzi inglesi muoverà dunque anche dai dati paratestuali. Come si vedrà più dettagliatamente nella parte pratica, l‟analisi dell‟apparato critico e iconografico a commento del testo servirà a determinare quella che viene definita da Berman la “posizione” di chi traduce l‟opera, ovvero il senso che il traduttore ha delle proprie finalità e del proprio ruolo, il suo “progetto di traduzione”, nonché a circoscrivere l‟“orizzonte traduttivo” (esterno e culturalmente determinato) in cui l‟opera si proietta (cfr. Berman 1995: 16). Nel suo esame di due versioni inglesi di Pinocchio, Iain Halliday (2009) mostra come la distanza rispetto all‟originale e la progressiva canonizzazione del testo di partenza producano effetti evidenti sul piano paratestuale, condizionando per certi versi la traduzione stessa:

It is indeed worth remembering that (almost) every text that forms part of a canon “sanctified by custom and tradition” once had a life in which it was simply a newly published book. [...] For Ann Lawson Lucas on the other hand, working in 1995, Pinocchio certainly did already constitute part of the canon, not only in her own field of specialization, Italian literature, but also in world literature, as her translation‟s publication in the Oxford University Press World‟s Classics series suggests. (Indeed, the prestige of this imprint and the scholarly apparatus used in its editions have conditioned the translation in some respects). (Halliday 2009: 50)

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Il fatto che nel 1995, al momento della traduzione di Ann Lawson Lucas, Pinocchio fosse parte del canone universale lo rende oggetto di un trattamento speciale sul piano del paratesto, e, secondo Halliday (2009: 56), di tutta una serie di note e commenti al testo che ne inficiano la scorrevolezza. Nel polisistema italiano, in alcuni casi-limite come la traduzione del classico a scopi dichiaratamente didattici, l‟uniformità degli intenti che guidano testo e paratesto è tale da produrre, come si vedrà (cfr. § 5.2.2), una sovrapposizione quasi totale fra la lingua del commento e quella della traduzione vera e propria.

Ma al di là della sua legittimità come materiale di studio collegato alle traduzioni, l‟apparato paratestuale svolge, come si è detto, un ruolo centrale e specifico nella consacrazione del classico. Quali sono, specie per il romanzo, i tratti salienti di questa azione consacrante, e quale ne è l‟origine? Nella scala gerarchica che pone solitamente la poesia al vertice della produzione letteraria, il romanzo, di nascita più recente e meno “nobile”, occupa una posizione intermedia. Uno

79 “È importante ricordare che (quasi) tutti i testi che fanno parte di un canone „santificato dal costume e dalla

tradizione‟ sono un tempo esistiti semplicemente come libri appena pubblicati. [...] per Ann Lawson invece, all‟opera nel 1995, Pinocchio faceva già sicuramente parte del canone, non solo nel suo campo di specializzazione, la letteratura italiana, ma anche nella letteratura mondiale, come suggerisce la pubblicazione della sua traduzione nella collana Oxford University Press World‟s Classics. (E infatti, il prestigio di questa serie e l‟apparato accademico usato nelle sue edizioni hanno in qualche modo condizionato la traduzione)”.

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degli elementi di discrimine tra la fascia alta della produzione narrativa e quella più popolare è proprio la presenza del paratesto. Secondo lo studio di Sapiro (2008), che colloca poesia e romanzi rosa ai due estremi della gerarchia in campo letterario, le norme che regolano la traduzione del romanzo dipendono dal grado di consacrazione raggiunto dal testo e dalla sua distanza nel tempo. Nel quadro della progressiva canonizzazione del testo narrativo, la presenza di un commento paratestuale rappresenta spesso una marca di legittimità80:

Les normes de traduction des romans se différencient en fonction des autres critères évoqués: leur ancienneté et leur degré de consécration. On peut opposer selon ce critère les œuvres classiques à la littérature contemporaine, les premières étant moins soumises aux pressions commerciales relevant de la seconde catégorie. En outre, les classiques sont souvent accompagnés d‟un paratexte, commentaire qui constitue un marqueur de sa légitimité. Les moindres contraintes commerciales s‟expliquent en partie par le fait que, d‟une part, ces œuvres sont souvent libres de droits, de l‟autre, elles enferment déjà un capital symbolique qui, même s‟il ne procure pas un rendement économique immédiat, confère à ses importateurs et au catalogue dans lequel il s‟inscrit une légitimité symbolique, tout en garantissant des profits matériels également sur le long terme. (Sapiro 2008: 204)81

L‟apparato critico dunque segnala e rafforza la canonicità del testo e la sua appartenenza alla letteratura alta82. In questo modo, alcune opere narrative assurgono allo status di classici e, in

80 Cfr. Thomson-Wohlgemuth (2006: 61) per come l‟apparato paratestuale legittimava la traduzione dei classici stranieri

nella Germania dell‟Est. Diversamente dalle altre opere letterarie, i classici stranieri in traduzione, ritenuti di alto valore educativo per il popolo, non subivano di per sé un controllo particolarmente stretto. L‟azione censoria o legittimante del regime si appuntava invece sulle postfazioni, che dovevano obbligatoriamente presentare (e giustificare) la traduzione. Era in base alle postfazioni, lette dai censori con particolare meticolosità, che un libro poteva essere accettato come parte dell‟eredità culturale socialista.

81 “Le norme traduttive dei romanzi si differenziano in funzione degli altri criteri evocati: la loro antichità e il loro grado

di consacrazione. In base a questo criterio, è possibile distinguere le opere classiche dalla letteratura contemporanea, le prime meno soggette alle pressioni commerciali che incidono sulla seconda categoria. I classici inoltre sono spesso accompagnati da un paratesto, commento che costituisce una marca di legittimità. I minori condizionamenti commerciali si spiegano in parte con il fatto che queste opere sono spesso libere da diritti d‟autore, dall‟altra, racchiudono già un capitale simbolico che, anche se non procura un rendimento economico immediato, conferisce ai suoi importatori e al catalogo nel quale si inscrive una legittimità simbolica, garantendo comunque dei profitti materiali sul lungo periodo”.

82 In alcuni casi, l‟apparato paratestuale può anche legittimare o mascherare interventi censori su parti di testo ritenute

“indecorose” per un classico. Nel suo studio sulle traduzioni canonizzate di Catullo in inglese, usate da intere generazioni di lettori, e in particolare sulla versione di C.J. Fordyce (Catullus: a Commentary, 1961), Carol O‟Sullivan (2009: 76-7) mostra come il paratesto abbia un ruolo fondamentale nella presentazione e nell‟inquadramento del testo censurato per il pubblico consumo. La voce autorevole del traduttore-filologo ratifica infatti la selezione delle poesie di

57 quanto capitale simbolico universalmente riconosciuto, si sottraggono alle logiche di mercato che regolano la produzione di massa, rientrando nel processo di sospensione e objectification descritto da Sela-Sheffy (2002; cfr. § 1.2.1).

A volte, come nel caso osservato da Tahir-Gürçağlar (2002), il paratesto non solo conferma la canonicità di un libro, ma può fornire indicazioni immediate riguardo agli scopi della traduzione. L‟uso di precisi elementi paratestuali nelle versioni dei classici stranieri pubblicate in Turchia intorno agli Quaranta, e commissionate dal Ministero dell‟Istruzione al Dipartimento Statale per la Traduzione (Tercüme Bürosu)83, costituisce un esempio di questa strategia:

The paratextual elements of the classics translated by the Translation Bureau made the educational function of these books clear. Or rather, they expressed the intention, the hope, that the books would be received as educational material. This can be deduced from a number of sites, starting with the Ministry of Education‟s logo on the front cover, including the introductions of teacher-translators and extending to the prefaces. By contrast, the paratexts of popular dime novels did not claim to have any function other than to “tempt” the reader (Genette 1997: 93). They contained no preface that could guide the reading of the texts and made no effort to assert their cultural and literary merit. (Tahir-Gürçağlar 2002: 57)84

Nella collana di classici stranieri sovvenzionata dallo stato turco, tutti i dati paratestuali – dalla sobrietà della veste grafica al logo ministeriale in copertina, fino all‟avallo autorevole di insegnanti- traduttori – risultano coerenti e funzionali a un duplice obiettivo: ratificare il testo nel suo status di classico, e sottolinearne al tempo stesso la serietà e il rilievo educativo per i lettori. L‟apparato critico e iconografico che accompagna il testo ne sancisce l‟autorevolezza e ne indica la funzione: è

Catullo come rappresentativa dell‟intera opera, e conduce alla sospensione della curiosità nei lettori riguardo all‟originale. Di fatto, il commento riportato sul risvolto dell‟edizione inglese – in cui si legge che “a few poems which for good reason are rarely read have been omitted” (“alcune poesie che per buoni motivi vengono lette di rado sono state omesse”) – cela la censura completa di una trentina di componimenti.

83 L‟Ufficio per la Traduzione, attivo dal 1940 al 1966, era parte del progetto di occidentalizzazione della Turchia

repubblicana. I libri commissionati dall‟Ufficio e pubblicati dal Ministero dell‟Istruzione avevano principalmente funzione pedagogica, e dovevano servire a trasferire i contenuti della grande letteratura occidentale alle nuove generazioni turche (cfr. Tahir-Gürçağlar 2002: 48).

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“Gli elementi paratestuali dei classici tradotti per conto del Dipartimento per la Traduzione rendeva chiara la funzione educativa di questi libri. O meglio, il paratesto esprimeva l‟intenzione, la speranza, che i libri sarebbero stati ricevuti come materiale educativo. Questo può essere desunto da un certo numero di dati, a partire dal logo del Ministero dell‟Istruzione sulla copertina, fino a includere le introduzioni di insegnanti-traduttori e le prefazioni. I paratesti delle collane economiche più diffuse, al contrario, non pretendevano di avere nessuna funzione se non quella di „tentare‟ il lettore (Genette 1997: 93), non contenevano prefazioni che potessero guidare la lettura dei testi e non facevano alcuno sforzo per asserire il loro merito culturale e letterario”.

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anche e soprattutto tramite il paratesto che il libro canonizzato viene presentato come opera di elevato valore educativo e culturale, volta ad aumentare le conoscenze delle giovani generazioni turche. Il classico è dunque innanzitutto libro che insegna, e nel caso delle traduzioni turche i traduttori stessi sono spesso insegnanti o accademici, il che mostra “how closely the translation of classics was related to education” (“quanto la traduzione dei classici fosse strettamente correlata all‟istruzione”, Tahir-Gürçağlar 2002: 53). Il materiale paratestuale avvalora inoltre l‟idea che il Grande Libro sia, per sua stessa natura, complesso e difficile da capire, estendendo al lettore l‟atteggiamento di riverenza già proprio del traduttore. Se il classico custodisce sapienza e conoscenza, non soltanto andrà tradotto con cura, ma dovrà essere opportunamente dotato di glosse per accompagnare il lettore nel faticoso cammino della comprensione.

Alla funzione consacrante del paratesto Julie Candler Hayes (2009) collega sul piano storico la nascita della nozione stessa di “classico moderno”. Nel suo studio monografico sulla traduzione in Francia e Inghilterra tra 1600 e 1800, Candler Hayes osserva come gli elementi paratestuali associati alle versioni tradotte del Don Chisciotte attribuissero di fatto all‟opera moderna in lingua volgare la stessa autorevolezza dei testi antichi:

During the first 150 years of translations of the Quixote, we also see the rise of a new phenomenon, the “modern classic”, which is concurrent with the emergence of the modern use of the word “literature” in both French and English over the course of the eighteenth century. [...] Prior to 1700, it would have been unheard of to consider [...] translations worthy of critical analysis or to see them accorded the sort of scholarly treatment reserved for the Greek and Latin classics or scripture: critical preface, author‟s biography, explanatory notes. Just as in earlier centuries the advent of moveable type consolidated vernacular culture and conferred an air of historicity and truthfulness on the printed word, so the production of elegant editions in the eighteenth century, with illustrations and editorial apparatus, lent to works from the living languages a kind of cultural authority that had previously belonged only to the ancients. The translator‟s footnote marks a small but telling step in this process, by denoting that the text cannot be instantly seized in the entirety of its meaning but instead requires – and merits – gloss and commentary. (Candler Hayes 2009: 221)85

85 “Durante i primi centocinquanta anni di traduzioni del Don Chisciotte assistiamo anche alla nascita di un nuovo

fenomeno, il „classico moderno‟, che è parallelo all‟emergere dell‟uso moderno della parola „letteratura‟ in inglese e in francese nel corso del Settecento. [...] Prima del 1700, sarebbe stato impensabile considerare [...] le traduzioni degne di analisi critiche o di veder loro accordato quel genere di trattamento accademico riservato ai classici greci e latini o alla Scrittura: prefazione critica, biografia dell‟autore, note esplicative. Così come nei secoli precedenti l‟avvento dei caratteri mobili aveva consolidato la cultura vernacolare e conferito un‟aura di storicità e veridicità alla parola stampata, allo stesso modo la produzione di edizioni eleganti nel diciottesimo secolo, con illustrazioni e apparato editoriale, conferiva a opere scritte in lingue vive quella autorità culturale che era appartenuta fino ad allora soltanto agli antichi. La nota a piè pagina del traduttore segna un passo piccolo quanto rivelatore in questo processo, denotando che il testo

59 Benché l‟ossequio traduttivo verso certi testi-cardine della cultura moderna sia già presente in epoca rinascimentale (cfr. § 1.2.2), a partire dal Settecento il concetto di classicità si applica in modo ormai consolidato alle opere scritte nelle lingue vive, così che la traduzione e l‟interpretazione del “classico moderno” vengono condotte con la stessa attenzione filologica che era stata fino ad allora riservata alle scritture e ai classici dell‟antichità. La presenza di corposi apparati paratestuali a commento del testo sancisce questo processo: edizioni eleganti, biografie dell‟autore, immagini, e note esplicative riflettono l‟autorità culturale del testo, e rimandano all‟idea che, per la sua complessità, l‟opera canonizzata richieda e meriti di essere accuratamente spiegata. Non solo. Nel caso di più traduzioni di uno stesso testo, il commento critico può anche essere usato per affermare la bontà di un certo orientamento interpretativo: “among the distinguishing features of a „classic‟ work”, scrive Candler Hayes (2009: 221), “is the appearance of competing translations, accompanied by important theoretical prefaces”86.

A ben guardare, d‟altro canto, il processo di legittimazione del testo in virtù dell‟apparato critico paratestuale affonda le proprie radici nel periodo umanistico, crocevia storico fondamentale intorno al quale ruotano le nozioni di canone e di classico. Scrive Anthony Grafton (1995) nel suo saggio “L‟umanista come lettore”:

Il lettore umanista nell‟età della stampa [...] non si attendeva che i classici giungessero intatti sulla sua scrivania. Quanto più autore e argomento erano importanti, tanto più profondamente dovevano essere immersi in blocchi di commento. Infine, editori e lettori umanisti decisero che anche i testi letterari latini di argomento non classico abbisognavano di glosse; non c‟era altro modo per legittimarne le pretese letterarie. [...] Paradossalmente dunque, il testo umanistico era tornato nella posizione dell‟auctoritas medievale. [...] Ma il nuovo commentario imprigionava e modellava il testo con altrettanto vigore di quelli antichi. Incoronato dall‟esegesi umanistica, il testo appariva importante non solo per se stesso, ma anche in quanto legato, una volta ancora, ad un sistema di istruzione e di interpretazione. (Grafton 1995: 232)

È significativa, per uno studio sulla traduzione del classico, l‟immagine del testo imprigionato in “blocchi di commento”. L‟apparato critico paratestuale contribuisce a conferire la marca di canonicità all‟opera letteraria, ma finisce anche per chiuderla in una gabbia esegetica in cui il testo è al tempo stesso “incoronato” e immobilizzato. Questa immobilità sembra essere direttamente

non può essere immediatamente afferrato nell‟interezza del suo significato ma richiede – e merita – invece di essere glossato e commentato”.

86 “la comparsa di traduzioni rivali, accompagnate da cospicue prefazioni teoriche rientra fra i tratti distintivi di

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correlata anche alla funzione educativa e didattica incorporata dal Grande Libro, a sua volta materialmente sancita dalla quantità e dall‟autorevolezza di glosse e commentari paratestuali.

1.2.5 Il classico come fonte di conoscenza: la funzione didattica del Grande Libro e la