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Esempi di esperienze italiane: Piazza Italia e Sapori delle Regioni Italiane in Cina

CAPITOLO 1. IL SETTORE ALIMENTARE E IL MADE IN ITALY IN CINA

1.3 Esempi di esperienze italiane: Piazza Italia e Sapori delle Regioni Italiane in Cina

 

Per riuscire a comprendere meglio quali siano i fattori che devono maggiormente essere controllati dalle imprese italiane e quali siano i problemi che potrebbero presentarsi ad ostacolare il cammino verso il successo delle imprese stesse è sembrato essere utile proporre due esempi emblematici per quanto riguarda l'offerta di prodotti alimentari italiani all'estero.

Il primo esempio proposto, il caso di "Piazza Italia", descrive una storia d'insuccesso e cerca di analizzare i motivi che hanno portato alla chiusura della società e all'obbligo per l'amministratore delegato di rimanere in Cina.

Il secondo esempio tratta dell'iniziativa di Auchan di proporre beni alimentari da tutta l'Europa d'eccellenza e rappresenta un fattore positivo per le aziende italiane, in quanto attualmente non vi sono insegne distributive italiane nel territorio cinese.

1.3.1 La storia di un fallimento: Piazza Italia

Nel Settembre del 2008 viene inaugurato a Pechino, più precisamente nel lussuoso quartiere di Chaoyang, il più grande food center italiano all'estero: Piazza Italia. Con una superficie di quasi 4.000 metri quadri su tre piani, aperto tutti i giorni fino alle due di notte, offriva più di 3.000 referenze del Made in Italy alimentare.

Il food center nasce su iniziativa della Tac25, costituita nel 2007 da soci illustri del mondo alimentare italiano e cioè Crai, Consorzio Grana Padano, Conserve Italia, Frantoi Artigiani d'Italia, San Daniele Service e Gruppo Boscolo. Amministratore della società è Emanuele Prata. Nel 2008 viene deciso dai soci di costituire una società di diritto cinese, e nasce in questo modo la Crai Beijin. Il restante 39% di Piazza Italia è coperto dallo Stato Italiano, attraverso la Simest, società italiana per le imprese all'estero.

Piazza Italia offriva ai suoi clienti un vero e proprio percorso esperienziale: al primo piano si trovavano la ristorazione veloce, il Caffè e la gastronomia (dove si poteva usufruire del take away o consumare i prodotti direttamente sul posto), al secondo piano                                                                                                                

c'erano l'enoteca (promossa dalla cantina Cavit) e l'oleoteca, oltre a delle isole in cui si poteva trovare pasta, carne, ma anche attrezzature da cucina, e la Boscolo Academy per poter imparare ad utilizzare al meglio i prodotti italiani in cucina. Sempre al secondo piano ogni regione italiana aveva la possibilità, a rotazione, di promuovere le proprie località turistiche e i propri prodotti tipici. Arrivando al terzo piano, ci si imbatteva nell'area più prestigiosa, con il ristorante e un lounge bar. I risultati dei primi giorni, considerando anche l'apertura solamente del primo piano, facevano ben sperare: più di 500 scontrini battuti al giorno e un numero di visitatori giornaliero che si aggirava sulle mille unità. Il progetto prevedeva l'apertura del secondo piano pochi giorni dopo e quella del terzo piano nel mese di Ottobre. Ma il progetto era molto più ambizioso: altre tre città26oltre a Pechino avrebbero visto l'apertura di altrettanti food center, mentre, in una seconda fase, sarebbero stati sviluppati una rete di franchising, shop in shop e cash&carry. L'investimento era stato stimato, solo per i quattro food center, a 9 milioni di euro.

Tutto ciò avrebbe dovuto rappresentare un'importantissima vetrina per l'eccellenza gastronomica italiana in Cina, un modo per presentare, far conoscere e apprezzare il cibo italiano ai consumatori cinesi. Purtroppo le cose non sono andate come si era sperato. Dopo solamente quattordici mesi di attività, la società è stata liquidata per debiti insoluti.

I motivi di questo fallimento sono molteplici. Innanzitutto, i costi fissi, troppo importanti e sottovalutati dalla società, ma anche la formazione delle risorse e la logistica troppo debole. Un grave problema che si presenta alle aziende italiane, infatti, è proprio quello di non avere logistica e canali distributivi adeguati. Basti pensare che in Cina non sia presente alcuna insegna di supermercati italiana, mentre i concorrenti, soprattutto francesi e inglesi, sono distribuiti in modo omogeneo nel territorio.27

Un altro fattore che ha portato al fallimento di questa iniziativa è stato sicuramente la mancanza di una relazione forte tra le figure italiane e quelle cinesi; non è pensabile agire in Cina senza un partner cinese e è necessario un impegno costante per la creazione e lo sviluppo di relazioni serie e durature.

                                                                                                               

26 Si tratta di Shangai, Tiaanjim e Hangzhou.

Ciò che ha maggiormente portato al fallimento di questo progetto è la sottovalutazione del consumatore cinese; infatti, i consumatori in Cina sono molto sensibili al prezzo, e non è stato capito il perché di prezzi troppo alti per beni reperibili nella grande distribuzione. Infatti, per quanto riguarda il settore alimentare, non si può parlare di un vero e proprio comparto del lusso e i consumatori cinesi dedicano maggiori somme di denaro per prodotti del Made in Italy in cui lo status che deriva dal loro utilizzo è più facilmente ostentabile, tra i quali spiccano l'abbigliamento e le automobili. In riferimento al settore alimentare, vi è da parte dei consumatori cinesi, una necessità di equilibrio tra l'effetto di riconoscibilità che deriva dall'uso del prodotto stesso e l'accettazione del gusto, che non deve essere troppo distante da quello tipico del territorio asiatico.

1.3.2 Auchan e il progetto "I sapori delle regioni italiane in Cina"

Il 13 novembre 201228 è stata presentata a Shanghai " Sapori delle Regioni italiane in Cina" , un'iniziativa realizzata dall' ufficio Export di Auchan Italia. Il progetto è stato presentato al ministero delle politiche Agricole, Alimentari e Forestali italiano, il quale ha riconosciuto il suo patrocinio al marchio Auchan per cinque anni.

Attraverso questa manovra si mira alla promozione di diversi marchi italiani negli ipermercati francesi, precisamente di 54 aziende che porteranno 120 prodotti in 20 dei 55 punti vendita Auchan, avendo in mente l'obiettivo di rendere permanente l'offerta di questi prodotti in tutti gli ipermercati presenti nel territorio. Infatti, al termine del periodo di promozione, che vede la presenza di un'area dedicata all'interno degli ipermercati, i prodotti rimarranno permanentemente nei circuiti distributivi dell'azienda francese.

L'iniziativa di Auchan rappresenta una grande opportunità per tutte quelle piccole - medie imprese italiane che da sole non riuscirebbero a sopravvivere in un mercato immenso come quello cinese. Si tratta di un inizio fondamentale e corretto per sviluppare la cultura del made in Italy alimentare in Cina, utilizzando una distribuzione

                                                                                                               

28 "Sapori delle Regioni italiane in Cina" fa parte del progetto Export, nato, anche se in via sperimentale

moderna che sia in grado di aiutare il produttore nazionale a garantire i suoi prodotti in maniera sistematica in tempi e con costi ragionevoli.

Si pensa che questo tipo d’iniziativa riscuoterà maggior successo rispetto a quella di Crai con Piazza Italia, grazie al differente approccio con cui si sta affrontando il mercato cinese. Pur trattandosi di prodotti eccellenti del Made in Italy, un prezzo esagerato come quello fissato da Piazza Italia non aveva avuto nessun riscontro positivo da parte dei consumatori cinesi. Anche per questo motivo, Sapori delle Regioni italiane in Cina ha voluto mantenere i prezzi in linea con il tipo di prodotto considerato, che, seppur di ottima qualità e per questo apprezzato in tutto il mondo, non avrebbe potuto affrontare il mercato con successo con un prezzo troppo alto.

CAPITOLO 2. LA GESTIONE DEI PROCESSI