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CAPITOLO 2. LA GESTIONE DEI PROCESSI D'INGRESSO NEL MERCATO

2.2 Joint Venture o WOFE

Negli ultimi decenni, il desiderio d'internazionalizzazione da parte delle imprese dei Paesi sviluppati è cresciuto in maniera rapida e costante. La progressiva apertura delle frontiere, la sempre più marcata omologazione degli stili di vita e la globalizzazione dell'offerta di prodotti hanno permesso il successo dell'internazionalizzazione, che è diventato un processo sempre più comune, giustificato da motivazioni quali l'opportunità di sbocco in mercati non ancora saturi o il vantaggio competitivo nel produrre in altri Paesi. L'Italia non ha fatto eccezione e, nonostante la struttura della propria industria, particolare e conosciuta per dimensioni e tipologia, già dagli anni Novanta ha iniziato un processo di esportazione, sostenendo costi importanti e non concludendo sempre l'esperienza con successo. La Cina, in particolare, è meta d'ingenti investimenti da parte delle imprese italiane, e la Open Door Policy ha permesso a quest'ultima di superare gli Stati Uniti per quanto riguarda la quantità d'investimenti stranieri. La ricetta cinese è apparentemente semplice: forza lavoro a basso costo, tasse ridotte per attrarre gli investimenti, nonché miglioramento delle infrastrutture per supportare l'export e la produzione interna. Oltre a questi importanti fattori, un ulteriore elemento che ha permesso lo sviluppo delle esportazioni in Cina è sicuramente la crescita del mercato locale. Ciò significa che la Cina rappresenta una grossa opportunità non solo per l'approvvigionamento di prodotti a un presso basso, ma anche, e ormai si potrebbe dire soprattutto, per la possibilità che offre alle imprese di rappresentare un mercato di sbocco importante per i propri prodotti. Come già affermato in precedenza, l'entrata nella WTO ha sicuramente incoraggiato e supportato le opportunità d'ingresso per le imprese straniere, le quali però devono prestare massima attenzione alle modalità di accesso a questo mercato, tanto importante quanto complesso.

Sono due le fasi principali in cui si struttura l'entrata al mercato cinese: la prima è quella necessaria alla conoscenza del Paese e all'ingresso nello stesso, la seconda, invece, riguarda lo sviluppo del mercato.

La prima fase risulta fondamentale per l'azienda,che in questo momento deve definire la propria presenza, presentare il proprio prodotto, ma soprattutto conoscere l'ambiente nel quale si sta operando. In questo primo approccio l'azienda dovrebbe stabilire in Cina un Ufficio di Rappresentanza (RO, Rappresentative Office), strumento che permette di

studiare il mercato e di poter prendere contatto con le istituzioni governative e con gli operatori locali. In questo momento vi è una decisione importante da prendere, che riguarda la scelta tra il perseguimento di due strategie: esportare in Cina i prodotti realizzati in stabilimenti produttivi localizzati altrove, oppure produrre le proprie merci presso fornitori locali. Questa prima fase è di straordinaria importanza, in quanto vi sono decisioni fondamentali da prendere, che riguardano aspetti delicati, quali l'ottenimento di permessi, la ricerca e la preparazione degli uffici, la scelta degli agenti e dei distributori e molte altre questioni che richiedono competenze e preparazione che molte imprese non possiedono.

Una volta avviata con successo la prima fase, l'impresa può concentrarsi nella fase di sviluppo del mercato, fase complessa e prolungata, e che quindi richiede il possesso di capacità manageriali di diverso tipo. Le possibilità che si presentano all'investitore straniero che voglia installare le proprie unità commerciali (o produttive, ma nel nostro caso non sono importanti) in Cina sono molte, e devono rispettare alcuni passaggi. Una prima fase riguarda la scelta tra un investimento a capitale interamente straniero o una collaborazione con un'azienda locale. La prima possibilità è conosciuta con il nome Wholly Foreign Owned Enterprise (WFOE), mentre nel secondo caso si parla di Joint Venture. Con il termine WFOE s'intende una società a responsabilità limitata con capitale straniero, che non necessita di una figura cinese all'interno della proprio sistema organizzativo, mentre la Joint Venture, conosciuta in italiano come "società mista", prevede un accordo di collaborazione tra due o più imprese, generalmente una italiana e una cinese. I vantaggi di quest'ultima sono molteplici e d'immediata comprensione: in primo luogo l'ammontare dell'investimento e i rischi ad esso correlati vengono suddivisi con il partner. In secondo luogo, il fatto di avere un partner cinese che abbia delle conoscenze in merito al mercato e al suo funzionamento permette una diminuzione della tempistica necessaria all'ingresso nel mercato. Un aspetto molto rilevante, ma "snobbato" dalla maggior parte delle imprese straniere è la cultura locale, molto diversa da quella occidentale. La Cina è molo lontana dal nostro sistema culturale; lingua, storia, istituzioni, sistema relazionale, legale e sociale, media, norme, competizione, distribuzione, organizzazione e contabilità: sono questi aspetti davvero lontani dai nostri e difficilmente comprensibili con la nostra mentalità. Ecco che appare fondamentale l'integrazione del proprio know how organizzativo, tecnologico e culturale con quello di

un'impresa locale. Infine, la collaborazione con un'impresa cinese permette la diminuzione dei casi di nazionalizzazione e di confisca. Questo approccio presenta tuttavia anche alcuni svantaggi, che sembrano favorire le WFOE. Innanzitutto, sono possibili dei conflitti connessi alla presenza di un partner, soprattutto in merito a scelte gestionali quotidiane. Inoltre, vi è sicuramente una diminuzione di flessibilità e di controllo sulla gestione del business; infine, bisogna considerare il possibile comportamento opportunistico dell'impresa partner che potrebbe sfruttare a suo favore il know how dell'azienda.

Come accennato precedentemente, una scelta che può essere fatta dall'impresa estera è quella dell'investimento a capitale totalmente proprio, quindi senza alcun appoggio da parte di organizzazioni locali. In questo caso, vi sono due possibilità: creare un'unità produttiva (investimento cosiddetto greenfield), oppure acquisire un'azienda locale. Questa è una scelta importante, che deve essere effettuata tendendo conto dell'investimento che si deve sostenere e delle tempistiche necessarie per l'avvio nel mercato. L'acquisizione di un'impresa cinese risulta la scelta migliore se l'obiettivo è quello di ridurre i tempi d'ingresso, anche perché insieme all'azienda vengono acquisite allo stesso tempo la rete di vendita e i clienti dell'organizzazione stessa. Questo è un aspetto fondamentale, visto che gli studi sull'argomento hanno dimostrato che le difficoltà maggiori per le aziende estere nell'approcciare a questo mercato si sono riscontrate nella tempistica atta a creare una rete di vendita efficace (ciò anche per la mancanza di guanxi). Due sono i principali aspetti negativi di questa strategia; in primo luogo il tempo necessario per l'approvazione governativa, in secondo luogo la difficoltà nel trasmettere il proprio know-how agli operatori, che probabilmente da anni utilizzano pratiche organizzative o produttive diverse da quelle della casa madre. Ovviamente, un investimento di tipo greenfield permette di superare questo ostacolo, consentendo all'azienda di inserire personale personalmente selezionato.

Anche nel caso in cui la scelta ricada nella collaborazione con un'azienda cinese vi sono due possibilità per l'azienda italiana: la Equity Joint Venture e la Cooperative Joint Venture. Nel primo caso, le parti suddividono i profitti e i costi in base alla partecipazione al capitale dell'impresa creata, mentre nel secondo caso questi sono divisi in funzione agli accordi presi all'interno del contratto stipulato dalle parti. La

scelta generalmente viene effettuata considerando le competenze dell'azienda partner: se l'azienda locale possiede asset strategici importanti, ma intangibili (come, ad esempio, marchi e brevetti) sembra che la scelta migliore sia la Cooperative Joint Venture, in quanto vi sarebbe la possibilità di inserire nel contratto la gestione e a protezione degli stessi assets. Giacché l'accordo coinvolge soggetti molto diversi tra loro per obiettivi, capacità ed esperienze, appare importante ricercare un partner in modo tale da arginare possibili conflitti e da permettere il successo dell'accordo. La scelta del partner deve considerare molteplici fattori. Innanzitutto, gli obiettivi strategici: l'accordo dovrebbe essere stipulato in maniera tale da permettere il raggiungimento degli obiettivi strategici di entrambe le parti, cosicché queste non romperanno la partnership fino al raggiungimento di tali obiettivi. Inoltre, devono essere considerati le caratteristiche delle parti: appare fondamentale l'attuazione di una collaborazione con un'impresa cinese che sia dotata di risorse umane qualificate, di una buona reputazione, una conoscenza dei fornitori, delle buone relazioni con la realtà locale, nonché di una capacità finanziaria sufficiente a sostenere l'entità dell'investimento richiesto. Infine, bisogna considerare la struttura organizzativa: la leadership aziendale, la capacità di apprendere, l'esperienza pregressa in relazioni di questo tipo e le conoscenze gestionali del personale dell'azienda partner.

Ovviamente, le descritte modalità d'ingresso nel mercato cinese possono essere combinate tra di loro, oppure possono essere stipulati degli accordi di licensing, franchising o di co-produzione. Ogni azienda deve essere in grado di valutare quale strategia possa essere la più adatta alle proprie esigenze e necessità.

Figura 2: I vantaggi e gli svantaggi delle Joint Venture:

VANTAGGI SVANTAGGI

Conquista di quota di mercato Mancanza di flessibilità

Creazione di rapporti commerciali Possibili conflitti d'interessi tra i soci Acquisizione di terreni altrimenti difficile

da possedere

Visioni strategiche e culturali molto diverse tra i soci

Usufruire dell'esperienza sul campo del socio cinese

Sopravalutazione delle capacità organizzative e finanziarie del socio cinese

Suddivisione dei rischi Impossibilità di combinare attività di diverse JV perdendo così la possibilità di usufruire di economie di scala

Integrazione dei know-how organizzativi, culturali e tecnologici

Comportamento opportunistico del socio cinese

Figura 2.1: I vantaggi e gli svantaggi dell'Impresa a Totale Capitale Straniero

VANTAGGI SVANTAGGI

Controllo totale sulla gestione aziendale Mancanza di un supporto locale Tutela della proprietà intellettuale e del

know-how aziendale

Impossibilità di entrare in borsa

Accelerazione del processo di costituzione dell'azienda

Restrizione del campo di attività

Maggiore facilità di liquidazione dovuta alla presenza di un solo socio

Flessibilità sulla decisione di ubicazione dell'azienda

Nessun termine di durata, a differenza delle JV che generalmente posso durare 20-30 anni

FONTE: rielaborazione personale

Le Wholly Foreign Owned Entrerprise sono diventate la principale modalità d'accesso al mercato da parte delle azienda estere, infatti "in base alle statistiche del Ministero del Commercio cinese, le WOFE rappresentano il 66,4% del tipo di società utilizzate per investimenti esteri nel 2004 rispetto al 27,5% del 1995".30 Fino a tempi recenti, la maggior parte delle aziende costituite con investimento estero assumeva la forma di joint venture a capitale paritetico, poiché il governo era restio a concedere la quota di maggioranza agli stranieri. Entrambe le forme d'investimento, siano sotto forma di JV o di WFOE, sono state accolte positivamente dalle autorità locali, che hanno definito delle politiche di sgravo fiscale o addirittura di esenzione per incoraggiare gli investitori

                                                                                                               

esteri.31 Bisogna però ricordare che in alcuni settori non è ancora consentita la costituzione di WFOE. Per quanto riguarda il settore della distribuzione devono essere sottolineate alcune problematiche che le società straniere operanti in Cina devono affrontare. Un elemento chiave per la distribuzione della merce in Cina sono i mercati all'ingrosso, i quali però non permettono un controllo costante ed efficace dei prodotti, infatti mancano delle informazioni attendibili e corrette sui negozi al dettaglio, sui prezzi e sulle vendite. Per questo motivo risulta difficile per le imprese a finanziamento straniero poter migliorare la distribuzione o poter implementare la strategia per le vendite al dettaglio. Inoltre, molte imprese distributive affermano di avere capacità e conoscenze molto superiori a quelle che effettivamente possiedono, in termini di copertura geografica, ma anche di professionalità e di solidità finanziaria. Per poter iniziare un rapporto di partnership con un distributore cinese, l'impresa estera dovrebbe considerare alcuni parametri fondamentali tra cui: la struttura finanziaria, la copertura regionale e l'esperienza. In merito al finanziamento, di norma il distributore cercherà di attribuire la maggior parte dei rischi e delle responsabilità all'azienda, e il finanziamento potrebbe essere rischioso poiché l'applicazione delle leggi cinesi in materia contrattuale con società cinesi è spesso complesso. La società estera dovrà attuare uno stretto controllo e un'assistenza quotidiana verso i distributori, soprattutto quelli locali, che peccano molto spesso di professionalità. Ciò significa che diviene fondamentale per l'azienda l'apertura di un Rappresentative Office o comunque di una presenza stabile in Cina attraverso qualche tipo di società. Per quanto riguarda invece il fronte creditizio, questo deve essere strettamente regolamentato ed organizzato dalla società estera, la quale deve stabilire sistemi di controllo del debito e riscossione del credito, nonché stabilire l'ammontare e la scadenza dei pagamenti. Normalmente, infine, i distributori cinesi richiedono l'esclusiva nazionale, nonostante la maggior parti di questi non sia assolutamente in grado di svolgere tale compito in maniera efficiente; per questo motivo sarebbe auspicabile non concedere l'esclusiva ad alcun distributore, o concederla in maniera molto limitata e regolamentata, regolando cioè i termini temporali, la copertura geografica e gli obiettivi di vendita. Concludendo, i principali aspetti da tenere in considerazione relativamente alla distribuzione sono quattro. In primis, appare                                                                                                                

31 Ultimamente le agevolazoni fiscali sono state ridimensionate e la tendenza è da parte delle autorità

fiscali è quella di sopprimerle gradualmente, soprattutto nelle zone in cui si concentrano le joint venture straniere.

necessario selezionare una rete di distributori, evitando di concedere diritti d'esclusiva e avere una presenza locale forte e radicata. Inoltre, è fondamentale effettuare visite frequenti e altre attività di permanenza sul territori, tra cui la più importante appare essere la partecipazione a fiere di settore. Infine, diventa importantissima la presenza di un magazzino locale che sia sotto diretto controllo dell'azienda straniera, che serva a garantire una spedizione e una consegna delle merci rapida e puntuale.