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e la po esia sonora

Agostino Contò

Quella della poesia sonora è una storia che già Giovanni

Fontana ha raccontato da par suo, ripercorrendo le tappe principali del fenomeno, soprattutto per la parte di documentazione del Novecento europeo, nel bel volume La voce in movimento. Vocalità, scritture e strutture intermediali nella sperimentazione poetico-sonora, Monza, Harta

Performing & Momo, 2003 (con un’ampia antologia di testi e

diretta, di un percorso di cui sono stato in parte protagonista a partire dalla metà degli anni Settanta; anni in cui, anche nel Veneto, si registrò una certa vivacità di iniziative nel settore della poesia sperimentale.

Questo mio percorso comincia, come per tanti di noi, con delle poesie scritte e lasciate nel cassetto, e prosegue trovando qualcuno che le legge, qualcuno che le apprezza e soprattutto qualcuno che poi le pubblica o comunque le fa circolare. Il mio lavoro era dedicato soprattutto non alla realizzazione di testi semplici, espressione di buoni sentimenti – come è solito – ma a una ricerca sull’utilizzo della lingua. La nostra lingua, quella che parliamo, di particolare dolcezza, di particolarissima musicalità, testimone non solo delle ricchezze dell’italiano, letterarie succedutesi nel corso della storia dei nostri territori, caratterizzazioni del dialetto. Una lingua, insomma, che a me ha sempre mostrato una ricchezza straordinaria nella propria cui ho voluto lavorare nella poesia della parola. Trattandosi di un codice linguistico particolare, non coincidente con la lingua corrente, questo veneto (che è poi una sorta di incrocio tra un delle élite della grande letteratura, con una sua autonomia dal punto di visita fonico, del suono.

I testi che avevo cominciato a costruire sono interessanti forse anche per questa loro estraneità alla lingua tradizionale della poesia; chi si occupava allora di poesia sperimentale vedeva in questo mio tentativo di lavorare sulla lingua un modo di sperimentare diverso. La mia primissima raccolta, Trilogie con dedica, pubblicata da una casa editrice di Forlì – Forum Quinta su un impianto sostanzialmente tradizionale metteva in forte

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rilievo proprio la musicalità della parola, che nel corso degli anni è diventata una delle caratteristiche del mio far poesia.

Poco dopo la mia ricerca è approdata sul tavolo della cucina di Mulino di Bazzano, dove Adriano Spatola l’ha ritenuta interessante, tanto da propormene la pubblicazione; stampò nel ’75 una mia raccolta di poesie che si intitolava oh, ah,

(per Spatola e la sua attività anche editoriale v. ora il sito ricchissimo: http://www. legati al mondo della lingua veneta. Anche se non era una

poesia in dialetto, c’era sempre questa presenza sotterranea non solo delle cadenze dialettali, ma anche della storia della lingua del nostro territorio, latinismi, e perché no?, anche delle cose che arrivano dalle lingue vicine, dal friulano al lombardo.

Questa singolare raccolta ha avuto un certo riscontro, ma soprattutto è servita a mettermi in contatto con tutta una serie di operatori del mondo dell’editoria e della poesia sperimentale di allora, che mi hanno aperto ai segreti del mondo della poesia sonora e visiva. Poco tempo dopo, ho realizzato assieme ad arrivava da Forlì, Paolo Scomparin e Roberto Cheloni un gruppo pomposamente intitolatosi “Letteratura e

’80 era una vera rivoluzione (Fig. 1). Queste giornate di studio sulla poesia avevano l’intento di fare il punto sulla situazione della poesia in Italia, sottolineandone principalmente due aspetti: che era possibile fare poesia senza penna sulla carta e che esistevano altre dimensioni della poesia: visiva e sonora; il secondo era di mettere in relazione tanti operatori della poesia nuova, giovani molto attivi.

A Treviso, Ca’ dei Ricchi, dal 13 al 15 maggio 1977 le giornate presentavano una mostra di scrittura visuale con opere di: Lamberto Pignotti, Franco Verdi, Marilla Battilana, Flavio Ermini, Gio Ferri, Honys, Houédard, Eugenio Miccini, Mon, Morrocchi, Novak, Giancarlo Pavanello, Adriano Spatola, tutti i più grandi operatori dell’epoca. Alcuni dei testi, che ci venivano prestati e

ci erano stati inviati dagli stessi autori in una serie di relazioni a disposizione da Franco Verdi, uno dei personaggi centrali della poesia visiva, concreta e sonora, non solo nel Veneto.

Verdi, oltre che essere lui stesso un operatore di poesia visiva, era anche un grande raccoglitore di documenti sulla storia della poesia visiva e concreta e ci prestò molti dei materiali della sua collezione personale. Autore della relazione introduttiva, con diapositive e altri oggetti, Verdi storicizzò il fenomeno della siano unicamente manifestazioni dell’avanguardia, ma in realtà non sono altro che una ripresa di un uso alternativo della parola e della dizione documentabili anche per il passato più lontano, vincente, ma con una sua storia e dei suoi esempi anche qui

prima, di Nicolò De Rossi che nel suo trecentesco canzoniere manoscritto ci ha lasciato anche delle poesie dedicate alla cattedra papale, in forma di cattedra, appunto.

Il secondo momento importante di questa iniziativa delle

giornate di studio sulla poesia, riguardava “L’Incontro su aspetti poeti, redattori di riviste, artisti di varie tendenze: erano invitati Memmo, Cucchi, Pontiggia, Raboni, Pignotti, Zanzotto, Gio Ferri, Ermini, Cappi, Bandini, Bettarini, Brugnaro, Gianni Toti.

Era un momento in cui si sono strette moltissime relazioni e da cui sono nati molti progetti, alcuni mi hanno riguardato da vicino e mi hanno coinvolto, sempre nell’ambito della poesia sonora, ovvero dei testi pensati per essere detti e non per essere scritti; ovvero, del testo scritto che è solo una traccia, come uno spartito in musica, per il dicitore. La voce è lo strumento principale, che mette in rilievo la parola, le parole; ad alcuni testi non basta una sola voce, il dire si materializza attraverso la sovrapposizione di più voci, a volte presenti contemporaneamente, a volte sovrapposte

esempio, ai futuristi e ai dadaisti, ma sono stati ampiamente utilizzati da molti operatori nella seconda metà del secolo scorso. Io stesso, giusto a far data dalle mie prime esperienze Fig.1

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di letture pubbliche, ho sentito la necessità di lavorare su piani sonori più ampi, e mi sono dedicato alla realizzazione di testi

Babilonie progettato per E qui entriamo un po’ più nel vivo delle letture, del dire, del realizzare testi che siano stati appositamente pensati per valorizzare l’aspetto sonoro della parola. Dopo l’esperienza di Letteratura e Critica, lo stadio successivo è stato, a Venezia, presso i Magazzini del Sale, nel settembre del 1977, P77, manifestazione curata se non ricordo male da Franco Beltrametti e Armando Pajalich, una grande riunione di poeti e di gruppi poetici, in cui per esempio erano presenti, oltre a tutti i poeti del gruppo legato alla rivista "Tam Tam", molti autori stranieri anche americani e tedeschi come Harry Hoogstraten,

poesia, ma di dire la poesia, ed era un fatto assolutamente più importante che non leggerla solamente. Naturalmente non tutti i lettori erano dei performer, ma ci furono delle esecuzioni di grande interesse, per esempio la prima esecuzione, con il supporto di Giovanni Anceschi, di Aviation aviateur, forse il testo più famoso di Adriano Spatola. Per l’occasione io avevo preparato un testo, una poesia dedicata a P77, un testo, Scimmiottato, perché era elaborato sulle modalità di scrivere poesia utilizzate in quella occasione da Franco Beltrametti dedicata alla storia di Cappuccetto Rosso.

A Franco Beltrametti scimmiottato

(vestito di jeans: dondolandosi incapace di star fermo (voglio

uno due tre e cappuccetto rosso

il lupo, una volta c’era

dalla bottiglia traduceva poesie

dall’inglese suonando lo scacciapensieri che correva fuori (già si capisce

dopo aver pisciato e spariva

di questo mondo permetteva alla moglie di vendersi la macchina da scrivere ed Harry con la barba rain ram chi chi (o forse l’opposto: insomma voglio dire tutti e tre vestiti da poeti americani e tutti gli altri perduti coi loro poemi per

I successivi appuntamenti dedicati alla poesia sonora, sempre

l’anno successivo, il 1978; uno si tenne presso uno spazio Galleria Ferrari di Verona: lì ci fu, grazie all’interessamento di Sarenco, un incontro pubblico dedicato esclusivamente alla poesia sonora, con la partecipazione di Henri Chopin, Paul De Vree, Franco Verdi, Agostino Contò, la coppia degli allora inseparabili Flavio Ermini e Giorgio Bellini.

Tra aprile e maggio del 1978 a Milano, Palazzo Reale, si tenne poi un’iniziativa voluta dal Comune di Milano “Milano 1980: un Tra le varie serate una era espressamente dedicata al Teatro

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Cena, Agostino Contò, Michelangelo Coviello, Arrigo Lora Totino, Eugenio Miccini, Guido Savio, Franco Verdi. Sempre nel 1978 Adriano Spatola decise che era forse il momento di arrivare a una sintesi rispetto al fenomeno della poesia da vivere con la voce. Raccogliendo i testi degli autori che erano attivi nell’ambito della poesia sonora, decise di fondare una rivista che avesse una

forma particolare (ma essenziale per il tipo di cassette sonore, ed ebbe la collaborazione di Ivano Burani che ne fu l’editore per molti numeri; il nome più bello per una rivista di questo tenore sarebbe stato ovviamente

"Tam Tam", soprattutto considerando di cosa stavamo parlando, ma si trattava di un nome già utilizzato per la rivista di poesia che Adriano pubblicava da alcuni anni. Pensando comunque ai deserti agli ambienti e ai climi dell’Africa, e pensando sempre al tam tam, da suonare magari sotto i grandi alberi, ecco il nome: «Baobab. informazioni fonetiche di poesia». Il quarto numero era dedicato al Dolce Stil Suono (Fig.2).

I poeti che si erano costituiti in gruppo in occasione della rassegna internazionale di poesia visuale e 1979 erano Adriano Spatola, Tiziano Spatola, Giulia Niccolai, Agostino Contò, Giovanni Fontana, Arrigo Lora con l’idea di riscoprire la bellezza della dizione, Dolce Stil Suono come Dolce Stil Nuovo, una sorta di rifondazione della poesia nel senso della valorizzazione degli aspetti sonori, vocali, della parola poetica (Fig. 3). Quasi contemporaneamente Records di Milano una antologia storica di poesia sonora in sette LP dal titolo Futura, Henry Chopin pubblica Poésie

sonore internationale, e Sarenco avvia la pubblicazione di LP di poesia sonora documenti nei fascicoli di Factotum Book, ormai rari ma interessantissimi, che raccontano tutta l’avanguardia poetica dagli anni ’70 in poi, uno dei quali è dedicato per l’appunto alla poesia sonora (Fig. 4). Nel 1979, nella casa veronese di Franco Verdi, assieme ad Arrigo Lora Totino decidemmo di istituire, esattamente come si creano i complessi di musica classica, un complesso per l’esecuzione della poesia sonora. Così creammo il 20 Febbraio 1979, il Trio Phoesia, costituito appunto da Contò, Verdi, Totino (al gruppo si di esecuzione riguardava un percorso storico della sonorità della poesia, dalle avanguardie storiche futuriste italiane come Balla, Marinetti e Depero, ma anche autori stranieri dadaisti o più recenti (Fig. 5). Poi nella seconda parte, l’esecuzione di poesie scritte da noi, da soli o insieme, la poesia ginnica

svolgeva un ruolo importante, Verdi e io invece eravamo legati alla poesia in senso stretto, Verdi di più per la poesia che diventava prevalente sul senso che si dava alle parole recitate: il testo di Gobius (da una ipotetica raccolta Pesciaria

era una sistematica elencazione di pesce adriatico, una cantilena che alla di rosario, che noi chiudevamo con un canto gregoriano. I miei testi invece erano legati alla elaborazione della

lingua della poesia. Fig.2

Fig.3

Fig.4

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comportato, nella tradizione occidentale, una deprivazione di valori che erano invece presenti ai primordi al tempo degli aedi omerici o dei trobadors provenzali . La rivalutazione e riproposta di tali valori ritmo, intonazione, timbro ha un nome: poesia sonora. Controllando l’intonazione il poeta può creare la melodia del parlato, tutt’altra cosa rispetto a quella non con l’astratto musicale. Controllando il ritmo, il poeta può realizzare cadenze lente o veloci o medie con una precisione inammissibile nella poesia tradizionale. Controllando il timbro della voce, ciò che fa già intuitivamente e per conto suo un bravo attore, il poeta può colorare armonicamente il suo dire. Ma c’è di più. L’autore può creare polifonie simultanee a più voci, del tutto inedite nella poesia in versi, svelando la

del fare poetico, la tipica concentrazione lirica del discorso La poesia sonora è una delle più feconde invenzioni delle avanguardie storiche: futurismo italiano, zaumismo russo, dadaismo, neoplasticismo, lettrismo. Il Trio Phoesia [...] vuole essere un complesso da camera per l’esecuzione vocale della poesia sonora. Il programma del Trio Phoesia comprende opere delle prime avanguardie, in particolare del futurismo e del dadaismo come del simultaneismo e lettrismo; poi, ovviamente, opere degli stessi esecutori.[...]

Un’ultima manifestazione da ricordare, singolare per luoghi e modalità, un ciclo di sei concerti del 1978 ad Abano Terme, esclusivamente dedicati alla poesia sonora: “Sound poetry International Travelling Concert. Istruzioni per l’uso vicini. Grazie all’allora responsabile dell’attività culturale del Comune di Abano, Bruno Francisci, anche lui poeta, e a Sarenco. Poetanti erano Eugenio Miccini, Arrigo Lora Totino, Agostino Contò, Franco Verdi, Sarenco, Adriano Spatola, Giulia Niccolai, Paul De Vree, Bernard Heidsieck, Pierre e Ilse Garnier.

Adriano in queste occasioni recitava sempre il suo cavallo di battaglia Aviation Aviateur. La commistione tra sonorità e azione era straordinaria. Questi testi che nascevano come spartiti avevano anche naturalmente, cosi come le poesie futuriste, dimensioni dei caratteri, dalle disposizioni nella pagina/ spartito; insomma, spesso questi testi riguadagnavano anche un valore sul versante della poesia visiva.

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