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(C’era una fonda239a Montparnasse)

Forse, il ritorno dall’esilio agli albori della democrazia, ripotò indietro una nuova casta sociale che diffuse in tutto il mondo la sua qualità di orfani espulsi a pedate nel culo dalla loro terra, isolati in altre terre dal sensibile rifugio della solidarietà straniera. Forse l’esilio cileno che partì dal paese con solo i vestiti addosso un’amara mattina, ebbe privilegi in accordo allo stato politico o culturale che avevano allora, quando qualcuno poté scegliere l’ambasciata e la destinazione a seconda del paesaggio europeo dei loro sogni. A differenza di altri anonimi squattrinati buttati dove capitava; Messico, Argentina, Cuba o la lontana Scandinavia, dove erano scarafaggi di carbone nel cielo albino dei Vichinghi.

Per altri, invece, che avevano amici e familiari nell’Europa alla moda, non fu difficile integrarsi nell’esilio intellettuale che vistava musei a Firenze, studiava alla Sorbona e si atteggiavano a franfroci parlando quella lingua di gargarismi, mentre si sventolavano con un quotidiano cileno in un boulevard, lamentandosi dei giorni neri che passavamo noi compatrioti in Cile con la merda militare fino al collo e i proiettili che ci lisciavano le chiappe.

Molti esiliati d’élite divennero artisti o scrittori in quei ritrovi della patria nostalgia. Molti pensarono che la distanza e l’ispirazione fossero sinonimi animati con vino rose e poemi di Benedetti. E alla fine dell’incubo, alcuni ritornarono con una certa aria internazionale, con un certo orgoglio di conoscere il mondo, conversando tra loro, ricordando le super paste che preparavano gli Inti240 a Mia-Italia, o le costolette fru-fru della Charo241 a Parigi. Ritornarono pieni di fumi indossando abiti di lino bianco e fumando la pipa, invadendo il panorama artistico della resistenza che, secondo loro, era un blackout culturale dove non era successo niente.

Molti di noi, che piangevamo sugli accordi di Quando ricordo il mio paese, non pensavano che l’esilio sarebbe tornato trasformato in una classe politica che ripete abitudini coloniali imparate nel vecchio mondo, forse un po’ per adattarsi, e un po’ per l’arrivismo culturale che avevano sempre avuto.

Il ritorno di quella generazione che vide attraverso la televisione intercontinentale i fumi delle proteste, fu un The End cinematografico nel cinema d’essay, un addio sul ponte della Senna, un ultimo assaggio di tango dal sapore d’arrivederci sulle Champs Eliseés. Un ritorno sinistro all’aeroporto di Pudahuel, che per quanto sia stato modernizzato, continua ad essere un ridicolo centro commerciale piantato nei campi della periferia. Quasi una cabina telefonica, una stazione giocattolo rispetto a Oslo, Zurigo o Fiumicino. Ho quasi voglia di tornare indietro quando vedo il vero Cile, così brutto e povero. Non somiglia neanche lontanamente alla terra perduta dai miei vecchi laggiù a Copenaghen. Che ci avranno trovato di così bello in questa porcheria per venire qui, dico io.

Così l’esilio fu solo una separazione obbligatoria di abitudini e paesaggi, e attivò anche in molti giovani, nati nelle lenzuola europee, un certo rifiuto quando al loro ritorno hanno scoperto la loro provenienza semplice. E anche se hanno faccia da paesani con le guance tese, è difficile che si credano cileni dopo essere stati per metà della loro vita cullati dalle garanzie del vecchio mondo.

239 La ramada o fonda è una caratteristica tipica delle feste cilene. Locale provvisorio per la vendita di

alimenti e bevande e musica, per esempio durante le Fiestas Patrias che si celebrano nel mese di settembre per ricordare l’indipendenza del Cile.

240 Riferimento al gruppo musicale Inti-Illimani, esiliato in Italia dopo il golpe. 241 Charo Cofré (13 marzo 1941), cantante cilena esiliata a parigi in seguito al golpe.

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En ellos algo de esa sofisticación apátrida es comprensible, pero no en sus padres que se trajeron hasta la receta de sopa francesa para animar sus veladas al ciboulette con música de la Piaf, Becaud o Prevert. Ciertamente esta clase del snobismoreturn, fue la primera que al caer el muro y tambalear las utopías de izquierda se cambió el overol rojo para ponerse minifalda renovada. Los primeros en adoptar los ritos de la neo burguesía cultural que engalana la política.

Al igual que esos aristócratas educados en Europa a comienzos de siglo, los Red- Light hacen insoportable cualquier reunión, hablando entre ellos, gangoseando en francés la nostalgia del ¿Te acuerdas Katy de ese Café en Montparnasse? Me acuerdo Maca de esa noche con Silvio, los Quila y la Isabel. Fue total.

Así, los Te acuerdas. Me acuerdo. Cómo me voy a olvidar, frivolizan en espumas de champán la película huacha del exilio chileno. Más bien, colorean de turismo el desarraigo involuntario de tantos otros que la lejanía enfermó de regreso, los mató de regreso en la impotencia abismal que sintieron al caer el telón enlutado de sus ojos distantes. Tantos más, famosos o no, doblemente exiliados por el suicidio, la enfermedad mortal o la depresión sin fondo de preguntar a diario: ¿te llegó carta? Lo supe. Ya me lo contaron. Otra parte del exilio, que se vivió la expulsión organizando peñas, amasando empanadas hasta la madrugada o juntando platas solidarias para apoyar la resistencia del terruño combatiente, son los retornados del silencio, los que rara vez evocan la expatriada melancolía del andar lejos, los que nunca se acostumbraron, los insomnes del noche a noche esperando el permiso de ingreso. Los que volvieron sin aspavientos y aprendieron a sobrevivirse con esa grieta incurable en el corazón.

Actualmente la izquierda dorada forma un clan de ex alumnos del exilio, que se pavonean de sus logros sociales y económicos en los eventos de la cursilería democrática. Tal vez, siempre quisieron pertenecer a ese mundo jet set que muestra los dientes en las revistas de moda. Quizás la ideología roja los privó de esos plumereos burgueses que miraron desde lejos con secreta admiración. En fin, el término del siglo desbarató el naipe ético de la Whisquierda, que ve agonizar el milenio con mucho hielo en el alma y un marrón glacé en la nariz para repeler el tufo mortuorio del pasado.

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In loro qualcosa della sofisticazione senza patria è comprensibile, però non nei loro genitori che si sono portati dietro anche la ricetta della zuppa francese per animare le loro serate all’escargot con musica di Piaf, Becaus, Prevert. Certamente quella classe di snobbismoreturn fu la prima che appena cadde il muro e tremarono le utopie della sinistra cambiò la tuta rossa con una minigonna nuova. I primi ad adottare i riti della neo borghesia culturale che adorna la politica. Così come quegli aristocratici educati in Europa a inizio secolo, i Red-Light, rendono insopportabile qualsiasi riunione, parlando fra loro, gorgogliando in francese la nostalgia del Ti ricordi Katy di quel Cafè a Montparnasse? Mi ricordo Maca242 di quella notte con Silvio, i Quila e Isabel243, fu magnifico.

Così, i Ti ricordi. Mi ricordo. Come potrei dimenticare, frivolizzano in schiuma di Champagne il film orfano dell’esilio cileno. O meglio, colorano di turismo lo sradicarsi involontario di tanti altri ammalati dalla lontananza dopo il ritorno, li uccise il ritorno nell’impotenza abissale che sentirono quando cadde il telo oscurato dei loro occhi distanti. Tanti altri, famosi o no, doppiamente esiliati dal suicidio, la malattia mortale o la depressione senza fine di chiedere ogni giorno: Ti è arrivata la lettera? Ho saputo. Me l’hanno raccontato. Un’altra parte dell’esilio, che visse l’espulsione organizzando associazioni, impastando empanadas fino all’alba o mettendo insieme fondi solidali per appoggiare la resistenza della patria combattente, sono i ritornati del silenzio, quelli che poche volte evocano la malinconia espatriata di andare lontano, quelli che non si sono mai abituati, gli insonni di ogni notte aspettando il permesso di ingresso. Quelli che tornarono senza tante cerimonie e impararono a sopravvivere con quella ferita incurabile al cuore.

Attualmente la sinistra dorata costituisce una clan di ex alunni dell’esilio, che si pavoneggiano dei loro successi sociali ed economici negli eventi della snobbaggine democratica. Forse, hanno sempre voluto appartenere a quel mondo jet set che mostra i denti nelle riviste di moda. forse l’ideologia rossa li ha privati di quei piumini borghesi che hanno osservato da lontano con una certa ammirazione. Insomma, la fine del secolo disfece il castello di carte etico della snobbinistra che vede agonizzare il millennio con molto ghiaccio nell’anima e un marron glacé nel naso per scansare l’odore mortifero del passato.

242 Diminutivo del nome “Macarena”.

243 Silvio Rodrguez, i Quilapayun e Isabel Parra: il primo, cantante cubano di cui si è già parlato, i

secondi, cantanti del folklore cileno, rappresentanti della Nueva Canción Chilena, corrente musicale basata sul recupero della musica folklorica unita a fattori innovative e con l’influenza della musica di tutta l’America Latina. https://www.youtube.com/watch?v=XwrD2mAMWFc

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