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(Il centro culturale della DINA178)

Molto frequentate e sgocciolanti di whisky erano le feste nella casa snob di Lo Curro, a metà degli anni Settanta. Quando nell’aria esasperata della dittatura si ascoltava musica dalle finestre aperte, si leggevano Proust e Faulkner con devozione e un set di gay acculturati gironzolava intorno alla Callejas, la padrona di casa. Una diva scrittrice con un passato antimarxista che affondava le sue radici nella palude di Patria e Libertà179. Una donna dai gesti controllati e lo sguardo metallico che, vestita di nero, affascinava per il suo temperamento marziale e la smorfia incantatrice delle sue critiche letterarie. Una signora bene, che era una promessa del racconto nella letteratura nazionale. Pubblicata addirittura sulla rivista di sinistra “La Bicicleta”. Adulata dall’élite artistica che frequentava i suoi saloni. La disinvolta classe culturale di quegli anni che non credeva alle storie di cadaveri e persone scomparse. Piuttosto snobbavano il tema recitando Eliot, discutendo sull’estetica avanguardista o scuotendo il culo scettico a ritmo degli Abba. Troppo ubriachi per le orchidee funebri di Mariana, la Callejas.

Molti nomi di scrittori e artisti conosciuti sfilarono nei corridoi della casetta di Lo Curro ad ogni serata di cenacolo letterario, accompagnati da tè, panini al latte e a volte whisky, caviale e formaggio Camembert, quando qualche scrittore famoso partecipava alle riunioni, elogiando la casa incastonata nella collina verde e il paesaggio del contrafforte andino e quegli uccelli che rompevano il silenzio necrofilo del Barrio Alto180. Quella tranquillità tombale di cui ha bisogno uno scrittore. Con giardino di madreselva e gelsomino per fare ombra al laboratorio di Michael, «Mio marito chimico, che lavora fino a tardi ad un gas per uccidere i topi», diceva Mariana con il la matita in bocca. Allora tutti alzavano i bicchieri di Old Fashion per brindare all’alchimia sterminatrice di Townley, quella svastica lavorativa che esalava il suo fetore, facendo appassire le rose che morivano vicino alla finestra del giardino.

È possibile che molti di questi invitati non sapessero davvero dove si trovavano, anche se quasi tutto il paese conosceva il palpito da avvoltoio delle auto senza patente, quei taxi della DINA che caricavano passeggeri al coprifuoco. Tutto il Cile sapeva e taceva, qualcosa avevano raccontato, qualcosa era stato detto, qualche pettegolezzo da cocktail, qualche chiacchera da pittore censurato. Tutti vedevano e preferivano non guardare, non sapere, non sentire quegli orrori che filtravano dalla stampa straniera.

177 Mariana Callejas (Monte Patria, Coquimbo, 11 aprile 1932 - Santiago, 10 agosto 2016) è stata una

scrittrice cilena e membro della DINA.

178 La Dirección de Inteligencia Nacional o DINA fu la polizia segreta cilena nel primo periodo della

dittatura di Augusto Pinochet.

179 Il Frente Nacionalista Patria y Libertad, noto anche come Patria y Libertad, è stata una

organizzazione politica e paramilitare di estrema destra cilena, attiva tra il 1971 e il 1990. Fu finanziata dalla C.I.A. e fu promotrice del golpe dei carri armati (il fallito Tanquetazo) e appoggiò il colpo di stato di Augusto Pinochet che rovesciò il governo democraticamente eletto di Salvador Allende. I suoi membri confluirono poi nell'apparato del regime cileno e nel movimento pinochettista.

180 Settore nordorientale di Santiago, denominato anche “settore oriente”, dove vive la maggioranza

della popolazione con i redditi più alti del Cile. Comprende i quartieri La Reina, Las Condes, Lo Barnechea, Ñuñoa, Providencia e Vitacura.

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Esos cuarteles tapizados de enchufes y ganchos sanguinolentos, esas fosas de cuerpos retorcidos. Era demasiado terrible para creerlo. En este país tan culto, de escritores y poetas, no ocurren esas cosas, pura literatura tremendista, pura propaganda marxista para desprestigiar al gobierno, decía Mariana subiendo el volumen de la música para acallar los gemidos estrangulados que se filtraban desde el jardín.

Con el asesinato de Letelier en Washington y luego la investigación que develó los secretos de Lo Curro, vino la estampida del jet set artístico que visitaba la casa. Varios recibieron invitación para declarar en EE.UU. pero se negaron aterrados por las amenazas telefónicas y misivas de luto resbaladas bajo las puertas. Y sólo una mujer anónima, aceptó via1jar y reconocer el acento Miami de los cubanos amigos de Michael, que una noche por sorpresa se cruzaron con ella después de una fiesta.

Aun así, aunque Mariana se convirtió en yeta cultural y por varios años desplegó el terror en los ritos literarios que visitaba, igual le quedaron perlas colizas en su collar de admiradores. Igual ejercía un sombrío poder en los fanáticos del cuento que alguna vez la invitaron a la Sociedad de Escritores, la fichada casa de calle Simpson llena de afiches rojos, boinas, ponchos y esas canciones de protesta que Mariana escuchó indiferente sentada en un rincón.

Allí todos sabían el calibre de esa mujer que fingía escuchar atenta los versos de la tortura. Todos preguntando quién la había invitado, nerviosos, simulando no verla para no darle la mano y recibir la leve descarga electrificada de su saludo.

Seguramente, quienes asistieron a estas veladas de la cursilería cultural post golpe, podrán recordar las molestias por los tiritones del voltaje, que hacía pestañear las lámparas y la música interrumpiendo el baile. Seguramente nunca supieron de otro baile paralelo, donde la contorsión de la picana tensaba en arco voltaico la corva torturada. Es posible que no puedan reconocer un grito en el destemple de la música disco, de moda en esos años. Entonces, embobados, cómodamente embobados por el status cultural y el alcohol que pagaba la DINA. Y también la casa, una inocente casita de doble filo donde literatura y tortura se coagularon en la misma gota de tinta y yodo, en una amarga memoria festiva que asfixiaba las vocales del dolor.

NOTA

La historia la supe entonces en plena dictadura, y publiqué esta crónica en el diario

La nación en 1994. Roberto Bolaño leyó el texto, lo comentamos en su primera visita

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Quei quartier generali tappezzati di prese e ganci sanguinolenti, quelle fosse di corpi contorti. Era troppo terribile per crederci. In questo paese così colto, di scrittori e poeti, non succedono quelle cose, pura letteratura tremendista181, pura propaganda marxista per screditare il governo, diceva la Mariana alzando il volume della musica per coprire i gemiti strozzati che provenivano dal giardino.

L’omicidio di Letelier a Washington e l’indagine che portò alla luce i segreti di Lo Curro, provocò il fuggi-fuggi del jet set artistico che visitava la casa. Molti ricevettero l’invito a testimoniare negli USA. Ma rifiutarono terrorizzati dalle minacce telefoniche e le missive di lutto infilate sotto la porta. E solo una donna anonima accettò di partire e riconoscere l’accento di Miami dei cubani amici di Michael, che una notte per caso l’avevano incrociata dopo una festa.

Ma anche così, nonostante Mariana si fosse convertita in iella culturale e per molti anni seminò il terrore agli eventi letterari che visitava, le rimase comunque qualche perla checca nella sua collana di ammiratori. Forse esercitava un oscuro potere nei fanatici del racconto che qualche volta la invitarono alla Sociedad de Escritores182, la malvista casa di calle Simpson piena di manifesti rossi, berretti, ponci e quelle canzoni di protesta che Mariana ascoltò indifferente seduta in un angolo.

Lì tutti conoscevano il peso di quella donna che fingeva di ascoltare attenta le poesie di tortura. Tutti a chiedersi nervosamente chi l’avesse invitata, facendo finta di non vederla per non darle la mano e ricevere la lieve scarica elettrica del suo saluto.

Forse, quelli che assistettero a quelle serate di pacchianeria culturale post golpe, potranno ricordare i fastidi per i vai e vieni del voltaggio, che facevano lampeggiare la luce e saltare la musica, interrompendo la danza. Forse non seppero mai dell’altra danza parallela, dove la contorsione della picana tendeva ad arco voltaico la corva183

torturata. È possibile che non potessero riconoscere un grido nel baccano della musica disco, di moda in quegli anni. Così, intontiti, comodamente intontiti dallo status culturale e dall’alcol che offriva la DINA. E anche la casa, una innocente casa a doppio taglio dove letteratura e cultura si coagularono nella stessa goccia di tintura di iodio, in un’amara memoria festiva che soffocava le vocali del dolore.

NOTA

Venni a conoscenza della storia in piena dittatura, e pubblicai questa cronaca nel quotidiano “La nación” nel 1994. Roberto Bolaño lesse il testo, lo commentammo durante la sua prima visita al paese, e in seguito scrisse Notturno cileno.

181 Tecnica letteraria sviluppatasi negli anni Quaranta caratterizzata da linguaggio violento e personaggi

ai margini della società.

182 La Sociedad de Escritores de Chile (SECH) è un’entità culturale che raggruppa poeti, narratori,

drammaturghi e saggisti con sede centrale nella Casa del Escritor, in calle Almirante Simpson 7, a Santiago del Cile.

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