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Accadde in un paese appeso alla cordigliera con vista al grande mare. Un paese disegnato come uno strappo nella mappa; una serpe in letargo che un giorno si è svegliata con una mitragliatrice alla testa e proclami nasali che ripetevano: «Tutti i cittadini devono rientrare all’ora del coprifuoco e non esporsi alla mercé dei terroristi». Accadde nei primi mesi dopo l’Undici, nella baldoria vittoriosa del movimento golpista, quando gli sconfitti scappavano e nascondevano gente e portavano gente e salvavano gente. A qualche capoccia in uniforme venne in mente di organizzare una campagna di donazioni per aiutare il governo. L’idea, probabilmente tratta da Via col vento o da qualche libello nazista, chiamava il popolo a recuperare la salvezza fiscale collaborando con gioielli per ricostruire il patrimonio nazionale messo in ginocchio dalla baldoria sozza della UP172, dicevano le dame bionde ai loro tè-tornei di canasta, organizzando lotterie e kermesse per aiutare Augusto ad andare avanti nella sua eroica gestione. Dimostrare al mondo intero che il golpe non era stato che un’elettrica sculacciata sul sedere di un bambino bizzoso. Il resto erano calunnie del marxismo internazionale, che invidiavano Augusto e i membri della giunta, perché si erano rimboccati le maniche e in un colpo solo avevano posto fine a quell’orgia di rotos173 Perciò, se avete appoggiato il pronunciamento militare, allora cominciate a pronunciarvi con qualcosa, un anellino, una collana, qualsiasi cosa. Donando una spilla o un gioiello della nonna, diceva Mimí Barrenechea, l’agghindata moglie di un ammiraglio, la promotrice più entusiasta della campagna di regali in oro e platino che riceveva in occasione del galà organizzato dalle dame in celeste, verde e rosa che correvano come chiocce e raccoglievano donazioni.

In cambio il governo militare consegnava una spilla di latta fatta dalla Casa de la Moneda174 per la storica cooperazione. Perché con la spesa in truppe e proiettili per

recuperare la libertà, il paese è andato in rovina, si lamentava Mimí per convincere le donne riccastre che consegnavano le loro fedi nuziali in cambio di un anello di rame, che in poco tempo lasciava loro il dito verde come un ricordo ammuffito della loro generosità patriottica.

3U.P. sta per Unidad Popular, unione di partiti politici che appoggiarono Salvador Allende tra il 1971 e il

1973. L’aggettivo del testo originale è upeliento, formato dall’unione di U.P. e -liento, per veicolare il senso dispregiativo. -liento infatti apporta il significato di ‘sporco’, ‘sudicio’.

173 Seppure nel XIX secolo avesse una connotazione classista e dispregiativa (usato per denominare

una persona di origine urbana e povera), successivamente il termine ha assunto una connotazione affettiva, soprattutto nella forma diminutiva. Dal XX secolo il roto è considerata una figura di identità nazionale e un archetipo della cilenità, arrivando a identificare una persona coraggiosa, orgogliosa e allegra. L’origine potrebbe essere di tipo militare, quando i soldati affrontavano lunghi viaggi ritornavano feriti e mutilati, quindi rotos, “rotti”. Dopo la guerra tra la Confederazione Peru-Boliviana e l’Esercito unito restauratore; le truppe cilene e appartenenti a classi povere il 20 gennaio 1839 sconfissero i confederati nella battaglia di Yungay, trionfo commemorato con l'inno di Yungay e con l'inaugurazione del Monumento al Roto cileno in Piazza Yungay nel 1888. Dal 1889, il 20 gennaio è la “Giornata del roto cileno”.

174 La Casa de Moneda de Chile (CMCh) è una società anonima appartenente allo Stato del Cile,

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En aquella gala estaba toda la prensa, más bien sólo bastaba con El Mercurio y Televisión Nacional mostrando a los famosos haciendo cola para entregar el collar de brillantes que la familia había guardado por generaciones como cáliz sagrado; la herencia patrimonial que la Mimí Barrenechea recibía emocionada, diciéndole a sus amigas aristócratas: esto es hacer patria, chiquillas, les gritaba eufórica a las mismas veterrugas de pelo ceniza que la habían acompañado a tocar cacerolas frente a los regimientos, las mismas que la ayudaban en los cócteles de la Escuela Militar, el Club de la Unión o en la misma casa de la Mimí, juntando la millonaria limosna de ayuda al ejército.

Así, por aquí Consuelo, por acá Pía Ignacia, repiqueteaba la señora Barrenechea llenando las canastillas timbradas con el escudo nacional, y a su paso simpático y paltón, caían las zarandajas de oro, platino, rubíes y esmeraldas. Con su conocido humor encopetado, imitaba a Eva Perón arrancando las joyas de los cuellos de aquellas amigas que no las querían soltar. Ay, Pochy, ¿no te gustó tanto el pronunciamiento? ¿No aplaudías tomando champán el once? Entonces venga para acá ese anillito que a ti se te ve como una verruga en el dedo artrítico. Venga ese collar de perlas querida, ese mismo que escondes bajo la blusa, Pelusa Larraín, entrégalo a la causa.

Entonces, la Pelusa Larraín picada, tocándose el desnudo cuello que había perdido ese collar finísimo que le gustaba tanto, le contestó a la Mimí: Y tú linda, ¿con qué te vas a poner? La Mimí la miró descolocada, viendo que todos los ojos estaban fijos en ella. Ay Pelu, es que en el apuro por sacar adelante esta campaña ¿me vas a creer que se me había olvidado? Entonces da el ejemplo con este valioso prendedor de zafiro, le dijo la Pelusa arrancándoselo del escote. Recuerda que la caridad empieza por casa. Y la Mimí Barrenechea, vio con horror chispear su enorme zafiro azul, regalo de su abuelita porque hacía juego con sus ojos. Lo vio caer en la canasta de donativos y hasta ahí le duró el ánimo de su voluntarioso nacionalismo. Cayó en depresión viendo alejarse la cesta con las alhajas, preguntándose por primera vez, ¿qué harían con tantas joyas? ¿A nombre de quién estaba la cuenta en el banco? ¿Cuándo y dónde sería el remate para rescatar su zafiro? Pero ni siquiera su marido almirante pudo responderle, y la miró con dureza, preguntándole si acaso tenía dudas del honor del ejército. El caso fue que la Mimí se quedó con sus dudas, porque nunca hubo cuenta ni cuánto se recaudó en aquella enjoyada colecta de la Reconstrucción Nacional.

Años más tarde, cuando su marido la llevó a EE.UU. por razones de trabajo, y fueron invitados a la recepción en la embajada chilena por la recién nombrada embajadora del gobierno militar ante las Naciones Unidas, la Mimí, de traje largo y guantes, entró del brazo de su almirante al gran salón lleno de uniformes que relampagueaban con medallas, flecos dorados y condecoraciones tintineando como árboles de pascua.

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A quel galà c’era tutta la stampa, ma bastavano anche solo “El Mercurio”175 e Televisión Nacional a mostrare i famosi che facevano la coda per consegnare la collana di brillanti che la famiglia aveva custodito per generazioni come il Santo Graal; l’eredità patrimoniale che la Mimí Barrenechea riceveva emozionata, dicendo alle sue amiche aristocratiche: questo è essere patriottici, ragazze, squillava euforica alle stesse vecchie raggrinzite dai capelli cenere che l’avevano accompagnata a battere le pentole176 di fronte ai reggimenti, le stesse che la aiutavano ai cocktail della Scuola Militare, al Club dell’Unione o in casa della stessa Mimí, a raccogliere la milionaria elemosina per l’esercito.

Così, Consuelo di qui, Pia Ignacia di qua, squittiva a ripetizione la signora Barrenechea riempiendo i cestini timbrati con lo scudo nazionale, e al suo passo simpatico e regale, cadevano i gingilli di oro, platino, rubini e smeraldi. Con il suo conosciuto umorismo altezzoso imitava Eva Perón strappando i gioielli dai colli di quelle amiche che non li volevano mollare. Suvvia, Pochy, non ti è piaciuto tanto il pronunciamento? Non hai applaudito bevendo champagne, l’Undici? Allora metti qui quell’anellino, che sembra una verruca sul quel dito artritico, sgancia la collana di perle tesoro, quella lì che nascondi sotto la camicia, Pelusa Larraín, consegnalo alla causa.

Allora, la Pelusa Larraín, stizzita, toccandosi il collo nudo che aveva perso quella collana finissima che le piaceva tanto, rispose a Mimí: e tu, tesoro, che cosa donerai? La Mimí la guardò sconsolata, accorgendosi che tutti gli occhi erano puntati su di lei. Ah, Pelu, è che nella fretta di portare avanti la campagna, ci credi che me ne sono dimenticata? Allora dà l’esempio con quella preziosa spilla di zaffiro, le disse la Pelusa strappandogliela dal petto. Ricorda che la carità comincia da casa. E la Mimí Barrenechea, vide con orrore brillare l’enorme zaffiro blu, regalo della sua nonnina perché le faceva pendant con gli occhi. Lo vide cadere nella cesta delle donazioni e fin lì durò il suo volontariato nazionalista. Cadde in depressione vedendo la cesta allontanarsi con i gioielli, chiedendosi per la prima volta, che cosa ci faranno con tanti gioielli? A nome di chi era il conto in banca? Quando e dove sarebbe stata l’asta per poter riscattare il suo zaffiro? Ma neanche suo marito ammiraglio poté risponderle, e la guardò severo, chiedendole se aveva forse dei dubbi sull’onorevolezza dell’esercito. Il caso volle che Mimí conservasse i suoi dubbi, perché non seppe più niente, nemmeno quanto si raccolse con quella colletta ingioiellata della Ricostruzione Nazionale.

Anni dopo, quando suo marito la portò negli USA per motivi di lavoro e furono invitati al ricevimento all’ambasciata cilena per l’appena nominata ambasciatrice del governo militare di fronte alle Nazioni Unite, la Mimí, vestita in lungo e con i guanti, entrò a braccetto all’ammiraglio nel grande salone pieno di uniformi che luccicavano come medaglie, frange dorate e onorificenze che tintinnavano come alberi di Natale.

175 Quotidiano cileno di nota tendenza conservatrice.

http://impresa.elmercurio.com/pages/LUNHomepage.aspx?BodyID=1&dtB=2017-11-08

176 Si riferisce ai cacerolazos, termine colloquiale con il quale si indica una forma di manifestazione

pacifica e rumorosa, in cui il dissenso si realizza attraverso il rumore ottenuto percuotendo coralmente degli oggetti come casseruole (da cui il nome), tegami, pentole, coperchi, mestoli, suppellettili da cucina, o altri utensili simili di uso comune.

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Entre todo ese brillo de galones y perchas de oro, lo único que vio fue un relámpago azul en el cogote de la embajadora. Y se quedó tiesa en la escalera de mármol, tironeada por su marido que le decía entre dientes, sonriendo, en voz baja: qué te pasa tonta, camina que todos nos están mirando. Mi-zá, mi-zafí, mi-zafífi, decía la Mimí tartamuda mirando el cuello de la embajadora que se acercaba sonriente a darles la bienvenida.

Reacciona, estúpida. Qué te pasa, le murmuraba su marido pellizcándola para que saludara a esa mujer que se veía gloriosa vestida de raso azulino con la diadema temblándole al pescuezo. Mi-zá, mi-zafí, mi-zafífi, repetía la Mimí a punto de desmayarse. ¿Qué cosa?, preguntó la embajadora sin entender el balbuceo de la Mimí, hipnotizada por el brillo de la joya. Es su prendedor, que a mi mujer le ha gustado mucho, le contestó el almirante sacando a la Mimí del apuro. Ah sí, es precioso. Es un obsequio del Comandante en Jefe que tiene tan buen gusto, y me lo regaló con el dolor de su alma porque es un recuerdo de familia, dijo emocionada la diplomática antes de seguir saludando a los invitados.

La Mimí Barrenechea nunca pudo reponerse de ese shock, y esa noche se lo tomó todo, hasta los conchos de las copas que recogían los mozos. Y su marido, avergonzado, se la tuvo que llevar a la rastra, porque para la Mimí era necesario embriagarse para resistir el dolor. Era urgente curarse como una rota para morderse la lengua y no decir ni una palabra, no hacer ningún comentario, mientras veía, nublada por el alcohol, los resplandores de su perdida joya multiplicando los fulgores del golpe.

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Tra tutto quel luccichio di distintivi e pendagli d’oro, l’unica cosa che vide fu il lampo azzurro nel colletto dell’ambasciatrice. Rimase tesa sulla scala di marmo, con il marito che la trascinava e le diceva a denti stretti e voce bassa: che fai, sciocca, cammina che ci guardano tutti. Il mio za, il mio zaff, il mio zaffifi, diceva la Mimí balbettando e fissando il collo dell’ambasciatrice che si avvicinava sorridente a dar loro il benvenuto.

Riprenditi, sciocca. Che hai? le mormorava il marito pizzicandola perché salutasse quella donna che appariva gloriosa vestita di raso azzurrino con il diadema tremolante al collo. Il mio za, il mio zaff, il mio zaffifi, ripeteva la Mimí in procinto di svenire. Che cosa? Chiese l’ambasciatrice che non capiva il balbettio della Mimí, ipnotizzata dal luccichio del gioiello. La sua spilla, a mia moglie piace molto, le rispose l’ammiraglio togliendo la Mimí d’impiccio. Ah sì, è bellissima. È un ossequio del Comandante in Capo che ha davvero un gran gusto, me la regalò con il cuore a pezzi perché è un ricordo di famiglia, disse emozionata la diplomatica prima di continuare a salutare gli invitati.

La Mimí Barrenechea non si riprese mai dallo shock, e quella notte bevve di tutto, anche gli avanzi dei bicchieri che venivano sparecchiati dai camerieri. E suo marito, pieno di vergogna, dovette sopportarla, perché per la Mimí era necessario ubriacarsi per resistere al dolore. Era urgente trincare come una zotica per mordersi la lingua e non dire una parola, non fare nessun commento, guardando, annebbiata dall’alcol, il risplendere del suo gioiello perduto moltiplicare i fulgori del golpe.

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LAS ORQUÍDEAS NEGRAS DE MARIANA