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Commento alla traduzione

1. LAS ORQUIDEAS NEGRAS DE MARIANA CALLEJAS Trad (Ta) LE ORCHIDEE NERE DI MARIANA CALLEJAS

1 Mariana Callejas (Monte Patria, Coquimbo, 11 aprile 1932 - Santiago, 10 agosto 2016) è stata una

scrittrice cilena e membro della DINA.

2. (el centro cultural de la DINA) Trad.(Ta) (Il centro culturale della DINA2)

2 La Dirección de Inteligencia Nacional o DINA fu la polizia segreta cilena nel primo periodo della

dittatura di Augusto Pinochet.

3. Barrio Alto Trad. (Ta) Barrio Alto3

3 Settore nordorientale di Santiago, denominato anche “settore oriente”, dove vive la maggioranza della

popolazione con i redditi più alti del Cile. Comprende i quartieri La Reina, Las Condes, Lo Barnechea, Ñuñoa, Providencia e Vitacura.

4. Era demasiado terrible para creerlo. En este país tan culto, de escritores y poetas, no ocurren esas cosas, pura literatura tremendista

117 Bruno Osimo, “Manuale del traduttore”, Hoepli, Milano, 2015, p. 123. 118 Bruno Osimo, “Manuale del traduttore”, ibidem.

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Trad. (Ta) Era troppo terribile per crederci. In questo paese così colto, di scrittori e poeti, non succedono quelle cose, pura letteratura tremendista4

4 Tecnica letteraria sviluppatasi negli anni Quaranta caratterizzata da linguaggio violento e personaggi ai

margini della società.

5. Sociedad de Escritores Trad. (Ta) Sociedad de Escritores5

5 La Sociedad de Escritores de Chile (SECH) è un’entità culturale che raggruppa poeti, narratori,

drammaturghi e saggisti con sede centrale nella Casa del Escritor, in calle Almirante Simpson 7, a Santiago del Cile.

6. Seguramente nunca supieron de otro baile paralelo, donde la contorsión de la picana tensaba en arco voltaico la corva torturada.

Trad. Forse non seppero mai dell’altra danza parallela, dove la contorsione della picana tendeva ad arco voltaico la corva6 torturata.

6 Coltello da combattimento tipico del Cile, dalla forma ricurva.

Nella Te, tutte le note vengono eliminate.

I primi cinque esempi sopra riportati, privati delle note, possono essere lasciati invariati senza stravolgere troppo il lettore, creando un piccolo effetto di straniamento che non altera la comprensione del testo e anzi può stimolare e incuriosire il lettore pigro. La frase dell’esempio 6), invece, non può proprio essere lasciata così senza qualche tipo di intervento: si tratta di una metafora di un corpo sotto tortura che, in preda a uno spasmo, si contorce ad arco. La “corva”, conosciuta in Cile anche come “corvo”, è un’arma del folklore cileno dalla tipica forma ad arco, che contribuisce all’immagine metaforica richiamando sia la violenza delle armi che la forma ad arco assunta dal corpo torturato sotto l’effetto della scarica elettrica. In italiano l’arma ha lo stesso nome nella versione al maschile: “corvo”, ma difficilmente si associerebbe tale termine a quella specifica arma e non all’omonimo e molto più conosciuto uccello nero del malaugurio.

Per questo motivo, “corva”, scritto in corsivo e corredato di nota nella Ta, a mio parere dovrebbe cambiare nella Te, per non correre il rischio che, senza l’ausilio della nota, nell’immagine mentale del lettore faccia capolino un uccello nero al posto dell’arma ricurva, o che, nonostante il campanello d’allarme dell’uso del corsivo possa avvertire il lettore che si tratta di un elemento culturospecifico, questi non ne colga il senso e rimanga spaesato di fronte a un’immagine che invece è volutamente forte e deve essere di impatto.

Ho deciso, pertanto, di trasformare il termine “corva” in “corpo”, dato che è proprio al corpo che l’immagine fa riferimento, anche se in questo modo ho eliminato completamente l’arma dalla forma ricurva e ho sciolto parte della

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metafora. Fortunatamente, la stessa immagine è resa anche da “arco voltaico”, perciò il senso cercato da Lemebel non è perduto:

Forse non seppero mai dell’altra danza parallela, dove la contorsione della picana tendeva ad arco voltaico il corpo torturato.

Per compensare la scomparsa della “corva” si potrebbe aggiungere qualcosa che rafforzi l’elemento violento, oppure sostituire, invece che con “corpo”, con qualcosa che abbia la stessa forma arcuata ed evochi qualcosa di violento. Quest’ultima strategia sarebbe la migliore, ma non sono riuscita a trovare nessun termine che facesse al caso.

Questo tipo di perdita è chiamato da Antoine Berman “impoverimento qualitativo”119, cioè stiamo togliendo ‘qualità’, sfaccettature al testo, eliminando in

questo caso una metafora. Ne La traduzione e la lettera o l’albergo della lontananza, Berman spiega come la traduzione comporti un sistema di deformazione che impedisce alla traduzione di raggiungere pienamente il proprio scopo, per cui è utile identificare e spiegare attraverso un’operazione di analitica della traduzione una serie di “tendenze deformanti il cui fine è la distruzione, non meno sistematica, della lettera degli originali, a esclusivo vantaggio del ‘senso’ e della ‘bella forma’ ”.

Per i punti 2), e 3), dove “DINA” e “Barrio Alto”, potrebbero causare confusione nel lettore, una soluzione potrebbe essere la seguente: per aiutarlo nella comprensione, si potrebbe aggiungere un piccolo glossario iniziale o finale che contenga termini come “Barrio Alto”, “DINA”, ma anche “CNI”, “roto”, “upeliento” e “putiflor”, altre parole problematiche delle quali riparleremo più avanti. Sostituire questi termini rappresenterebbe una perdita troppo grande per un testo come questo.

Un altro caso di impoverimento qualitativo presente nella Te si trova nella cronaca I rintocchi dell’Undici, dove la “sandunga” diventa un semplice “balletto”:

Ta: E come se non bastasse questa faccia tosta travestita da patria mielosa, la sandunga7 degli stivali continua alla messa con la tovaglia lunga nella Scuola

Militare

7 Danza messicana

Te: E come se non bastasse questa faccia tosta travestita da patria mielosa, il balletto degli stivali continua alla messa con la tovaglia lunga nella Scuola Militare

119 Antoine Berman, “La traduzione e la lettera o l’albergo nella lontananza”, Quodlibet, Roma, 2008,

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Anche questa scelta, come quella adottata per “corva”, privilegia la resa dell’immagine piuttosto che dell’elemento culturale.

Nella stessa cronaca è stata adottata anche una strategia esplicativa, nella quale si aggiunge qualcosa per chiarire un significato altrimenti non chiaro per un lettore che non conosce il Cile in modo approfondito. Si tratta dell’indirizzo della residenza del presidente Allende, in calle Tomás Moro: in una sorta di metonimia, il personaggio si riferisce alla casa del presidente bombardata soltanto attraverso il nome della strada, Tomás Moro, appunto. Ho scelto di aggiungere “La casa di Allende” cercando di eliminare i dubbi del lettore lasciando comunque intatta la scorrevolezza del testo:

Ta: Mi ricordo proprio bene perché Felipe Ignacio era piccolo, e si nascose dietro la governante quando bombardarono Tomás Moro8. Non ti dico!

8 La Casa presidenziale Tomás Moro fu la residenza ufficiale di Allende durante la sua presidenza.

Te: Mi ricordo proprio bene perché Felipe Ignacio era piccolo, e si nascose dietro la governante quando bombardarono la casa di Allende a Tomás Moro. Non ti dico!

Concludiamo per il momento il confronto tra Ta e Te, proposto come semplice riflessione su come e quanto uno stesso testo possa cambiare in base alle scelte strategiche fatte dal traduttore, a seconda degli elementi del testo che si vogliono privilegiare e a seconda del lettore a cui ci si vuole rivolgere. Passiamo adesso ad approfondire la prima fra le tre questioni che è necessario considerare nell’analisi della traduzione di De perlas y cicatrices, la questione culturale, dove più avanti avremo ancora modo di vedere qualche esempio di confronto fra Ta e Te.

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