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Nei paragrafi che seguono si illustreranno tutte quelle questioni emerse nella traduzione del linguaggio cosiddetto “marcato” utilizzato da Pedro Lemebel in De

perlas y cicatrices.

A che cosa ci si riferisce quando parliamo di “linguaggio marcato”? Si tratta di tutte quelle forme che si possono definire “non-standard”, caratteristica che può dipendere da svariati fattori, come ad esempio: il registro linguistico, l’uso di figure retoriche, il carattere iconico e connotativo delle scelte testuali compiute.155

Ecco alcune tra le questioni principali da prendere in considerazione nell’analisi del linguaggio marcato in De perlas y cicatrices:

o il già menzionato registro linguistico, quindi l’uso di dialetti o forme particolari del parlato legate a determinate classi di individui, il turpiloquio, le espressioni idiomatiche;

o il linguaggio figurativo: metafore, rime, onomatopee, giochi di parole, neologismi.

Il registro linguistico

Gli espedienti più rilevanti per la resa di un registro informale sono una sintassi semplice, l’ellissi, i modismi, l’uso di un dialetto o di uno slang, l’uso del discorso diretto colloquiale, il turpiloquio, l’uso di termini informali e marcatori del discorso. La difficoltà nel tradurre i dialetti e i registri non standard sta nella necessità di ricreare un dialogo convincente e plausibile nella lingua d’arrivo considerando il diverso contesto culturale, cercando di evitare il rischio di rappresentare i personaggi in un modo ridicolo o stereotipato. Per scegliere la giusta strategia il traduttore può servirsi di intermediari nella cultura di partenza, consultare corpora, leggere letteratura nella lingua d’arrivo scritta in registro informale, vedere film o serie tv, far uso di glossari.

Una cosa importante da fare è capire qual è la funzione del dialetto nel libro. Purtroppo, molto spesso la strategia più comune è quella della standardizzazione, strategia che è stata adottata anche per De perlas y cicatrices in diversi casi, dove i dialoghi non standard sono stati trasformati in dialoghi standard, ma tale strategia

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deve essere necessariamente accompagnata da una compensazione a livello grammaticale, lessicale o ortografico.

Come è stato visto nell’introduzione sulla varietà cilena dello spagnolo, De perlas y

cicatrices presenta un elevatissimo numero di termini dialettali, oltre a dialoghi

appartenenti a diversi registri e non soltanto quello informale. Nella prosa di Lemebel è molto divertente la caratterizzazione dei personaggi attraverso il registro linguistico da loro utilizzato, perciò tale elemento ha un’importanza vitale. Vediamo qualche esempio.

Un cuico si esprimerà come segue (da: El gorrión de Conchalí, esempio già riportato in numerosi casi nel corso del lavoro perché particolarmente significativo):

¡Enfermo de chulo este gallo, María Fernanda, pero es re amoroso!

L’uso di termini come “chulo”, “gallo” e “amoroso”, e soprattutto del doppio nome che contiene “María”, denotano l’appartenenza del personaggio alla classe benestante santiaguina. La mia versione in italiano è la seguente:

“È proprio un volgarotto zoticone questo tipo, María Fernanda, che caruccio!”.

Ho cercato di utilizzare termini che in qualche modo esprimessero un distacco dall’alto da parte del personaggio, che trova il ragazzo “caruccio” dopo averlo chiamato “volgarotto zoticone”, con un senso quasi di pena.

E se gli snob parlano così sorseggiando whisky, il ragazzino di strada uscito dal penitenziario utilizzerà un altro tipo di linguaggio (Solos en la madrugada):

Yo te iba a colgar, loco, agregó sonriendo. Mostrándome una hoja de acero que me congeló el alma colipata. Te iba a hacer de cogote, pero cuando te oí hablar me acordé de la radio, taché que era la misma voz que oíamos en Canadá. Pero la Radio Tierra es onda corta y no se escucha tan lejos. ¿Estuviste afuera? No, ni cagando, yo te digo en Cana, en la cárcel, en la peni, tres años y salí hace poco. Me acuerdo que a las ocho, cuando dan tu programa, adentro jugábamos a las cartas, porque no hay na' que hacer .¿Cachái? La única entretención a esa hora era quedarnos callados pa' escuchar tus historias. Habían algunas re buenas y otras no tanto porque te ibai al chancho, como esa del fútbol o la de Don Francisco. Ahí nos daba bronca y apagábamos la radio y nos quedábamos

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dormidos. Pero al otro día, no faltaba el loco que se acordaba y ahí estábamos de nuevo escuchando esa canción. ¿Invítame a pecar, se llama?

Trad Ti avrei sistemato, bello, aggiunse sorridendo. Mostrandomi una lama di acciaio che mi congelò l’anima da checca. Ti avrei sistemato proprio per bene, ma quanto ti ho sentito parlare mi sono ricordato della radio, mi sono accorto che è la stessa voce che ascoltavamo in Canadá. Ma Radio Tierra è onda corta e non ci arriva così lontano. Sei stato all’estero? No, ma che cazzo, sto dicendo in Cana, in carcere, nel penitenziario, tre anni e sono uscito da poco. Mi ricordo che tipo alle otto, quando danno il tuo programma, dentro giocavamo a carte, perché non c’è nient’altro da fare, sai? L’unico divertimento a quell’ora era rimanere zitti per ascoltare le tue storie. Ce n’erano alcune parecchio belle e altre meno, perché a volte pisciavi proprio fuori dal vaso, come con quella sul calcio o quella su Don Francisco. Allora ci arrabbiavamo e spegnevamo la radio e ci addormentavamo. Ma l’altro giorno, non ce n’era uno che non si ricordasse e ce ne stavamo lì e ascoltavamo quella canzone, Invítame a pecar, si chiama?

Lemebel fa uso di tre modismi, del turpiloquio e del discorso diretto non segnalato da punteggiatura, anche quando cambia il personaggio che parla. Inoltre abbrevia “Canadá” con “Cana” e “penitenziario” con “peni”, scelta che ho mantenuto nel primo caso ma non nel secondo perché c’è il rischio che un italiano non capisca il gioco di incomprensioni tra Lemebel e il ragazzo su “Canadá”, nome del Paese e del penitenziario, appunto.

Non riuscendo a trovare una stessa quantità di modi di dire altrettanto colloquiali in italiano per rendere i primi due modismi aventi lo stesso significato (“colgar” e “hacer de cogote”), ho utilizzato “sistemare” ricorrendo a una ripetizione enfatica con l’aggiunta di “per bene” che eventualmente poteva diventare anche “per le feste”. Per il terzo modo di dire, “irse al chancho”, ho trovato un equivalente efficace in “pisciare fuori dal vaso”, ma il modo di dire contiene anche l’uso del voseo cileno. Per ovviare a questa perdita vernacolare, ho provato a inserire il marcatore dell’oralità “tipo”.

Come ultimo esempio, osserviamo il seguente testo tratto da Un letrero soviet en

el techo del bloque, dove vediamo a confronto le signore pobladoras:

Entonces quedó la zorra, en un dos por tres la pacífica reunión se convirtió en una batahola. ¿Y por qué rojo?, dijo la mujer de un paco, va a parecer guarida de comunistas. ¿Y qué tiene en contra de los comunistas? Harto sufrieron con los milicos mientras usted le pegaba en la nuca a su marido que andaba apaleando gente. Quiere que pinten el bloque verde para que parezca retén, ahí sí que se vería bonito. Y por qué no rosado, o celeste, o plomito para que no se note la mugre, porque la gente aquí es tan cochina. Usted será cochina señora que tira la

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mugre al primer piso. Y usted que se hace la lesa con la venta de mariguana que tiene su hijo. No te metái con mi hijo vieja cabrona que tenis a tu hija trabajando en un topless. Esa sí que no te la voy a aguantar vieja maraca. Y se agarraron del pelo revolcándose ante los crispados ojos de las señoritas promotoras que salieron arrancando entre el revoltijo de papeles y carpetas que volaban sobre las mujeres malcornadas en el suelo.

Trad: Allora fu il caos, e in tre per due la pacifica riunione si trasformò in un bailamme. E perché rosso? Disse la moglie di un poliziotto, sembrerà comunista. E cos’ha contro i comunisti? Hanno già sofferto abbastanza con i militari mentre lei metteva le corna a suo marito che andava a bastonare la gente. Vuole che dipingano il palazzo di verde così poi sembra un commissariato, così si che sarebbe bello. E perché non rosa, o celeste, o color piombo perché non si noti la sporcizia, perché la gente qui è talmente sudicia. Sarà lei sudicia signora che tira la sporcizia al primo piano. E lei allora che fa la finta tonta con lo spaccio di marijuana di suo figlio. Non provare a parlare di mio figlio vecchia capra che c’hai una figlia che lavora in topless bar. Questa non te la perdono vecchia zoccola. E si presero per i capelli rotolandosi davanti gli occhi sgranati delle signorine promoter che uscirono a fatica dal groviglio di fogli e cartelle che volavano sulle donne a terra tutte sciagattate.

Anche qui, la particolarità è l’uso del voseo cileno unita a una scelta terminologica tipica della parlata colloquiale e popolare, come “harto”, o insulti coloriti come “vieja cabrona”e “vieja maraca”. Ho cercato di enfatizzare questi ultimi elementi (“vecchia capra”, “vecchia zoccola”) per compensare la perdita del voseo e non perdere la tragicomicità dell’immagine.

Già questi esempi mettono in luce un’ulteriore questione sulla quale è necessario fare un’osservazione: pur eliminando ogni tipo di censura politica, sessuale o della violenza, che qualora presente toglierebbe a questo libro il suo senso fondamentale, rimane comunque latente un altro tipo di censura determinato dal linguaggio stesso: oltre alla difficoltà con il linguaggio vernacolare, in molti casi l’italiano tende ad avere meno varietà rispetto allo spagnolo quando si tratta, per esempio, del lessico omosessuale o del turpiloquio. O meglio, le varietà ci sono, ma sono forme dialettali che risultano innaturali considerando la scelta di mantenere il più possibile gli elementi della cultura di partenza. Come già detto, utilizzare forme dialettali italiane in un testo così fortemente legato al proprio paese renderebbe il testo poco credibile, sarebbe un attentato alla “parlanza dell’opera”156.

156 Antoine Berman, “La traduzione e la lettera o l’albergo nella lontananza”, Quodlibet, Roma, 2008,

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Ecco per esempio un termine dal quale derivano molti altri e che fa parte del linguaggio gay:

(dal glossario)

Coliza (o Colisa) [ko'lisa]157 S.f, Cile Dal francese coulisse

1. Cappello di paglia

2. Piattaforma per i cannoni delle navi e il cannone stesso. 3. Grosso pane sottile e quadrato

4. Pesce tropicale

5. Persona omosessuale, gay. Fa parte di un gruppo di parole che cominciano per coli- e sono associate agli omosessuali, come colipato, coliguacho, colita,

colisón, colihüillo culijunto, culiao.

Oltre a questo termine, specificatamente cileno, ne esistono molti altri, per esempio “marica”, “maricón”, “mariposa”, ed ecco alcune possibili traduzioni in italiano: “frocio”, “finocchio”, “checca”, “ricchione”, “culattone”.

Il problema con i testi di Lemebel è che nel suo utilizzo di tali termini non c’è quel senso omofobo e dispregiativo contenuto nei traducenti in lingua italiana. Ho ritenuto che “checca” fosse l’opzione migliore, ma è evidente che il testo subisce una forte perdita considerando la grande varietà di termini utilizzati nell’originale. In precedenti traduzioni pubblicate da Marcos y Marcos, come Baciami ancora forestiero e

Ho paura torero, è stato scelto di lasciare invariato il termine “mariposa”, con l’utilizzo

di una piccola avvertenza inziale: Avvertenza

Poiché la nostra lingua, solitamente ricca e varia, non offre espressioni altrettanto ricche, fantasiose e aperte per definire l’universo omosessuale, per evitare di cadere in una terminologia tristemete sprezzante e riduttiva, abbiamo preso in prestito parole spagnole aeree dal sapore di farfalla e ce ne siamo inventate altre che ci piacevano di più.158

Nei casi di mancata adeguata corrispondenza nella lingua d’arrivo si rischia pertanto una censura intrinseca nel linguaggio stesso, o, per dirlo ancora con le

157 La pronuncia inserita per la z è quella cilena, seseante.

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parole di Antoine Berman: un “impoverimento quantitativo” (minor numero di significanti nella lingua d’arrivo) e anche “qualitativo” (i termini utilizzati non possiedono la stessa ricchezza sonora né di significante) del testo, che possono essere aggirati tramite espedienti come nell’esempio sopra.

Il linguaggio figurativo

Il linguaggio figurativo è usato sia in prosa che in poesia per creare strati di significato che il lettore accede attraverso i sensi, il simbolismo e i dispositivi sonori. Il linguaggio figurativo avvicina il lettore al tema del lavoro, senza che l'autore debba esplicitare il tema per il lettore. È un modo per il lettore di inserire le parole con le loro menti ed emozioni, piuttosto che semplicemente comprendere una storia o un poema. Il linguaggio figurativo è un modo per l'autore di aggiungere strati di significato nelle loro parole e nella storia.159

La traduzione del linguaggio figurativo può avvenire attraverso diverse strategie:160

o traduzione letterale; o spiegazione;

o sostituzione con un’altra figura retorica dello stesso tipo o di un tipo diverso;

o eliminazione.

Osserviamo quali sono le principali tipologie di linguaggio figurativo presenti nella scrittura di Lemebel::

o Similitudine: comparazione tra due cose, indicata da elementi testuali. Esempi dal testo:

Da La visita de la Thatcher:

“[…]ojos celestes como el manto de la virgen” Trad. “occhi celesti come il mantello della vergine”.

Da El bim bam bum:

159 “Guida illustrata agli elementi letterari: il linguaggio figurativo”

http://www.storyboardthat.com/it/literary-terms/linguaggio-figurativo Consultato il 30 gennaio 2018.

160 Donna R: Miller ,Enrico Monti, “Tradurre figure/Translating figurative language”, CeSLiC, 2014, e

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Sólo dejaron para el recuerdo, la pretenciosa fachada de columnas y el arco de ingreso, como una cáscara hueca que adorna nostálgica el plástico vidriero del Santiago actual.

Trad. “Lasciarono soltanto per ricordo la pretenziosa facciata a colonne e l’arco dell’entrata, come il guscio vuoto che adorna nostalgico il plastico sotto vetro della Santiago attuale.”

Da La payita:

Así, en el segundo plano de la historia, telonea tramitado de rojo opaco el nombre de la Payita, como la marca del rouge que, en el pañuelo desvaído, deja la huella del rosa amante en el lacre pálido de una costra carmesí..

Trad. “Così, nel secondo piano della storia, fa da sfondo il nome dalla trama rosso opaco della Payita, come il segno del rouge che, nel fazzoletto sbiadito, lascia l’impronta del rosa amante nella cerca lacca pallida di una crosta cremisi.”

Da El gorrión de Conchalí:

Y siguió comiendo y mascando, embetunándose entero con las amargas lágrimas de esa cebollera humillación. Como si el mote de cantante cebolla, que le puso el riquerío, se devorara a sí mismo, en una grotesca y cruel escena.

Trad. “E continuò a mangiare e masticare, impiastricciandosi tutto con le amare lacrime di quella cipollosa umiliazione, come se il soprannome di cantante cipolla che gli avevano dato i riccastri divorasse se stesso, in una grottesca e crudele scena.”

Come si evince dagli esempi, la traduzione di queste figure non ha rappresentato un problema in quanto la similitudine è una figura espressa attraverso il “come” e non cela significati indiretti.

o Metafora: due cose diverse vengono accostate per creare un’immagine nuova, senza l’ausilio di elementi testuali che la segnalano. Tradurre le metafore può essere complicato, soprattutto quando contengono elementi particolarmente occulti.

Esempi dal testo:

1) Da Las sirenas del café:

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In questo caso la metafora utilizza una parola legata alla gastronomia che si riferisce ai pezzi di carne esposti in macelleria per evocare l’esposizione al pubblico delle ragazze del bar, che mettono in mostra le cosce agli occhi avidi degli avventori. Sono riuscita a ricreare la stessa corrispondenza utilizzando il termine “filetti”.

2) Da Camilo Escalona:

Apretar cachete cuando arde la selva del indiaje

Trad. “darsela a gambe quando brucia la selva del miscuglio indigeno”

Quando “la selva del indiaje” brucia significa che il gioco si fa duro, la situazione si complica, e “apretar cachete” non è che il corrispondente modo di dire di “darsela a gambe”. Ho quindi utilizzato “darsela a gambe”, ma ho preferito non standardizzare l’immagine della selva che brucia, a mio parere comprensibile anche se non si tratta di un’espressione utilizzata in italiano.

3) Da Los cinco minutos te hacen florecer: Eran tres hombres salpicados de yodo […] Trad. . Erano tre uomini schizzati di iodio

L’uso dello iodio come metafora del sangue è particolarmente ricorrente nel testo ed ho deciso di non modificarla.

4) Da Ronald Wood: medialuna yodada Trad. mezzaluna iodata1

1La Mezzaluna di Maipú, situata dietro la piazza di Maipú e destinata alla celebrazione di rodei, fu utilizzata come luogo di transito di prigionieri politici. Secondo le testimonianze, lì si svolgevano interrogatori e venivano inflitte torture ai prigionieri

Questo esempio è senz’altro il più complesso da tradurre, dato che accosta una piazza di Maipú non familiare al lettore ed avente la forma di mezzaluna, allo iodio, di colore rosso, per evocare l’immagine del sangue. “Mezzaluna iodata” fa infatti riferimento all’uso della piazza di Maipú come centro di raccolta dei prigionieri e

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luogo di tortura, ma per un lettore italiano è molto difficile comprenderlo essendo estraneo a questa realtà. Ho aggiunto una nota, senza la quale il lettore può forse solamente accorgersi della presenza di una metafora grazie alla ricorrenza dell’uso dello iodio per evocare il sangue.

5) Da: Las orquídeas negras de Mariana Callejas: […] igual le quedaron perlas colizas en su collar de admiradores

Trad. le rimase comunque qualche perla checca nella sua collana di ammiratori

Quest’ultimo esempio non ha dato troppi problemi. Dato il collegamento con le “perlas” del titolo, era necessario mantenere il riferimento alle perle e alla collana, che rende perfettamente l’idea di una serie limitata ma comunque fissa di ammiratori che ancora seguono Mariana Callejas nonostante il suo oscuro passato.

o Metonimia. Trasferimento nel significato di una parola a un’altra in base a una relazione di contiguità spaziale, temporale o causale161:

Esempi dal testo:

1) Da Don Francisco:

Y por más de veinte años vimos brillar la sopaipilla burlesca de su bufonada Trad. e per più di vent’anni vedemmo brillare la sopaipilla1 burlesca delle sue

buffonate.

1Piatto tipico cileno della tradizione popolare costituito da focaccine di zucca fritte da consumare con salse

L’autore qui utilizza il cibo tipico da strada per riferirsi a tutto ciò che fa parte dell’universo povero, di basso rango. La difficoltà sta nel fatto che la “sopaipilla” non è conosciuta in Italia e non fa scattare il riferimento. Se si vuole evitare la nota, si può lasciare al lettore la curiosità di scoprire che cosa sia, oppure pensare di sostituire con un equivalente, come “focaccia”, oppure “brodino”, piatto che allude alla povertà.

o Gioco di parole

161 Treccani vocabolario, http://www.treccani.it/vocabolario/metonimia/ Consultato il 30 gennaio

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l’ambiguità dei giochi di parole è data dal fatto che sono spesso legati a caratteristiche del linguaggio di partenza, ecco perché rappresentano una vera e propria sfida per il traduttore. La natura polisemica di alcuni aspetti della lingua fanno sì che allo stesso tempo vengano veicolati più significati su vari livelli. Possono essere utilizzati per creare un effetto umoristico, ma anche per dimostrare qualcosa, per enfatizzare, suscitare un’emozione, caratterizzare una persona, dare coerenza, persuadere, parlare di tabù eccetera. Facciamo qualche esempio:

Da Viña del mar:

1) hay un almirante (venga el bu...), un capitán de fragata, un patrono milico que inyecta la jerarquía facha en sus descendientes.

In Cile, quando qualcuno dice una parola che finisce per -ante, soprattutto in ambienti scolareschi o confidenziali, un po’ volgarmente si risponde: “venga el burro que te lo chante”, letteralmente: “che arrivi il ciuco e te lo ficchi”.

Si tratta di un gioco di parole che contiene una rima ed è anche un riferimento a