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Fuori del testo: traduzione e paratesto

2. La scelta del traduttore

2.1. Eugen Heinrich Schmitt

Per comprendere al meglio la posizione che Schmitt esprime rispetto al testo da lui tradotto, è necessario seguire il suo ricco percorso intellettuale: Schmitt fu infatti il fondatore del movimento anarchico ungherese, fu molto attivo in Germania, e intrattenne un intenso rapporto epistolare con Lev Tolstoj.

Era nato nel 1851 a Znojmo, nella Moravia meridionale. Suo padre era capitano dell’esercito austro-ungarico e insegnava all’accademia militare di Klosterneuburg. Alla sua morte, Schmitt si trasferì nel paese d’origine della madre, Zombor, nel comitato di Bács, tra la Serbia e l’Ungheria. Nel 1870 conseguì privatamente la maturità a Subotica, nella Voivodina. Fu per breve tempo ufficiale dell’esercito, poi si impiegò come scrivano alla corte del comitato di Bács. La sua gioventù rappresenta dunque un esempio lampante della realtà multietnica e plurilingue dell’Impero, sebbene dal punto di vista della formazione culturale il suo percorso fu poi legato principalmente alla lingua tedesca. Da autodidatta si avvicinò alla filosofia, leggendo principalmente filosofi tedeschi – in particolare Marx, Engels – oltre a Bakunin, Kropotkin, Stirner, Comte e Dühring. Iniziò a scrivere per diverse riviste tedesche, fino a pubblicare nel 1887 il volume Das Geheimnis der Hegelschen Dialektik, beleuchtet von concret-sinnlichen Standpunkt. Per questo volume ricevette il premio della Società Filosofica di Berlino e in seguito una borsa di studio da parte del ministero della cultura ungherese. Dopo aver concluso il dottorato nel 1888, iniziò a lavorare come bibliotecario presso il Ministero della giustizia ungherese.

A questi anni risale la svolta filosofica verso il pensiero gnostico. Fondò una propria rivista, Religion des Geistes, ma le idee da lui professate scatenarono accesi dibattiti e Schmitt dovette abbandonare il posto al ministero. Fu integrato nel movimento socialista agrario ungherese e in questo periodo pubblicò la rivista settimanale bilingue Ohne Staat/Állam nelkül, che poi cambiò il titolo in Ohne Gewalt. Già da questi titoli è chiaro l’intento programmatico di Schmitt, che non a caso negli ultimi anni

366 Adottando quest’altro tipo di criterio, ci si sarebbe confrontati col lavoro di con traduttori come

Ignazio Balla, Silvino Gigante, Clara Valiani, tutti personaggi che hanno contribuito non poco alla diffusione della letteratura ungherese in Italia.

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dell’Ottocento entra in contatto con Lev Tolstoj. Del suo pensiero condivide e diffonde – innanzitutto con il volume Leo Tolstoi und seine Bedeutung für unsere Kultur (1901) – le idee di anarchismo e rifiuto della violenza. Dal 1903 cominciò a collaborare con la Società Giordano Bruno di Berlino e con la Società di Scienze Sociali ungherese. Tra il 1908 e il 1916 visse principalmente a Berlino, dove infatti fu pubblicata la sua traduzione Die Jungens der Paulstraße.

Il circolo degli anarchici di cui Schmitt fu il fondatore si occupava non soltanto di questioni strettamente politiche, ma anche più in generale dell’educazione dell’uomo nella sua completezza. Insieme ai suoi colleghi, egli criticava in particolare il sistema educativo dell’Impero, come spiega György Mikonya in un saggio sul movimento anarchico ungherese:

Über Schule und Erziehung vertritt der Autor eine eher pessimistische Meinung: „Der Geist in unserem Erziehungssystem ist einem solchen des Schlammmeeres ähnlich, wo allerlei verfaulte Elemente zusammengemischt sind, und nur eine einzige Leittheorie vorzufinden sei, nämlich die der tierischen Gewalt“367.

Schmitt ambisce a una riforma profonda del modo di vivere della propria società, a un ringiovanimento della stessa e al raggiungimento di un nuovo grado di coscienza. Il rifiuto dello Stato, dell’esercito, e di qualsiasi autorità esterna sono l’espressione dell’ideale di una società che riesce ad autogestirsi in pace, seguendo i princìpi di verità e di fratellanza. Una tale rivoluzione sociale deve prendere le mosse, secondo Schmitt, da una profonda rivoluzione interiore, una rivoluzione dello spirito. D’accordo in questo con la posizione di Tolstoj, il rifiuto dei poteri esteriori è motivato secondo Schmitt dall’esistenza di una forza superiore dell’io interiore. È questa a dover essere coltivata e sviluppata.

Schmitt e Tolstoj non si conobbero mai di persona, ma dopo il primo contatto epistolare risalente al 1894 la corrispondenza continuerà fino alla morte di Tolstoj, avvenuta nel 1910. Nelle lettere del grande scrittore e pensatore russo all’amico tedesco vengono discusse principalmente le posizioni esposte da Schmitt nelle proprie pubblicazioni368: Tolstoj si rallegra del fatto che il loro messaggio stia

trovando una relativa diffusione e si preoccupa inoltre di far tradurre i testi di Schmitt in russo. Lodato spesso dall’amico per l’entusiasmo e la sincerità con cui

367 G. Mikonya, Pädagogik und Lebensreformbestrebungen bei Eugen Heinrich Schmitt und Erwin Szabó, in J.

Hopfner/A. Németh (a cura di), Pädagogische und kulturelle Strömungen in der k.u.k. Monarchie, Peter Lang, Frankfurt a. M. et al. 2008, pp. 41-58, qui p. 46.

368 Le lettere sono state pubblicate nel volume a cura di E. Keuchel, Die Rettung wird kommen... : 30 unveröffentlichte Briefe von Leo Tolstoi an Eugen Heinrich Schmitt. Ein Weltanschauungsbild der russischen und des deutschen Denkers, Harder-Verl., Hamburg 1926.

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esprime le proprie idee, Schmitt viene talvolta rimproverato per il suo stile complesso, eccessivamente letterario, non adatto a raggiungere le grandi masse non istruite. Uno dei messaggi più significativi che si leggono nelle lettere dello scrittore russo a Schmitt riguarda proprio la potenza delle parole: «Unsere einzige aber mächtigste Waffe ist die Überzeugung durch das Wort d.h. klar und mächtig ausgedrückte Wahrheit […]. Schreiben Sie ihr Manifest so stark und überzeugend wie sie können und veröffentlichen sie es. Das ist das einzige und das beste was wir thun können»369.

Schmitt e Tolstoj fondano il loro pensiero anarchico sul messaggio cristiano. Le parole di Tolstoj, espresse in una lettera del 5 novembre 1896, sono molto chiare: lo Stato, in quanto rappresentante l’autorità e la violenza, non è conciliabile con il cristianesimo, che è amore e rifiuto della violenza: dunque non può esservi nemmeno uno stato cristiano, né un cristiano può servire lo Stato370. Egli si esprime con queste

parole: «Derartige Wahrheiten, wie die ist, dass der Christ kein Soldat d.h. kein Mörder, auch kein Diener einer Institution sein kann, welche auf Gewalt und Mord beruht, sind so unzweifelhaft, so einfach und so unstürzbar, dass es keine Erörterung, keiner Beweisführung, keiner Schönrederei dazu bedarf […]»371.

Si può supporre che Schmitt si lamentasse peraltro esplicitamente della condizione politica, sociale e culturale della monarchia asburgica, se Tolstoj gli rispondeva in una lettera con queste parole:

Was kann ich Ihnen über die Österreichischen und Ungarischen Umstände neues sagen, ausser dem das es wirklich einem Leid thut zu sehen wie die Leute so traurig dumm und deswegen schrecklich grausam werden können. Die Leute bekümmern sich nicht um dass was sie sich mitteilen wollen aber nur in welcher Sprache sie sprechen dürfen. Für einen Christen ist die Welt mit seinen Treiben nicht nur schlecht und sündhaft aber wunderlich durch seine Dummheit, Einfältigkeit. Sie sind ganz wie kleine Kinder, aber ohne den kindischen Unschuld372.

La portata rivoluzionaria cui gli esponenti del pensiero anarchico miravano si esplicita dunque non solo sul piano strettamente politico, ma sul più ampio piano esistenziale, dell’esistenza dell’uomo in quanto individuo che vive con altri uomini: al centro delle riflessioni vi sono la scuola, la famiglia e la ricerca di un modo di vivere dignitoso. Schmitt mette in stretta relazione lo sviluppo interiore dell’uomo nella sua

369 Ivi, p. 40. 370 Ivi, p. 47. 371 Ivi, p. 45. 372 Ivi, p. 37.

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individualità e lo sviluppo dell’uomo come cittadino. L’uomo è concepito come natura divina, come essere infinito:

War das Unheil die alte Weltanschauung der theologisch-materialistischen Dogmen von der Endlichkeit und Elendigkeit der Menschen, so liegt das Heil darin, dass dem Menschen seine ursprüngliche Unendlichkeit, die göttliche Natur seines geistigen Lebens, die unbeschreibliche Herrlichkeit und Majestät klar gemacht werde, die in jeder Menschenseele schlummert […]373.

Intrecciando questa ricostruzione dell’intellettuale Schmitt con il messaggio contenuto nella sua prefazione al romanzo, si può affermare che l’obiettivo educativo che il traduttore vorrebe raggiungere con il suo lavoro non è indirizzato soltanto al giovane pubblico e non punta a restituire una lettura leggera, un’avventura appassionante, ma un testo profondo che conduca alla riflessione.