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Nel paragrafo dedicato alla sociologia della traduzione e a un approccio vicino alle teorie di Bourdieu si è messo in evidenza come per una valutazione della produzione della letteratura per l’infanzia (ivi comprese le traduzioni) sia estremamente utile la descrizione del sistema letterario come campo in cui agiscono attori di diversa provenienza. In questo senso è particolarmente interessante, per il caso ungherese, la testimonianza che ci riserva la relazione di Resző Tóth, rappresentante della Commissione per le biblioteche scolastiche, redatta come studio a uso del Ministero dell’Istruzione del Regno d’Ungheria (Vallas- és közokt. M. Kir. Miniszter) nel 1905109. Questa testimonianza è tanto più interessante per il presente lavoro perché

cade in una data significativa. Non soltanto ci troviamo infatti nell’anno in cui Molnár comincia a pubblicare a puntate il proprio romanzo; siamo soprattutto all’inizio del nuovo secolo, nel mezzo di quell’epoca, tra il 1892 e il 1914, che già

107 Cfr. E. Seibert, Kindheitsmuster in der österreichischen Gegenwartsliteratur, Peter Lang, Frankfurt a. M. et

al. 2006, p. 83.

108 Un’altra posizione chiave nella discussione è quella ben nota di Claudio Magris. Attraverso il suo

discorso sul mito asburgico egli ha elaborato un concetto di continuità nella letteratura austriaca che si fonda nuovamente sulla ribellione dalla tradizione: «Die Kontinuität der österreichischen Tradition besteht in der Tat aus einer Reihe von Rebellionen gegen eben dieser Tradition. […] Die Glieder ihrer Kette […] heißen ihrerseits Grillparzer, Nestroy, Kürnberger, Sealsfield, Kraus, Musil, Thomas Bernhard. […] Der echte Habsburger Erbe ist ein Rebell gegen das eigene Erbe, und allein diese Rebellion macht ihn zum rechtmäßigen Erbe dieses Vermächtnisses, indem sie ihn gegen seinen Willen in dessen Kielwasser treibt» C. Magris, Der unauffindbare Sinn. Zur österreichischen Literatur des 20.

Jahrhunderts, in Klagenfurter Universitätsreden, vol. 9, 1978, p. 10.

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secondo la periodizzazione di Szemak costituisce il periodo di maggiore fioritura della letteratura ungherese per l’infanzia110.

Il documento rende conto della composizione dei cataloghi delle biblioteche scolastiche e fornisce, oltre a una ricca bibliografia, soprattutto una descrizione per temi dello stato della letteratura scolastica per l’infanzia, dalla quale si possono ricavare informazioni utili per comprendere gli orientamenti culturali e pedagogici in materia.

Questi non si rivelano molto dissimili dagli orientamenti mostrati sinora, a dimostrazione del fatto che le posizioni ufficiali in materia di educazione del bambino attraverso la lettura erano comuni nell’area di lingua tedesca e in quella di lingua ungherese: essenzialmente nazionali e nazionalistici, condividevano in particolare il traduttore di letteratura per l’infanzia come un artefice di riadattamenti congeniali alla cultura d’arrivo.

Un capitolo molto interessante della relazione è proprio quello dedicato alla presenza di letteratura straniera nei cataloghi scolastici. «Nel catalogo della Commissione la letteratura straniera è rappresentata in misura relativamente ridotta», afferma il redattore, precisando subito che questo stato delle cose è il risultato di una scelta consapevole e oculata, perché

il sentimento nazionale del bambino, che si desta e che attende di rafforzarsi, può essere sviluppato solo tramite una letteratura per l’infanzia originale e dallo spirito completamente magiaro e, nella consapevolezza di ciò, è necessario anche che le opere tradotte dall’estero si riducano possibilmente a un numero esiguo, e si adottino soltanto quelle, la cui pubblicazione sia seguita da un’alta considerazione e che siano riconosciute in generale come letteratura giovanile universale (ad normam: letteratura mondiale), e possibilmente tali o almeno in un riadattamento tale che il bambino non mescoli nel proprio sentimento nazionale i sentimenti di nazioni straniere111.

L’autore fornisce anche un esempio concreto, giudicando improponibile per un pubblico ungherese tanti romanzi francesi per la gioventù, intrisi in ogni più piccola parte della glorificazione di Napoleone112. Il riferimento al personaggio di Napoleone

è indicativo di un’epoca e ci tornerà molto utile nella definizione dei valori connotativi di alcuni personaggi storici all’interno del romanzo di Molnár. Anticipo

110 I. Szemak, A magyar ifjúsági irodalom története, Budapest 1924, p. 56: «ez az időszak ifjúsági

irodalmunknak virágzási kora».

111 R. Tóth, op. cit., p. 18. [a gyermek ébredő s ersbítésre váró nemzeti érzését csak eredeti s teljesen

magyar szellemű ifjusági irodalom fejlesztheti, s ennek tudatában szükséges is, hogy az idegenből fordított művek lehetőleg csekély számra redukáltassanak, s csak azokat venni át, melyek jelességüknél fogva az egyetemes ifjúsági irodalomnak (ad normam: világirodalom) általánosan elismert, nagyrabecsült művei, s lehetőleg olyanok vagy legalább átdolgozásuk olyan, hogy a gyermek nemzeti érzésébe nem vegyít idegen nemzeti érzéseket.]

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solamente che, alla luce di quanto scrive Tóth, mi sembra tanto più significativo che Boka, il comandante dei ragazzi della via Pál, si senta «come Napoleone» all’avvicinarsi della battaglia. Il modo in cui Molnár gioca con questi riferimenti storici, in altri ambienti passibili di revisione o censura, ci dà già un indizio del rapporto del suo romanzo con il resto della letteratura per ragazzi e delle possibili conseguenze in traduzione.

Le considerazioni di Tóth sul «compito» del traduttore di letteratura per l’infanzia sono altrettanto significative. Egli si schiera in maniera decisa a favore del riadattamento libero, in nome dell’incapacità del giovane lettore di immedesimarsi attraverso la lettura in mondi altri, senza che questo possa disturbare la sua comprensione o ancora peggio la sua crescita «sana», vale a dire sensibile ai valori «nazionali». Vengono criticate aspramente le tendenze cosmopolite della letteratura moderna, che fanno crescere il bambino nell’indifferenza verso i caratteri e i valori nazionali. Tóth classifica dunque la letteratura per l’infanzia straniera in base al criterio di “riadattabilità” alla cultura ungherese, spiegando come ad esempio le fiabe dei fratelli Grimm o quelle di Andersen passono essere ricollocate nella cultura ungherese attraverso la traduzione di nomi e modi di dire. Altre opere invece sono talmente straniere nello spirito che anche una riappropriazione linguistica non riuscirebbe a modificarne il carattere. Si deduce da questo che tali opere sono quelle che meno incontrano l’interesse delle figure preposte alla creazione di una biblioteca scolastica ungherese.

Da queste considerazioni si possono trarre due riflessioni, che si riallacciano al discorso teorico di partenza e al discorso storico.

Riprendiamo le parole di Tóth:

Tradurre bene per l’infanzia è sicuramente un compito tanto difficile quanto tradurre per il grande pubblico. Anzi da un certo punto di vista è forse ancora più difficile. Nelle traduzioni realizzate per il più vasto pubblico il traduttore può decidere dal principio che i propri lettori sono in grado e sono disposti a identificarsi con il pensiero e con il sentimento straniero ove il libro conduce – cioè questo spostamento è la base e la premessa di ogni effetto; – chi traduce per l’infanzia non può mai contare su questo. Nemmeno l’adolescente è in grado, a partire dal proprio mondo, di immedesimarsi completamente in quello straniero; oppure, se ne è in grado (e purtroppo ci sarebbero esempi di ciò in quelle forme di educazione che vanno in direzione cosmopolita), è ancora peggio, perché è testimonianza di un’indifferenza verso l’elemento nazionale.

Le categorie di riflessione usate da Tóth sono assolutamente in sintonia con le più recenti riflessioni teoriche sulla traduzione di letteratura per l’infanzia. Viene messo in luce infatti il problema dell’orizzonte di comprensione del bambino, comprensione

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che passa attraverso un processo di immedesimazione nel mondo del romanzo e dunque di spostamento. Questa concezione della traduzione porta a una realizzazione della «repubblica universale dell’infanzia» in forma paradossale, una repubblica che elimina, si può dire, la percezione del confine, ma nel far ciò crea altrettanti confini tra culture perché vede come un rischio la contaminazione del pensiero e del sentimento nazionale.

La riflessione di carattere storico che ne segue ci porta direttamente a sottolineare le tensioni di quest’epoca nella letteratura per ragazzi ungherese. Una letteratura che vive l’epoca d’oro di uno sviluppo “originale”, ma pure deve fare i conti con una tradizione storica fatta di traduzioni; una letteratura che è stata proclamata “occidentale”113 – quasi sulla scia dei movimenti poetici promossi dalla rivista Nyugat

– e che poi rifiuta l’influsso delle letterature dell’Europa occidentale.

La discussione sul ruolo delle traduzioni nella letteratura per ragazzi rispetto a una carente produzione originale era stata formulata proprio alla fine dell’Ottocento, alle soglie di quel «terzo periodo» che conosce una fioritura della letteratura ungherese originale. Nel 1893, durante la conferenza della Società Pedagogica Ungherese (Magyar Pedagógiai Tarsaság), János Böngerfi (1859-1940), scrittore, poeta, drammaturgo e pedagogo, aveva puntato il dito contro la mancanza di una peculiarità ungherese nella letteratura per l’infanzia, lamentando la massiccia presenza di testi tradotti, principalmente dal tedesco: «Il testo sarà pure ungherese, ma lo spirito generalmente è tedesco. Dei nostri lavori per la gioventù il 90% sono traduzioni e la parte del leone tocca naturalmente alla letteratura giovanile tedesca. E le traduzioni suonassero ungheresi, o almeno fossero tollerabili!»114. Con queste parole Böngerfi

lamenta anche la scarsa qualità delle traduzioni, che sono intollerabili, non ungheresi. Siamo dunque in un momento in cui la formazione dello spirito nazionale si riflette anche sulla letteratura – e non a caso proprio sulla letteratura per ragazzi. Böngerfi si scaglia anche contro i giornali per bambini, accusandoli di abituare i bambini a una lettura superficiale, e di sovreccitare i loro nervi. Insomma la comparsa di questo nuovo mezzo mediatico è per lui soltanto una truffa dettata dallo spirito d’affari del

113 I. Szemak, op. cit., p. 19. [Bebizonyítottuk azzal, hogy e téren is Nyugat népe vagyunk, s nem

engedjük magunkat e tekintetben sem balkánizálni.- Persze, mi odáig emelkedtünk, hogy e téren is versenyképesekké lettünk Nyugat nemzeteivel (competitivi con le nazioni occidentali), több fejlődési fázison kellett ifjusági irodalmunknak kereszül mennie, nagy utat kellett mennie, termeszetesen kezdetben lassú léptekkel, sőt mondhatnám, szinte tipegve, de a III. Időszakban annál gyorsabb menetben haladva.]

114 [A szöveg ugyan magyar, de a szellem általában német. Ifjúsági munkáink 90%-a fordított, s az

oroszlánrész természetesen a német ifjúsági irodalomra esik. S ha még a fordítás magyaros vagy legalább tűrhető volna!]

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mercato. Diversamente, con uno sguardo retrospettivo più distanziato, Komáromi nota come molte delle opere della gioventù con valore letterario siano state pubblicate proprio su periodici o giornali per ragazzi: perfino la Nyugat pubblicò nel 1912 l’opera di Zoltán Ambrus, Mozi Bandi kalandjai115. La prospettiva storica

permette a Komáromi di prendere le distanze anche da un certo giudizio del già citato Resző Tóth, che vedeva la letteratura per ragazzi di fine secolo come un’isola che conosceva un suo sviluppo particolare rispetto al resto della letteratura, dettato prevalentemente dalle esigenze e dai gusti del mercato editoriale:

È noto il modo di sviluppo caratteristico della nostra letteratura per ragazzi – e in gran parte di tutte le altre letterature per ragazzi. Questo ramo della letteratura ancora qualche decennio fa, in modo singolare, come se non fosse stato per niente in relazione con la letteratura alta, procedeva, si sviluppava in maniera totalmente isolata e all’interno di relazioni proprie e nemmeno nel segno della letteratura, nemmeno secondo l’attitudine e la volontà degli scrittori, ma secondo i gusti e i bisogni degli editori116.

Non è d’accordo con quest’affermazione Komáromi, che invece non solo, facendo l’esempio di Tom Sawyer, sottolinea quanto spesso la letteratura alta sia andata di pari passo con la letteratura per ragazzi, ma proprio nell’inizio del XX secolo, in questo periodo di grandi fermenti, vede un momento importante di incrocio dei due sviluppi:

Nella periodizzazione dello sviluppo della letteratura ci serviamo delle delimitazioni della storia della letteratura ungherese perché consideriamo la fortuna e la natura della letteratura per

bambini e ragazzi inscindibile dalla storia della letteratura nel suo complesso. Ma la letteratura per

bambini e ragazzi di inizio secolo conferma la nostra convinzione? Effettivamente l’inizio del secolo rappresenta una delle epoche difficili da superare nella storia della letteratura ungherese. Possiamo argomentare soltanto con le opere – e con nient’altro117.

Si tratta di un’epoca che dà alla luce un numero altissimo di opere per ragazzi, di cui alcune – tra cui proprio I ragazzi della via Pál – rimaste nella storia letteraria fino ai giorni nostri. E d’altra parte i loro autori sono scrittori che hanno un nome nella storia letteraria “alta”, e non solo in quella per ragazzi: accanto a Ferenc Molnár,

115 G. Komáromi, Elfelejtett irodalom. Fejezetek XX. Századi ifjúsági prózánk történetéből 1900-1944, Móra,

Budapest 1990, p. 24.

116 R. Tóth, op. cit., p. 5. [Köztudomású a mi ifjúsági irodalmunk – s nagyjában minden más ifjúsági

irodalom – sajátos fejlődési módja. Ez az irodalmi ág még pár évtizeddel ezelőtt, csodálatos mód, mintha egyáltalán nem lett volna semmi kapcsolatban a nagy irodalommal, egész elszigetelten és sajátos viszonyok között haladt, fejlődött, s nem is az irodalom jegyében, nem is az írók tehetsége és akarata, hanem a kiadók ízlése és szükséglete szerint].

117 G. Komáromi, op. cit., p. 23. [Az irodalomtörténeti folyamat periodizációjában azért élünk a

magyar irodalomtörténet korszakhatáraival, mert a gyermek- és ifjúsági irodalom sorsát s milyenségét az irodalom

egészének törtétetétől elválaszthatatlannak tartjuk. De vajon a századelő gyermek- és ifjúsági irodalma

agazolja-e hitünket? Hiszen a századelő a magyar irodalom történetében a nehezen fölülmúlható korszakok egyikét jelenti. Csak művekkel érvelhetünk – semmi egyébbel.]

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Ferenc Móra, Margit Kaffka, Frigyes Karinthy, Béla Balázs. Il romanzo di Ferenc Molnár però, oltre ad essere il più famoso a livello mondiale di tutta la letteratura ungherese, rappresenta all’interno dello sviluppo letterario proprio dell’Ungheria un momento fondamentale, come vedremo nel prossimo capitolo.