Il primo racconto è relativo all’ultima evasione in ordine di tempo
Le tappe fatte dal posto in cui fui preso… sono le seguenti: S.Daniele, Lubiana, Sigmundsherberg. Arrivato a questo campo mi trovai molto male, perché non ‘era niente da mangiare, oltre che brodo, rape e crauti.
Al 2 novembre 1918 nonostante ormai le guardie avessero abbandonato il campo, decide di “fuggire al più presto prima che giungessero altri inconvenienti… quest’occasione non si doveva trascurare”. Partono in tre vestiti da austriaci, raggiungono la ferrovia e dopo vari cambi, Innsbruck. Qui vengono a sapere dell’armistizio, potrebbero scendere il Brennero su Trento ma “alla stazione ci dissero che erano passati treni carichi di truppa germanica, diretta verso Trento, così pensai di proseguire per la Svizzera”. A Feldkirch ormai a pochi chilometri dalla Svizzera, vengono a sapere che la frontiera è chiusa, allora per i monti attraversano il Lichtenstein e “dopo rischi e pericoli sono riuscito ad entrare in un paese svizzero del cantone dei Grigioni… e mi hanno portato in una fortezza dove vi era un sottotenente di guardie il quale ci ha stretto la mano”. Finalmente “il giorno 9 alle cinque ho preso il treno per ritornare in patria”. (Aspirante Ettore Penta n. 1.376)
E non aveva tutti i torti l’Aspirante Penta a non voler aspettare che “giungessero altri inconvenienti”, infatti un altro detenuto di Sigmundsherberg cosi racconta come fu trattenuto sino al gennaio 1919
Il giorno 1° novembre 1918 riacquistai la libertà in Sigmundsherberg ove rimasi comandato quale aiutante maggiore di un Battaglione Armato costituito per ordine del Colonnello
Menna cav. Giuseppe ufficiale più elevato in grado del campo. Il 2 gennaio 1919 partii con Btg. Da Sigmundsherberg giunsi a Pescantina , Verona, il 6 gennaio 1919. (Sottotenente Mario Casagrande n. 6.368)
Il sottotenente Casagrande inoltre faceva presente, da buon Ragioniere impiegato al Comune di Attimis, di non aver ricevuto nulla come stipendio per il mese di dicembre 1918. Abbiamo già incontrato il Tenente Schenone dei bersaglieri catturato a Ponte nelle Alpi nel novembre del 1917. Aleksandr Solženicyn in Arcipelago gulag lo avrebbe sicuramente inserito nella categoria dei “fuggiaschi convinti”; possiamo seguirne le vicissitudini e le innumerevoli fughe, in Italia e nella penisola balcanica, minuziosamente descritte nella relazione scritta a Barletta nel gennaio 1919:
Fui costretto a marciare sino ad Aviano, ove eludendo la vigilanza delle sentinelle riuscii a fuggire ed a raggiungere il domani sera Bosco di Vidor sul Piave… mentre vestito da borghese tentavo all’imbrunire di traversare il Piave, venivo avvistato da una pattuglia nemica e condotto a Pieve di Soligo. Dopo un interrogatorio che ebbe luogo il domani accompagnato da due sentinelle, venni in camion condotto a Pordenone… via Udine Pontebba a Lubiana e di li al campo di Nagymegyer in Ungheria ove soffrii sempre la fame e il freddo. Il giorno 8 aprile 1918 fuggii insieme al Tenente Boffa del 35° fanteria, durante una passeggiata, e venni ripreso dopo 13 giorni di marcia il 21 aprile a Felegihara mentre aspettavo il treno per Orsova in Romania. Ricondotto al campo venni punito con 30 giorni di arresti di fortezza e gettato in un vero ergastolo a Komarom in mezzo ai più fieri delinquenti dell’esercito austriaco e sottoposto alla fame più cruda, poiché solo due volte al giorno mi venivano servite acqua calda con peperoni e poco cattivo pane. Il giorno 25 maggio venni ricondotto a Nagymegyer e il 3 giugno trasferito a Komarom in un campo di punizione sempre per la fuga da me tentata. La notte del 12 luglio in compagnia di due capitani e un sottotenente dopo aver lavorato 7 giorni ad una galleria sotterranea riuscii a fuggire travestito da soldato austriaco, e con un foglio di viaggio falsificato, raggiunsi S….klos in Transilvania e or li a piedi dopo 3 giorni di marcia ed aver traversato i Carpazi in Romania a Bratu e dopo a Jassy raggiungendo la legazione italiana. Fornito di passaporto russo e di danaro insieme al Cap. Raso del 140° fant. col quale ero fuggito da Komarom venni avviato per Arcangelo, via Bender - Tiraspol - Mosca – Pietroburgo. Ma a Tiraspol a causa dello sciopero ferroviario … fummo costretti a ritornare dopo aver conferito le autorità ucraine per il visto al passaporto. Il 20 agosto con lo stesso passaporto, in compagnia dello stesso capitano, tentai raggiungere la Svizzera attraversando l’Austria. Ma scoperti e arrestati… fui condotto a Brazov e chiuso in un campo di civili. Il giorno dopo fuggii per una finestra … e
dopo 7 giorni di marcia venivo di nuovo arrestato e sospetto di spionaggio condotto a Focşani. Nella stazione di… riuscito a fuggire di nuovo, raggiunsi le autorità romene che mi inviarono di nuovo a Jassy. Rimasi allora fino al giorno 25 dicembre in cui partì per rimpatriare via Costanza Taranto a mezzo piroscafo Orione giunto in Italia il 14 c.m. (Tenente Carlo Schenone n. 10.234)
Per un Sottotenente medico invece, il periodo fra l’evasione e il ricongiungimento alle truppe italiane fu molto breve:
Il sottoscritto fu tradotto in Germania nel campo di Rastatt, Baden, ove rimase sino al 15 dicembre. Di là fu mandato in Italia a far servizio di medico per prigionieri addetti ai lavori di retrovia e essi soggiornò … e da ultimo nel Bosco del Cansiglio donde evase col sergente di fanteria Angelelli, la notte del 20 ottobre perché accortosi che era imminente una ritirata causa le condizioni disastrose dell’Austria. Rimase 10 giorni errante per le montagne sopra Polcenigo e il 31 sera si unì a Pian dell’Osteria, Cansiglio, al 3° battaglione ciclisti col quale partecipò all’avanzata sino a Ponte nelle Alpi. Dispensato dal seguire tale reparto il giorno 3 novembre partiva per suo deposito. Dal deposito di Milano , 7° alpini, veniva inviato a Mantova di li a Parma e da Parma in Ancona dove giunse il giorno 23 novembre 1918 (Sottotenente Emilio Sartorelli n. 9.224 fu poi interrogato al 12 dicembre 1918))
Un sottotenente degli Alpini catturato a Fadalto nel novembre 1917, approfitta di un trasferimento da un campo all’altro e nel giugno del 1918 parte dall’ Ungheria diretto in Svizzera, lontana 800 chilometri
Ottenni il rimpatrio evadendo durante il tragitto da Csot bei Papa a Nagymegyer d’accordo con il Capno Bellù Signor Bernardo… che mi fornì i documenti. Il giorno 3 corrente giunti alla stazione di Gyor levammo la giubba italiana ed in presenza delle vedette ed ufficiali austriaci lasciammo il treno. A Gyor fummo aiutati dall’internato Italiano Del Negro, arrotino di Paularo (Carnia) e il 4 alle ore 3.50 prendemmo il treno per Vienna, ma visto che un controllo militare domandava i documenti ai soldati, alla prima stazione scendemmo e venimmo alla campagna fino al mattino seguente dove, ancora a Gyor, riprendemmo il treno arrivando a Vienna il 5 alle ore 8. Alla West banhof di Vienna sprovvisti di documenti non potemmo partire, allora ci portammo a Hatteldart (?) La mattina del 6 fra Linz e Salzsburg fummo trovati senza biglietto e senza documenti, ed il capo controllore ci disse che a Salzsburg ci avrebbe fatti arrestare, ma non perdemmo il coraggio e scendemmo mentre il fumo si mise in moto, sfuggimmo all’arresto camminando per una trentina di chilometri nel bosco e la sera stessa prendemmo il treno che ci portò a Innsbruck. Uscimmo
per un cancello fuori della stazione e poi per la valle dell’Inn di notte a Landeck poi per la montagna , a quota sopra i 2500 dove trovammo ancora molta neve , giungemmo a Campasch Alta Engadina. In Svizzera fummo accolti con simpatia dalle autorità militari e popolazione nonché dal nostro R. Console in Coria… il giorno 12 giungemmo a Ponte Chiasso (Sottotenente Cornelio Frescura n. 877)
Il 20 giugno del 1918 l’interrogatore a Como annota: A complemento della relazione scritta soggiunge che stando in mezzo ai soldati austriaci ha potuto capire che sono molto stanchi della guerra, che le defezioni sono frequenti, che era dubbia l’offensiva austriaca attuale, che scarseggiano molto di viveri.
Un’ altra fuga andata a buon fine è quella di un sottotenente degli alpini catturato nella difesa del Monte Grappa il dicembre precedente. Nell’agosto del 1918 insieme a due compagni del 46° fanteria Elio Volponi e Camillo Vazzoler, travestiti da austriaci, semplicemente escono dal campo dal cancello principale; passano poi per Vienna, con la popolazione ancora impressionata dal volo di D’ Annunzio e proseguono verso la Svizzera: Al campo di Sopronniek in Ungheria – situato a un’ora di cammino da Sopron – il trattamento morale degli ufficiali Italiani veniva ogni giorno in più aggravato. Restrizioni di ogni specie – divieto di qualsiasi gioco e sport – obbligo di andare a letto alle dieci di sera- limitazioni di telegrammi e di posta- misure di punizione corporale – come quella del palo – e di invii in fortezza. Scusa austriaca a questo trattamento erano comunicazioni da parte del Ministero Guerra austriaco di uguale e peggiore, in certi casi, trattamento da parte dell’Italia ai prigionieri austro – ungarici ! L’idea quindi della fuga si faceva sempre più assillante. Il nostro piano era di fuggire vestiti da soldati austriaci – muniti di documenti di licenza e di permessi di ventiquattro ore – da noi fabbricati poligrafandoli – coi bolli imitati perfettamente… Il giorno 14 agosto il Comando Austriaco comunicava una lista di 40 ufficiali che dovevano partire – senza comunicare per quale luogo. In detta lista eravamo compresi pure noi tre. La partenza doveva aver luogo il giorno 16 . La sera del giorno quindici decidemmo di fare il colpo. Per accedere al campo vi erano due cancelli, uno esterno guardato da sentinelle, uno interno. Fra questi due cancelli si trovava la baracca della cancelleria austriaca e l’alloggio Ufficiale di sorveglianza. Alle 9 di sera il secondo cancello veniva aperto da un’ispezione. Noi che eravamo già in attesa – e vestiti – con finti baffi – e con in mano una secchia come si fosse di corvée ci presentammo allora al cancello esterno. Il Vazzoler che conosceva benissimo il tedesco fungeva da caporale. Aprì quindi il cancello e sotto gli sguardi delle sentinelle, del corpo di guardia e del Colonnello austriaco che si trovava nelle vicinanze – ci dirigemmo verso l’abitazione di detto Colonnello arrivati in
luogo opportuno si prese la via dei campi. Si camminò tutta la notte del giorno 9 agosto e si arrivò alle 16 del pomeriggio successivo a Wiener Neustadt (kilometri 60) Qui si prese la ferrovia per Vienna. A Vienna si andò a rifocillarci in una trattoria a cui ci accompagnò un gendarme austriaco. Vienna era ancora sotto l’impressione del volo degli aeroplani italiani che portarono seri timori e reclami per la difesa della città. Negozi chiusi, farmacie prive di medicinali. Un borghese che ci dette informazioni, richiese a noi un pezzo di pane disposto a pagarlo a caro prezzo. Disse che a Vienna si viveva di sole zucche. Mediante mancia ad un gendarme della stazione si ottenne la vidimazione dei nostri fogli di licenza ed il permesso di salire sul diretto che partiva per Innsbruck alle dieci di sera. Durante il viaggio si discese nei vari posti di conforto a prendere il rancio – un pezzettino di carne, cavoli – ed in una stazione vicino a Innsbruck – polenta-. Giungemmo ad Innsbruck la sera del 17 agosto e si prese subito la strada lungo il fiume Inn. Si viaggiò sempre di giorno senza notevoli incidenti si arrivò a Landeck il giorno 19 agosto. Avevamo deciso di passare il confine per la vallata ove si trovava il paese di See e di Kappl, vallata affluente dell’Inn. Si smarrì la strada e si impiegò tutto il giorno 20 e 21 per valicare una catena di monti (m. 2700) che ci riportò in detta vallata. Si passò il confine la notte del 22 agosto sopra il passo di Kappl (m. 2800) intirizziti dal freddo – privi quasi di scarpe coi piedi quindi fra la neve e in condizioni di nutrizione pessime perché in sette giorni di viaggio ci si era nutriti con 3 kg. di pane austriaco – otto scatolette di carne da 190 grammi – e poche patate rubacchiate per i campi e fatte cucinare nei boschi. Il primo paese svizzero che incontrammo fu Samnaun. Il giorno 27 agosto giungemmo a Como. (Sottotenente Emanuele Appendini, n. 1.187)50
Un forma di evasione poteva anche essere di fingere la follia, per essere giudicato invalido e poter essere rimpatriato, ecco cosa ne scrive nell’agosto 1917, un ufficiale, trovandosi all’ ospedale militare di Monza allora costituito presso il Collegio Villoresi:
Il sottoscritto è rimpatriato perché riuscito per tre mesi a far credere d’essere affetto da mania di persecuzione e da morfinomania. Il 3 luglio u.s. fu mandato al manicomio di Linz ove stette degente per 14 giorni – Il trattamento nel manicomio era uguale a quello degli ufficiali. Il vitto era mediocre. (Tenente Lino Delli Zotti n. 132)
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Su questa avventurosa fuga uno dei compagni di fuga del Sottotenente Appendini, , pubblicò un libro: Camillo Vazzoler, La mia evasione dal campo di prigionia di Sopronnjek, Padova, Istituto veneto di arti grafiche, 1968.