• Non ci sono risultati.

Quasi tutte le altre fughe invece, non hanno un buon esito, se non quello di far respirare qualche giorno di libertà, utile per mantenere alto il morale e anche per poter vantare il bel gesto con i compagni di prigionia.

Da questo campo il giorno 14 maggio 1918 riuscii a fuggire, colla speranza di raggiungere la Svizzera e quindi l’Italia. Ma dopo 7 giorni di privazioni e sofferenze, ma nello stesso tempo di libertà, fui ripreso e condotto di nuovo al campo di Salzsburg. Dovetti pagare anche Kr. 140 per spese che non potei sapere di che natura fossero. (Aspirante Eugenio Mannucci n. 8.809)

Alcune tuttavia hanno un esito doloroso oppure sono la fonte di ulteriori patimenti:

Il giorno 31 dicembre tentai di evadere dal Campo di Salzsburg e fui ripreso a circa 100 km da Salzsburg. Il giorno 13 giugno tentai nuovamente di fuggire, ma mentre mi calavo da una finestra si sciolse il lenzuolo e caddi spezzandomi una gamba. (Tenete Gino Gagliotti n. 1.436)

Un'altra versione della fuga di capodanno al 1918 dal Castello di Salisburgo:

A Salisburgo … arrivavo il 20 dicembre. Il 31 dicembre assieme al mio capitano e al tenente Gagliotti riuscivo a fuggire dal Castello di Salisburgo scalando una parete a picco di circa una ventina di metri; ripreso due giorni dopo a mezz’ ora circa di treno da Innsbruck, venivo assieme ai miei compagni ricondotto a Salisburgo ove scontavo 25 giorni di arresti in cella. Il giorno dieci di giugno arrivava un ordine dal Ministero della Guerra per il quale il giorno dopo, io e il Ten. Gagliotti Sig. Piero dovevamo essere trasferiti alla fortezza di Komarom come punizione per la nostra fuga. (Tenente Galliano Scarpa n. 8.710)

Un altro ufficiale fuggito e ripreso ha voluto meglio precisare cosa volesse dire essere detenuti a Komarom per punizione

…in Ungheria nel campo di Nagymegyer. Rimasi quasi otto mesi nel detto campo. Il 30 giugno 1918 assieme ad altri miei colleghi(Ten Del Vesco, Ten Serafin pure del 7° alpini) per mezzo di una galleria, costruita nel campo da noi ufficiali stessi, fuggii per intraprendere un lungo viaggio. Meta: l’ Italia. Dopo parecchi giorni fui preso carcerato e condotto nel campo di punizione di Komarom (Ungheria). Fui processato assieme ai colleghi, ed ebbi 2 mesi e mezzo di vero carcere (poiché mi fecero espiare la punizione nei sotterranei oscuri ed umidi della detta fortezza di Komarom. (Sottotenente Anchise Marvelli, n. 8.041)

Komarom a cavallo del Danubio ora divisa fra Ungheria e Slovacchia, conserva ancora ampie fortificazioni bastionate che costituivano all’epoca il campo di punizione.

Il Tenente Serafin (n. 4.743) precisa meglio le modalità di quella fuga da Nagymegyer : La notte del 30 giugno fuggito dal campo per una galleria scavata sotto i reticolati. Evasero nella medesima notte 40 Uffli compreso il Colonnello Gilberti Comte del Campo.

Il commento sul campo di Komaron del compagno di fuga Tenente Del Vesco (n. 2.976) è lapidario:

Qui il trattamento non ha niente di umano.

Un’altra fuga ben avviata viene fermata da un delatore:

Mi portarono… infine ad Hart reparto B, dopo 6 mesi a Muhling ove rimasi 4 mesi e 1 a Wieselburg nella baracca degli arresti di rigore…. Dal campo di concentramento di Muhling tentai assieme a 9 miei compagni il giorno 29 agosto 1918 di fuggire per ritornare in patria. Eravamo quella sera già riusciti a sfondare una porta della chiesa ed entrare, si aspettava l’ora tarda della notte per rompere l’ultimo ostacolo dalla libertà quando e dubito con ragione, il corpo di guardia austriaco avvertito da qualche spia suonava l’allarme ed un pattuglione accorreva con le armi puntate verso di noi ad arrestarci. Avemmo un mese di arresti di rigore da passare alla baracca di punizione di Wieselburg. La sera del 24 settembre mentre tutti riuniti demoralizzati ed affamati si discuteva del brutto trattamento che ci facevano in quella prigione io ed altri tre miei colleghi stanchi ed abbattuti da qual vile trattamento giurammo sfidando qualsiasi pericolo nella notte stessa di scappare. Con tutti gli arnesi riuscimmo a sfondare un muro che affiancava ad un magazzino vicino al corpo di guardia; di la rotta la finestra attraversammo il cortile de comando e ai 5 metri di distanza dalla garitta di una sentinella con una lima riuscimmo a tagliare il reticolato. Passammo camuffati da austriaci davanti a tutte le sentinelle del vastissimo campo russo. Una serie di vicende che troppo mi vorrebbe a descrivere, i dolori i patimenti di 10 giorni di vita raminga vita di briganti perché laceri e senza nulla da mangiare ( dovevamo rubare per vivere) e forse non verrei manco creduto perché creder non può chi non ha avuto il dovere di provarlo. Tutto si sopportava una sola idea << La patria, l’Italia nostra >> era quella che ci dava tutta la forza di sopportare. Riuscimmo a fare 320 kilometri verso la frontiera svizzera quando una notte sciagurata mentre si stava riparandosi dall’acqua e dalla neve entro un vagone fracassato un soldato russo fece la spia e fummo presi e condotti in una lurida prigione a Salzsburg e dietro le nostre proteste ci trasferirono a Marchtrenk indi alla

vecchia prigione di Wieselburg, ove dovetti passare tutti i giorni (ammalato di febbre spagnola) fino al giorno 2 novembre tutti i giorni che alcuni miei compagni riuscirono a liberarmi e trascinarmi al mio campo di Muhling perché forze non avevo più; la febbre era passata senza che un medico mi vedesse senza alcuna medicina e quello era il primo giorno che camminavo. Non voglio descrivere quello che mi hanno fatto soffrire mentre ero ammalato, solo il lettore potrà immaginare dai vari racconti fatti dagli altri prigionieri… (Sottotenente Giuseppe Menegatti n. 8.688).

Come sberleffo finale aggiunge Nel frattempo che ero in fuga ed agli arresti non mi venne corrisposto lo stipendio di Ottobre e di Novembre. E il mese prima della cattura era stato proposto per encomio solenne e per medaglia di bronzo ma i documenti erano caduti in mano nemica.