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6.4 Il momento della cattura

6.4.6 Viva l’Italia, avanti Savoia, lacrime agli occhi

L’incitamento alle truppe combattenti è nel bagaglio di ogni buona comandante:

Le nostre forze, sebbene duramente provate dal bombardamento si batterono in modo magnifico. Un momento prima del contrattacco il Sig. Colonnello disse brevi parole d’incitamento ai soldati; questi risposero: Viva l’ Italia; viva il nostro Colonnello ! (Tenente Francesco Laudati n. 2.364, Piave giugno 1918)

Avanti Savoia, il grido di battaglia della dinastia sabauda risuona nelle situazioni disperate e stimola un estremo contrattacco:

La maggior parte dei soldati del Batt.ne Fenestrelle si rifiutavano d’ avanzare gettandosi a terra uno sopra l’altro dicendo di essere stanchi… Intervenne allora il Maggiore Fidi Cav. Ulderico minacciando i soldati con la rivoltella in mano ma gli austriaci accortisi incominciarono ad aprire il fuoco su di noi e parecchi dei vigliacchi furono uccisi. Il suddetto Maggiore allora con gesto veramente eroico gridò : Bersaglieri di Lamarmora, passate avanti Viva l’Italia ! Savoia ! Fu un lampo tutti corsero presso al suddetto maggiore… sorpassammo il ponte della ferrovia in un batter d’occhio prendendo 47 prigionieri, quasi tutti tedeschi, di cui 3 ufficiali. (Sottotenente Mario Fascetti, n. 3.996, Longarone novembre 1917)

In un altro caso il grido è lontano, segnala un disperato tentativo di spezzare l’accerchiamento da parte del grosso del reggimento, catturato ancora prima dei plotoni lasciati indietro di copertura, che sentono le grida in lontananza:

Era passato poco tempo da quando il mio reggimento si era ritirato quando intesi il grido di << Savoia>> … Intanto al grido di <<Savoia>> era successo quello della resa…Volevo farmi uccidere piuttosto che essere massacrato coi miei… ma i soldati piangevano, non potevamo andare alla baionetta contro il nemico… fui costretto a cedere. I soldati con me erano circa quaranta stanchi affamati e senza munizioni. (Aspirante Vincenzo Bertucci, n. 5.505, Castel del Monte, 27 ottobre 1917)

Il pianto non è prerogativa solo dei giovani ufficiali come l’aspirante Bertucci:

Alle ore una del 10, in seguito ad ordine del Generale, le truppe di Fadalto si ritiravano, l’ordine medesimo giunse al Comte di Battne solo alle ore 11 del 10… compilato dal Sig. Generale alle ore 11 del 9. Già eravamo circondati il nemico aveva già occupato Belluno. Il Maggiore allora si consultò con gli Uffli dipendenti , i pareri erano vari. Il Com te il Batt ne… credè inutile il sacrificio ordinò di distruggere le armi e i materiali, radunò ufficiali e soldati piangendo ringraziò tutti del dovere compiuto, comunicò che altro non rimaneva da fare che arrendersi. (Tenente Tiziano Serafin, n. 4.743, Fadalto novembre 1917)

La spiegazione del ritardo nella trasmissione dell’ordine è in un’altra relazione:

Il maggiore austriaco aveva potuto avere direttamente dal Cavalleggero di non so quale comando l’ordine di ritirata per le truppe li operanti nostre ! (Sottotenente Cesare Frigerio n. 7760)

6.4.7 Sorpresi, increduli, caduti in agguato

L’elemento sorpresa o comunque l’avvenimento non previsto che improvvisamente si rivela, è comunque presente e determinante nel racconto di molte delle catture descritte nelle relazioni; a volte la situazione è veramente paradossali:

La mattina del giorno 4 dicembre il sottoscritto si trovava a Valstagna appena uscito dall’Ospedale di Bassano… verso le ore 10 cominciarono ad affluire feriti, bersaglieri ed artiglieri i quali dissero che gli austriaci avevano sfondato… Io montai sul primo camion che passava e mi diressi insieme a due aspiranti medici verso il paesetto di Foza per raggiungere il mio battaglione che presidiava il Mte Castelgomberto… allora per il costone del M. Miela seguendo la teleferica mi diressi verso il Mte Castelgomberto… alla teleferica mi dissero di rivolgersi alla stazione superiore per sapere il sentiero che conduceva al Castelgomberto. Giunto alla stazione superiore senza sentire niente di anormale feci per entrare nella baracca ma repentinamente mi saltarono addosso alcuni austriaci che si erano nascosti dietro la baracca e che facevano parte di qualche pattuglia d’avanguardia. (Sottotenente Giulio Romanin n. 6.116, Monte Castelgomberto dicembre 1917)

A volte una dimenticanza può costare molto cara, come si accorse il già direttore tecnico dell’ officina del gas di Este (PD) trasformato in guerra in ufficiale addetto alle cucine; cercava di portare un pasto caldo al suo reparto, nelle pianure fra Udine e Caporetto nell’ottobre 1917, ma avvenne il fatto inaspettato:

Dopo aver percorso circa un chilometro incontrai due carabinieri con un ufficiale il quale mi disse di tornare indietro perché la strada che conduceva al M. Purgessimo era già occupata dal nemico. Allora tornai verso Galliano per far caricare la roba rimasta e cercare con i miei di raggiungere il Battaglione… ultimato il carico degli oggetti ci mettemmo in cammino ma fatti pochi passi ci accorgemmo di aver dimenticato la bicicletta a noi molto necessaria. Non prevedendo mai che il nemico avesse potuto occupare il paese così fulmineamente tornai indietro per riprendere la bicicletta. Giunto alla casa che solo da pochi minuti avevo abbandonata mentre stavo per entrare mi sentii afferrare per le spalle e fui circondato da una pattuglia di 6 o 7 tedeschi che mi catturò. … Venni fatto prigioniero in una località dove non me lo sarei mai aspettato. (Tenente Angiolo Acciai, n. 14.958, Cividale 27 ottobre 1917) Non ebbe sorte molto diversa lo scultore di Carrara, che da addetto al vettovagliamento si trovava anch’egli nei pressi di Cividale; dopo aver provveduto all’acquata, ritirato munizioni e medicinali, inviato la colonna con il rancio cotto di pasta verso le prime linee…

Partii per raggiungere il mio Comando di reggimento. Lungo il percorso incontrammo qualche soldato ubriaco e isolato ma non sentiva nessun colpo di cannone ne di fucileria calma perfetta solo qualche incendio appariva di quando in quando alla nostra vista ma niente di quello che poteva darci la chiara visione di quello che era successo e stava per accadere. All’imbocco però di Cividale vedemmo nell’oscurità sulla strada traversa lungo a quella da noi percorsa truppa inquadrata in marcia. Si pensò subito che quella poteva essere truppa nostra che andava a prendere posizione ma invece appena giunti vicino ci fu intimato l’alt e in men che non si dica circondati e disarmati e fatti prigionieri (Tenente Corrado Vatteroni, n.11.896, Cividale 27 ottobre 1917)

Manifesta tutta la propria incredulità un laureando in legge dell’Aquila, passato al comando di una sezione di mitragliatrici Fiat:

Il plotone della 2° Comp che era alla mia destra si scompiglia e tenta di fuggire verso sinistra, trascinando seco i miei uomini. Mi oppongo colla pistola in pugno alla loro fuga e riesco a fermarli ma non passano cinque minuti che gli austriaci ci sono addosso. Avevano sfondato e destra ci avevano già accerchiati e nessuno ce lo aveva comunicato. (Sottotenente Luigi Cianciusi n. 4.171, Piave giugno 1918)

A volte sembra effettivamente che “il nemico” prenda gusto a nascondersi per tendere poi degli agguati. Questo ufficiale che aveva compiuti gli studi classici, all’atto della mobilitazione si trovava a Buenos Aires. Rientrato in Italia per combattere si ritrova sull’alto Isonzo e il suo Capitano ferito gli affida il comando della 77° compagnia di alpini; segue una

serie di concitate azioni: scende precipitosamente dal Monte Nero, girovaga senza carte con i resti della compagnia, trova l’unico ponte sull’Isonzo ancora intatto e passa il fiume, riceve prima l’ ordine di proseguire, poi invece gli viene detto di salire sul Monte Stol. Combatte poi sino a notte:

alle 22 ½ arrivò un ordine di ritirata seguito però subito dopo da un contrordine che ci ingiungeva di rimanere sulla posizione… le truppe assalitrici s’impadronirono della cresta dalla posizione ove mi trovavo non mi rimaneva altro che gettarmi sul versante opposto per tentare il ripiegamento ciò che feci… tentai di gettarmi giù per un vallone che avevo notato nel salire ma fatti appena 50 metri una decina di nemici sbucarono da dietro un roccione e mi fecero prigioniero. Potevano essere le 23. (Tenente Giovanni Macchi n. 12.581, Monte Stol, 25 ottobre 1917).

Lo sfondamento di Caporetto e il passaggio del Tagliamento tagliarono la via di ritirata delle truppe italiane in Carnia, che vanamente cercarono una via attraverso le amene valli delle Prealpi friulane. Un ufficiale del 48° fanteria distaccato al comando della 63° divisione così racconta un’imboscata:

A circa un km da S. Francesco la via gira attorno a uno sperone del Mte Bierbia. Avevo già visto alcuni gruppi di soldati del 36° che mi precedevano svoltare tranquillamente dietro quello sperone, nè avevo inteso nulla che potesse minimamente farmi pensare che il nemico fosse colà dietro appostato, per cui non esitai un istante a proseguire il mio cammino. Non appena però ebbi girato lo sperone, mi trovai di fronte a una pattuglia austriaca comandata da un ufficiale la quale senz’altro mi si presentò, dimostrandomi che vana sarebbe stata ogni resistenza poiché il costone era da loro saldamente occupato… Venni quindi catturato illeso. (Capitano Aldo Vigorelli n. 573, Val d’Arzino 6 novembre 1917)

Qualche giorno dopo le estreme retroguardie impegnate in azioni di copertura non hanno una esatta cognizione di dove si possa trovare il nemico:

Con una 15a di soldati e un Asp. S. Tenente mentre stavo per raggiungere il posto assegnato, circa una cinquantina di metri prima di arrivare… allo svolto di una casa mi trovo di fronte e ai lati una pattuglia nemica e il comandante di questa con la rivoltella puntata alla faccia mi disarma e mi fa prigioniero (Tenente Luigi Piantanida n. 9.979, sella di Fadalto 9 novembre 1917)

Ecco poi un altro caso che coinvolge un ufficiale addetto al vettovagliamento che sperava di averla scampata:

Il sottoscritto riceve ordine dal sig. Maggiore di assumere il comando del carreggio di battaglione fermatosi a Ponte nelle Alpi e fa confezionare subito il carico requisendo l’occorrente…nei pressi del paese vide passare a grande velocità in bicicletta il Ten. Schenone con un ciclista… Angosciato per la sorte del mio Battaglione attesi alcune ore sperando di vederlo ripiegare. Nulla tutto tacque, presi allora la via di Belluno… giunto alle prime case di Belluno improvvisamente fui accerchiato, ad un angolo di strada, da una pattuglia nemica di sette od otto uomini, disarmato con un violento colpo al cranio fui fatto prigioniero. (Sottotenente Mario Pomi n. 9.103, Belluno novembre 1917)