3.4 La questione della possibile prigionia
3.4.2 La prigionia: due possibili ipotesi
La prima ipotesi sul destino del nonno e sul suo periodo “di prigionia” è dunque quella che lo vede in ritirata dal Cadore sino al Deposito reggimentale di Belluno e poi il coinvolgimento negli scontri di Fadalto / Cansiglio con i Battaglioni Belluno oppure Val Piave. Nel migliore dei casi, alla fine degli scontri, con il reparto circondato, anziché avviarsi
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Cesco Tomaselli, Gli ultimi di Caporetto. Racconti del tempo dell’invasione. Milano, Gaspari Editore, 1997 p. 166
verso alla prigionia il nonno potrebbe aver preferito tentare di “tornare a casa” al paese di Fregona, che distava poche ore di cammino trovandosi alle falde meridionali dello stesso Bosco del Cansiglio; la fitta foresta, la conoscenza dei luoghi e la scarsità di truppe nemiche presenti erano fattori che potevano favorire la sua marcia verso casa. In un caso meno onorevole il nonno potrebbe essersi semplicemente “assentato” dalla caserma di Belluno, oppure durante la marcia di trasferimento, e aver raggiunto il paese per poi trovarsi tagliato fuori dall’avanzata austro tedesca. In effetti un paio di casi di abbandono del battaglione da parte di soldati che abitavano nei pressi sono raccontati da un ufficiale del Battaglione Val Piave, il Capitano Rossignoli, che nella sua relazione precisa Devo segnalare che il cap. Da Re (?) della Comp. Compl. disertò il giorno 8, e l’alpino Fanel (?) scomparve il giorno 4. Il primo è di Vittorio Veneto, il secondo di Ponte nelle Alpi. In entrambi i casi le due località di origine si trovano ad una dozzina di chilometri16.
Più ardua è l’altra ipotesi che vede il nonno coinvolto nella retroguardia della ritirata con gli ultimi reparti che si ritiravano dal Cadore. Circa alle 11 del giorno 9 novembre 1917 dalle gallerie della strada che scendeva da Erto sboccò nella valle del Piave di fronte a Longarone un reparto tedesco comandato dall’allora Primo Tenente Erwin Rommel del Battaglione di Montagna del Württemberg (Württembergisches Gebirgsbataillon).17 Il reparto di Rommel venne poi rinforzato da compagnie di Schützen sloveni del reggimento Marburg. Sfruttando la potenza di fuoco delle numerose mitragliatrici di cui erano dotate le truppe d’assalto tedesche, e con molta audacia, Rommel e i suoi riuscirono a bloccare alcune migliaia di italiani in Longarone, fanteria, bersaglieri, alpini e genio, truppe che dopo aver tentato vari sanguinosi ma inutili contrattacchi poi, si arresero il giorno dopo. Se il nonno fosse stato coinvolto in questa retroguardia avrebbe avuto sicuramente più difficoltà a destreggiarsi poiché la montagna in quella zona è molto più aspra, le strade erano, e sono, poche e all’epoca erano molto battute dalle truppe nemiche; la distanza dal paese poi era decisamente più lunga poiché sarebbe stato necessario passare lungo le montagne e poi anche attraversare il Piave, all’epoca con i ponti distrutti, ponti che furono poi ripristinati ma che erano sorvegliati.
Non è neanche da escludersi che dopo esser stato eventualmente catturato il nonno sia poi riuscito a sottrarsi alla custodia durante la marcia di trasferimento come racconta il Sottotenente Giulio Delgiudice catturato il 10 novembre con il Battaglione Val Piave a
16 AUSSME F11 R6 n. 1.131
Fadalto: fummo catturati. Fummo quindi inviati a Vittorio da dove io fuggii. Venni ospitato da una famiglia.
Ammesse queste ipotesi, lo scenario poi prevede una permanenza di quasi un anno in territorio occupato; ancora nel libro Gli Ultimi di Caporetto nel capitolo dedicato alla residenza del Re Vittorio Emanuele III in una villa nei pressi di Udine, il racconto parla della famiglia del castaldo che nell’anno dell’occupazione fra il 1917 e il 1918 la sera intratteneva i vicini discorrendo anche << dei nostri prigionieri che in Cansiglio avevano organizzato la resistenza contro i gendarmi scavando addirittura delle trincee >>18
Una segnalazione sull’attività di soldati italiani sbandati e alla macchia nelle retrovie nemiche è stata trovata presso l’AUSSME, nel fondo B1 relativo al carteggio del comando supremo dell’Esercito. Il raccoglitore 377 raggruppa vari documenti relativi alla “2° offensiva austriaca” che corrisponde a quella che sarebbe stata conosciuta come Battaglia di Caporetto. Nel faldone n. 5 Raccolta di Colombigramma un foglietto su carta intestata Comando Supremo Ufficio operazioni alla data del 30 agosto 1918 riporta quanto segue: Si segnala l’annesso interessante colombigramma giunto al comando dell’ 8^ armata (Ufficio I.T.O.)
- 1200 soldati e 14 ufficiali ai quali esso si accenna, sono nostri militari sparsi per le montagne di Vittorio sin dalla ritirata dell’ottobre u.s. ( E’ noto che altri nuclei simili esistono in Carnia e Cadore. (il Cap. Ardoino trovasi nelle alture a sud di Limana).
Il testo integrale del colombigramma è allegato alla relazione del Capitano Ardoino nell’appendice numero 3 alla seconda parte; al di la del contenuto militare il testo è un concentrato di retorica patriottica, si può dire che inizia con un vero e proprio proemio: Valle Tivolla 25 agosto 1918 Oggetto – Informazioni sul nemico Colombigramma Al comando della 8^ armata
Quando meno me l’aspettavo ecco risplendere una grazia ! M’è impossibile miei italiani esprimervi mia riconoscenza con cui ho ricevuto questo dono. Tutti i miei sentimenti sono in tumulto per la consolazione avuta. In risposta al foglio di cotesto Comando, ho l’onore di poter dire che oltre a essere italiano sono anche Capitano nell’ 8° Reggimento Bersaglieri rimasto prigioniero del barbaro nemico il 10 novembre 1917 a Cugnan in seguito a Combattimento… Sono sfuggito al nemico fino dal giorno 10 stesso e mi sono dato fino a questo momento alla campagna. Ho sempre vissuto fidente nei gloriosi destini della patria nonché sulla liberazione. Sono stato più volte fatto oggetto di ricerche dal nemico ed a tale scopo conduco vita fra i boschi ed i campi camuffato da contadino. Segretamente riuscii a
formare Battaglione Volontari sotto la denominazione “S.V. Col Visentin” della forza di circa 1200 uomini”
Il Capitano Ardoino riferisce poi di aver preparato l’insurrezione delle popolazioni per appoggiare la futura offensiva italiana, e di aver preparato un proclama da lanciarsi al momento opportuno. Alla relazione è anche allegato un elenco dei componenti del Battaglione Col Visentin, molti provenienti dai comuni limitrofi; si precisa, anche se ormai ovvio, che il nonno non è presente nell’elenco.
Un’ altra testimonianza della presenza di soldati sbandati nella zona di Vittorio Veneto è contenuta nel racconto delle gesta di Alessandro Tandura, un tenente degli arditi nativo di Vittorio che nell’estate del 1918 fu paracadutato dietro le linee nemiche per compiere una vera e propria opera di spionaggio, mantenendo i collegamenti e inviando messaggi per mezzo di colombi. Il Tenente Tandura iniziò la sua opera nascondendosi sulle colline sovrastanti Vittorio : nelle sue esplorazioni incontra sbandat: i fratelli Segat di Vizza di VITTORIO Veneto e tale Petterle, pure di Vittorio, tutti e tre appartenenti al 7° alpini, Battaglione Piave. Sbandati o disertori ? Non sta a chiederselo hanno tutti il fucile 91 e i caricatori. Forma la prima banda armata di quello che diventerà il “Battaglione Tandura”19. Lo scenario e le due ipotesi sopra descritte ovviamente delineano solo un contesto, in cui il nonno può essersi inserito; non esistendo ricordi specifici o altre prove documentali, è tuttavia difficile pensare che il nonno Scarabel abbia vissuto il periodo di prigionia nelle mani del nemico; l’esperienza di estrema privazione come quella dei prigionieri italiani dopo Caporetto difficilmente non lasciava strascichi e una qualche forma di ricordo, oltre che segnare pesantemente sul piano fisico.