6.4 Il momento della cattura
6.4.5 Onore, appelli alla resa e ordini superiori
L’onore, valore supremo per un soldato, viene ricordato di frequente nelle descrizioni delle catture:
Verso le ore 10 dopo una resistenza vivissima vedendo inutile ogni sacrificio perché accerchiati da forze sempre crescenti e perché rimasti sprovvisti di munizioni e d’altra parte essendo salvo l’onore delle armi i superstiti subimmo inevitabilmente la nostra sorte. (Aspirante Giuseppe Izzo n.8.861, Ponte nelle Alpi novembre 1917)
Un altro ufficiale catturato nella stessa azione lo descrive con apprezzamenti quasi coincidenti: l’onore è salvo e la sorte inevitabile:
Intorno alle ore 10 dopo una resistenza accanita vedendo inutile ogni resistenza perché circondati da ogni parte, e d’altra parte essendo salvo l’onore delle armi il Batt.ne subiva inevitabilmente la sua sorte. (Aspirante Luigi Marini n. 1.459, Ponte nelle Alpi novembre 1917)
le due relazioni sono state scritte una ad Ancona e l’altra a Varese, i due ufficiali passarono un periodo comune nel campo di Sopronnjek.
L’onore può anche mancare ma soltanto perché non è stato possibile combattere: così racconta un indomito capitano mandato in azione di copertura sui monti sovrastanti la Sella di Fadalto, fra Vittorio Veneto e Belluno. Praticamente senza aver combattuto è semplicemente tagliato fuori dall’avanzare del nemico a causa della ritirata di altri reparti: La Comp. Complementari, la 267a la 275 a come le reclute del 56° Fanteria e il reparto del Battag. Belluno hanno fatto tutti il loro dovere, restando al loro posto parecchi giorni sotto intemperie senza viveri e senza riposo neppure nella misura per… E’ mia opinione che tali reparti potevano essere ammessi all’onore e alla fortuna di combattere. (Capitano Luigi Rossignoli n. 1.131, Merano dicembre 1917)
Perdere l’onore poi può causare gravi sofferenze morali:
Giunti nel piccolo spazio che è di sponda all’Isonzo trovammo sempre la stesa terribile confusione. Vari colonnelli e ufficiali superiori che si trovavano laggiù, interrogati da noi ci consigliavano di gettare le armi perché più nulla c’era da fare: l’ Isonzo impassabile, i soldati sbandati eravamo prigionieri
!
Piangendo febbricitante, pazzo quasi, mi avviai sulla via del disonore (Sottotenente Mario Ballarin n. 10.706, Caporetto 25 ottobre 1917 )In altri casi l’onore manca del tutto e può addirittura accadere che reparti già catturati invitino quanti ancora combattono alla resa:
Appresi dal Serg. Rumiz che il S.Ten. Castelli spintosi avanti sulla strada... trovatosi circondato da austriaci fu costretto ad arrendersi con alcuni soldati. Mentre apprendevo questa notizia sentii voci di soldati bersaglieri già disarmati che gridavano ai miei uomini di arrendersi che gli austriaci non facevano niente di male; nello stesso tempo comparvero una ventina di austriaci … gridando in tedesco di alzar le mani e lasciar le armi. Invece io ordinai agli uomini che mi erano rimasti di far fuoco sugli austriaci i quali si ritirarono. (Aspirante Carlo Garrone n.1.549, Monte Castelgomberto dicembre 1917)
Preso poi comunque prigioniero con tutto il battaglione, l’Aspirante Garrone rincara la dose con un’ ulteriore annotazione,anche questa, come la precedente, evidenziata a matita spessa dall’interrogatore :
Passando per le nostre linee osservai che queste malgrado il bombardamento erano poco o nulla danneggiate non si sorgevano ne morti ne feriti ne tantomeno tracce di sangue. Anche il citato Sottotenente Castelli osserva il medesimo fatto e in un foglio aggiuntivo alla relazione estende una regolare denuncia sul comportamento del reparto di bersaglieri. Durante il tragitto lungo la linea di Tondarecar, tenuta dal 29° Battaglione Bersaglieri, ebbi a constatare che tanto il reticolato quanto la trincea non ebbero a subire danni. Nella linea e fuori dai reticolati non giacevano morti e si vedeva solo qualche piccola traccia di sangue nella neve. (Sottotenente Giovanni Castelli n. 1.628, Monte Castelgomberto dicembre 1917) Il comandante dei due ufficiali, il maggiore Boffa che abbiamo già incontrato, una volte avviato anch’ egli in prigionia ebbe modo, in Ungheria, di incontrare uno dei bersaglieri citati:
Il Sergente Perotti Luigi del 6° Bersaglieri alla domanda da me fattagli a Szombathely : << quanti colpi di fucile avete sparato sul Tondarecar il 4-12-17 ?>> rispose testualmente << devo dire la verità, nemmeno uno>>.
L’invito alla resa da parte di reparti già catturati può assumere toni di accorato appello: A questo punto una moltitudine di soldati disarmati della brigata Avellino venne a confondersi con i miei uomini gridando <<Fratelli ! Siamo Fratelli! Siamo circondati>> mentre il nemico approfittando della confusione creatasi, si presentò baldanzoso
minacciando di colpire colle bombe che agitava in aria. (Sottotenente Maggiorino Peta n.9.142, Piave giugno 1918).
In questo caso infatti sembra che i fanti dell’Avellino siano stati utilizzati quale “arma impropria” come racconta anche un ufficiale militare di carriera, triestino di nascita:
Il nemico riesce ad occupare Zenson di Piave verso le 12 facendo prigioniere le truppe che occupano quel settore, mandandole da noi in maniche di camicia. Gli avversari approfittano di questa circostanza per buttarsi addosso…(Capitano Prospero Ricci n. 14.816, Piave giugno 1918).
In effetti arrendersi e lasciare il fianco scoperto può causare grossi problemi al reparto che ancora combatte:
Detti l’allarme passando la voce alla mia sinistra ove si trovava il battne Val Cenischia… Non nascondo la mia grande sorpresa e lo scoraggiamento che avvenne in me quando m’accorsi che i soldati del battne Val Cenischia sventolavano i fazzoletti (e questo potevo ben vederlo essendo … posto sul costone Fontanelle)… subito furono piazzate le mitragliatrici sulla vetta “costone Fontanelle” prendendo così il mio battaglione d’infilata e causandoci gravissime perdite. (Aspirante Livio Lando, n. 9.510, Monte Grappa dicembre 1917)
Ma il disperato appello alla resa può arrivare dai propri stessi uomini, appello a cui un tenente esperto e valoroso si ribella, aveva infatti meritato una medaglia di bronzo nel giugno del 1915 e dopo il corso ufficiali era stato ancora decorato con medaglia d’argento nel 1916:
Ma in quel momento erano nuovamente apparse nuove diverse e grosse pattuglie dallo scaglionamento dei quali il Battne risultò completamente circondato… I soldati capita la situazione incominciarono a generare la confusione e a gridare <<Pace ! Pace !>> e inveendo contro noi altri ufficiali con gridare << Ci vogliono fare ammazzare>>… In quel momento doloroso cercai di ribellarmi indietreggiando e sparando qualche colpo di pistola , ma senza aiuto venni subito afferrato, malmenato e disarmato. (Tenente Antonio Ciampa, n. 14.385 Castel del Monte 27 ottobre 1917)
Altre volte sono proprio gli ufficiali superiori a convenire che la ormai proporre la resa del reparto sia ormai la soluzione più ragionevole, come racconta un ragioniere impiegato del Banco Italiano di sconto di Schio, passato a fare l’ufficiale degli alpini:
Nel pomeriggio il fuoco nemico si faceva più intenso e le truppe austriache iniziavano movimenti aggiranti che riuscirono verso le ore 17.30 in cui tutto il presidio di Cima Campo: Comando di Battaglione con la truppa ai suoi ordini, 14 ufficiali e 200 uomini cadeva prigioniero in seguito a proposta di resa chiesta dal Maggiore cav. Olmi e accordata dal nemico (Capitano Giuseppe Zampa n. 5.052, Forte Cima Campo presso Feltre novembre 1917)
Del resto la situazione nel forte era altamente precaria
Mano a mano che le ore passavano gli austriaci aumentavano sempre di numero e i cannoni da montagna loro, piazzati a breve distanza, facevano un tiro continuo e accelerato. I cannoni che erano a Grigno tiravano pure e c‘era pericolo che il forte che era già minato in 3 parti saltasse in aria da un momento all’altro. Verso le 5 mentre stavo alle feritoie è venuto l’ordine di cessare il fuoco ed ho saputo che il Sig. Maggiore aveva deciso di arrendersi ed immediatamente è uscito il Tente Arban Sig. Antonio per comunicarlo al comandante nemico. (Aspirante Guido Lovisetto n. 9.717, Forte Cima Campo presso Feltre novembre 1917)
Da notare che il Tente Arban Sig. Antonio nella sua relazione non fa cenno al suo ruolo di parlamentare.
Il già citato episodio del Monte Castelgomberto rientra nella categoria in cui il comandante si assume la responsabilità di offrire la resa del reparto, consapevole di non poter procedere oltre con la resistenza:
Senza viveri dal giorno 4 mattina e a munizioni ultimate il maggiore Boffa inviava alle ore 13 circa del giorno 5 dicembre il tenente Coccio sigr Eligio, di Como, ufficiale zappatore del battaglione, come parlamentare al comando austriaco per le condizioni di resa. Spezzate le nostre armi, tutti gli ufficiali del battaglione venivano condotti dal comando austriaco. (Aspirante Arturo Coopmans de Joldi n. 1.316, Monte Castelgomberto dicembre 1917) Aspettammo il nemico sino a notte del giorno 10 poi il sig. maggiore Comandante il Battaglione ordinò di spezzare le armi e d’incolonnarsi sul sentiero che scende a Fadalto. Obbedimmo e ci arrendemmo al nemico. (Sottotenente Pio Cattaruzza De Paola n. 8.359, Fadalto 10 novembre 1917)
Lo stesso giorno e pochi chilometri a nord i resti di un altro reparto riceve invece dal suo comandante un altro tipo di indicazioni:
Fummo circondati… il Com.te di Battne ordinò che ognuno facesse del suo meglio per salvarsi. Io, con tre compagni del Battne Belluno Sott. Jon Bernardo, sott Dogliani Virginio, sott. Todeschini Edmondo, passai il lago di S.Croce in barca; attraversammo la strada Nove Belluno e poi su per i monti per salvarci dalle insidie dei nostri nemici. (Sottotenente Federico Passeroni, n. 11.964, Belluno 14 novembre 1917)
In altri casi la decisione di arrendersi presa da parte dei comandanti è invece più controversa e deve essere giustificata in modo più articolato; così argomenta un ufficiale che da civile svolgeva le funzioni di Avvocato procuratore presso il tribunale di Civitavecchia:
La mattina del 10 novembre verso le ore 6 venne ordine di ritirata e quindi di resa che fu effettuata dietro ordine del maggiore Lay cav. Mario vista inutile ogni resistenza perché sprovvisti ormai di cartucce e di cibarie. … Il sottoscritto si onora aggiungere a quanto che fu sopra esposto, che la cattura del proprio battaglione e delle truppe esistenti in Longarone il giorno 10 novembre 1917 doveva forzatamente avvenire per le seguenti ragioni: Mancanza di collegamento…Mancanza totale di ogni mezzo di comunicazione fra le truppe… Mancanza di ogni e totale interruzione di ponti e stradale che nel suo passaggio da prigioniero da Erto e Cimolais (Sottotenente Luigi Contardo n. 2.412, Longarone novembre 1917)
Comunque gli ordini non si discutono e tanto deve bastare:
All’alba del giorno 10 novembre vista l’impossibilità di sfondare ed essendo le truppe di Longarone tagliate fuori e circondate dal nemico, i Sigg. Maggiori Faccio e Lai ordinano la resa. (Capitano Antonio Terribile, n. 4.443, Longarone, novembre 1917)
Alla domanda dell’interrogatore <<Con quale formalità è stata ordinata la resa >> la relazione viene integrata così: Il sottoscritto non sa le modalità della resa… il 38° Batt.ne
ripiegava per riorganizzarsi ma già i Sigg. Magg. Lai e Faccio avevano dato ordine agli altri reparti di distruggere le armi, così fa anche lo scrivente.
La questione sulle responsabilità e sulla correttezza della resa di Longarone si trascinò poi per anni; la relazione del Maggiore Lay è mancante all’archivio dell’ufficio storico dell’Esercito e al suo porto è conservato un foglietto scritto in matita blu
48° Bttgl. Bers. Maggiore Lay 5103 Capo ufficio per S.E. il ministro 29-12-193241